29/11/15

L'Arte Ermetica di Dalmazio Frau a Palestrina

SIETE TUTTI CORTESEMENTE INVITATI,
venerdì 11 Dicembre 2015 al Palazzo Vescovile, Salone dei Cardinali, via Roma 23, Palestrina
alle ore 17 
alla presentazione de 
L'ARTE ERMETICA - Bosch, Brueghel, Dürer, Van Eyck
Ed. Arkeios 
Saranno presenti Alberto MonticelliClaudio Lanzi e l'autore Dalmazio Frau.

25/11/15

Noi e l’Islam: meno Fallaci, più Filippani Ronconi

Roma, 19 nov – Nel caotico ribollire di sentimenti suscitati dall’attentato di Parigi a qualcuno forse tornerà in mente il nome di Pio Filippani-Ronconi.
Lo ricordo a un convegno a Napoli, a palazzo Cellammare, mentre spaziava tra i simboli spirituali dell’India e dell’Europa. A un certo punto dovette dire una frase che suonò sgradevole all’orecchio – sensibilissimo – di un giovane guénoniano presente in sala. L’adepto della Tradizione Primordiale si alzò al momento del dibattito e disse: “Professore, ma come può negare quello che Guénon ci ha insegnato, e che cioè l’Islam è una grande Tradizione Regolare?”.
Filippani placò l’interlocutore con una lunga citazione in arabo. Era la citazione di qualche Sura del Corano oppure un bellissimo insulto in lingua desertica? Non lo sapremo mai, ma fu molto chiaro quel che disse dopo: “Figliolo, io non ho detto che l’Islam non è una Tradizione Regolare, ho detto che l’Islam non può essere la via spirituale per il tipo umano europeo”.
La soluzione del problema è tutta qui: consapevolezza che l’Islam esiste, ha la sua specificità, i suoi valori, rivendica i suoi diritti storici e ha tutta la determinazione per voler ribaltare i torti storici che nello scorso secolo ha subito; ma nello stesso tempo orgoglio nel ribadire che esiste una tradizione europea che si snoda attraverso la civiltà greca e romana, passa attraverso il Medio Evo germanico, gotico e il suo sviluppo faustiano, si proietta adesso verso un’aurora di civiltà ad Oriente con l’emergere di un nuovo popolo, quello russo, ben saldo nella propria anima e riluttante nella “sottomissione” a qualsiasi punto cardinale.
Insomma esiste in Europa una storia in fieri, che non finisce qui. Filippani che venerava la Donna con la cortesia di un cavaliere medievale forse avrebbe percepito oggi come due moderne Erinni le contrapposte icone della Fallaci e della Boldrini. Odio di sé e odio dell’altro in opposto estremismo.
La sua venerazione sarebbe andata alla fanciulla Europa, amata da Zeus, che mal si concilia con l’Occidente dominato dalle oligarchie venali o con le moltitudini prostrate con la testa a terra e i piedi scalzi. All’Islam il professore dedicò saggi di spessore esoterico, raccolti in antologie come l’ Altro Islam, Gnosi ismaelita e regalità iranica.
Nell’Islam “illuminato” Filippani ravvisava il perpetuarsi di una vena d’oro che discendeva dalla Persia indoeuropea, dalle antiche civiltà mesopotamiche. Ricordava che la setta dei Drusi credeva nella reincarnazione, nel pareggio karmico delle azioni e venerava la Divinità “nel cuore”, più che nell’adempimento pedissequo della Legge.
Oggi avrebbe visto di buon occhio le amazzoni Curde che combattono l’Isis o i soldati mussulmani della Siria che riportano la statua di Maria Vergine sulla montagna.
Alfonso Piscitelli
http://www.ilprimatonazionale.it/cultura/meno-fallaci-piu-filippani-ronconi-34560/
 

