30/01/08

Il grande Pico torna a Mirandola

I resti mortali di Giovanni Pico tornano per tre giorni a Mirandola. Assieme a quelli dei poeti Girolamo Benivieni e Angelo Poliziano saranno infatti esposti al Castello dei Pico di Mirandola, nel Modenese. La salma del filosofo del Rinascimento, che riposa nella chiesa di San Marco a Firenze, è stata da qualche mese riesumata per consentire agli studiosi di accertare le cause della morte e ricostruirne la fisionomia. Ora che gli studi sono conclusi, i resti di Pico torneranno per la prima volta a Mirandola, dopo oltre 500 anni. Il luogo dell’esposizione al pubblico sarà proprio il Castello, nel quale Pico nacque il 24 febbraio 1463, recentemente restaurato. L’evento si aprirà sabato alle 11.30 con l’arrivo delle spoglie e una messa in suffragio nella chiesa di San Francesco, il «Pantheon» dei Pico (vi sono sepolti pure i genitori di Giovanni). Le salme saranno quindi esposte al Castello fino a lunedì 4 febbraio.

29/01/08

Salvatore Santangelo: "Le lance spezzate"

Non è una provocazione. Ma consigliamo ai pacifisti intelligenti, e ce ne sono tanti, di leggere l’ultima fatica di Salvatore Santangelo, brillante e giovane studioso di “geofilosofia”, (Le lance spezzate, Nuove Idee, Roma 2007, pp. 312, euro 15,00). Per quale ragione?
Perché il libro di Santangelo è una raccolta di notevoli riflessioni sull’immaginario che ruota intorno alla guerra. Nel senso di un’analisi delle idee-forza (filosofie per e dell’azione) che gli uomini hanno maturato sull’importanza dei diversi ambiti geografici, ma principalmente a scopi politici e militari. Di qui seguendo l’etimologia del termine geografia (da, "terra"; gráphos, "io descrivo") l’origine del termine geofilosofia, coniato in realtà dallo studioso americano John K. Wright (1947), e poi ripresa, in senso disciplinare, da vari autori tra i quali, oggi, Santangelo.
Ma non solo. L’analisi del giovane geofilosfo rinvia a un approccio teorico forte: quello del realismo politico. Che vede nella guerra, e soprattutto nelle cosiddette guerre asimmetriche di oggi, una realtà ineliminabile. E con la quale è perciò necessario fare i conti. Pertanto il libro si muove su due livelli. Il primo, molto intrigante, concerne l’impatto della guerra sull’immaginario contemporaneo (cinema, letteratura, eccetera). Il secondo, non meno importante teoricamente, riguarda il rapporto tra guerra e politico.
Ed è su questo ultimo aspetto che concentriamo la nostra attenzione. Le lance spezzate è percorso da una critica che non possiamo non condividere: quella alla moralizzazione universalistica della guerra e quindi alla sua "oggettiva" depoliticizzazione (ecco il perché del titolo “lance spezzate”, in senso schmittiano…). Oggi, come mostrano le guerre americane, si dichiara di combattere in nome di valori pre-politici, come la difesa dei “diritti universali e assoluti” dell’uomo. Diritti non condizionati, così si sostiene, da alcuna appartenenza nazionale. Si parla perciò di guerre che non avrebbero alcun bisogno di essere ricondotte nell’alveo delle motivazioni delle guerre classiche, intraprese in passato dallo stato-nazione. In certa misura le guerre di oggi sarebbero pre-politiche mentre quelle di ieri politiche. Nel senso di un'assenza di qualsiasi riferimento allo Stato in termini di realistica “ragion di potenza”.
In realtà le cose non stanno così. Come spiega chiaramente Santangelo le guerre continuano ad essere “politiche”. E dunque legate a ragioni di potenza. Ma con una differenza fondamentale: che “fingendo” di non esserlo nelle motivazioni, come per primo intuì Carl Schmitt, hanno acquisito e sviluppato una forza dirompente, mai conosciuta prima (anche per i progressi tecnologici): l’ ”avversario” oggi viene collocato, pre-politicamente, tra i “nemici” dell’umanità. Perché in lui si vuol vedere non più l' avversario di una volontà di potenza particolare, ma il “nemico assoluto” dei diritti universali dell’uomo. Di qui quella ferocia inaudita dei conflitti, oggi sotto gli occhi di tutti.
Ora, come accennato all’inizio, consigliamo la lettura di questo libro ai pacifisti intelligenti. Perché un pacifismo che non tenga conto di questa involuzione ideologica ma con conseguenze reali (dalla guerra di potenza "particolare" alla guerra "totale" per i diritti universali), rischia di porsi sullo stesso piano universalistico degli attuali difensori della guerra universalistica. Dal momento che entrambi i fronti puntano sull’eliminazione dell’avversario trasformato in nemico dei diritti universali (come dichiarano i sostenitori delle guerre moralistiche) o nella guerra in quanto fuori dell'universo umano (come auspicano i pacifisti). Realtà quest’ultima, come sappiamo, ineliminabile. Ma contenibile, come asserisce Santangelo, soprattutto, se si tenta di ricondurla non all’ idea di annientamento totale del nemico ma a quella di farne una volta sconfitto, un alleato, o comunque un futuro avversario leale… Accettando una pacata e umanizzante visione ciclica della storia e della guerra. Di qui però la necessità, anche sul piano militare, di dare spazio a “menti libere che comprendano la guerra e lascino libertà all’intelligenza e all’umanità”, nelle cose e non nelle rappresentazione universalistiche delle stesse.
Come hanno insegnato i nostri Maggiori, si deve “pensare” la guerra in senso nominalista e non rifiutarla a priori in chiave universalistica e moralizzante. In conclusione un libro interessante e ricco, che tra l’altro si avvale della brillante introduzione di un esperto polemologo come Piero Visani.
Probabilmente nel recensire Le lance spezzate abbiamo tralasciato alcuni suoi aspetti, ugualmente interessanti, in favore di altri. Ma questo può essere uno stimolo maggiore alla sua lettura, proprio per scoprirli. Del resto come nota Ortega y Gasset, quando si recensisce un testo notevole, si ha sempre in mente il libro che noi si vorrebbe scrivere sullo stesso argomento. Ma questa è un’altra storia.

Salvatore Santangelo, Le lance spezzate, Nuove Idee, Roma 2007, pp. 312, euro 15,00.

(Fonte:http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/)

25/01/08

E' morto Frederic de Towarnicki

Lo scrittore, poeta e giornalista francese Frederic de Towarnicki, intellettuale «irregolare», come amava definirsi, è morto l’altroieri a Parigi all’età di 87 anni. Towarnicki collaborò per oltre trent’anni realizzando grandi interviste a Konrad Lorenz, Ernst Junger, Pablo Picasso, Jean-Paul Sartre, Alain Resnais e Jacques Prevert. Towarnicki, con l’uniforme di soldato, di stanza nella Germania occupata insieme all’amico Alain Resnais, futuro regista, nel 1945 fece una deviazione con la jeep militare per far visita al celebre filosofo di Friburgo, caduto in disgrazia per la sua compromissione col regime nazista. Towarnicki, discepolo di Heidegger, ne divenne il «messaggero segreto», rompendone l’isolamento culturale. Il resoconto umano e filosofico degli incontri con Martin Heidegger è stato fatto da Towarnicki nel suo libro «Ricordi di un messaggero della Foresta Nera» (edito da Diabasis)




23/01/08

Libertà va cercando...


