29/03/07

Il misterioso esagono di Saturno

L'esagono era stato fotografato già nel 1980 dalla missione Voyager, ma quelle immagini non erano chiare a causa della prospettiva che schiacciava la figura nei bordi estremi delle riprese. Gli strumenti a infrarossi a bordo della sonda Cassini hanno consentito di vedere con chiarezza l'intero polo nord nonostante le condizioni di buio permanente che caratterizzano la regione durante l'inverno di Saturno, proprio come sulla Terra.

Gioacchino da Fiore Profeta

''… il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato''. Così Dante Alighieri nel 'Paradiso' presentava la figura dell'abate florense calabrese di cui ricorre venerdì prossimo l'anniversario della morte. Il religioso, nato a Celico, moriva infatti il 30 marzo del 1202 a S.Martino di Canale.

Nel 1188 Gioacchino da Fiore fonda sulla Sila il convento di San Giovanni in Fiore e l'ordine dei florensi, che riceveranno l'approvazione di Papa Celestino III nel 1196. Dando vita a un ordine spirituale con regole rigide e severe, indicate da Gioacchino stesso.

Partendo dal dogma della santissima Trinità, Gioacchino divise nelle sue opera la storia dell'uomo in tre epoche fondamentali: l'Età del Padre, corrispondente alle narrazioni dell'Antico Testamento; l'Età del Figlio, rappresentata dal Vangelo e compresa dall'avvento di Gesù fino al 1260; e l'Età dello Spirito Santo, dal 1260 in avanti, descrivendola nelle sue profezie come un periodo in cui l'umanità, attraverso un clima di purezza e libertà, avrebbe avuto un contatto diretto con Dio.

Gioacchino morì nell'antica chiesa di San Martino di Giove presso Canale, nel comune di Pietrafitta, il 30 marzo 1202. Il 30 marzo è inoltre il giorno della sua memoria liturgica.

Nel 1215, qualche anno dopo la sua scomparsa, il concilio Lateranense IV dichiarò eretiche alcune sue tesi attorno alla Trinità. Ma poi papa Onorio III, in due bolle (1216 e 1221) dichiarò che Gioacchino è da ritenere ''uomo cattolico''. Una 'riabilitazione' che arriverà nel giugno del 2001 l'Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano iniziare l'iter per la causa di canonizzazione.

Il pensiero dell'abate ha avuto risonanza anche nella chiesa cattolica contemporanea, tanto che si può parlare di una tendenza "neo-gioachimita". Per i sostenitori di questa corrente il profeta calabrese, annunciando il futuro Regno dello Spirito, avrebbe sbagliato solamente quanto ai tempi: non nell'anno 1260, ma 700 anni piú tardi, questo Regno avrebbe fatto irruzione nella Chiesa, conducendola alla "rivoluzione" del Concilio Vaticano II.

Fonte:AdnKronos Cultura

27/03/07

Vita di San Paolo

A distanza di otto anni dall'impegnativo volume scientifico che ricostruisce la vicenda dell'Apostolo (''Vita di Paolo''), il domenicano Jerome Murphy O'Connor, grande esperto di San Paolo e delle sue lettere (soprattutto 1-2 Corinzi e 2 Timoteo), come pure noto paolinista televisivo e radiofonico, ripropone in chiave ''divulgativa'' i frutti della sua ricerca, restituendoci un Paolo dal carattere forte, dagli eccessi d'ira mal celati, e dal destino poco trionfante.

Le Edizioni San Paolo pubblicano infatti ''Paolo: Un uomo inquieto, un apostolo insuperabile''. Il centro del volume sta nel collocare il pensiero e l'azione di San Paolo nel contesto della complessa personalita' dell'apostolo. L'autore tratteggia una cronologia narrativa della vita di Paolo in un contesto biografico che prende corpo dagli elementi intellettuali, emotivi e religiosi dell'apostolo: appassionato, contraddittorio e fallibile, con un caratteraccio insopportabile.

Jerome Murphy O'Connor e' riconosciuto in tutto il mondo come un'autorita' negli studi di Paolo. Domenicano, e' docente di Nuovo Testamento presso l'Ecole Biblique et Archeologique Française di Ge rusalemme. Tra le sue numerose pubblicazioni, in italiano sono disponibili'' La teologia della seconda lettera ai Corinti'' (Brescia 1993); ''La Terra Santa. Guida storico-archeologica'' (Bologna 1996) e ''Vita di Paolo'' (Brescia 2003).

