30/08/08

Obama cita Gioacchino da Fiore

"Mi sorprende che Barack Obama citi Gioacchino da Fiore ma al tempo stesso mi interessa capire meglio perche' faccia riferimento a questo pensatore. Indubbiamente e' molto interessante che citi il pensatore calabrese, da sempre considerato come il portabandiera di una societa' piu' giusta e pacifica". Lo ha detto don Gianni Baget Bozzo, noto teologo e politologo genovese, commentando, con l'ADNKRONOS, i riferimenti a Gioacchino da Fiore fatti in piu' occasioni dal candidato democratico alla Casa Bianca.
"Forse Obama, riferendosi a Gioacchino da Fiore, pensa all'apertura di un'epoca straordinaria, in cui lo spirito riuscira' a cambiare il cuore degli uomini -ha osservato don Baget Bozzo- E' sorprendente e al tempo stesso straordinario ed interessantissimo che Obama usi un pensatore utopico ed escatologico tra i piu' importanti nell'indicare la necessita' di un cambiamento radicale della storia". "Trovo culturalmente interessante questa citazione di Barack Obama. E' una finezza culturale -ha concluso don Gianni Baget Bozzo- che vorrei capire meglio dal momento che Gioacchino da Fiore e' considerato uno dei simboli dell'utopia cristiana".
(Fonte: Adnkronos)

29/08/08

Addio a Oscar Botto, esperto di sanscrito e grande studioso del buddismo


Oscar Botto, universalmente riconosciuto come uno dei massimi esperti nel campo del buddismo e della letteratura indiana, nonché maestro di studi sanscriti, è morto a Torino all'età di 86 anni. Traduttore dei "monumenti" dell'epica indiana, storico delle letterature d'Oriente, Botto è stato il fondatore del Cesmeo, l'Istituto di Studi asiatici avanzati. Era direttore della collana dei "Classici delle Religioni» della Utet e autore di libri fondamentali sulle materie da lui insegnate all'Università di Torino come «La letteratura classica dell'India antica» (Editore Studium) e «Budda e il buddismo» (Mondadori). A lui si deve il primo dizionario sanscrito-italiano, in via di pubblicazione. Era nato a Torino il 10 luglio 1922.

22/08/08

L’Osservatore promuove Tolkien

Dopo Tex Willer, l’Osservatore Romano suggerisce un’altra lettura estiva in chiave cristiana: quella della saga del Signore degli Anelli di John Reuel Tolkien.­ Il romanzo - scrive il quotidiano vaticano ­rappresenta simbolicamente la vita dell’uomo, che è ­sempre aperta a possibile conversioni, compiute o interrotte, che avvengono nel grigiore dell’esistenza quotidiana spesso vissuta in territori in gran parte occupati dal diavolo. Tolkien, appassionato e intelligente lettore di Chesterton - scrive ancora l’Osservatore romano - ­sapeva bene che il cuore del cristianesimo non è ­la tradizione ma la conversione, che spesso avviene nonostante la tradizione e col suo romanzo-capolavoro, assurdamente considerato come un libro conservatore e reazionario, ha realizzato una grande metafora della vita dell’uomo intesa come continua conversione.

18/08/08

Le confessioni (scomode) di un gesuita francese

il Padre Xavier Tillette sj.

http://www.gesuiti.it/img/second/pubblicazioni/tillette.pdf

Studioso di Kant, di Schelling, della fenomenologia husserliana e dei suoi sviluppi in Francia, Xavier Tilliette è il maggior interprete europeo della cristologia filosofica. È professore emerito presso l’Institut Catholique di Parigi, l’Università Gregoriana di Roma, le Facoltà dei Gesuiti di Parigi, lo Studium Theologicum di Chantilly. In Italia è entrato in contatto con i massimi studiosi dell’idealismo tedesco (Claudio Cesa della Scuola Normale di Pisa e Valerio Verra dell’Università La Sapienza di Roma). Di recente è stato tradotto in italiano per le edizioni Morcelliana il suo celeberrimo lavoro L’intuizione intellettuale da Kant a Hegel. Lo scorso anno ha pubblicato insieme a Giuseppe Riconda (Università di Torino) Del male e del bene. Tra le sue opere ricordiamo: Merlau-Ponty ou la mesure de l’homme (Paris 1970), Breve introduzione alla fenomenologia husserliana (Lanciano 1983) La christologie idealiste (Paris 1986), L’absolu et la philosophie. Essai sur Schelling (Paris 1987), Le Christ de la philosophie. Prolégomenes à une christologie philosophique (Paris 1990), L’intuition intellectuelle de Kant à Hegel (Paris 1995), Philosophische Cristologie (Freiburg 1998) Schelling. Une biographie (Paris 1999), Schelling in Spiegel seiner Zeigenossen (Vol. I, II, II ; IV 1974 –1997), La memoire et L’invisible (Genève 2001). Infine è di questi giorni la pubblicazione di Eucaristia e filosofia (Morcelliana, Brescia 2008).