Riportiamo con vergogna per l'operato da parte dei "libertari democratici":

Cari Amici
Egregi Colleghi,

In qualità di direttore editoriale del bimestrale STORIA VERITA’ (Edizioni Settimo Sigillo, Roma), e a nome dei Colleghi della testata, sono spiacente di comunicare che Il Partito di Rifondazione Comunista (sezione di Recco- Genova) ha presentato un esposto al Sindaco della città per contestare la presentazione della nostra Rivista a Recco (si veda, sotto, comunicato dell’Ufficio Stampa), adducendo al fatto che tale evento sarebbe stato giudicato (da Rifondazione Comunista) “provocatorio” in quanto coincidente con la Giornata della Memoria dedicata all’Olocausto Ebraico.
Ci duole sottolineare l’assoluta pretestuosità di tale iniziativa che, date le circostanze politiche attuali, riveste soltanto un carattere politico di tipo speculativo.
Prendiamo atto del grave fatto, ma non volendo alimentare inutili e banali polemiche rimandiamo dunque la presentazione a data da definire.
Rimane comunque il fatto che in questo Paese la libertà d’informazione risulta attualmente menomata da atteggiamenti intolleranti nei confronti dei quali STORIA VERITA’ controbatterà non con esposti, ma con la voce della Cultura.
Domani, su IL GIORNALE (Edizione ligure) e su il SECOLO XIX, il sottoscritto avrà comunque modo di spiegare l’accaduto e di sottolineare l’assoluta serietà e obiettività della Rivista, dei suoi Collaboratori e dei temi da essi trattati ne il numero “Gli altri olocausti”, per altro già presentato (con successo) a Genova lo scorso novembre, e il totale e condiviso rispetto della Direzione nei confronti della tragica vicenda dell’Olocausto ebraico.

Grazie per l’attenzione

Cordiali saluti

Alberto Rosselli

Direttore editoriale
di STORIA VERITA’


Spett.le redazione,
a seguito nostro precedente comunicato, si informa che il convegno previsto per il giorno 26 gennaio p.v. "GLI ALTRI OLOCAUSTI" presso la Sala Polivalente di Recco, e' STATO RINVIATO A DATA DA DESTINARSI
grazie per la collaborazione
cordiali saluti
caterina carlini

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Caterina Carlini
Servizi alle Persone
Ufficio Tempo Libero
P.zza Nicoloso, 14
16036 Recco (Ge)
tel. 0185 7291285
fax. 0185 7291290
http://www.comune.recco.ge.it
caterina.carlini@comune.recco.ge.it

22/01/08

Cattolici perseguitati nella Spagna Repubblicana


Segnaliamo il nuovo libro di Alberto Rosselli:

LA PERSECUZIONE DEI CATTOLICI NELLA SPAGNA REPUBBLICANA
(1931 – 1939) Edizioni Solfanelli, 2008

Prefazione di Mario Bozzi Sentieri

«Mai nella storia d’Europa e forse in quella del mondo, si vide un odio così accanito per la religione e i suoi uomini.» Così scrisse uno dei più noti studiosi della guerra civile spagnola, il laburista inglese Hugh Thomas, a proposito della persecuzione anti-cattolica e anti-cristiana perpetrata dal governo repubblicano spagnolo tra il 1931 e il 1939. Con questo breve saggio Alberto Rosselli, senza nulla concedere al sensazionalismo, ma citando contesti, documenti e memorie, fa luce su quella stagione dell’orrore, indicando motivazioni pregresse, pretesti, incomprensioni, mandanti e responsabili materiali e morali di quella che si rivelò una vera e propria strage premeditata. Il libro di Rosselli non ha tuttavia la pretesa di riscrivere o reinterpretare una drammatica pagina di storia. L’obiettivo ultimo che si pone l’autore è infatti quello di contribuire a mantenere viva la memoria storica e di indurre una riflessione sul significato autentico dei termini, oggi abusati, di libertà e tolleranza. Quello di Rosselli è un pacato invito a ragionare e a non dimenticare in nome della verità, dell’obiettività e della giustizia affinché si possa acquisire una salda e coraggiosa coscienza capace di discernere il bene dal male indipendentemente dalle proprie convinzioni ideologiche.

ALBERTO ROSSELLI, giornalista e saggista storico, collabora da tempo con diversi quotidiani e periodici nazionali ed esteri e con svariati siti internet tematici. Come studioso di storia moderna, contemporanea e militare ha al suo attivo diversi saggi tra cui Québec 1759, Il Conflitto anglo-francese in Nord America 1756-1763 (tradotto anche in inglese), Il Tramonto della Mezzaluna. L’Impero Ottomano nella Prima Guerra Mondiale, La resistenza antisovietica in Europa Orientale 1944-1956, L’Ultima Colonia. La guerra coloniale in Africa Orientale Tedesca 1914-1918, Il Ventennio in Celluloide (in collaborazione con Bruno Pampaloni), Sulla Turchia e l’Europa, L’olocausto armeno, Storie Segrete, Il Movimento Panturanico e la Grande Turchia.

Fonte: Dalmazio Frau

Padre Adolfo Nicolás

Lo spagnolo padre Adolfo Nicolás è il nuovo preposito generale dei Gesuiti. Ad eleggerlo la 35.ma Congregazione generale della Compagnia di Gesù. Gli elettori riuniti a Roma erano in tutto 217, con una maggioranza di 109 voti richiesta per la nomina. Il nome del nuovo preposito è stato immediatamente comunicato al Papa. Padre Nicolás succede a padre Peter-Hans Kolvenbach.
Padre Adolfo Nicolás, 71 anni, è il 29.mo successore di Sant’Ignazio di Loyola alla guida della Compagnia fondata nel 1540, che oggi conta oltre 19 mila membri e serve la Chiesa in 112 nazioni e 5 continenti. Nato il 29 aprile del 1936 a Palencia, in Spagna, il nuovo preposito generale dei Gesuiti è entrato nel 1953 nel noviziato di Aranjuez della Provincia Toletana. Dopo la Licenza in Filosofia, in Spagna, il successore di Sant’Ignazio ha studiato teologia a Tokyo, dal 1964 al 1968. Proprio nella capitale nipponica, viene ordinato sacerdote il 16 marzo 1967. Nel 1971 consegue un Master in Teologia Sacra alla Pontificia università Gregoriana e nello stesso anno diventa professore di Teologia Sistematica alla Sophia University di Tokyo.
Dal 1978 al 1984, padre Nicolás ricopre l’incarico di direttore dell’Istituto Pastorale di Manila. Successivamente, dal 1991 al 1993, è Rettore dello Scolasticato di Tokyo. Quindi, dal 1993 al 1999 Provinciale della Provincia di Giappone. Ultimo incarico, prima dell’elezione a preposito, è quello di Moderatore della Conferenza Gesuita dell’Asia Orientale e Oceania, che padre Nicolás ha rivestito dal 2004 al 2007. Padre Nicolás parla 5 lingue: spagnolo, giapponese, inglese, francese ed italiano.