Fonte:AdnKronos Cultura

25/03/07

Wicca e Neopaganesimo

AMSTERDAM, sabato, 3 dicembre 2005 (ZENIT.org).- La magia sta andando per la maggiore nei Paesi Bassi. Un tribunale olandese ha deciso che i costi delle lezioni di magia sono deducibili ai fini dell’imposizione fiscale, secondo quanto riportato dall’“Associated Press” il 31 ottobre.
Il mese precedente la Corte distrettuale di Leeuwarden aveva confermato il diritto alla deduzione fiscale delle spese scolastiche, tra cui quelle delle lezioni di magia. Le spese possono essere significative, secondo una maga intervistata da “AP”.
Margarita Rongen gestisce il laboratorio “Witches Homestead” (tenuta delle streghe) in una provincia del Nord, le cui lezioni costano più di 170 euro per un fine settimana, o più di 2.200 euro per l’intero corso. La Rongen afferma di aver formato più di 160 allieve nel corso degli ultimi quattro decenni.
In Inghilterra, intanto, la prigione di Portsmouth, Kingston Prison, ha assunto un sacerdote pagano per dare assistenza spirituale a tre ergastolani, secondo il “Telegraph” del 1° novembre. I detenuti si sono convertiti al paganesimo e, secondo le regole carcerarie, hanno diritto ad un cappellano alla stregua dei cristiani o degli appartenenti ad altre fedi religiose. Negare loro un cappellano pagano configurerebbe una violazione dei loro diritti umani, ha affermato John Robinson, responsabile della prigione.
Il 17 ottobre, il “Times” di Londra ha riferito che in tutte le prigioni sarà ora consentito ai preti pagani di utilizzare vino e bacchette magiche durante le cerimonie che si svolgono nelle carceri. Secondo il “Times”, sulla base delle istruzioni impartite ai responsabili delle prigioni da Michael Spurr, direttore operativo del servizio penitenziario, i detenuti pagani praticanti potranno avere una veste senza cappuccio, incenso e un oggetto prezioso religioso tra i propri effetti personali.
Ai responsabili delle prigioni è stata consegnata una guida completa al paganesimo, basata sulle informazioni fornite dalla Federazione pagana. Ai detenuti sarà consentito praticare il paganesimo nelle loro celle, svolgere preghiere, canti, letture di testi religiosi e rituali. Il “Times” aggiunge poi che non si conosce il numero di prigionieri pagani incarcerati in Inghilterra e Galles.

Una pratica in crescita

La pratica della stregoneria sta attraendo un numero crescente di persone, soprattutto giovani donne. Un recente libro dal titolo “Wicca’s Charm”, pubblicato a settembre da Shaw Books, tenta di individuare gli elementi che la rendono così attraente.
Scritto dalla giornalista Catherine Edwards Sanders, il libro trae spunto da un articolo che le era stato commissionato da una rivista. Inizialmente sprezzante della Wicca, nel corso della sua successiva ricerca, la Sanders ha potuto constatare la sete genuina di spiritualità che spingeva le persone verso pratiche neopagane.
La Sanders, sedicente cristiana, definisce la Wicca come un “culto della natura politeistico e neopagano, ispirato a credenze precristiane dell’Europa occidentale, al cui centro vi è la divinità della Madre dea e che comprende l’uso della magia delle erbe”.
Il libro, che si limita ad esaminare la situazione negli Stati Uniti, ammette la difficoltà di giungere ad una stima attendibile del numero degli aderenti alla Wicca. Sanders cita una stima fatta dal gruppo Covenant of the Goddess, secondo cui sarebbero circa 800.000 gli aderenti alla Wicca e al paganesimo in America. La sociologa Helen Berger, nel 1999 aveva stimato un numero dai 150.000 ai 200.000 pagani.
Wicca comprende molti elementi diversi, ma la Sanders ne identifica alcuni comuni alla generalità degli aderenti, e che sono i seguenti. Tutti gli esseri viventi sono di eguale valore e gli esseri umani non hanno una dignità particolare e non sono fatti ad immagine di Dio. I seguaci della Wicca credono di possedere poteri divini in se stessi e di essere degli dei. Il loro potere personale è reso illimitato dalla divinità. Essi ritengono che sia possibile e necessario alterare la consapevolezza attraverso la pratica dei riti e dei rituali.
Ciò che è importante per essi - spiega la Sanders - è l’esperienza di una realtà spirituale, piuttosto che la verità o un insieme di conoscenze. Non esiste ortodossia, testo fondamentale o credenza essenziale. Sebbene le sue radici risalgano a tempi antici, Sanders nota che essa si addice bene anche al mondo moderno poiché può essere liberamente plasmata a seconda dei desideri spirituali consumistici.
Gli incantesimi sono un’altra parte importante della Wicca. Ma l’autrice di questa ricerca osserva che nessuno degli aderenti con cui ha parlato è entrato con l’intenzione di usare gli incantesimi contro altre persone. Essi scelgono la Wicca soprattutto perché sono insoddisfatti delle Chiese e delle religioni organizzate e sono alla ricerca di un’esperienza spirituale che non sono in grado di trovare altrove.

La Terra

Un’altra caratteristica comune della Wicca è l’ambientalismo. La vita moderna ha perso contatto con la terra - sostiene la Sanders - e la Wicca, per l’importanza che dà alla natura, al calendario, alle celebrazioni legate al cambiamento delle stagioni, è un modo sia per ristabilire questo contatto, sia per spiritualizzare il rapporto con la terra. Molti aderenti alla Wicca rifiutano anche la cultura materialistica (ma non anche quella spirituale) del consumismo.
Le organizzazioni pagane e Wicca infatti erano presenti ad alcune proteste no-global degli ultimi anni. La Sanders descrive alcune cerimonie a cui ha potuto assistere nel 2002 durante l’incontro del World Economic Forum di New York. I temi sollevati riguardavano il danno ambientale, il benessere degli animali e la necessità di preservare la purezza delle scorte idriche.
L’aspetto ecologico della Wicca trae ispirazione anche dalla cosiddetta spiritualità Gaia. Gaia era la dea terra degli antichi greci e negli ambienti neopagani, adesso trasformata nell’idea della terra come organismo vivente.
Anche il femminismo è tra gli elementi importanti che conducono le persone alla Wicca. La Sanders osserva che le donne wicca si sentono trattate come cittadini di serie B dalle Chiese cristiane, dedite unicamente al catechismo.
A suo giudizio, circa i due terzi dei neopagani negli Stati Uniti sarebbero donne. Molte di esse praticano una forma di culto femminile di una dea madre che personifica la terra. