12/03/09

L'origine polare antartica dell'uomo


di Rafael Videla Eissmann

Per orientarsi nella determinazione del Futuro
occorre seguire le tracce che conducono all'Origine dell'indagine
che si sta effettuando, prenderne le direttrici
e applicarle in avanti.

Roberto Rengifo

Abbiamo già detto che molti sono d'accordo nel credere
che nella notte dei tempi dimorò in Cile una razza di uomini
che lasciò le impronte del suo passaggio impresse sul granito delle Ande,
che si suppone scomparsa in seguito ai grandi
cataclismi che in un epoca geologica recente
questo continente dovette subire.

José Toribio Medina

L'Antartide, il grande centro dell'umanità

Contro il dogma scientifico che indica l'Africa come probabile terra d'origine della specie umana, il professor Roberto Rengifo propugnava l'origine polare antartica dell'uomo. Inizialmente, nel suo lavoro “Los Chiles” (1921), suggeriva l'idea dell'origine Antartica della Civiltà, spiegando che “se non si rimane offuscati dai dogmi prestabiliti, specialmente da quello che vuole imporre l'origine Asiatica della popolazione americana e la direzione Nord-Sud del movimento migratorio, si mantiene una libertà di giudizio in grado di comprendere meglio quella concatenazione di fatti che giorno dopo giorno gli studi antropologici realizzati nelle regioni di ultima esplorazione ci stanno rivelando”. In seguito, nell'opera “El Papel del territorio de Chile en la Evoluciόn de la Humanidad Prehistόrica” (1935), Rengifo spiega che “se i primi umani abitavano le regioni antartiche e da loro promana la tradizione più antica, è necessario allora che la catastrofe sia accaduta proprio in quei luoghi, vale a dire, nelle regioni australi dell'America. Forse si trattò dello sprofondamento delle terre che circondavano il Polo Sud e nelle quali per quanto ho spiegato fin qui, si ebbe l'inizio dell'Umanità. Si sarebbero salvati solo pochi individui riparando nei tre continenti le cui propaggini si estendono verso Sud”.
Più tardi, “quando decine di migliaia di anni addietro, l'Arcipelago Antartico, che era il grande centro dell'umanità bianca e chiara divenne sovrappopolato, i primi movimenti migratori verso Nord effettuati con le barche lungo le coste Americane, si diressero verso terre con clima e conformazione topografica simili a quelle del luogo che avevano dovuto abbandonare forzatamente, stabilendosi negli Arcipelaghi polari del Nord”.
Secondo Rengifo, l'Antartide era dunque il grande centro dell'umanità bianca e chiara, luogo da dove i primi esseri umani, a causa delle modifiche del clima delle zone abitabili – simili ai “cambiamenti climatici” dei giorni nostri- migrarono lungo le coste dell'America post diluviale spingendo le barche verso Nord e popolando inizialmente il Cile e l'America del Sud. Una prova di tutto ciò la troviamo ora -con quasi vent'anni di ritardo dal suo dovuto riconoscimento- a Monte Verde, vicino a Puerto Mott, nel Sud del Cile, il quale con un'antichità di ben quattordicimila anni è uno dei siti archeologici più antichi di tutto l'emisfero occidentale. Senza considerare che sono stati ritrovati altri tre strati in profondità non ancora datati.
Vestigia di questa civilizzazione antartica erano già state riportate alla luce quando, nel 2007, una spedizione spagnola rese nota la presenza di gallerie scavate nelle montagne continentali dell'Antartide, del tutto prive di ghiacci, simili a quelle scoperte dalla spedizione tedesca del 1938-39, guidata da Alfred Ritscher.
Ricordiamo inoltre le stranissime mappe di Piri Reis del 1513, la mappa di Orontius Finaeus del 1531, quella di Phillippe Bouache del 1739, o anche la mappa Mundus Alter et Idem, di Mercurio Britannico del 1605; tutte nel loro insieme testimoniano un'avanzata conoscenza geografica della toponomastica dell'Antartide, il grande centro prediluviale dell'umanità, malgrado questo Continente non fosse stato ufficialmente “conosciuto”, secondo la storiografia ortodossa, fino al 1799, anno del viaggio del capitano inglese Cook.
Ci piace citare qui anche il poeta-guerriero autore di
La Araucana, don Alonso de Ercilla y Zúñiga (1533-1594), che in una della sue strofe dice:

Chile, fértil provincia y señalada,
en la región antártica famosa,
de remotas regiones respetada
por fuerte, principal y poderosa.
(Cile, fertile e illustre provincia,
nella regione antartica famosa,
da remote nazioni rispettata
perché forte, nobile e potente)