Ancora sui Laogai in Cina

IN CINA SI MOLTIPLICANO I LAOGAI
MA L’OCCIDENTE ‘DEMOCRATICO’ TACE IN NOME DEL BUSINESS

E' a volte curioso come l'Occidente sia del tutto cieco di fronte a certi drammi. Ci riferiamo ai Laogai, ossia i campi di concentramento cinesi che al presente proliferano e laddove si svolgono attività criminali ed agghiaccianti, di cui ha recentemente parlato Antonello Brandi nel corso di alcune conferenze in giro per l'Italia. Si tratta di luoghi di detenzione dove milioni di esseri umani hanno perso la vita per il semplice fatto di aver scelto un credo religioso, un'opinione politica differente o di aver espresso una critica al governo comunista. Ma ciò che più sconcerta in tutta questa aberrante storia sono le "modalità" con cui tutto questo avviene; esecuzioni pubbliche di massa per intimorire i cittadini, esportazioni frettolose degli organi dei condannati con i quali un proficuo commercio è stato avviato da anni, annichilimento della dignità umana e soprattutto l'instaurazione di un clima di terrore. E tutto alla vigilia delle prossime olimpiadi, senza soprattutto contare lo sfruttamento della manodopera forzata, vera e propria molla della cosiddetta "competitività cinese", elementi su cui la società civile dovrebbe riflettere. E a fondo. La Fondazione italiana Laogai (www.laogai.org) sta alacremente lavorando sotto forma di volontariato per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo problema; dice Brandi, presidente dell'associazione: "alcuni argomentano che se non ci fossero gli investimenti occidentali i lavoratori cinesi non avrebbero neppure gli scarsi salari che hanno ora. Questa asserzione è erronea e immorale. I compensi in Cina sono artificialmente compressi dal regime, che usa il lavoro a basso costo (circa il 5% di quello europeo) per attrarre gli investimenti e per ottenere il tacito assenso dell'occidente alla sua gestione illegale dei diritti umani. […] E' il partito comunista che amministra la moderna schiavitù. Ma chi trae vantaggio del commercio con la Cina?". Le multinazionali che investono in Cina è la conseguente risposta, organizzazioni che hanno macabri interessi sul mantenimento di tale andazzo. Si pensi infatti tra l'altro che per un disgustoso paradosso il professor Francis Demonico della Canadian Transplantation Society ha recentemente affermato che: "la crescente richiesta di organi sembra causare una crescente domanda di esecuzioni capitali". E a lui ha fatto eco il professor Stephen Wigmore che nell'aprile del 2006 alla BBC ha dichiarato che: "la velocità con cui si possono trovare gli organi adatti ai pazienti sembra anche confermare che i prigionieri sono selezionati prima dell'esecuzione a seconda del tipo di sangue e di organo da trapiantare". E tutto sotto l'occhio indifferente e assonnato dell'occidente. In Cina si calcolano al presente e per difetto almeno 30 condanne a morte al giorno nonché 10.000 ogni anno, dati diffusi da Amnesty International ed altre organizzazioni: "questo è il volto feroce della Cina comunista, che si prepara a celebrare nel prossimo maggio 2008 le Olimpiadi, simbolo di pace e di fratellanza fra gli uomini", afferma Harry Wu principale ricercatore mondiale in questo campo a sua volta miracolosamente scampato ai Laogai. Uno straordinario documento filmato della durata di circa 15 minuti è stato prodotto dalla fondazione per dimostrare al mondo la barbarie della tragedia in atto. Il film, senza alcuno scopo di lucro e il cui ricavato andrà a beneficio della fondazione stessa per la sensibilizzazione dell'opinione pubblica, è a disposizione anche presso l'Assessorato alla Cultura di Alice Castello (VC) (tel.: 0161/90113). Nella ripresa sono incluse rare fotografie ma soprattutto filmati sulle esecuzioni, mentre sono riportate alcune affermazioni di Mao sulla "necessità" delle uccisioni di massa. Un documento agghiacciante ma soprattutto un silenzio assordante come quello calato sulle migliaia di religiosi, sacerdoti e credenti, barbaramente trucidati dalle autorità cinesi: un genocidio sconosciuto, un olocausto tuttora in atto.

Lodovico Ellena (storico)

Fonte:
Alberto Rosselli

Altri Olocausti a Recco

SABATO 26 GENNAIO, Ore 16,30

presso la Sala Polivalente del COMUNE di RECCO (GENOVA) si svolgerà il CONVEGNO

‘GLI ALTRI OLOCAUSTI’

promosso dal bimestrale STORIA VERITA’ (Editrice Settimo Sigillo, Roma).

Nel corso della manifestazione, sponsorizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Recco, verranno presentati gli ultimi numeri della testata
Interverranno:
Mario Bozzi Sentieri, giornalista e saggista
Enzo Cipriano, editore
Alberto Rosselli, giornalista e storico
Bruno Pampaloni, giornalista e scrittore
Mauro Bocci, giornalista e storico
Roberto Roggero, giornalista e storico

Seguirà rinfresco

(per informazioni contattare 010/8375357 – 0185/720912)

Fonte:
Mario Bozzi Sentieri

Premio Nazionale di Poesia "P. Mirabile"


Rilanciamo volentieri:

PREMIO NAZIONALE DI POESIA “PIETRO MIRABILE” 2008

La Fondazione Thule Cultura e la rivista Spiritualità & Letteratura, indicono la seconda edizione del Premio Nazionale di Poesia "Pietro Mirabile" 2008, dedicato al Poeta del Sacro di Chiusa Sclafani scomparso nel 2000 a Palermo e fra i fondatori della rivista Spiritualità & Letteratura.
Si concorre con una silloge di quaranta poesie di massimo 40 versi per ogni poesia. I testi dovranno essere inediti e da spedire, in formato Word per PC su supporto CD-ROM o in forma cartacea.
L'Opera premiata sarà pubblicata come numero monografico di 48 pagine più copertina a colori in numero mille copie dalla rivista Spiritualità & Letteratura con apposita Introduzione critica e note biobibliografiche sull'autore premiato a cui verranno destinate numero 200 copie in omaggio. Il numero conterrà anche notizie generali sugli altri premiati. Ai secondi e terzi classificati nonché ai segnalati, in numeri successivi della rivista verranno selezionate alcune poesie della silloge finalista. Per ogni Autore inserito numero 5 copie in omaggio.
Potranno essere Segnalate altre raccolte concorrenti.
Ai primi tre classificati verrà anche assegnato un Diploma e un bassorilievo d'Autore. Diplomi e medaglie commemorative per gli Autori segnalati. Inoltre verrà creata una macroarea sul sito http://www.tommasoromano.it con alcuni testi dei poeti vincitori e segnalati.
Nessuna tassa di lettura o di segreteria è prevista.
Si partecipa esclusivamente abbonandosi alla rivista Spiritualità & Letteratura (Euro 30 per 5 numeri) inviando vaglia o assegno non trasferibile o in banconote, intestato al Direttore Prof. Tommaso Romano, al cui indirizzo con plico raccomandato va inviata la raccolta e l'abbonamento: Via Ercole Bernabei, 51 - 90145 - Palermo;
Per ulteriori comunicazioni si può inviare una email a info@tommasoromano.it o telefonare al numero 3493896419.
La premiazione si svolgerà a Palermo. L'esito sarà comunicato personalmente agli Autori vincitori e segnalati, anche attraverso il sito http://www.tommasoromano.it/ThuleN.htm.
Scadenza di presentazione delle sillogi 20 Aprile 2008.

