27/05/07

Cristina Campo, note e metafisica

In alcune lettere ci si dà del tu, in altre ci si dà del lei. Ma non è detto che le prime siano più illuminanti delle seconde. Al contrario, può accadere che proprio l'ostacolo opposto dalla forma - non dal formalismo - costringa a una maggior profondità. Lettere in cui ci si dà del tu, come quelle che Cristina Campo invia tra il 1953 e il 1967 a Leone Traverso, poeta e traduttore di poeti. E lettere in cui ci si dà del lei, come quelle che la stessa Campo scambia, tra il 1961 e il 1974, con Alessandro Spina, forse il più enigmatico tra i narratori in lingua italiana del secondo Novecento. Più enigmatico anche dell'«imperdonabile» Cristina, al secolo Vittoria Guerrini, vita breve (morì nel 1977, a soli 54 anni) per un'arte che sarebbe stata, in ogni caso, troppo lunga.
Arrivano in libreria insieme, le lettere del lei e quelle del tu. Già noto per quanto riguarda le missive inviate da Cristina, il Carteggio Campo-Spina viene infatti proposto da Morcelliana in un'edizione che si intuisce allestita dallo stesso romanziere, che si è di recente aggiudicato il premio Bagutta con la monumentale e definitiva sistemazione della sua opera, I confini dell'ombra, mille e duecento pagine coraggiosamente pubblicate dalla stessa casa bresciana. Dal Carteggio si evince soltanto che anche quello di Alessandro Spina è uno pseudonimo tenacemente custodito, ma basta scorrere con attenzione il volume gemello, Caro Bul curato per Adelphi da Margherita Pieracci Harwell, ed ecco che il mistero si risolve: Spina è in realtà siriano, ha studiato in Italia, è un insospettabile industriale in Libia e autore di racconti - e romanzi - di abbagliante precisione, primo fra tutti quel «Giugno '40» che attira l'attenzione della Campo. L'incontro fra i due avviene all'inizio degli anni Sessanta, nel momento in cui il sodalizio tra la scrittrice e il più anziano Traverso (nato nel 1910, morirà nel 1968) ha ormai perduto ogni connotazione sentimentale e si sta sempre più affievolendo anche sul piano dell'intesa culturale. In un certo senso, la giovane intellettuale che incontriamo nelle prime pagine di Caro Bul non è esattamente Cristina Campo, e non soltanto perché non ha ancora adottato il suo nome di battaglia e preferisce firmarsi con il diminutivo "Vie". Anche se è già avviata nella ricerca di un'esattezza implacabile e fatalmente elitaria, si appassiona alle vicende della cronaca italiana e della politica internazionale, spendendosi in particolare per la causa di Danilo Dolci. All'orizzonte, però, ci sono gli incontri decisivi: quello con Elémire Zolla, anzitutto, che sarà suo compagno di vita e di esplorazioni spirituali, ma anche quello con le opere di T.E. Lawrence, la cui figura sembra in qualche modo riverberarsi sulla persona e sui personaggi di Spina, a sua volta insuperato narratore di vicende militari. E proprio sulla lettura dei Sette pilastri della saggezza si incentra l'unica lettera superstite di Traverso, nella quale il grande traduttore di Hölderlin lamenta con dolorosa dignità di essere ormai escluso dal "reame" di Cristina e dei suoi simili. Al contrario, Spina è senza dubbio uno degli eletti, capace di cogliere la minima sfumatura in una frase di Hoffmannsthal e di apprezzare il furore metafisico delle esecuzioni pianistiche di Arturo Benedetti Michelangeli, oltre che di dedicarsi con dedizione monacale - sotto l'attenta supervisione di Cristina - alla versione di una novella delle Mille e una notte, quella Storia della città di rame che, apparsa nel 1963, rimane uno dei vertici ineguagliati nella produzione editoriale di Vanni Scheiwiller. Alla fine, però, è in una lettera al negletto Bul che appare, in tutta semplicità e chiarezza, una delle più profonde confessioni che Cristina Campo ci abbia lasciato: «la letteratura (parola orrenda) non è un fine per me, uno scopo, ma solo un mezzo, uno dei modi (infiniti) di vivere con libertà e solitudine». Il corsivo, non a caso, è già nell'originale.


Cristina Campo
CARTEGGIO
Morcelliana
Pagine 254. Euro 14,00

CARO BUL
Lettere a Leone Traverso (1953-1967)
Adelphi
Pagine 214. Euro 19,00

(Fonte: Avvenire del 26/05/2007; autore: Alessandro Zaccuri)

Addendum:

Poetessa, traduttrice, saggista di straordinaria eleganza, studiosa della fiaba e della tradizione spirituale dell'Oriente cristiano, Cristina Campo è da alcuni anni al centro di una vera e propria riscoperta editoriale. Il merito va anzitutto ad Adelphi, che ne «Gli imperdonabili» e «La tigre assenza» ha riordinato rispettivamente la produzione saggistica e quella poetica dell'autrice. Si sono poi susseguiti i volumi «Lettere a Mita» (l'epistolario all'amica Marghertia Pieracci Harwell) e «Sotto falso nome», che raccoglie scritti giornalistici e d'occasione. Sempre presso Adelphi è apparso «Belinda e il mostro» di Cristina De Stefano, prima organica biografia dedicata alla figura della Campo.

Nessun commento:

Posta un commento