27/03/10

La falce spezzata

Qual è il tema centrale del Il Signore degli Anelli? A questa domanda apparentemente semplice, J.R.R. Tolkien ha risposto in maniera sorprendente: "Nemmeno il potere o il dominio sono il vero nocciolo della mia storia. [...] Il tema centrale per me riguarda qualcosa di molto più eterno e difficile: morte e immortalità" (Lettera n. 186).
Nonostante questa precisa indicazione, i temi sono di fatto trascurati dai ricercatori anche più accreditati. Difficile dire se questa situazione sia uno dei tanti effetti della "morte proibita" di cui parla Ariès nella sua Storia della Morte in Occidente: è in ogni caso una rilevante mancanza nello studio del professore di Oxford, che questo libro vorrebbe contribuire a colmare.

Qui di seguito l’indice dell’opera

Premessa di Roberto Arduini e Claudio A. Testi
Introduzione di Carlo M. Bajetta
Lista delle abbreviazioni usate nel testo

- Claudio Antonio Testi
Il Legendarium tolkieniano come meditatio mortis
- Lorenzo Gammarelli
Ai confini del Reame Periglioso: morte e immortalità nelle opere brevi di Tolkie
n
- Alberto Ladavas
L’errato cammino del sub-creatore: dalla Caduta alla Macchina rifuggendo la Morte
- Simone Bonechi
"Nei tumuli di Mundburg”: morte, guerra e memoria nella Terra di Mezzo
- Franco Manni
Elogio della Finitezza. Antropologia, escatologia e filosofia della storia in Tolkien
- Andrea Monda
Morte, immortalità e le loro scappatoie: memoria e longevità
- Roberto Arduini
Tolkien, la morte e il tempo: la fiaba incastonata nel quadro
- Giampaolo Canzonieri
L’invidia sbagliata. Analogie e contrapposizioni tra Elfi e Uomini sul tema del dolore
- Claudio Antonio Testi
Logica e teologia nella tanatologia tolkieniana
- Alberto Quagliaroli
Immortalità elfica come esperimento narrativo-letterario


AAVV, La falce spezzata. Morte e immortalità in J.R.R. Tolkien, Marietti 1820, pp 320, euro 22

Celebrazioni per il centenario della nascita di Padre Henri Le Saux

P. Henri Le Saux
(1910-1973)

Lo scorso gennaio si è celebrato nell' Ashram "Saccidànanda Shantivanam” il centenario dalla nascita del monaco contemplativo Abhishiktananda, alias P. Henri Le Saux, uno dei grandi pionieri del dialogo interreligioso monastico. Per commemorare questo anniversario e per riflettere sul senso della sua vita e del suo insegnamento, la MID (Monastic Interreligious Dialogue) ha tenuto un simposio a cui hanno aderito 40 studiosi provenienti da tutto il mondo. Tra questi, alcuni avevano conosciuto personalmente Abhishiktananda Swami, altri ne avevano invece studiato gli scritti. Unanime la convinzione della fecondità dell'incontro induismo-cristianesimo. Il convegno ha cercato di mettere in evidenza l'importanza dell'esperienza del grande monaco ecumenico e l'attualità del suo messaggio. Tra le relazioni si segnale quella pregevolissima di Bettina Baumer.

Chi volesse saperne di più, può collegarsi alla pagina web del MID e leggerne il resoconto in lingua francese o inglese qui:

http://monasticdialog.com/a.php?id=905

http://monasticdialog.com/a.php?id=901



25/03/10

Anatomia delle Brigate Rosse

Chi sono i brigatisti? Perché uccidono? Come si svolge la loro vita quotidiana? A quale tradizione storico-politica appartengono? Sono le domande cui si propone di rispondere questo volume attraverso il metodo della sociologia storica comparativa. Tra il 1969 e il 1985 l'Italia è stata di gran lunga il Paese più interessato dalle attività terroristiche. Il bilancio, per il periodo preso in considerazione, è di 428 morti, la cifra più rilevante in Europa occidentale. L'autore, dopo una critica serrata delle interpretazioni prevalenti del terrorismo rivoluzionario nell'Italia repubblicana, sostiene che la logica dominante della prassi brigatista fu orientata da una concezione politico-religiosa dello sviluppo storico, rivolta a soddisfare, in primo luogo, un bisogno spirituale e a raggiungere un fine metapolitico: instaurare il Paradiso in Terra. I brigatisti - siano essi comunisti o fascisti appartengono alla categoria antropologica dei "purificatori del mondo". Accomunati da un odio profondissimo verso ogni aspetto del mondo presente, condividono entrambi lo stesso obiettivo: distruggere la società borghese, considerata un luogo putrido e nauseabondo da ripulire attraverso un uso spropositato del terrore rivoluzionario. Dal sogno teocratico di Thomas Müntzer alla rivoluzione cambogiana di Poi Pot, vengono ricostruite le origini e l'evoluzione di una tradizione rivoluzionaria che, con la parabola brigatista, giunge fino ai giorni nostri.


