20/12/13

Linee di storia profetica (terza parte)


di Federico Cavallaro


Come si sa, il canone definitivo dei libri dell’Antico Testamento fu raccolto all’inizio della nostra era, prima i rotoli profetici erano sparsi tra molte sinagoghe, ora costituiscono la sezione dei Nabiim, datati dopo la rivelazione di Mosé. La stessa situazione si ripresenta ora nell’Era cristiana: tutti gli scritti che riportano esortazioni, spiegazioni e integrazioni sullo svelamento della Rivelazione date da un Dio vivo e vegeto a veggenti e santi costituiscono, all’evidenza, Parola di Dio. Dopo l’inserimento cristico nella storia, questi svela gradualmente le potenzialità conoscitive della sua stessa Rivelazione; altro che ripetere il ritornello auto-rassicurante: “La Rivelazione è chiusa”! Nella stessa maniera degli scritti sapienziali che si aggiungevano alla Rivelazione data attraverso Mosè, così avviene oggigiorno da due millenni.
Qui possiamo solo seguire le tracce della storia, avendo riguardo a quello che fu detto sugli ultimi tempi che stiamo vivendo. E’ molto importante ricordare che i disastri e anche i benefici annunciati non sono in automatico, ma corrispondono allo stato delle scelte umane; come dicono anche i  profeti dell’AT, preghiera e penitenza possono allontanare anche i peggiori flagelli, come ha riferito recentemente anche Mirjana di Medjugorje riguardo i famosi “dieci segreti” di cui ancora otto sono da svelare. Mercé la Misericordia di Dio, guerre disastrose che potevano avvenire, per colpa umana, sono state rimandate o abolite.
Santa Odila (+720), patrona dell’Alsazia, vedeva già le guerre dell’Anticristo hitleriano e oltre. Santa Ildegarda di Bingen (+1179) previde, tra l’altro, la riduzione del potere temporale dei Papi ad una zona di Roma; dopo un periodo molto tribolato prevede un lungo periodo di pace, l’unione dei giudei coi cristiani, il rifiorire della terra come annunciato già da Isaia (4,2) e infine la distruzione dell’Anticristo mentre, forte dei suoi poteri, cercherà di ascendere al cielo, circondato dai suoi seguaci. Aggiungo il non citato Gioachino da Fiore (+1202), detto da Dante “di spirito profetico dotato”, il quale ebbe gran fama per le sue profezie e per aver previsto la Terza Era dello Spirito Santo, retta da una Ecclesia Spiritualis, distinguendo così nettamente la storia della Chiesa attuale dal tempo del Regno millenario, così come aveva già annunciato l’Apocalisse (cap.20).
Passiamo ora a S. Vicente Ferrer (+1419), predicatore di Barcellona, profetando del tempo in cui”le donne vestiranno come uomini e si comporteranno a loro piacere licenziosamente, e gli uomini vestiranno come le donne”. Madre Shipton (prima metà XV sec.) scrisse stupefacenti visioni delle nostre conquiste tecnologiche. Il notissimo Nostradamus (1503-1566) lasciò molte profezie, prudentemente velate, che si chiariscono solo nel loro avverarsi nei secoli; previde la durata del bolscevismo sovietico in 73 anni e 7 mesi. Molti previdero anche la venuta di un “Papa Angelico” finale e di un Grande Monarca che verrà da Oriente, i quali inizieranno un lungo periodo di pace cui seguirà l’ultimo tentativo di Satana di attirare a sé l’umanità attraverso l’Anticristo ultimo; secondo spiegazione recentissima (Stefania Caterina), Satana, spinto dalla disperazione, si risolverà a cedere drammaticamente buona parte dei suoi poteri gelosamente custoditi a questo personaggio terreno (comincia così il suo depotenziamento).
Secondo il Venerabile Bartolomeo Holzhauser (1613-1688), la storia ecclesiastica è divisibile in sette periodi (come per Gioachino da Fiore), il sesto comincerà con il Pontefice Angelico e il Gran Monarca che porteranno il cristianesimo su tutta la terra; vi sarà un gran Concilio, fino a terminare con l’Anticristo e Satana slegato. Questo Gran Monarca sarebbe un discendente di famiglia reale francese e imperiale tedesca. L’Anticristo conquisterebbe Roma, restaurerebbe l’impero “turco” e s’installerebbe a Gerusalemme; comunque il suo imperio durerà solo tre anni e mezzo, come dice l’Apocalisse (42 mesi) e come hanno sempre confermato i profeti.