17/08/08

Le edizioni Vallecchi

Ricostruire la storia della casa editrice Vallecchi dal 1919 al 1947 significa ripercorrere più storie intrecciate della cultura e della società italiana. Attilio Vallecchi, affermato imprenditore tipografico, con il marchio Vallecchi Editore si presenta come erede e continuatore dell'avanguardia futurista, interventista e pragmatista fiorentina e nazionale. Una casa editrice che vuol crescere promuovendo autori come Papini, Soffici, Palazzeschi e giovani "insoddisfatti e smaniosi" e che, oltre ad essere un importante strumento di proposta culturale, sostiene la riforma scolastica del 1923 con la collaborazione di Ernesto Codignola, per divenire poi uno dei principali editori dei rinnovati libri di testo con la partecipazione diretta del ministro dell'Istruzione Giovanni Gentile e dei suoi successori alla Minerva. Una casa editrice multiforme che cerca di identificarsi con il Regime e le sue battaglie culturali per beneficiare dei sostegni statali e che nel contempo diviene luogo di espressione di nuove forze intellettuali. Scrittori che, superate le espressioni strapaesane, narrano una "Toscanina" agreste e genuina nei rapporti, ma ormai in dissolvimento, e aprono alle nuove forme espressive dell'ermetismo e a più ampi orizzonti culturali che matureranno nell'immediato dopoguerra. Una storia con molte facce, stimoli e potenzialità che il catalogo storico cronologico delle edizioni riflette con puntualità.

(Brogioni Luca, Le edizioni Vallecchi. Catalogo 1919-1947, Ed. Franco Angeli)

Trattati d'amore cristiani del XII secolo. Vol. II

Amare l'amore, desiderare il desiderio: è questo che ci insegna il XII secolo, quando i trovatori celebrano l'amor cortese, i romanzi narrano la passione di Tristano e Isotta, Abelardo ed Eloisa vivono un'appassionata relazione, e i religiosi elaborano, impiegando immagini meravigliose, affascinanti teorie sull'amore mistico. Nel secondo dei volumi che la Fondazione Valla dedica ai Trattati d'amore cristiani del XII secolo leggiamo le opere di Aelredo di Rievaulx, Ivo e Riccardo di San Vittore. Il primo centra il proprio Specchio della carità sul sabato, il giorno del riposo di Dio dopo i sei della Creazione: perché, "giorno in cui nulla accade, che nulla fa passare, al quale nulla segue, che non è limitato da un inizio né concluso da una fine", esso è segno dell'eternità di Dio e del suo amore, che inizia e soverchia quello degli altri "sabati": l'amore di sé e del prossimo. Partendo dal celebre passo di Paolo sulla carità, anche il misterioso "fratello" Ivo, scrivendo a Severino, eleva un inno all'amore usando l'immagine del Salmo: "Il mio cuore è diventato come cera che si scioglie". Un oggetto, dice Ivo, sciogliendosi diventa molle, si dilata, si purifica: questo, appunto, l'effetto dell'amore, "che è davvero un fuoco divino capace di sciogliere, purificare e saldare in un'unica massa i cuori ". Ma forse il più appassionato ed eloquente elogio dell'amore mistico proviene dallo scozzese Riccardo, attivo nella famosa scuola parigina di San Vittore: che, dice Dante collocandolo nel Cielo dei Sapienti, "a considerar fu più che viro", fu più che essere umano nella contemplazione. I suoi Quattro gradi della violenta carità sono una infuocata orazione sull'amore che ferisce, incatena, fa languire e venir meno. Un viaggio dell'anima dall'Egitto alla Terra Promessa: l'abbandono del mondo, la contemplazione di Dio e dei suoi misteri, il rapimento nell'abisso della luce divina, l'umiliazione e la resurrezione in Cristo: febbre intermittente, prigionia, languore immobile, l'agonia infine di un malato sul punto di morte. Il volume è arricchito da un nutrito apparato iconografico che mostra gli angeli - le menti innamorate e contemplanti per eccellenza - affrescati nel XII secolo nella cripta dell'Abbazia Benedettina di Marienberg in Val Venosta.