Giuria: Tommaso Romano (Presidente), Piero Vassallo, Franca Alaimo, Manlio Peri, Giuseppe Bagnasco (Segretario) il cui deliberato è insindacabile.

Fonte: Mario Bozzi Sentieri

18/01/08

Enoch e la sapienza celeste.

Il saggio è dedicato a una delle più affascinanti leggende dell'ebraismo: quella di Enoch, già citato nella Genesi in relazione al suo rapimento divino ("Poi… non fu più perché Dio l'aveva preso"), ed esaltato nella vasta letteratura posta sotto il suo nome come depositario d'un sommo sapere celeste. Oltre a risiedere nell'Eden e a fungere da mediatore fra le dimensioni inferiori e superne, Enoch compì viaggi agli estremi confini della terra e del cosmo. Visitò così meravigliosi reami paradisiaci e monti di gemme, e poi ancora gli scrigni delle stelle, le porte del firmamento e i sentieri degli angeli, fino ad ascendere in sogno ai palazzi della dimora divina. Attraversato il primo, di candore niveo e col tetto scintillante di meteore e folgori, vide stagliarsi al suo interno come in uno schema mandalico il secondo; che interamente materiato di luce ospitava il trono della gloria, oggetto supremo di contemplazione mistica.
Tutto ciò è narrato nel Libro di Enoch o Enoch etiopico, celebre apocalisse apocrifa giudaica le cui sezioni più antiche risalgono al III secolo a.C. In seguito, suggestive elaborazioni del racconto confluiscono in un ulteriore apocrifo, l'Enoch slavo, probabilmente composto agli inizi dell'era volgare. Ma è nella fase più tarda, rappresentata dall'Enoch ebraico (V/VI secolo), che la quasi millenaria parabola delle tradizioni fiorite intorno al patriarca tocca l'apice della glorificazione e dell'empito fantastico: tale testo hekalotico descrive infatti la stupefacente metamorfosi di Enoch, asceso al settimo cielo, in una creatura di luce e di fiamma - Metatron, il primo fra gli angeli.
Scopo della ricerca è analizzare l'evolversi nei secoli della tradizione enochica, con particolare riferimento agli aspetti sapienziali, cosmologici e angelologici. Speciale attenzione viene data alla formulazione embrionale, nell'Enoch etiopico, di temi mistici poi ripresi nella letteratura esoterica dei Palazzi e nei trattati cabbalistici. Da un lato, la visione dei templi celesti concentrici; dall'altro, le immagini fantasmagoriche che, rielaborando spunti biblici, delineano la topografia dei mondi superni e l'irradiarsi delle energie sovracosmiche.

Enoch e la sapienza celeste.
Alle origini della mistica ebraica
Giuntina, Firenze 2007
415 pagine - euro 30,00

16/01/08

«Perché l’uomo non è un caso»