Un’antica profezia proveniente dal Convento di Premol (Grenoble) e ritrovata nel 1783, contiene la descrizione di un Pontefice fuggitivo che passa tra i corpi morti dei sacerdoti: si cfr. quanto pubblicato della terza parte del Segreto di Fatima. La religiosa Jeanne Le Royere (+1798) previde le spoliazioni ecclesiastiche di Napoleone e le altre guerre da cui sarebbe stata afflitta l’umanità, i disastri naturali e infine il ristabilimento dell’ordine per cui gioiranno i cuori dei buoni, la restaurazione della Chiesa, anche con un Concilio, alla quale torneranno i penitenti. Ma dopo questo periodo di pace, di 25 anni, verrà approntata una falsa religione, causa di scisma, che preparerà la strada all’Anticristo che verrà poi fermato improvvisamente dall’intervento diretto di Cristo. I terribili tre giorni di buio, profetizzati da tanti, sarebbero provocati da grandi catastrofi, terremoti e maremoti che cominceranno quindici giorni dopo l’ascensione al cielo dei due Testimoni, “Enoch ed Elia” che l’Anticristo credeva di avere ucciso (cfr. Ap 11, 1-12).
Si potrebbe obbiettare che, finora, le indicazioni di date precise non si sono verificate, così Gioachino aveva fissato l’inizio dell’era dello Spirito Santo nel 1260; sappiamo però che le comunicazioni celesti rarissimamente danno date precise, limitandosi a indicare, a volte, un “presto” che va inteso in modo relativo ad un'altra ottica celeste. Comunque, Dio avvisa anche per incrementare la preghiera e le opere, per poter stornare infausti eventi; così, con l’attentato a Giovanni Paolo II il 13 maggio 1981, l’intervento miracoloso ha prolungato di altri 24 anni la cronologia papale e rimandato o scancellato dannosi eventi a livello mondiale. La misteriosa esplosione e incendio dell’arsenale nucleare siberiano, ancora un 13 maggio, ma del 1984, (anniversario di Fatima) pare evitasse lo scatenamento di una guerra mondiale da parte di generali sovietici, in un’atmosfera da Gotterdammerung di cui poco si sa.
Anna Caterina Emmerick (1774-1824) ebbe moltissime visioni che descriveva in dialetto bavarese al poeta F.Brentano, da cui forse degli equivoci. Ella fu trasportata in spirito sull’Himalaya e da lì nel Paradiso terrestre che sarà abitato dai risorti del Giudizio finale, qui stavano Enoch ed Elia in attesa di tornare sulla Terra come Testimoni, scendendo col “carro” di Elia. Osservo che il trasporto sull’Himalaya ci vuole indicare come esistano dei luoghi terrestri che funzionano da porte “dimensionali”, in questo caso – pare- solamente del corpo eterico ma vi sono numerosi racconti nei quali si comprende come il corpo fisico sia stato riassorbito nell’eterico per passare in altra dimensione, d’altronde è questo quello che accadde ad Enoch ed Elia allorché sparirono da questa Terra; quindi, la riapparizione del loro vecchio corpo, la rimaterializzazione, darà la possibilità all’Anticristo di ucciderli come comuni mortali! Ma dopo tre giorni e mezzo, uno pneuma vitale proveniente da Dio li farà risorgere (Ap 11,11; similmente alla resurrezione di Cristo) e ascendere al cielo con un corpo fisico indistruttibile.
La Emmerick osserva che, nella lotta per la distruzione della Chiesa, interverranno anche certi “spiriti planetari” ossia angeli caduti ma non così colpevoli come quelli caduti nell’inferno. Infine la Chiesa verrà restaurata completamente, avverrà una nuova Pentecoste, con la riunione delle varie Chiese, illuminazione di molti e in particolare di dodici personaggi, i nuovi Apostoli, con un nuovo Papa “molto serio e rigoroso”.
Una nota cosmologica. Un minimo di conoscenze tradizionali e millenarie informa che il Sole passa precessionalmente nei Segni (non le costellazioni) zodiacali, impiegando per ognuno c. 2160 anni, per questo Virgilio (Egloga XI), dopo l’inizio dell’Era cristiana dei Pesci, poteva credere di stare all’inizio di un’Età dell’Oro. L’osservazione fenomenologica non basta per iniziare una tradizione sacra, ci vuole la conoscenza illuminativa che mostri all’anima certi principi divini, o almeno cosmologici, a cui seguiranno certe applicazioni, queste sì più pratiche. Così derivò la famosa data profetica della stele dei Maya, con la data del 21 dicembre 2012, indicata come fine del “Quarto Sole” e inizio del Quinto. Non essendoci stata la fine del mondo, il solito interesse superficialissimo di massa, sostenuto dai media, è caduto del tutto, tuttavia questo computo resta importante, aggiungendosi agli altri segnali di questi ultimi tempi. L’allineamento del sistema solare intero, nella direzione della “fessura” della Via Lattea e del centro galattico, non è una posizione cosmica nuova trascurabile per gl’influssi provenienti da questo centro e quindi per una reazione tra le forze di rinnovamento e le forze malefiche della battaglia finale apocalittica. Da notare anche che il ciclo di 13 baktun in 5125 anni, riportato ai Cinque Soli o epoche (5125x5= 25.625) ci porta molto vicino alla durata precessionale usata dall’astrologia babilonese e indiana (2160x12= 25.920).
(continua)