23/11/15

"Lettera e Spirito", n. 39



E’ con piacere che segnaliamo la pubblicazione del numero 39 della rivista telematica Lettera e Spirito che, in continuità con il precedente, è dedicato all’approfondimento del ruolo della discriminazione nel percorso iniziatico, con particolare riferimento alla sua relazione con l’orizzonte intellettuale. L’argomento è affrontato secondo diverse prospettive. Oltre all'articolo di fondo di Albano Martín de la Scala trovano posto in questo numero scritti sulla conoscenza di se stessi di René Guénon, di Coomarswamy e di Plutraco, il seguito dell’estratto del Convivio di Dante Alighieri, un trattato sulla differenza fra sapienza e saggezza di Aristotele, un secondo articolo di Guénon dal titolo Cuore e cervello, uno studio del collaboratore Jacopo Ammi sul discernimento spirituale nel cristianesimo, il sorprendente dialogo La sapienza dell’Idiota di Nicola Cusano, un commento di Shankara al primo dei quatto capitoli dei Brahma-Sûtra e, infine, una breve fiaba popolare.
 Ricordiamo che tutti gli articoli possono essere scaricati gratuitamente in formato pdf dal sito:

21/11/15

Gli occhi di Cesare. La biblioteca latina di Dante



I fatti di Parigi hanno scatenato le Baccanti dell’allerta. Come in un incantesimo ci siamo accorti del terrorismo, che invece esisteva da anni. Ma esattamente che cosa dovremmo custodire e proteggere dalla barbarie dell’Isis? Ce lo spiega Luciano Canfora nel suo ultimo libro, Gli occhi di Cesare. La biblioteca latina di Dante (Salerno editrice, 97 p., 8, 90 euro).

Il volume ripercorre le letture classiche che hanno ispirato la teoria imperiale di Dante. Con il rigore filologico che lo ha sempre contraddistinto, Canfora dimostra come il poeta fiorentino abbia utilizzato, talvolta fedelmente, le opere di Tacito, di Sallustio e di Svetonio: “Il cuore di Dante […] batte per l’impero. Ciò è reso chiaro, sin dall’inizio, anche dal raffinato intarsio di fonti classiche pagane, parafrasate o evocate esplicitamente, che è racchiuso nel proemio”.
D’altro canto l’antichità non conosce la nostra idea di originalità, che altro non è che una diversa declinazione dell’egoismo. L’impero che Dante auspica è quello universale, “l’ordinamento necessario e auspicabile per tenere in ordine il genere umano”. Per questo motivo nella Monarchia la figura di Alessandro Magno acquista un ruolo centrale e Dante, sulle orme di Svetonio, si chiede che cosa mai sarebbe successo se Alessandro avesse incontrato Roma. Non è un caso che la Monarchia “fu colpita da condanna nel 1554 (Indice di Venezia) prima ancora che ne apparisse la prima edizione a stampa (fine 1559)”.
Ma è Cesare la figura principe del libro di Canfora, lui che sorprendentemente Dante identifica come il primo degli imperatori, quando la maggior parte della storiografia classica iniziava le cronache dell’impero con Augusto. Lo stesso Cesare che Frontone ci descrive impegnato nella guerra gallica e che, inter tela volantia, tra le lance volanti, ebbe il tempo e la cura di redigere un trattato sulla purezza linguistica e di curare i rapporti politici a Roma.
In particolare Canfora sottolinea come la percezione dantesca della storia romana sia unitaria: la fase repubblicana non solo precede, ma pre-para quella imperiale, che, a sua volta prefigura l’impero auspicato da Dante: “l’impero è per lui parte essenziale di un disegno divino, e Cesare ne rappresenta il motore principale”. Per questo il cristiano Dante non teme di chiamare “Sante” le Muse, di farsi guidare da Virgilio, di porre all’ingresso del Purgatorio un pagano e per giunta suicida come Catone.
L’universalità culturale è per Dante l’anticipazione di quella politica. Il grande merito del libro di Canfora è quello di riuscire a scrivere per un vasto pubblico pur trattando argomenti di filologia pura. La cultura oggi manca di grandi divulgatori che elevino il popolo tramite le arti e le lettere invece di abbassare la poesia per svenderla al vulgus.
E se davvero queste figure esistessero, forse gli uomini non si indignerebbero in modo pietistico contro il terrorismo perché Facebook è pieno di bandiere francesi, ma si sarebbero sentiti feriti nell’animo già mesi fa nel vedere le immagini di Palmira distrutta, come se fosse scoppiata una bomba nel proprio condominio, perché il Mediterraneo è il chiostro dell’impero.
Roberto Guiscardo