Da questa migrazione preistorica Rengifo ha potuto dedurre che la civiltà nacque in America e si espanse da Sud verso Nord.
La stessa idea è stata esposta dall'archeologo di origine svizzero Adolf Bandelier: i
Viracochas costruttori di Tiahuanacu - Aztlan, proverrebbero da un antico centro situato in Chiloé – Chilié; o anche, come ha dimostrato la studiosa del mondo andino María Rostorowsky, l'avanzata dei Viracochas è da Sud a Nord. Si riscontrano tracce di questo movimento migratorio in diversi siti. In primo luogo abbiamo i Menhir o Pietre Erette, ritrovati nella Patagonia, a Concepción, nell'Enladrillado, sulla costa della zona centrale del Cile, ad Atacama, nel Nordest argentino, in Perù, a Tiahuanacu, in Colombia -los Chibchas- fino ad arrivare al ritrovamento di raffinate formazioni litiche come le steli Maya. E proprio i Maya fanno provenire dal Sud le fonti della loro civiltà, come ci spiega il ricercatore Henri Girgois: i Toltechi, “fonte antica della popolazione del Guatemala e del Messico, fanno provenire dal Sud l'origine della loro primitiva civiltà”. Sempre Girgois specifica che: “i messicani non hanno mai esercitato potere o dominazione sui Mari del Sud; i Pirhuas, gli Incas e i Signori di Quito mandarono le loro navi verso il continente del Nord. Lo afferma Pedro Martyr, autore degno di fede e, con lui, molti altri autori spagnoli”.
Il movimento migratorio si può seguire anche grazie alle
stelle di pietra, oggetti litici di forma geometrica ritrovati lungo tutto il Cile, dalla Terra del Fuoco fino al Taltal. Da lì si costata un salto sulla carta geografica fino alle coste della California, dove si trovano di nuovo queste pietre antiche di circa undicimila anni, notevolmente simili per lavorazione, misure e caratteristiche.
Altro elemento a dimostrazione della migrazione è costituito dalle impronte delle mani molto simili tra loro che si ritrovano lungo tutto il Continente.
Dopo il Diluvio, dopo la Grande Catastrofe che sommerse la terra polare antartica, i suoi abitanti danno inizio a una faticosa migrazione popolando inizialmente l'America Aborigena in una rotta civilizzatrice che va da Sud a Nord. Tale fondamentalmente la tesi proposta da Rengifo.
E' la Patagonia il luogo dove l'uomo primigenio -l'Urmensch, l'Uro- effettua la prima misurazione del tempo basandosi sull'osservazione delle due cime innevate del Monte Valentín: è il Tempo– Kronos, padre degli dèi antichi. Rengifo identificò anche il Palazzo di Poseidone, Re dell'Atlantide, su di un petroglifo a Nahuelbuta.
I
Viracochas, originari del Sud Polare Aborigeno, nel loro spostamento lungo l'America del Sud, raggiunsero gli altipiani andini dove fondarono la prima città monumentale nella località attualmente denominata Tihuanaco, ben quattordicimila anni or sono. Lì, i Viracochas, i giganti del mito e delle leggende andine, fondarono la colossale metropoli di Tiahuanacu, chiamata Aztlan, secondo i riscontri del capo spedizione tedesco Edmund Kiss.
Questi
Viracochas o Huiracochas, sono i Cili, gli abitanti primigeni del Chili-Mapu, o Terra dei Cili, i quali in seguito popoleranno l'America del Nord e faranno conoscere Quetzalcoatl, Kukulcan e Votan, gli dèi civilizzatori bianchi e barbuti.
Dall'America del Nord, grazie alla Corrente del Golfo, gli aborigeni iniziarono a stabilirsi in Europa, come nel caso della razza andino-celtica, o come gli
Antei, i figli delle Ande. Per questo motivo e per le notevoli similitudini etniche e culturali, Rengifo ha suggerito che i celti sarebbero americani e che la civilizzazione nacque in America e si spostò da Sud a Nord.
Rengifo ha constatato inoltre che
sembra sia stata una sola razza a incidere sulle pietre delle Ande e dei Pirenei.