15/12/13

La Donna e il sacerdozio in un libro di Jean Borella

La présence de femmes-prêtres est attestée dans beaucoup de religions, sauf dans le judaïsme et le christianisme (catholique et orthodoxe). S'agit-il d'une survivance ? Est-elle encore admissible aujourd'hui, alors que des scientifiques mettent en cause la notion même de " genre ", masculin ou féminin ? Jean Borella prend la question par l'autre bout : en quoi le sacerdoce christique disconvient-il, relativement, à l'être féminin-sans que l'être masculin y soit, pour autant, nécessairement destiné par nature ?
(Coll. Métaphysique au quotidien, 13,5 euros, 116 p., novembre 2013) 


10/12/13

Alcune critiche di H. Algar all'opera di H. Corbin

Henry Corbin (14 April 1903 – 7 October 1978)

Nonostante il lavoro pionieristico e senza pari realizzato da Corbin per far conoscere la Shi'a in Occidente, è bene comunque tener presenti alcune pecche ed anche certe distorsioni presenti nelle sue opere e nella sua visione. Queste sono alcune delle critiche mosse dal Prof. Hamid Algar nel suo articolo “The study of Islam: the work of Henry Corbin”, apparso sulla rivista “Religious Studies Review”, vol. 6, numero 2, aprile 1980.