(Mondadori, Collana: F. Lorenzo Valla, Milano 2008)

Indice - Sommario

Bibliografia

TESTI E TRADUZIONI

Aelredo di Rievaulx - Lo specchio della carità

Ivo - Lettera a severino sulla carità

Riccardo di San Vittore - I quattro gradi della violenta carità

COMMENTI

Aelredo di Rievaulx - Lo specchio della carità

Ivo - Lettera a severino sulla carità

Riccardo di San Vittore - I quattro gradi della violenta carità

Note: A cura di Francesco Zambon

09/08/08

Aleksandr Solzhenitsyn: 11.XII.1918 - 3.VIII.2008

A cuore stretto mi ero astenuto per anni dal pubblicare questo libro, già pronto: il dovere verso chi era ancora vivo prendeva il sopravvento su quello verso i morti.
Ma oggi che la Sicurezza dello Stato ha comunque in mano l’opera, non mi rimane altro che pubblicarla immediatamente.

Aleksandr Solzhenitsyn, settembre 1973.

In questo libro non vi sono personaggi né fatti inventati.
Uomini e luoghi sono chiamati con il loro nome.
Se sono indicati con le sole iniziali, è per considerazioni personali.
Se non sono nominati affatto, è perché la memoria umana non ne ha conservato i nomi: ma tutto fu esattamente così.
L’anno millenovecentoquarantanove ci capitò sotto gli occhi, a me e alcuni amici, una curiosa nota nella rivista Natura dell’Accademia delle Scienze.
Vi si diceva, in minuti caratteri, che in riva al fiume Kolyma, durante gli scavi, era stato trovato uno strato sotterraneo di ghiaccio, antico torrente gelato, e racchiusi in esso esemplari pure congelati di fauna fossile (di qualche decina di millenni fa).
Fossero pesci o tritoni si erano conservati tanto freschi, comunicava il dotto corrispondente, che i presenti, spaccato il ghiaccio, li mangiarono sul posto, VOLENTIERI.
Probabilmente i pochi lettori della rivista si saranno meravigliati quanto lungamente il pesce può conservarsi nel ghiaccio.
Ma ben pochi avranno capito il significato vero, titanico, dell’incauta nota.
Noi lo capimmo subito.
Vedevamo chiaramente tutta la scena nei suoi minuti particolari: come i presenti spaccavano con accanita fretta il ghiaccio; come calpestando i sommi interessi dell’ittiologia e respingendo l’un l’altro a gomitate, si strappavano pezzi di pesce millenario, lo trascinavano al falò, lo sgelavano e si saziavano.
Lo capimmo perché eravamo tra quei PRESENTI, tra quella possente razza di detenuti, unica al mondo, che sola poteva mangiare VOLENTIERI un tritone.
Kolyma era infatti l’isola più grande e celebre, il polo della efferatezza di quello straordinario paese che è il GULag, geograficamente stracciato in arcipelago, ma psicologicamente forgiato in continente, paese quasi invisibile, quasi impalpabile, abitato dal popolo dei detenuti.
Questo Arcipelago s’incunea in un altro paese e lo screzia, vi è incluso, investe le sue città, è sospeso sopra le sue strade, eppure alcuni non se ne sono accorti affatto, moltissimi ne hanno sentito parlare vagamente, solo coloro che vi sono stati sapevano tutto.
Ma, quasi avessero perduto la favella nelle isole dell’Arcipelago, essi hanno serbato il silenzio.
Per un’inattesa svolta della nostra storia qualcosa, infinitamente poco, dell’Arcipelago è trapelato alla luce.
Ma le stesse mani che stringevano le nostre manette ora si alzano a palme protese, concilianti: Lasciate stare! Non si deve rivangare il passato! Si cavi un occhio a chi lo rimesta!.
Il proverbio però aggiunge: E due a chi lo scorda.
Passano i decenni e rimuovono irrevocabilmente cicatrici e piaghe.
Certe isole nel frattempo hanno sussultato, si sono dissolte, il mare polare dell’oblio le ha inondate.
Un giorno, nel secolo futuro, questo Arcipelago, la sua aria, le ossa dei suoi abitanti, congelate nello strato di ghiaccio, appariranno ai posteri quale inverosimile tritone.
Io non avrò l’audacia di scrivere la storia dell’Arcipelago: non mi è stato possibile leggere i documenti.
Toccherà a qualcuno conoscerli, un giorno? Chi non vuol RICORDARE ha avuto tempo sufficiente (e ne avrà ancora) per distruggere tutti i documenti fino all’ultimo.
Io che sento gli undici anni passati lì, non come vergogna, non come sogno maledetto, io che ho finito quasi per amare quel mondo mostruoso e ora per di più, grazie a una svolta fortunata, sono diventato il confidente cui giungono tanti tardivi racconti e lettere, saprò io portare ad altri qualche ossicino, un po’ di carne? carne del resto ancor viva, del tritone; vivo, del resto, ancor oggi.

da ARCIPELAGO GULAG
Traduzione di Maria Olsùfieva
Arnoldo Mondadori Editore 1974