Alessandro Orsini, Anatomia delle Brigate Rosse. Le radici ideologiche del terrorismo rivoluzionario, Rubbettino, € 24.00

22/03/10

A destra per caso

di Aldo La Fata

Le Edizioni il Foglio di Piombino (LI), nella collana “Saggi” curata da Claudio Di Scalzo, ha appena licenziato un libro intervista scritto a quattro mani da Carlo Gambescia e Nicola Vacca che reca il titolo “A destra per caso. Conversazioni su un viaggio”

(pp. 90, euro 10,00 – http://www.ilfoglioletterario.it/catalogo_saggi_a_destra_per_caso.htm).

“La rivolta” (1911), tela dai colori sgargianti del futurista Luigi Russolo, avvolge la prima e la quarta di copertina con un piacevole effetto visivo. Evidente l'intento corsaro e provocatorio del libro. Si tratta infatti, di una vera e propria scorribanda in stile futurista tra gli autori e le idee della destra italiana, romana e fiorentina soprattutto. Gli autori, Carlo Gambescia e Nicola Vacca, un sociologo il primo, un giornalista-scrittore il secondo, dichiarano fin dal titolo e apertis verbis l'accidentalità della loro militanza “a destra”. Una dichiarazione che forse era necessaria, considerando lo squallido panorama politico del momento. Ma non si tratta naturalmente solo di una proclamazione di autonomia e indipendenza intellettuale o di una presa di distanza da un'ambiente che è divenuto sempre più l'ombra di se stesso, si è anche voluto dare alla destra che fu, il giusto riconoscimento che merita, sia in termini di azione politica che di ideazione progettuale e culturale. E ai meriti riconosciuti oggettivamente, si aggiunge la stima e il rispetto per talune personalità di quel mondo dall'indiscutibile valore umano.

La destra italiana dunque nelle sue luci e nelle sue ombre.

Ma nel libro che stiamo esaminando non c'è solo questo -che già sarebbe abbastanza. C'è anche un giudizio storico sul Fascismo e sulle sue diverse anime; ci sono valutazioni sulle vicende interne del MSI-DN; ci sono ritratti vivi di alcune delle personalità più interessanti di quel mondo, ma anche ritratti impietosi e senza sconti di altre, nate bene ma finite assai male, magari per opportunismo e a volte anche per veri e propri “disturbi della personalità”. Lasciamo comunque alla curiosità dei lettori il piacere o il dispiacere di andarseli a leggere.

Diciamo invece qualcosa dei due autori e sulla loro casuale convergenza a destra.

Di Carlo Gambescia abbiamo già parlato, anche dalle pagine di questo blog e chi ci segue è ormai informato che il nostro gode della nostra più sincera stima, sia in termini umani che intellettuali, e che lo consideriamo un amico. Gambescia è professionalmente un sociologo; ha al suo attivo una decina di volumi oltre a numerose collaborazioni con riviste italiane e straniere e proviene dal cattolicesimo sociale e liberale. Il suo incontro con la Destra risale agli anni ottanta. Per caso, appunto, mise piede nella storica libreria Europa di Enzo Cipriano, allora situata in Via Pietro Cavallini, alquanto vicino alle Mura Vaticane. Fu spulciando tra le numerose testate di area, che il nostro si imbatté nel mensile fiorentino “Diorama Letterario”, diretto da un allora giovane trentenne Marco Tarchi. Per chi non lo sappia o non lo ricordi, diciamo che si trattava di una rivista di recensioni librarie e di un laboratorio di idee che si ispiravano in realtà assai liberamente e senza dogmatismi all'opera e al pensiero di Alain de Benoist. Quest'ultimo aveva fondato in Francia un movimento politico-culturale denominato Nouvelle Droite (Nuova Destra) a cui anche Tarchi e il suo gruppo di giovani intellettuali di rango si rifacevano apertamente. Tra Tarchi e Gambescia nacque così un'amicizia e in breve tempo il nostro si unì alla redazione di “Diorama”. L'articolo di esordio fu una scheda di presentazione del sociologo russo-americano Pitirim A. Sorokin. Di lì a qualche anno Gambescia sarebbe anche diventato direttore editoriale delle edizioni Settimo Sigillo di Enzo Cipriano.

La vicenda di Nicola Vacca è invece alquanto diversa. Vacca proveniva dal socialismo liberale e riformista, ed era un giornalista professionista, uno scrittore, un'opinionista, un critico letterario. Dopo la chiusura dell'Avanti! e la profonda crisi del PSI, Vacca era alla ricerca di una collocazione ideale. In qualità di giornalista parlamentare per il “Giornale d'Italia”, conobbe nel '98 Gennaro Malgieri, allora alla direzione del “Secolo d'Italia”, che gli offrì la conduzione di una rubrica sulla pagina culturale del quotidiano. Vacca accettò e visse da protagonista quello che si può considerare sotto il profilo culturale, il periodo storico più bello ed entusiasmante di quella testata.

Queste in breve sintesi le vicende e i profili dei nostri due interlocutori “a destra per caso”.

Il racconto-intervista parte rievocando questi “esordi”, ricordando le tante personalità conosciute, incontrate, ammirate, amate. Ivo Laghi, “persona rigorosa e umanamente splendida”; Giano Accame, “un vero intellettuale”, “ricco di candore e di umiltà verso le idee altrui”; Enzo Cipriano, scomodo, indipendente e in splendida solitudine nel suo avamposto culturale, “baldante come Falstaff”; Enzo Erra, “uomo coltissimo”, “lettore attento di Evola e Steiner”; Marco Tarchi, “una delle migliori persone che io abbia mai conosciuto” (Gambescia).

Le dolenti note vengono dopo, soprattutto nei capitoli che seguono e i cui titoli ci rendono subito edotti sulla fatale deriva della cultura di destra e soprattutto di quelli che da molti erano ritenuti i suoi più degni rappresentanti: “La Destra nuova”, “Cerchiobbotismo e dintorni”, “I collaborazionisti del nulla”, “La destra che non c'è”.

Nessuno dei nomi che contano vengono taciuti e i giudizi, per quanto taglienti, colgono sempre perfettamente nel segno. Alla fine degli anni novanta entriamo a pieno regime nella fase dell'omologazione servile, della politica senz'anima, della mistificazione, dell'involuzione e dell'insignificanza. “Addio dibattito e approfondimento, avanti argomenti glamour” (Vacca, p. 42).

Su questa “Destra nuova”, nata già vecchia -staremmo per dire: nata postuma- i nostri due autori si soffermano nelle ultime pagine in una intellettualmente onesta e spietata requisitoria. Alla fine sembra non esserci più spazio per la speranza: “il pensiero della politica è nelle mani dei mercenari delle idee”, “dei peggiori”. Così Vacca (p. 88). E Gambescia di rincalzo: “Il guaio è che i peggiori lo sanno. E ci contano”.

Ma se le cose stanno così, e non c'è che da riconoscerlo onestamente, allora che senso ha oggi continuare a stare a destra? Se lo chiedono i due autori che dal “centro della destra” vorrebbero ora allontanarsi per magari ritornare alle rispettive “case” di provenienza. Ma il problema è che le “case” da cui partirono non ci sono più. E allora? E allora, meglio darsi “alla macchia”, anzi meglio, “passare al bosco”, varcare con le proprie forze il “meridiano zero”. Come il “Ribelle” di Jünger. Come l'ultimo indimenticabile Giano Accame, ricordato con riconoscenti e commosse parole anche dai nostri due autori di “A destra per caso”.

21/03/10

Costituita una Commissione di inchiesta vaticana su Medjugorje

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 17 marzo 2010 (ZENIT.org).- “È stata costituita presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, sotto la presidenza del Cardinale Camillo Ruini, una Commissione internazionale di inchiesta su Medjugorje”. E' quanto ha annunciato questo mercoledì la Sala Stampa vaticana.

La Commissione vaticana studierà i fatti legati a Medjugorje, un piccolo villaggio della Bosnia-Erzegovina, situato a circa trenta chilometri dal capoluogo di Mostar, che dal 1981 è meta di pellegrinaggio di milioni di persone.

“Detta Commissione – continua la nota vaticana –, composta da Cardinali, Vescovi, periti ed esperti, lavorerà in maniera riservata, sottoponendo l’esito del proprio studio alle istanze del Dicastero”, guidato dal Cardinale statunitense William Levada.

“Il lavoro è molto discreto, data la delicatezza dell'argomento, e durerà un bel po' di tempo”, ha precisato il direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi, S.I.

Interpellato dai giornalisti, il portavoce vaticano ha ricordato che, in passato, esisteva una Commissione diocesana che, in ragione della vastità del fenomeno, decise di affidare l'indagine alla Conferenza episcopale della Jugoslavia, che in seguito alla dissoluzione del Paese balcanico, non potè concludere i propri lavori.

In una sua dichiarazione su Medjugorje del 10 aprile del 1991, l'episcopato affermò di non poter constatare nulla di soprannaturale in quanto accadeva e sottolineò la necessità di assistere a livello pastorale, sotto la responsabilità del parroco e del Vescovo locale, tutti coloro che si recavano a pregare in quel luogo.

“Per questo motivo – ha ricordato padre Lombardi - i Vescovi della Bosnia ed Erzegovina hanno chiesto alla Congregazione per la Dottrina della Fede di prendere in mano la questione”.

La Commissione sarà quindi presieduta dal Presidente emerito della Conferenza Episcopale Italiana e sarà composta da una ventina circa di membri.

A novembre dello scorso anno, l'Arcivescovo di Sarajevo e Presidente della Conferenza Episcopale Bosniaca, il Cardinale Vinko Puljić, in una intervista a ZENIT aveva espresso il desiderio di poter avere indicazioni dalla Santa Sede “sulla costituzione di una commissione che segua il fenomeno, registrando i contenuti delle apparizioni e dei messaggi tenuto conto che ad oggi sono più di trentamila”.

Le apparizioni di Medjugorje avrebbero avuto inizio il 24 giugno del 1981, Solennità di san Giovanni Battista, quando la Madonna sarebbe apparsa su una collina chiamata in croato Podbrdo ad alcuni ragazzi dai 12 ai 20 anni, presentandosi loro come Regina della Pace.

Secondo quanto si racconta, da quel 1981 le apparizioni continuerebbero fino ad oggi. Si dice, inoltre, che ci siano stati solo cinque giorni senza apparizioni nel 1981-1982. I nomi dei sei veggenti sono: Vicka Ivankovic, Marija Pavlovic, Mirjana Dragicevic, Ivan Dragicevic, Ivanka Ivankovic e Jakov Colo.

Attualmente tre dei sei veggenti avrebbero ancora le apparizioni quotidiane (Vicka, Marija e Ivan), mentre agli altri la Madonna apparirebbe solo una volta all'anno.

La veggente Mirjana riceverebbe le apparizioni il due di ogni mese, durante le quali la Madonna prega con lei per i non credenti.

La Madonna lascerebbe ai veggenti molti messaggi che hanno come tema: la preghiera, il digiuno, la conversione, la riconciliazione e la confessione.

Stando ai dati raccolti, dal 1984 al 1987 la Madonna dà alla parrocchia di Medjugorje un messaggio ogni giovedì. Dal 1987 tramite la veggente Marija, la Madonna continua a dare i suoi messaggi il 25 di ogni mese, dalla parrocchia a tutto il mondo.

Ai sei veggenti la Madonna avrebbe rivelato anche dieci segreti. A tre di loro che non hanno più le apparizioni quotidiane (Ivanka, Mirjana, Jakov), la Madonna avrebbe rivelato tutti e dieci i segreti; agli altri tre (Vicka, Marija e Ivan), solo nove.

Il contenuto dei segreti è conosciuto solo dai veggenti. Si conosce solo il terzo segreto: un segno indelebile, visibile da tutti, indistruttibile e bellissimo, che la Madonna promette di lasciare sulla collina delle apparizioni, come conferma della loro veridicità.

Questi segreti verranno rivelati al mondo da un sacerdote francescano, padre Petar Ljubicic, scelto dalla veggente Mirjana, la quale comunicherà i segreti al francescano quando arriverà il tempo stabilito.

(Fonte: http://www.zenit.org/article-21777?l=italian)

17/03/10

Masterbee: da buddista ad asceta cristiano

Svizzero tedesco di nascita e abbandonato dalla madre in tenera età, l'autore venne adottato da una famiglia molto severa, dove il padre, protestante dalla morale assai rigida, usava imporre la disciplina con violenza talvolta impensabile. Ha conosciuto il buddismo zen all' età di quindici anni in Svizzera, ha viaggiato per tutta l'Europa per motivi di studio, incontrando a Parigi personaggi come Sartre, Giacometti, Chagall, Picasso e, a Berlino, Klaus Kinski e l'intellighentia letteraria. A Istanbul ha incontrato i mistici sufi, sull'Himalaya i santoni e i guru. È stato discepolo di Krishnamurti, di Tatwala Baba e di tanti altri conosciuti e sconosciuti, ha vissuto in ashram induisti e monasteri buddisti tibetani. Finché un giorno ha incontrato uno staretz, un eremita ortodosso, che dette corpo alla sua voglia di Dio trasmettendogli la Preghiera del cuore. I suoi quadri sono esposti in varie parti del mondo e anche al Museo d'arte vaticano (fu lì che conobbe Paolo VI). Oggi insegna anche nei monasteri cristiani. Il libro è il racconto in prima persona di questa grande avventura umana, che ha trovato il suo sbocco naturale nel cristianesimo.

Masterbee, Mendicante di luce, San Paolo Edizioni, euro 18

(Dello stesso autore: La via della luce. Lasciarsi trasportare dal fiume della vita porta pace, San Paolo Edizioni, 2008)


12/03/10

Un Vannini stimolante ma controverso

Marco Vannini, Prego Dio che mi liberi da Dio. La religione come verità e come menzogna, Bompiani, pagine 204. Euro 16,00.


"Il dibattito tra credenti e non credenti, atei e cristiani, laici e laicisti infiamma tutti i settori della società.
Eppure esso si svolge per lo più a un livello di superficie, tanto che si ha l'impressione che i ruoli si confondano: che i veri credenti siano gli atei, che i laici portino avanti ragioni che i chierici dimenticano e che le motivazioni dei laicisti combacino, per una strana alchimia, con quelle dei cattolici più ortodossi.
Questi paradossi, come mostra Marco Vannini in questa riflessione, hanno radici profonde e non sono per nulla casuali: consistono nella dimenticanza di una serie di categorie che hanno attraversato la tradizione più alta dell'occidente, a partire dalla filosofia greca, attraverso i mistici e i filosofi della modernità, sino a personalità come Simone Weil.
Che Dio sia Spirito; che la religione sia essenzialmente un rapporto nello Spirito in cui Dio e uomo si muovono l'uno verso l'altro, l'uno nell'altro; che la vera religione sia uno spogliarsi della propria volontà, liberarsi dalla costrizione delle cose del mondo per entrare in una dimensione di libertà, di grazia.
Questi concetti si sono via via eclissati a favore di rappresentazioni più comode di Dio e della religione, spesso ridotta a una dottrina morale, a una serie di precetti fisici, addirittura sessuali.
E di questo oblio colpevoli non sono tanto i laici o gli atei ma, piuttosto, chi di questa tradizione doveva farsi depositario e custode: la Chiesa".
(dalla quarta di copertina)