-          Per la prima volta nel linguaggio occidentale Corbin ha esposto la dottrina dell’Imamato in tutte le sue dimensioni metafisiche e esoteriche, rendendo chiaro che la successione al Profeta rivendicata dagli Imam era molto di più del governare politicamente e giuridicamente la comunità, e si trattava della prolungazione ciclica dell’anima della profezia stessa. Ma qui troviamo ancora il tentativo di Corbin di “curare attraverso gli opposti”. Rifiutando correttamente la riduzione della Shi’a a questione contingente di successione politica, egli insiste su una visione ugualmente estrema, secondo cui la Shi’a è essenzialmente un esoterismo, e che è in realtà “il santuario dell’esoterismo dell’Islam”. (Corbin, 1971-72, vol.1, pag. 16). Questa visione, che permea l’intera opera di Corbin sulla Shi’a, comporta una seria distorsione sia dell’Islam sunnita che sciita. Una volta che la Shi’a diventa l’unica depositaria dell’esoterismo islamico (vale a dire della spiritualità e profondità), l’Islam sunnita viene ridotto a ciò a cui Corbin si riferisce, ripetutamente e con evidente disprezzo, come “Islam legalitario”. Una forma di esoterismo, il Sufismo, è fiorita manifestamente nel mondo sunnita, ma Corbin vede il Sufismo come una forma tronca della Shi’a che ha erroneamente tentato di rinunciare agli Imam. La distorsione della Shi’a causata dalla sua identificazione con l’esoterismo è ugualmente seria, e oggi, come conseguenza della Rivoluzione Iraniana, con la sua forte enfasi sulle dimensioni sociopolitiche della religione, simile identificazione appare perfino grottesca. Nessuno potrebbe contestare che l’’irfan rappresenta una forma di esoterismo islamico appropriata al contesto sciita e che si basa in larga parte sulle tradizioni attribuite agli Imam. Ma asserire che l’’irfan coincide con la Shi’a, o anche che esso rappresenta la sua più importante espressione, è una questione piuttosto differente. Questo richiede di trascurare il vasto corpo di tradizioni degli Imam sulle questioni exoteriche ("legalitarie") e le persistenti, sebbene contrastate, rivendicazioni degli Imam ad esercitare l'autorità politica effettiva.
-          Un altro aspetto principale degli studi di Corbin attiene il Sufismo o, più precisamente, un ben definita gamma di argomenti e personalità all’interno del Sufismo. La sua comprensione di tutto ciò che egli ha toccato è stata, comunque, colorata, o perfino determinata, dalla sua particolare visione della Shi’a come unico legittimo esoterismo dell’Islam. Egli ha presentato il Sufismo di Ibn Arabi essere in molti modi simile alla Shi’a, sia nella forma duodecimana che ismaelita, e si è spinto a stabilire paralleli tra le due scuole, ignorando quasi completamente gli immediati e dimostrabili antecedenti di Ibn Arabi nel Sufismo dell’Andalusia e del Maghreb. Similmente, quando parla di Ruzbihan, Corbin si sente nuovamente obbligato a fare qualche riferimento alla Shi’a, sebbene in questa occasione egli possa fare ben poco se non offrire ai suoi lettori un’apologia malcelata per essersi occupato di uno scrittore e mistico sunnita (Corbin, 1971-72, vol. 3, 11).