Migrazioni preistoriche

Postulati simili a quelli esposti dal professor Rengifo circa l'esistenza di popolazione bianca nativa del nostro Continente, sono stati esposti anche da altri ricercatori dell'America Aborigena, tra i quali spiccano José Toribio Medina, Diego Barros Arana, Arthur Posnansky, Edmund Kiss, Miles Poindexter e P. H. Fawcett, tra gli altri, che hanno riscontrato la presenza di una grande civilizzazione del passato a scala continentale.
In questo senso, facendo riferimento agli aborigeni americani, Victor Larco Herrera, ha dichiarato che “quasi tutti gli autori sono concordi nell'affermare che la razza americana è caratterizzata dal colore rossastro della pelle. Molti assicurano che non sono autoctoni, vale a dire, che non sono originari di questa magnifica terra. Altri affermano che la loro origine derivi dalla razza gialla, ma che gli autoctoni furono di pelle bianca”.
Secondo Roberto Rengifo, i gruppi che in antropologia sono stati denominati “indoeuropei” o “indogermanici”, avrebbero avuto origine nell'America Aborigena e a causa di determinati cambiamenti climatici accaduti circa tredicimila anni or sono, si sarebbero spostati ad altre latitudini popolando inizialmente l'Europa occidentale, in special modo la “colonia atlante” di Spagna, popolata da americani.
E, aggiungeremo noi, questo gruppo si espanderà in tutta l'Europa, nel Medio Oriente e in Asia, in un arco transcontinentale con modelli culturali simili.
D'accordo con Rengifo, l'ultima migrazione importante partì da Taltal, sulla costa Nord del Cile, circa novemila anni fa; si trattò degli “Uri i quali, avendo trovato le altre coste e gli altri paesi ormai popolati, si stabilirono nell'inabitato Golfo Persico, dove fondarono la città di Uruk e vi trasportarono la lavorazione della ceramica e dei metalli. Questa città fu il germe delle civilizzazioni indogermaniche con le quali ha inizio la Protostoria, essendo Preistoria tutto ciò che precede e Storia solo gli ultimi duemilacinquecento anni, vale a dire a partire dalla scoperta della scrittura alfabetica”.
In quella zona si trova il culto della Stella Venere, la stella a otto punte, la luce più bella,
Yephun, Oiyehuen, Ahzab Kab Ek, Quetzalcoatl, Ishtar, Venus, Vena.
La inquietante proposta antropologica e storica sviluppata da Rengifo risulta avallata dalla presenza di simboli, miti, leggende e tradizioni simili esistenti in America, Europa, Asia e anche in India, dove culmina l'espansione continentale di questo gruppo polare. In tutte queste regioni si riscontrano gli stessi simboli solari e venusiani, le stesse conoscenze, le stesse abitudini e lo stesso tipo di costruzioni megalitiche, come i menhir e i dolmen, prova irrefutabile della vasta espansione di questo gruppo durante la sconosciuta Ante-Storia dell'Uomo.
Suggerisce Rengifo che “il Cile ha rigenerato l'umanità almeno quattro volte: con il fuoco, trentamila anni fa; con il linguaggio, venticinque mila anni fa; con l'agricoltura, ventidue mila anni fa; e con la scrittura, diciottomila anni fa. Aggiungerò -continua Rengifo- che è stato accertato che la prima città del Sud America fu costruita quattordicimila anni or sono; mentre la più antica città dell'Asia Occidentale e dell'Europa, Uruk, fu fondata nel Golfo Persico solo novemila anni addietro”.
Dall'America il gruppo primigenio si trasferirà in Europa. Sviluppando lo studio di questa migrazione, Rengifo, nel suo Arte Gráfico y Poético de los Primitivos y los Chiles (192?), alludendo all'opera di Francisco Testamancy Gastón, indica a proposito del popolamento dell'Europa, che “questi energici operai dal cranio largo, provenienti dal Sud Pacifico e dalle Ande con il nome di Antei, furono, secondo me, quelli che occuparono in primo luogo le isole Can-arie, poi l'Africa e dopo ancora la Spagna dove, come indicato dai nomi Celtici e Galati coi quali venivano chiamati, giungevano dall'ultimo confine del mondo in ondate successive”.
“Così si spiegano le molteplici somiglianze e l'uguaglianza delle prime scritture petroglifiche”.
Considerando dunque queste migrazioni preistoriche su scala planetaria, Rengifo ipotizzerà in seguito l'origine americana dei celti, spiegando che “il periodo che va da millecinquecento a duemila anni prima dell'era attuale, sembra sufficiente a spiegare la presenza della razza celtica nelle coste occidentali dell'Europa dove sarebbe giunta dall'America attraverso l'Oceano Atlantico, senza provenire dall'Oriente come invece sostenuto da molti autori”.
“Il fatto è decisamente verosimile stante che la Corrente del Golfo del Messico in molte occasioni avrebbe potuto trascinare i primitivi naviganti dell'arcipelago Antillano verso l'Irlanda, dove i Celti comparvero per la prima volta, passando in seguito nel Galles, nella Bretagna e, da ultimo, in Spagna; qui unendosi con gli Iberi costituirono i Celtiberi, considerati gli aborigeni della penisola iberica.
“Questi Celti, nel discendere dal Nord verso il Sud attraverso paesi privi di catene montuose e incontrando la prima concatenazione trasversale a Sud del Mar Cantabrico, vero cordone come quelli che esistono in America del Sud, la battezzarono Piri-neo (...).
“Nella toponomastica spagnola si trovano molte nomi di località americani o con radici americane primitive che varrebbe la pena studiare; ma non è questa l'unica ragione per attribuire ai Celti origini americane. La somatologia generale di quella razza è molto somigliante a quella primitiva andina: di bassa statura, grossi o tondeggianti, arti corti, testa sviluppata, piedi e mani piccoli, capigliature generalmente nere o rossicce come in Boroa e in Irlanda, pelle bianca ma non alba, etc. Questa razza andino-celtica, diversa da quella Patagonica o Pampa, dagli arti lunghi e dalla statura alta, è il prodotto degli arcipelaghi e delle montagne, motivo per il quale è di piccola statura e ancora di più di cervello; è stata la prima in America a spingere la civilizzazione da Sud a Nord, scrivendo sulle rocce le sue nascenti idee, da Arauco fino a Yanquilandia, con una sosta nel mar dei Caraibi per poi raggiungere la Gran Bretagna. E' la stessa che popolò l'isola di Pasqua e la stessa che attraverso lo stretto di Bering si mescolò alla razza gialla formando la Nipponica, dominando i villosi e più primitivi Ainos. In Europa fu in gran parte soffocata dalle razze scandinave e asiatiche e si perse nella loro storia.