Un filo tiene insieme, da mi­lioni di anni, la storia uma­na: l’incontestabile pro­gresso della specie. Yves Coppens, il più importante paleoantropolo­go vivente, guarda al nostro passa­to e ipotizza una terza via fra crea­zionismo e selezione cieca: «La ma­teria vivente ha mostrato subito di essere animata da un 'desiderio' di complicazione e di organizza­zione permanente, e di essere ac­compagnata da una potenza di di­versificazione meravigliosamente inventiva».
Professore, lei rifiuta la pro­spettiva del Disegno intelligen­te: che ci sia una 'mano invisi­bile' che guida l’evoluzione. Al tempo stesso, però, ipotizza che la selezione naturale nasconda qualche meccanismo che an­cora non conosciamo. Cosa ha in mente? Una 'terza via'?
«Sì, qualcosa del genere. Io ho lavorato soprattutto nel sud del­l’Etiopia, dove ho trovato Lucy, al confine tra Sudan e Kenya; tra il 1967 e il 1976 ci passavo di­versi mesi tutti gli anni. Mi so­no trovato davanti a una se­quenza stratigrafica formidabi­le, che andava da più di tre fino a un milione di anni fa. In quei ter­reni ho visto il clima umido diveni­re sempre più secco, e osservavo certi animali estinguersi: il loro si­stema di adattamento, evidente­mente, non aveva funzionato; ne vedevo altri andarsene, emigrare, e altri ancora sopraggiungere; e una buona quantità di specie che inve­ce si era adattata alle nuove condi­zioni climatiche. Tra loro, l’essere umano. Quando osservo tante spe­cie registrare una 'mutazione uti­le' esattamente nel momento in cui ne avevano bisogno, è difficile per me vedere l’opera del caso. D’altro canto, quando si parla con i genetisti, con i biologi molecola­ri, questi ti dicono: 'Ti assicuro, la mutazione è un processo assoluta­mente casuale'. Dunque, cosa bi­sogna credere? Quando i colleghi mi dicono 'Devi ascoltarci', io non posso che essere d’accordo con lo­ro. Quando sono io, però, che ho cinquant’anni di esperienza sul ter­reno, a fare delle osservazioni, al­lora anche loro dovrebbero ascol­tare me. Una possibile soluzione è che le mutazioni siano sì eventi ca­suali, ma forse ne esiste uno 'stock': si trovano immagazzinate nella cellula in modo passivo e può essere che, nel momento in cui il cambiamento climatico ha luogo e interviene la selezione naturale, en­tro la gamma di mutazioni casuali che si sono conservate venga pe­scata quella giusta. Non so ancora cosa accada davvero, ma certo quando guardo gli elefanti, i maia­li, le antilopi, i cavalli cambiare tut­ti le loro caratteristiche fisiche nel­la direzione giusta proprio al mo­mento giusto, mi dico: è possibile che siano tutti guidati solo dal ca­so? Si ha l’impressione che ci sia un trucco».
Dove vanno cercati questi 'stock' che lei ipotizza? Nel Dna?
«Forse sì. Io penso che la soluzione sia all’interno della molecola. Di più, come paleoantropologo, non posso dire. Sono i biologi che han­no in mano il metodo per valutare se si verifica o meno una cosa del genere, o per trovare altre soluzio­ni. Ma di sicuro il meccanismo del­l’evoluzione noi non lo abbiamo ancora colto. Siamo tutti d’accor­do nel dire che essa non è più una teoria, ma un dato di fatto, però non sappiamo ancora, in realtà, come proceda davvero».
Lei sostiene che l’uo­mo si è sviluppato a e­st della Rift Valley che dieci milioni di anni fa separò l’Africa in due. Senza quella una profonda mutazione dell’ambiente l’uomo non sarebbe mai com­parso. Oggi, secondo alcuni, è in atto uno stravolgimento del clima: avrà un effetto catastrofico sull’esistenza della nostra specie, o innescherà un nuovo salto evolutivo?
«Anzitutto bisogna dire che i cam­biamenti climatici sono un fatto as­solutamente normale: nella scala dello sviluppo dell’uomo sulla Ter­ra avvengono costantemente. Se non ci fossero stati, in effetti non sarebbe mai avvenuta alcuna evo­luzione, perché gli esseri viventi in un determinato ambiente si trova­no in equilibrio: è quando questo si rompe che alcuni individui ne cercano uno nuovo, adattandosi al­le mutate condizioni; in questo mo­do la specie si evolve. I primi uo­mini rappresentano la risposta in termini di adattamento a un am­biente divenuto più secco: il muta­mento di clima ha determinato u­na svolta nella storia dei primati. Poi però, divenuti coscienti, con la loro ri­flessio­ne, gli uomini hanno svilup­pato la cultura, e questa poco a poco li ha resi capaci di non subire più passivamente l’ambiente, ma di servirsene, ap­profittando di esso».
Verremo travolti dall’innalzamen­to delle acque?
«Da diemila anni i ghiacciai si stan­no fondendo e l’acqua sale: il livel­lo del Mediterraneo si è sollevato di centoventi metri. Vicino a Mar­siglia c’è un antro, chiamato la 'Grotta costiera', che oggi si trova quaranta metri sotto il livello del mare, ma le cui pareti sono dipin­te: l’acqua, in quel punto, è salita dunque parecchio. Il fatto che il cli­ma sia cambiato dal freddo inten­so a livelli più temperati ha fatto in modo che graminacee come il fru­mento, la segale e l’avena si siano sviluppate molto di più e molto me­glio; e che si sia avviata quella che chiamiamo la 'crescita fertile' nel Vicino Oriente. Grazie alla cultura, l’uomo invece di subire il cambia­mento climatico se ne è servito. Questa è stata la se­conda tappa decisiva del suo sviluppo. La terza è avvenuta solo duecento anni fa, con una rapida accelera­zione dello sviluppo demografico: attorno al 1815 sulla Terra ab­biamo raggiunto il pri­mo miliardo di indivi­dui, poi in meno di duecento anni abbiamo superato i sei miliardi. Assieme allo sviluppo delle tecnologie e della produzione di massa, ciò ha causato a sua vol­ta nuove trasformazioni nel clima, che forse sono in parte anche na­turali, ma che sicuramente sono state incrementate dall’attività u­mana. Oggi questi cambiamenti ci preoccupano, perché non siamo in grado di dominare l’evoluzione del clima. L’eccesso di produzione di gas come l’anidride carbonica e il metano, però, dovremmo essere in grado di regolarlo».
Lei ha ipotizzato un legame tra lo sviluppo dell’agricoltura e la na­scita della guerra.
All’epoca del nomadismo non ab­biamo riscontrato tracce di traumi collettivi. Invece a partire dal mo­mento in cui s’è stabilita una pro­prietà – di un campo, di un raccol­to, delle sementi, del bestiame – ci sono molte più tracce di aggressio­ni plurime. Le prime fosse comuni appaiono al momento della sco­perta dei metalli. Se non ci sono giacimenti di stagno e di rame suf­ficienti per accontentare tutti, quando se ne possiede uno biso­gna assolutamente difenderlo, per­ché i vicini non se ne impadroni­scano. Ed è a partire da quel mo­mento, circa cinque-seimila anni fa, che troviamo delle fosse comu­ni piene di resti umani. Studiando la storia più antica si capisce bene quella attuale: la questione del pe­trolio in Iraq è la stessa».
Studiando l’antichissimo passato umano, lei in realtà sta fornendo anche elementi per capire in che direzione potrà svilupparsi il futu­ro della nostra specie.
«Ciò che io constato, tre milioni di anni dopo la comparsa dell’uomo sulla faccia della Terra, è che nella sua storia c’è stato indubbiamente un progresso, che ha toccato tutti i campi. L’uomo è progredito nel ta­glio della pietra, nelle tecnologie, ma anche nei suoi comportamen­ti, che sono diventati sempre più e­laborati, raffinati, civili. Soprattut­to, c’è stato un progresso nel 'pro­getto' che l’uomo è capace di ve­dere di fronte a sé: quando, ad e­sempio, due milioni di anni fa l’Homo habilis tagliava la sua pie­tra, lo faceva per un utilizzo imme­diato; l’erectus che crea un attrezzo bifacciale, di forma simmetrica, è già un uomo più esperto, pronto a utilizzare quell’utensile maggior­mente curato anche per qualche settimana: la sua prospettiva tem­porale si allunga. Gli uomini che decoravano le grotte di Lascaux, nel sud-ovest della Francia, hanno u­sato un melange d’argilla e di san­gue di bisonte: il pittore aveva già ben in mente lo scopo di fissare le sue immagini perché potessero du­rare; viveva nella speranza che la sua opera potesse sopravvivere qualche anno, magari oltre la sua stessa vita. L’opera dell’uomo al­lunga sempre più la sua prospetti­va nel tempo. C’è un filo che tiene insieme tutte queste storie: un in­contestabile progresso. Guardan­do al passato io vedo una speranza per l’avvenire. L’uomo progredirà ancora sul piano tecnologico, ma anche sul piano del comporta­mento. Ciò è sempre avvenuto e io ho fiducia che continuerà ad avve­nire. Quindici miliardi di anni di storia ci hanno insegnato che la materia non smette di complicarsi e di organizzarsi: questo ci fa intra­vedere un destino della nostra spe­cie ancora più complesso e più or­ganizzato. Il domani dell’umanità sembra dover essere quello di una materia sovra-pensante o super­pensante. O forse sarebbe meglio dire semplicemente: della materia pensante. Il genio dell’uomo non ha ancora finito di sorprenderci».
«Le variazioni genetiche sono sì casuali, ma forse ne esiste uno 'stock' immagazzinato nella cellula: quando interviene la selezione naturale, gli organismi possono 'pescare' quella giusta» «Nel cammino dell’umanità vedo un progresso in tutti i campi: non solo le tecnologie, ma anche i comportamenti sono diventati sempre più elaborati e civili, fino alla nascita dell’idea di 'progetto'»
(Autore: Carlo Dignola; fonte: Avvenire del 15/01/2008)

12/01/08

Sotto il velame. Dante fra universalità esoterica e universalismo politico

Dalle prime intuizioni di Ugo Foscolo ai fondamentali studi di Gabriele Rossetti, da Giovanni Pascoli a René Guénon, la problematica dell'ermeneutica dantesca è stata interpretata in termini iniziatici ed esoterici e in una prospettiva intellettuale più elevata, nonostante l'ostracismo della critica dantesca ufficiale. Il Collegio Mediolanum del Rito Simbolico Italiano, che ha curato la presente pubblicazione, ha voluto andare ancora una volta controcorrente e porre al centro dell'attenzione le opere degli autori menzionati, nell'intento di dare un contributo teso a rilanciare gli studi sui significati più profondi dell'opera dantesca, come si evince dai saggi di Piero Vitellaro Zuccarello e Luigi Della Santa. La questione della censura delle opere concernenti l'esoterismo di Dante si intreccia con la prolungata rimozione dal panorama culturale italiano della questione delle fonti islamiche della Divina Commedia, che ancora in certa misura persiste. Tale questione fu affrontata per la prima volta in modo magistrale da Asin Palacios e recentemente dall'italianista Maria Corti. In Italia una tale rimozione è durata più a lungo che in altri paesi, a causa di un becero nazionalismo e di un malinteso senso della "cattolicità" di Dante. Anche in tale campo si è voluto cercare di dare un contributo di conoscenza con gli interventi di Angelo Iacovella e Alessandro Grossato. Nel saggio di Grossato sono state anche esaminate le concezioni politiche universalistiche di Dante, poggianti sull'idea da lui propugnata di un impero universale spiritualmente legittimato, concezioni che si riscontrano sia nel ghibellinismo occidentale sia nell'Islam. Infine, Marco Vannini ha fornito un raffronto fra le prospettive di Dante e quelle del grande metafisico tedesco Meister Eckhart.

