«egli aveva seguito giorno per giorno
la breve storia d'un filo d'erba [...]. Lo
aveva seguito, quasi con tenerezza
materna, nel crescer lento tra altri più
bassi che gli stavano attorno»
Luigi Pirandello, Canta l'Epistola
la breve storia d'un filo d'erba [...]. Lo
aveva seguito, quasi con tenerezza
materna, nel crescer lento tra altri più
bassi che gli stavano attorno»
Luigi Pirandello, Canta l'Epistola
Una teologia della creatura oggi non può non guardare, a occhi spalancati, dentro il cuore pulsante del vivente. L'idea che un filo d'erba possa vibrare di sensibilità entrando in viva relazione con il mondo umano emerge dalla novella di Luigi Pirandello, Canta l'Epistola. E solo una teologia come quella di Paolo De Benedetti è capace di cogliere la creaturalità di una bellezza deperibile e inerme come quella di un filo d'erba. Non in virtù di una sensibilità ecologica estesa anche alle cose inanimate - un sentimento pur lodevole che oggi però è abbastanza diffuso, almeno nelle anime più avvertite - ma in virtù di una precisa lettura della Parola biblica, che interpreta la storia a partire dal basso, dall'infimo, dal perdente.
(dalla quarta di copertina)
Paolo De Benedetti è docente di Giudaismo presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale di Milano, e di Antico Testamento presso gli Istituti di Scienze Religiose dell'Università di Urbi e di Trento
(Editrice Morcelliana Via Gabriele Rosa 71, 25121 Brescia, www.morcelliana.it)
(Editrice Morcelliana Via Gabriele Rosa 71, 25121 Brescia, www.morcelliana.it)
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