-          E’ ovvio che l’Islam, nella sua elaborazione storica, ha assunto molteplici forme di espressione, alcune delle quali possono essere identificate con una particolare regione o popolazione. Dall’inizio del sedicesimo secolo al presente, l’Iran ha certamente seguito un sentiero di sviluppo religioso largamente differente da quello dei suoi vicini. Ma è chiaro che quando Corbin parla di “Islam iranico” ha in mente qualcosa di molto più fondamentale e pervasivo. Per Corbin è esistita qualcosa definita “l’anima iraniana” dotata di una “vocazione imprescrittibile” ed esercitante un quasi-monopolio sugli aspetti filosofici e mistici della tradizione islamica (Corbin, 1971-72, vol.1, x). La controparte di questo profondo “Islam iranico” è presumibilmente l’”Islam arabo” – un legalismo superficiale e arido, con un’errata insistenza sull’applicabilità sociale della religione. Il contrasto razziale tra arabi e iraniani non è mai reso esplicito, ma quando si leggono le opere di Corbin non si possono non ricordare le teorie dei vecchie orientalisti come il Conte de Gobineau e Max Horten che tentarono di analizzare la storia intellettuale dell’Islam nei termini di un presunto scontro tra ariani (iraniani) e semiti (arabi). Corbin trasferisce la dicotomia dal piano biologico a quello spirituale. Avendo definito l’”Islam iranico” com un’entità distinta strettamente interessata al misticismo ed alla spiritualità, e profondamente segnata dall’eredità del suo passato pre-islamico, Corbin giunge inevitabilmente a presentare una visione altamente selettiva dell’Islam in Iran. Dalla lettura delle opere di Cobin, non si sospetterebbe mai che l’Islam sunnita dominò gli orizzonti religiosi dell’Iran per nove secoli, né i suoi scritti sono di molto aiuto nel comprendere il verificabile processo in base al quale la Shi’a Duodecimana è diventata qualcosa dell’”Islam iranico”.
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-          La carriera di un orientalista può leggittimamente esser vista non solo nel contesto delle predilezioni spirituali ed intelletuali dello studioso in questione, ma anche nella cornice istituzionale e persino politica all’interno del quale è avvenuta. Nel corso della sua carriera Corbin ha vissuto tra Francia e Iran, avendo come propria base a Tehran il Dipartimento di Iranologia all’Istituto Franco-Iraniano. Egli ebbe numerosi contatti in circoli sia ufficiali che accademici, ed ha menzionato frequentemente anonimi “amici iraniani” come fonte dei riferimenti autorevoli dei suoi lavori. Egli collaborò a certi progetti con Muhammad Mu’in, con Jalal ad-Din Ashtiyani così come con altri sapienti. Una serie di discussioni tenute con uno dei sapienti di Qom, Allamah Sayyid Husayn Tabatabai, venne pubblicata in persiano ed ha goduto di una considerevole fama. Ma il più importante tra i suoi collaboratori iraniani fu, senza dubbio, Sayyed Hossein Nasr. Prolifico autore su tematiche simili a quelle seguite da Corbin, Nasr occupò un’ampia varietà di posti amministrativi e accademici prima di lasciare prudentemente l’Iran nel corso della Rivoluzione. Direttore dell’Accademia Imperiale di Filosofia, era noto per avere strette relazioni personali con la Corte. L’associazione di Corbin con Nasr ha avuto, quindi, certe inevitabili implicazioni politiche. Non voglio affermare neanche per un momento che Corbin, coscientemente o incoscientemente, si allineò con la defunta monarchia iraniana, nel senso di collocare la propria conoscenza accademica al suo servizio. Le direzioni che egli scelse di seguire erano pienamente spiegabili con le sue preferenze intellettuali e gusti spirituali. Rimane comunque un fatto di una qualche importanza che la sua particolare visione dell’”Islam iranico” corrisponda piacevolmente con la politica culturale del regime Pahlavi. L’identificazione di Corbin dell’Islam Sciita come un esoterismo che disprezza il piano socio-politico ha molto in comune con l’insistenza del regime secondo cui le guide religiose dovevano astenersi da ogni preoccupazione politica. In particolare, l’insegnamento della guida Shaykhita, Zayn al-Abidin, secondo cui “l’azione degli esseri umani non può essere un rimedio alla loro situazione”, quotata con approvazione da Corbin, può ragionevolmente essere definita un’ideale prescrizione per la resistenza passiva alla tirannia (Corbin, 1971-72, vol. 4, 247). Una lettura delle opere di Corbin lascia certamente il lettore con l’impressione che l’Imam Khomeyni o ha fallito nel comprendere la vera essenza della Shi’a, o l’ha volontariamente trasgredita. Similmente, la posizione di Corbin sulla dicotomia arabo-iraniana nell’Islam ha diretta affinità con l’insistenza dell’ex Shah nel rimuovere l’Iran, per quanto possibile, dal contesto arabo della sua storia e cultura, ed era la versione elegante ed accademica dello slogan ufficiale “Musulmani ma non arabi”. Infine, la sua nozione di una profonda continuità spirituale tra Iran pre-islamico e islamica venne frequentemente assorbita nella pomposa propaganda che parlava di due milleni e mezzo di ininterrotto governo monarchico.