(Sotto il velame. Dante tra universalità esoterica e universalismo politico, Mimesis, 2007. Sritti di Piero Vitellaro Zuccarello, Luigi della Santa, Angelo Iacovella, Alessandro Grossato, Marco Vannini)

11/01/08

Merio Scattola sulla "Teologia politica"


Nella storia recente il legame tra religione e politica sembrava essere caduto nell’oblio e interessare soltanto l’archeologia storica o l’interpretazione sociologica. Sulla scia dei processi di globalizzazione che stanno investendo la nostra civiltà, la questione è tornata ad essere quanto mai urgente, così come ineludibile è l’interrogativo se sia possibile un ordine politico del tutto immanente, senza nessun riferimento alla trascendenza. Soffermandosi sulla sua origine nell’antichità, il libro ricostruisce le vicende della teologia politica, lo sviluppo che essa ebbe nel Medioevo, le riprese durante la Riforma e la Controriforma, la sua eliminazione dalla dottrina moderna dello Stato e la sua rinascita nella filosofia politica e nel pensiero religioso del Novecento. Nel corso della storia la riflessione filosofica ha immaginato il rapporto fra immanenza e trascendenza in modi diversi, ma in ogni momento ha mantenuto ferma l’idea che la politica, come esperienza storica fondamentale dell’umanità, ha al centro un riferimento necessario al teologico, dal quale tuttavia deve sempre emanciparsi, pena il proprio annichilimento.

Merio Scattola insegna Storia delle dottrine politiche nella Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Padova. Tra le sue pubblicazioni: “La nascita delle scienze dello stato” (Angeli, 1994), “L’utopia delle passioni” (Unipress, 2002), “Das Naturrecht vor dem Naturrecht” (Niemeyer, 1999), “Dalla virtù alla scienza. La fondazione e la trasformazione della disciplina politica nell’età moderna” (Angeli, 2003).

(Fonte: http://www.mulino.it)

09/01/08

Iraq Afghanistan: Guerre di pace italiane


E' in uscita il libro di Gianandrea Gaiani
IRAQ-AFGHANISTAN: GUERRE DI PACE ITALIANE
Il libro è acquistabile in libreria oppure può essere ordinato scrivendo a
studio_lt2@libreriatoletta.it

Fonte: Gianandrea Gaiani

07/01/08

Gli astri celesti ci parlano - Intervista a Vittorio Messori


Cosa pensa Vittorio Messori, uno dei più autorevoli scrittori cattolici del nostro tempo, amico di due Papi con i quali ha avuto l’onore di firmare dei libri, dell'astrologia? Il Nostro non condivide il pensiero negativo di alcuni ecclesiastici a tale riguardo e in un suo recente volume “Emporio Cattolico” (SugarCo Edizioni) fa un’ampia e documentata difesa di queste pratiche.
"Premetto che io difendo l’astrologia seria, tradizionale, frutto di calcoli complessi e di studio", spiega Messori. "Purtroppo una buona parte di quello che oggi va sotto il termine di “astrologia” non è assolutamente da tenere in considerazione. Spesso gli oroscopi vengono eseguiti da persone impreparate. Parlo per esperienza personale. Da giovane ho lavorato al quotidiano “La Stampa” di Torino. Se l’astrologo ufficiale non mandava in tempo il suo elaborato, lo facevano noi in redazione, a turno, scrivendo cose ovvie. Ma esiste anche l’astrologia vera, una sapienza tramandata da millenni e che ha unificato popoli e culture. L’astrologia non è un fatto solo Occidentale, anzi. E’ nata in Oriente, era praticata in Mesopotamia, in Cina, in India. Anche culture isolate come quelle delle americhe prima di Colombo, avevano sviluppato enormi conoscenze astrologiche."
Domanda. Dottor Messori, nella sua argomentazione in difesa dell’astrologia lei cita i Magi, i Vangeli, i Padri della Chiesa, san Tommaso D’Aquino. Pare quindi che l’astrologia sia parte importante del Cristianesimo.
Risposta. "Non si deve dimenticare che la nascita di Gesù è stata annunciata sì dai profeti dell’Antico Testamento ma anche dagli astrologi. Nel Vangelo di Matteo si racconta dell’arrivo a Gerusalemme di tre Magi, che altro non erano se non sapienti astrologi della Mesopotamia, probabilmente di Babilonia, al tempo la capitale dell’astrologia. I Magi chiedono dove si trovi il Re dei Giudei e dicono: “Abbiamo visto la sua stella nei cieli e siamo venuti ad adorarlo”. Da questa frase si capisce bene che i Magi avevano scrutato il cielo e avevano eseguito dei calcoli concludendo che era nato il Messia di Israele. Quasi certamente, stando agli astronomi di oggi, nell’anno in cui nacque Gesù ci fu la luminosissima congiunzione di Giove e di Saturno nella costellazione dei Pesci. E per l’astrologia dell’Asia, questo significava la nascita del Re degli Ebrei. Possiamo dire quindi che all’origine stessa della Fede cristiana ci sarebbe anche una testimonianza di tipo astrologico fatta da sapienti che videro il verificarsi di un evento fondamentale come la nascita di Cristo, osservando il cielo a migliaia di chilometri di distanza. Gesù stesso, nei Vangeli, dice di stare attenti ai cieli. Dice che il suo ritorno, alla fine dei tempi, sarà evidenziato da segni “nel sole, nella luna e nelle stelle. Sono convinto che i cristiani debbano essere prudenti nel rifiutare “in toto” l’astrologia e penso che un certo modo di valutarla da parte di alcuni uomini di Chiesa sia troppo sbrigativo e superficiale."
D. Allora è certamente sbagliato condannare le previsioni come ha fatto qualcuno.
R. "La prospettiva cristiana porta a rifiutare l’esoterismo quando diventa superstizione. Ma rifiutare in blocco tutta l’astrologia sarebbe un gesto poco ecumenico. Tutte le religioni e tutte le culture antiche hanno “usato” l’osservazione degli astri anche come segno soprannaturale. I teologi cristiani, compreso il maggiore fra loro e cioè san Tommaso d’Aquino, hanno sempre studiato con interesse l’astrologia. Ovviamente quella seria. A questo proposito, San Tommaso dice chiaramente che: “Astri inclinant non necessitant” e cioè che gli astri “favoriscono” un’inclinazione nel comportamento dell’uomo, ma non lo “costringono” a quel comportamento. L’uomo resta libero e responsabile delle proprie azioni. Molti Papi del passato avevano un astrologo personale. Nel Medioevo e nel Rinascimento, alla corte del Papa vi erano l’Archiatra pontificio, che era il medico, il Capo Cuoco, il Teologo pontificio ma anche l’Astrologo Pontificio, una carica ufficiale. E poi, l’astrologia si inserisce perfettamente nella visione dell’universo creato da Dio."
D. In che modo?
R. "Alla base del discorso astrologico c’è il concetto che tutto, nell’Universo, è legato, è connesso, perché tutto è creato da Dio. Nella visione filosofica e teologica antica, l’uomo non era isolato ma faceva parte di un sistema di cui Dio è il Creatore. Oggi siamo ossessionati dalle specializzazioni e abbiamo spesso una visione spezzettata della realtà. Ma la visione religiosa del creato prevede ogni cosa legata all’altra a formare un “tutto”. In questo contesto non c’è nulla di strano nel fatto che sull’uomo abbiano influenza gli astri."
D. Quale è secondo lei l’atteggiamento che un cristiano dovrebbe avere nei confronti dell’astrologia?
R. "Il cristiano dovrebbe avere sempre l’atteggiamento di “apertura critica”. Non negare la possibilità ma nello stesso tempo esaminare e controllare. La Bibbia dice che ci sono dei “veri” profeti e dei “falsi” profeti. Il cristiano può prendere sul serio l’annuncio del futuro, anche se si tratta di una previsione derivata dall’osservazione degli astri, ma è chiamato anche a vigilare, a discernere, per non cadere nelle mani dei falsi profeti."
D. Lei si è mai fatto fare l’oroscopo?
R. "Mi è capitato di incontrare degli astrologi molto preparati. Da queste persone mi sono fatto fare l’oroscopo. Due cose mi hanno notevolmente impressionato. La prima è che astrologi diversi, non in contatto tra loro, sono giunti alle medesime conclusione studiando il cielo alla mia nascita. E la seconda, il fatto che hanno saputo dirmi cose del mio carattere che solo io posso conoscere. Sono esperienze che hanno contribuito a rendere aperta la mia mentalità sull’argomento."
D. Ci sono delle profezie, per esempio di Nostradamus, il principe degli astrologi, che si sono realizzate in pieno?
R. "Esistono delle previsioni astrologiche che sono davvero un enigma. Pensi alla Rivoluzione francese. Fin dal X secolo, sapienti persiani e anche occidentali indicavano una certa data, il 1789, come la fine del mondo conosciuto e l’inizio di una nuova era. Una data che sarebbe stata “la rottura dei tempi”. In quell’anno scoppiò la rivoluzione francese, evento che sancì la nascita del mondo moderno. Nostradamus scrivendo verso la metà del Cinquecento, prevede esattamente quello che sarebbe successo nel 1791, in piena Rivoluzione francese, cioè la fuga del re Luigi XVI e il suo arresto, avvenuto la notte del 21 giugno 1791, in una piccola località delle Ardenne francesi che si chiama Varennes. Ebbene Nostradamus, scrivendo 236 anni prima cita esattamente il nome di quel luogo e indica anche il nome del sindaco che la governava. La previsione di Nostradamus è davvero sconvolgente e non basta il calcolo delle probabilità a spiegarla. Georges Dumezil, che è stato uno dei maggiori intellettuali francesi, docente prestigioso del Collège de France e maggiore specialista della cultura indo-europea, colpito dall’incredibile coincidenza, dedicò un intero libro a questi versi da titolo “L’enigma di Varennes”. “Io ero un razionalista, non credevo alla possibilità di poter prevedere il futuro - scrisse - ma di fronte a questa quartina di Nostramasus debbo riconoscere che siamo di fronte a un mistero”."
D. C’è differenza tra le profezie degli astrologi e quelle dei “veggenti” mistici, cioè quelle persone che fanno previsioni affermando di averle ricevute dalla Madonna o da qualche santo?
R. "C’è una grande differenza. L’astrologo vero è in fin dei conti uno scienziato. Ricordiamo che l’astrologia nasce l’astronomia e millenni di osservazioni dei cieli da parte degli astrologi hanno permesso poi a Copernico e Galileo di mettere le basi dell’astronomia moderna. L’astrologo vero è un sapiente, un uomo colto e istruito che ragiona su fatti precisi, esegue calcoli, consulta tabelle complesse. I veggenti invece, i profeti, le persone che hanno visioni o apparizioni, rientrano in una sfera diversa, che coinvolge il soprannaturale, quello che non si può spiegare. Essi riferiscono semplicemente quello che il Cielo ha loro comunicato. La cosa straordinaria è che i veggenti spesso sono poco istruiti, a volte analfabeti, ma lo stesso portano messaggi profondi e complicati."
D. Nel suo libro “Ipotesi su Maria”, lei si lamenta perché nessuno tra gli studiosi cattolici ha mai fatto una seria ricerca per constatare se le profezie fatta dalla Vergine nelle varie apparizioni si siano avverate e in che misura. E porta ad esempio una ricerca fatta da lei stesso riguardante una previsione della Madonna nelle apparizioni a La Salette. Di cosa si tratta?
R. "Il 19 settembre del 1846 in una località delle Alpi francesi sopra Grenoble che si chiama La Salette, la Madonna apparve a due pastorelli. E’ un’apparizione riconosciuta dalla Chiesa tanto che in Francia, dopo Lourdes, quello più affollato è proprio il santuario a la Salette. Durante l’apparizione la Madonna piangeva, addolorata per i peccati degli uomini. Disse che ci sarebbe stata una punizione e che “le uve sarebbero marcite”. Io sono andato a studiare cosa successe all’uva in Francia dopo il 1846 e ho scoperto cose incredibili. L’anno dopo le apparizioni, fece la sua comparsa un fungo parassita che aggredisce l’uva, spargendo una malattia detta “oidio”. Si tratta di una malattia della vite che mai si era vista in Francia prima di allora. Fece moltissimi danni e quando scomparve, si manifestò subito la filossera, un pidocchio microscopico che distrusse la metà dei vigneti di tutto il Paese. Venne trovato un rimedio per la filossera ma comparve immediatamente la peronospera, una malattia sconosciuta in Europa ed originaria dall’America. Le poche viti che erano riuscite a scampare ai due flagelli precedenti vennero annientate dal nuovo male. Ho fatto delle ricerche negli archivi e nelle biblioteche francesi: in Francia non esiste una sola specie di vite che sia anteriore al 1847. Tutte quelle allora già esistenti morirono. Una terribile previsione che si avverò in pieno."

(Fonte:www.segnideitempi.net)

05/01/08

I Re Magi...

Melchior, che significa “il mio Re (Dio) è luce”, portò l’oro.
Baldassar, balâtsu-ushur (Daniele 1:7), “vitam eius protege”, il “custode della vita (la conoscenza divina)”, portò l’incenso.
Gasphar, “l’apparire dell’aurora che s’intensifica di luce con il sorgere del Sole”, portò la mirra, ossia il miron.

04/01/08

L'enigma della Cometa

"Quasi ogni anno, all’approssimarsi del Natale e dell’Epifania, qualche collega astronomo dichiara di aver individuato con certezza il fenomeno astronomico riportato da Matteo nel suo Vangelo come la 'stella' che annunciava ai Magi d’oriente la nascita di Gesù. Ogni anno mi chiedo quale sarebbe il vantaggio, ai fini della comprensione del mistero del Logos fatto carne, il sapere che la 'stella' vista dai Magi era la cometa periodica Churyumov-Gerasimenko oppure una Supernova esplosa nella Costellazione di Orione o una rara congiunzione di Giove e Saturno. Mi sembra davvero un inutile sforzo, simile a quello di chi cerca disperatamente di scoprire il nome della donna ritratta da Leonardo nella 'Gioconda', come se il conoscere quel nome ci permettesse di penetrare maggiormente nel mistero del suo enigmatico sorriso.
In realtà, se fine a se stesso, lo sforzo dell’astronomo di turno potrebbe anche essere dannoso, perchè utilizzando un linguaggio scientifico (garanzia di veridicità per molti), riduce il ruolo dello Scrittore Sacro a semplice cronista di eventi cosmici, distogliendo il lettore dal chiedersi perchè Matteo, nel ricostruire il racconto della nascita dai pochi elementi di informazione tramandatigli, abbia intessuto proprio 'quella' storia che ancor oggi entra nelle nostre case con il Presepe. In altre parole questi annunci potrebbero intralciare la nostra spinta esegetica a tentare di scoprire il messaggio, ispirato dallo Spirito, che Matteo voleva e vuole trasmetterci: invitano, 'senza dirlo, a una forma di suicidio del pensiero'.
Partendo dal Documento Dei Verbum del Concilio Vaticano II, in particolare da quell’illuminante 'nostrae salutis causa', pluripotente ablativo latino che qualifica la Verità da ricercare nelle Scritture, proponiamo un’analisi alternativa del racconto di Matteo, senza rinunciare alle conoscenze astronomiche attuali, ma evitando che queste ne oscurino il messaggio. Chiediamoci innanzitutto come veniamo a conoscenza, oggi, di un qualunque fenomeno astronomico, sia questo una nuova cometa, una esplosione cosmica o qualche altro evento celeste. La risposta­ immediata: attraverso i giornali, la radio o la televisione i quali, a loro volta, riportano una notizia ottenuta dagli 'astronomi' o dagli 'astrofili', una piccola cerchia di persone dedicate per professione e per passione all’osservazione dei fenomeni celesti. Indirettamente dobbiamo ammettere che non siamo più in grado di accorgerci da soli di quanto avviene in Cielo: le luci della civiltà tecnologica e le nostre abitudini di vita ci hanno definitivamente distaccato dal cielo stellato. Non era cosai tempi di Gesù: non era necessario che gli astronomi annunciassero l’apparizione di una nuova stella cometa perchè tutti, alzando gli occhi al cielo, semplicemente la vedevano! I fuochi dei bivacchi e le flebili luci delle lucerne non riuscivano ad offuscare la visione della nuova stella, soprattutto se, come spesso avviene, la sua tenue coda si estendeva per gran parte della volta celeste. Ecco un primo elemento di riflessione: quando Matteo inserisce la 'stella' nel suo racconto del Natale, sa di parlare di un evento naturalmente familiare ai suoi ascoltatori. Conseguentemente, anche sulla base delle attuali conoscenze astronomiche, ­del tutto ragionevole identificare la stella di Matteo con una cometa, come d’altronde ha fatto sin dall’inizio la Tradizione; infatti nessuno degli altri possibili eventi cosmici inattesi ha lo stesso impatto visivo e suscita lo stesso senso di ammirazione ed angoscia come l’apparizione di una grande cometa, che di notte in notte muta d’aspetto nella sua algida silenziosità. Inoltre, tra tutti i fenomeni celesti, la cometa è ­quello che più di ogni altro ha le caratteristiche del messaggio, sembra che il Cielo, interrompendo la regolarità del suo corso, voglia avvertirci di qualcosa che sta per avvenire: che questa fosse l’opinione diffusa al tempo di Gesù ce lo testimoniano i trattati di allora, per esempio il libro dedicato alle comete di Seneca, e i primi esegeti, come Origene che, nel secondo secolo scriveva:­…avendo appreso dai trattati scientifici che questi corpi celesti fanno la loro apparizione quando qualcosa di importante avviene nella storia degli uomini,… perchè mai dovremmo meravigliarci se alla nascita di Chi stava per introdurre una nuova dottrina per il genere umano, una stella sia apparsa per rendere noto l’evento non solo ai Giudei, ma anche ai Greci e a tutte le Nazioni?.
Oggi sappiamo che le comete provengono da un grande 'serbatoio' cosmico, chiamato nube di Oort, che si trova agli estremi confini del nostro sistema solare, a pidi 100.000 volte la distanza che separa la Terra dal Sole. Costituite di una particolare forma di ghiaccio, molto poroso, il nucleo delle comete trattiene al suo interno le molecole di gas e i grani di polvere che facevano parte della nube originaria dalla quale ebbero origine i pianeti.
Dal punto di vista scientifico esse sono dei veri e propri messaggeri, che ci offrono preziose informazioni sulla composizione della nube O proto-planetaria. Avvicinandosi al Sole, il ghiaccio sublima liberando gas e polveri che per effetto della radiazione solare si allontanano formando la caratteristica coda. Nella nube di Oort le comete si muovono lentissimamente e la maggior parte di esse rimarrà per sempre ai confini: solo poche, per effetto di minime perturbazioni gravitazionali, inizieranno il lungo viaggio che le porter, dopo centinaia di milioni di anni, a stagliarsi nei nostri cieli. Tra queste, alcune rimarranno 'intrappolate' dall’azione gravitazionale dei pianeti maggiori e diverranno 'periodiche', come la famosa cometa di Halley.
A questo punto, ritornando al racconto di Matteo, possiamo chiederci: ai fini del messaggio di Salvezza, era più efficace che Dio intervenisse, milioni di anni prima della nascita di Gesù, perturbando l’orbita di una cometa nella nube di Oort in modo che apparisse al momento opportuno per annunciare ai Magi d’oriente l’atteso evento, oppure era più utile che lo Spirito Santo ispirasse Matteo a scrivere il suo racconto, utilizzando immagini e conoscenze familiari ai suoi contemporanei, per sottolineare come la Buona Novella fosse accolta con gioia e speranza dai sapienti non Giudei (i Magi) e con sgomento e sospetto dai 'fondamentalisti' del Tempio e dal potere costituito (tutta Gerusalemme ed Erode)?
Per il credente (anche per l’astronomo credente!) entrambe le interpretazioni sono possibili, ma non c’è dubbio che oggi la seconda sia molto più efficace ai fini di una riflessione profonda che ci metta in sintonia con il pensiero ispirato dell’Evangelista. Probabilmente, ai tempi di Origene, la prima lettura era più vicina alla comprensione comune e quindi maggiormente efficace. Non credo che dobbiamo scandalizzarci se l’esegesi evolve nel tempo, ciò non fa che dimostrare la ricchezza inesauribile e la continua attualità della Sacra Scrittura.
Speriamo quindi che tutti, anche gli astronomi, si convincano che la Stella di Betlemme ­sia una cometa reale che, divenuta periodica duemila anni fa, continua ad entrare nelle nostre case con precisione astronomica, ma lo fa 'nostrae salutis causa', per rinnovare la nostra speranza nella possibilità di Salvezza, e non per riempire di dati orbitali le pagine di un almanacco astronomico".
(Autore: Piero Benvenuti)