10/03/10

Recensioni a "Giardino di trincee"


Sergio Fritz Roa, Giardino di trincee, Roma 2010, pp. 114

Le richieste vanno inoltrate al seguente indirizzo:

di Claudio Lanzi

Come al solito ci è indifferente la notorietà di un autore. Ci interessano i contenuti e, in questo caso i contenuti sono interessanti, tanto più perché scritti da un giovane. Roa, infatti, è nato in Cile nel 1975 e, a quanto dice la prefazione di La Fata, ha partecipato a numerose manifestazioni sulla metafisica e cosmologia tradizionali, scrivendo su diverse riviste americane ed europee tra cui Metapolitica, Lhork, Casa del Tempo, e numerose altre.

Appena abbiamo ricevuto l’opuscolo abbiamo storto il naso. “Diario di Kshatriya”…uhm, ci sembrava un abuso di termini, una importazione indianeggiante che ci preparava ad una lettura infantile ed enfatica. Poi abbiamo pensato che fra i testi dei soliti tromboni paratradizionalisti nostrani, ormai pieni di parole come mongolfiere, e un giovane sicuramente un po' meno appesantito dai soliti refrain, avremmo preferito quest’ultimo. E infatti, dopo le prime pagine siamo stati avvinti dal racconto, che alterna momenti di autentica poesia ad altri di intuizione metafisica.

Non sappiamo “chi sia” Fritz Roa e non conosciamo la sua storia, i suoi studi i suoi incontri “reali”, ma non si può scrivere una cosa del genere senza un grande amore per la natura, per il mondo e per la tradizione dimenticata. In ogni pagina appare una malinconia di fondo, la constatazione di una dissoluzione in essere inarrestabile, ma traspaiono anche parole d’amore, anzi d’Amore, che fanno intuire l’entusiastica ricerca dell’autore che passa attraverso esperienze “forti”, forse corrosive ma che attende fiducioso il miracolo e la redenzione. E’ un giovane, è un poeta e scrive con un linguaggio onirico e un po’ new-age. Non è un saggio, è l’avventura di un personaggio immaginifico che ne incontra altri, altrettanto immaginifici. Dei viaggiatori “fulcanelliani” che lo inondano di profezie.

Ma in mezzo alle sue parole esistono delle piccole perle. Noi non sappiamo quanto Roa sia consapevole di ciò che cerca e quanto sia autentico il suo percorso. Non lo sappiamo ormai più di nessuno. Ma è un libro fresco. Un buon libro per i giovani e per credere ancora alla esistenza del Mattino.

http://www.simmetria.org/index.php?option=com_content&task=view&id=582&Itemid=304

Nota bio-bibliografia di Claudio Lanzi

(1943), ricercatore e progettista, autore di numerosi articoli scientifici pubblicati da varie riviste di ingegneria italiane ed estere, e di alcuni libri nel settore dellʼautomazione, per la scuola, lʼindustria e lʼuniversità (edizioni Sonzogno, Patron, Nis, Treccani). Al programma scientifico e didattico, ha da sempre affiancato una intensa attività di ricerca sulle scienze antiche, sia orientali che occidentali, con particolare riguardo per le geometrie della scienza sacra (è stato allievo e amico di Adriano Graziotti), della musica, e delle ritmiche liturgiche tradizionali.

Per Vecchiarelli Editore prima e per le Edizioni Simmetria poi, ha pubblicato: La Danza delle Hore, Sentieri Spirituali, Maleducazione spirituale, Lʼanima errante, Intelletto dʼAmore, Misteri e Simboli della Croce, Ritmi e Riti, Sedes sapientiae. L'universo simbolico delle cattedrali. Per le edizioni Mediterranee: La porta ermetica di Rivodutri, insieme ad A. M. Partini, oltre a numerosi altri testi e articoli su riviste specializzate. C. Lanzi è docente Accademico della Tiberina e direttore della collana Simmetria. Svolge periodicamente corsi e conferenze sia in tale sede che presso altre strutture orientate verso lo studio della scienza tradizionale.

di Giuseppe Gorlani

Ho letto con grande interesse il volumetto "Giardino di trincee" di Sergio Fritz Roa. Immediatamente mi è parso di cogliere in esso un quid legato alla giovinezza. E ciò non vale quale nota negativa, tutt'altro. L'aura di lucido entusiasmo e di aspirazione al Vero che irradia da questo scritto è connaturata ad uno stato spirituale che oggi si manifesta soltanto di rado tra i giovani. Mi riferisco comunque ad una giovinezza che contiene in sé anche vetustà, poiché il coesistere di tali estremi segna quanto attiene alla sapienza. Proseguendo nella lettura mi sono sentito attrarre all'interno di verità profonde, dalla cui comprensione o intuizione promanano non solo speranza e gioia, ma pure una sorta di sofferenza e di struggimento; simili sentimenti sono infatti inseparabili dalla condizione umana e dal nostro amore per la bellezza del mondo al quale apparteniamo, ormai quasi del tutto dominato dal demone della tecnica cibernetico-informatica che, appiattendolo vieppiù nell'orizzonte unico della "risorsa", inevitabilmente lo distruggerà. A tale pretesa di dominio, in cui dello stato ontologico dell'uomo e del mondo vien fatto strame, l'Autore si ribella nell'unico modo possibile ed efficace, ossia orientandosi spiritualmente. In sintesi, un libro fuori da ogni retorica moralistica ed egualitaristica; un libro sincero che ci parla di una visione cristiana in accordo con la Tradizione sapienziale universale che Guénon, Coomarswamy (o, più propriamente, Kumaraswamy), Evola, ecc. contribuirono a riportare alla luce. Eccellenti l'Introduzione e le note di Aldo La Fata.

Giuseppe Gorlani: nota bio-bibliografica

Grafico, saggista e poeta. Dai venti ai trent'anni ha viaggiato e soggiornato a lungo in Oriente (soprattutto in India), vivendo in prima persona l'esperienza più importante della sua generazione: il ritorno al Centro attraverso l'uso alchemico delle "acque corrosive" (il viaggio psichedelico). Nel 1981 ha fondato la comunità ashramica dei Cavalieri del Sole, nella quale tutt'ora vive. Suoi interventi sono apparsi in varie riviste letterarie e di studi tradizionali, tra le quali «Convivium», «Paramita», «I Quaderni di Avalon», «Conoscenza», «Poiesis», «Atrium», «Letteratura-Tradizione» e «Vidya». Presso "Il Cerchio - Iniziative Editoriali" ha pubblicato tre sillogi poetiche (Radici e Sorgenti - 1989, La Porta del Sole - 1990, Nel Giardino del Cuore - 1994), una raccolta di saggi (Il Segno del Cigno - 1999) e ha curato una versione italiana del Nan Yar? di Shri Ramana Maharshi (Chi Sono Io? - 1995). Con "La Finestra Editrice" (TN) ha pubblicato Anatema, una raccolta di prose poetiche.

di Luca Senatori

Un libro conciso. Ma di afflato notevolissimo. Appena preso tra le mani si può pensare di poterlo leggere in poche ore, ma una volta aperto si capisce che c’è bisogno di molto più tempo per meditarne ogni pagina e ogni parola. Anzi, ancor da prima, fin dal titolo: Giardino di Trincee. Può esistere forse un giardino composto di trincee? O meglio: può un insieme di trincee comporre un giardino? Non è forse un paradosso? Lo è forse nei termini. Ma per Kshatriya, e per chi come lui segue la “via metapolitica”, un tale paradosso è il vivere quotidiano. Il Guerriero, il Cavaliere, e lo stesso protagonista-scrittore del Diario, combattono le loro Battaglie presso innumerevoli trincee fisiche, ma proprio in quel medesimo Combattimento, in quelle trincee, trovano il loro Giardino Spirituale. E di trincea in trincea, giungeranno senz’altro alla mitica Città dei Cesari.

Kshatriya è un Combattente immaginario ma nello stesso tempo assolutamente reale. Non è l’archetipo del Guerriero perfetto, né del Cavaliere purissimo e senza macchia, ma un esempio di chi, pur con manchevolezze e dolori, continua il suo Cammino facendo d’ogni esperienza un insegnamento e d’ogni insegnamento un avvicinamento alla Purezza. È dunque senz’altro un uomo, e niente di ciò che è umano gli è estraneo: non è così asceta da non provare desiderio per una donna, eppure cammina verso l’ascetismo; è capace di irarsi con i suoi simili per la loro insulsaggine, epperò è un uomo schierato, un uomo sincero, e dunque non altrettanto insulso. Tutto ciò lo rende vicino al Lettore e, per chi Combatte, quasi famigliare.

Durante la narrazione il Lettore potrà altresì sperimentare diversi stati d’animo, e scorgere ciò che di solito è Celato, Ermetico ed Esoterico. Potrà intravedere che nel Cammino di Kshatriya, e dunque nel mondo, sono all’opera forze, sodalizi ed entità invisibili, ma non per questa loro peculiarità meno determinanti. Potrà incontrare forme d’arte misteriose che rimembrano l’inquietudine dei racconti di Poe o di Lovecraft, ed espressioni della penna che indicano la Via e la Militanza, così come già annoverata e additata negli scritti di Evola, Panunzio o Guenon.

Ogni parola va meditata, dicevamo: e non a caso nell’edizione italiana è stata inserita una indovinatissima raccolta di note. Ciò che non si trova in questa raccolta induce all’approfondimento personale, a una ricerca mirata a rintracciare altri frammenti di Verità che le pagine del diario talvolta indicano, ma non svelano se non in minima parte. Può nascere così un nuovo Diario, quello del Lettore. Se così piacerà al Cielo.