America – Huitramannaland

Un fatto che rafforza le straordinarie e rivoluzionarie idee propugnate da Roberto Rengifo sulla razza proveniente dal Polo che più tardi popolerà l'America Aborigene, si trova negli antichi testi nordici nei quali risulta che, prima delle ondate migratorie dei Secoli XV e XVI, quelle popolazioni stabilirono contatti diretti con l'”America”. Troviamo un racconto nel testo Landnàma, dove si narra l'avventura del capo islandese Ari Marsson, che fu trasportato da forti ondate attraverso il mare a Huitramannaland, la quale è denominata da alcuni “Grande Irlanda”. E' situata verso occidente, nel mare, nelle vicinanze di Vinland la Buona (...).
Anche nella Collezione
Arnamagnæan si narra dell'arrivo e del contatto della popolazione norvegese in America, conosciuta come Huitramannaland (White-men's Land – Terra degli Uomini Bianchi) o la Grande – Irlanda.
I naviganti vichinghi e nordici erano arrivati in “America” molto prima di Colombo e l'avevano denominata Huitramannaland, vale a dire Terra degli Uomini Bianchi. La chiamarono anche Albania, con identico significato. Perché le diedero questo nome? Perché lì si trovavano gli uomini bianchi dell'antichità, i loro ancestri che, costretti ad abbandonare questo Continente a causa dei cataclismi planetari che avevano generato drastici cambiamenti nel clima delle zone abitabili, ne avevano però conservato i miti, le leggende e il nome stesso del Continente derivato dalla caratteristica più saliente che si potesse osservare: la presenza di uomini bianchi, la Razza Primigenia dell'America Aborigena, proveniente dalla calotta polare delle terre antartiche.
In sintesi, la visione di Rengifo è rivoluzionaria e unica nella Storia: l'Origine Polare Antartica dell'Umanità e il suo movimento migratorio preistorico da Sud a Nord su tutto il globo. Punto di vista sostenuto nei suoi scritti e ricerche e successivamente arricchito dai nostri studi che rivelano in primo luogo l'esistenza di un gruppo aborigeno civilizzatore precedente agli indigeni, i Cili, e le cui vestigia archeologiche sono praticamente inclassificabili se ci si basa sulla teoria cronologica e di occupazione dell'America; e in secondo luogo, la migrazione di questo gruppo in seguito al cosiddetto cambiamento climatico accaduto circa quattordicimila anni fa. Ma la migrazione non è stata completa poiché i ritardatari, gli “Dèi Bianchi” degli indigeni d'origine asiatica, verranno chiamati “indiani banchi” dagli europei della “Scoperta” e della “Conquista”, come si riscontra in numerose cronache delle spedizioni.
I postulati di Roberto Rengifo sull'origine polare dell'Uomo si ergono come una cosmovisione totale e assoluta riguardante il destino degli abitanti dell'Emisfero Antartico.

(Il testo originale in lingua spagnola è stato tradotto all'impronta da Aldo La Fata)

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