Luca Senatori amministra un interessante blog cavalleresco qui:

http://latorredellaspecola.blogspot.com/


di Aldo La Fata

Circa un anno fa ci occorse di leggere una breve novella del cileno Sergio Fritz Roa. Ci piacque molto: la leggemmo d'un fiato e subito ci affrettammo a contattare l'autore per complimentarci. Il testo era scritto in uno spagnolo semplice e ci venne l'idea di farne noi stessi una traduzione in lingua italiana. L'autore, persona giovane, intellettualmente vivace e cordialissima, acconsentì. Ma cosa aveva di così speciale questa narrazione? Uno stile di scrittura semplice, un pensiero profondo e un afflato poetico. Sì, diciamo l'insieme delle tre cose. Ma c'era anche dell'altro. C'era verità. Sì, verità. La sincerità dell'autore, la sua capacità di raccontare senza ombra di falsità o di artificio retorico la verità creduta, la verità vissuta. Merito inestimabile oggigiorno quello di dire la verità e non da tutti. Ma non si può dire il vero senza contemporaneamente denunciare il falso. E questa novella è anche un libro di denuncia. Denuncia appunto la falsità di un mondo ridotto a pura finzione e di una vita tenuta in gran conto nelle apparenze ma offesa costantemente nei fatti; denuncia la grettezza di una società marcia avviata a grandi passi verso la disgregazione e il caos. Denuncia in una parola il Male: grottesco ma vincitore, assurdo e crudele ma trionfante. Almeno nelle apparenze. Il racconto di Fritz Roa vuole essere anche un esorcismo contro questo Male. Parole ben spese le sue. Parole sagge e illuminate, rivolte soprattutto a quei giovani (ormai pochissimi e rarissimi) che hanno ancora sangue nelle vene e fegato e cuore ben saldi.

Il personaggio di questa novella è un tipo umano diciamo ideale il cui nome, desunto dalla dottrina indiana delle caste, è Kshatriya (gli Kshatriya erano re e guerrieri). La vicenda narrata, ambientata nelle lontane e misteriose terre del Cile, nella forma di sintetiche e poetiche annotazioni lasciate su un diario, è la biografia spirituale del protagonista. Si tratta del percorso iniziatico di un “soldato politico”, di un tradizionalista integrale (in senso evoliano e guénoniano), di un esoterista, ma soprattutto di un animo nobile e cortese, di un moderno cavaliere che, al pari di quello disegnato dal Dürer, ha percorso il suo impervio cammino consapevole di avere costantemente al suo fianco la Morte e il Diavolo. Si è trattato per lui di vincerne innanzitutto la paura. E così alla fine del viaggio, tra misteriosi boschi di aurucarie e inaccessibili montagne, Kshatriya meriterà di entrare nella mitica “Città dei Cesari”, un luogo-non-luogo dove si ritrovano a raccolta gli spiriti eroici dei combattenti di tutti i tempi. Sono coloro per i quali fu più importante vincere la guerra santa contro i propri nemici e mostri “interni”, che abbattere o sconfiggere il loro nemico esterno. Ed è per questi spiriti rari, con la stessa vocazione di Kshatriya, che Giardini di trincee è stato scritto.



07/03/10

La Sindone. Tra scienza, storia e religiosità

La Sindone. Tra scienza, storia e religiosità

Tavola Rotonda il 22 Marzo nell'Aula Magna del Rettorato dell'Università degli Studi di Torino presiede il prof. G. Ghiberti.

Interverranno i proff.: P. Baima Bollone, B. Barberis, N. Balossino, P. Savarino, G.M. Zaccone

ore 9-12,30

Via Verdi 8, Torino

Presenzieranno il Rettore, Prof. Ezio Pelizzetti e sua Eccellenza mons. Guido Fiandino, vescovo ausiliare di Torino.

Prevista la visita alla Sindone per universitari il martedì 13 Aprile ore 17.

Per prenotazione tel. 011/5156454 o mail:

past.universitaria@diocesi.torino.it


05/03/10

Zolla: gli arcani del potere

Nel passaggio dagli archivi zolliani alle mani della curatrice, i sessanta scritti riuniti ne Gli arcani del potere sono venuti ad assumere quasi spontaneamente una configurazione di tipo taoista, e il titolo stesso del libro ne dà la prima avvisaglia coniugando due parole ampiamente compromesse con la sfera esoterica, quali che siano le angolazioni del potere osservato in astratto e nelle sue espressioni tangibili. E se è vero che Zolla non ha mai dedicato un’opera a sé stante al tema del potere, è altrettanto vero che questa sfinge dai mille volti lo ha attratto da sempre, con curve di attenzione che rispecchiano gli andamenti di un pensiero in cui essoterico (rapporti tra tradizione e modernità, critica sociale, morfologia dei processi storici) ed esoterico (archetipi politici, mitologie, mistica comparata, misteri) s’intrecciano alla maniera taoista in un nodo indissolubile.

Se si esplora la bibliografia dello scrittore dalla metà degli anni Quaranta del Novecento (con gli iniziali e acerbi Saggi di etica e estetica) fino a Discesa all’Ade e resurrezione (2002), passando per l’opera narrativa, le introduzioni a libri d’altri autori, gli scritti di «Conoscenza religiosa» e le centinaia di articoli ed elzeviri sulle maggiori testate in Italia e altrove, ci si avvede che non c’è quasi pagina in cui un problema etico o filosofico, un argomento letterario, antropologico, religioso o un caso di stretta attualità non sollecitino riflessioni che lacerando gli strati epidermici, scrutano il problema alla radice portandone alla luce implicazioni nascoste e spesso intollerabili. Bastava dunque selezionare saggi e articoli, brevi o di medio taglio in cui gli aspetti espliciti e arcani del potere fossero inseguiti nel terreno di caccia che è il marasma stesso della vita, e adagiarli in una struttura bivalve. Nella raccolta «esterna» intitolata, non per caso «Reti kafkiane nella società coatta », sono prospettate talune aberrazioni, assurdità e stoltezze negli usi e abusi del potere in rapporto alle tecniche di persuasione occulta e alla manipolazione ideologica nella società massificata moderna. Seguono venticinque componimenti dove credenze, mitologie e dogmi retti sulla volontà di potenza hanno determinato svolte e snodi fatidici nella storia antica e moderna di Occidente e Oriente. E ora che la sfinge è messa sotto assedio, e i suoi venefìci sono stati smascherati insieme al circolo vizioso che l’esercizio mondano del potere instaura nella psiche individuale e collettiva, diventa inevitabile per chi ragiona in modo filosofico risalire dagli effetti alle cause scrutando il Potere nelle sue interfacce umane e cosmiche, e può azzardarsi a farlo solo uno sguardo «di potere», capace di scrutare la realtà sia alla luce delle leggi che reggono l’universo fisico, sia di quelle che presiedono all’immaginazione letteraria e all’esperienza mistica secondo matematiche non meno ardue da decifrare. Il blocco di nove testi della sezione «Posse ipsum: dove tutto è il potere stesso», dischiude orizzonti di conoscenza che aiutano a far scendere la mente nel cuore volgendola al proprio cielo – come esortano gli illuminati cui Zolla dà voce nei suoi inner teachings e in Martirio e potenza, lo scritto di congedo (1964) che li corona.
estratto dalla Introduzione di G.Marchianò “Il gran teatro di Oklahoma”
(Elemire Zolla, Gli arcani del potere, BUR, 2009, euro 10)

02/03/10

Culianu Ioan: "Il rotolo diafano"

Che cos'è realmente il rotolo diafano, il cui mistero è a lungo inseguito dal protagonista senza nome del libro? Ci sono verità nascoste, o semplicemente dimenticate, che attraversano il tempo rimanendo celate alla coscienza dei più, ma vengono comunque tramandate per vie occulte. Una di queste riguarda l'origine del linguaggio umano e il linguaggio della stessa Creazione. Attraverso una serie di episodi collegati tra loro, in cui ritornano un misterioso smeraldo e l'ombra di una figura femminile salvifica e insieme inquietante, Ioan Petru Culianu (1950-1991) disegna un ritratto enigmatico e affascinante di alcuni passaggi segreti della storia dell'umanità fino a oggi. Pubblicato originariamente da Jaca Book con il titolo "La collezione di smeraldi" e qui presentato in una nuova traduzione e con testi narrativi pressoché sconosciuti come il profetico e bellissimo "Sul linguaggio della creazione", "Il rotolo diafano" è un libro che combina la forza coinvolgente propria della forma narrativa con le suggestioni dotte e arcane di un sapere iniziatico e magico che continua a vivere attraverso i secoli e arriva a noi suscitando interrogativi spiazzanti e mostrando vie di conoscenza segrete e inaspettate.

Culianu Ioan P., Il rotolo diafano, Ed. Elliot, pg. 238, 14 euro.


01/03/10

"Humanitas" rilegge Overbeck sodale di Nietzsche


Segnaliamo che il numero 4-5 della rivista “Humanitas”, il quadrimestrale di cultura edito dalla Morcelliana, è dedicato a Franz Overbeck, il teologo protestante in rotta di collisione con l'ortodossia luterana e amico fino in fondo ed estimatore di Friedrich Nietzsche. Una rilettura di grande interesse affidata alle penne di vari specialisti che consigliamo. Questo il sommario:

Franz Overbeck, a cura di Antonia Pellegrino
Introduzione
SOMMER A.U., Genealogia di comunanze e divergenze. Franz Overbeck e Friedrich Nietzsche
HENRY M., È possibile un futuro per la teologia nel mondo moderno?
PETER N., L’epistolario di Franz Overbeck e la sua teoria della lettera come genere
WILSON J.E., Il senso dell’autobiografia in Franz Overbeck
BESTEBREURTJE F., Leggere o interpretare? Alcune osservazioni sul significato dell’esegesi secondo Franz Overbeck
EMMELIUS J.-CH., Osservazioni sull’uso overbeckiano del concetto di «storia profana della Chiesa»
PELLEGRINO A., Scrivere per un «pubblico limitato». Le strategie di pubblicazione di Franz Overbeck
STAHMANN CH., Occidentalismo teologico. Franz Overbeck sull’Oriente e l’Islam
LEGHISSA G., «Il giubilo più tremendo deve essere il morire di un dio». Franz Overbeck e la filosofia del Novecento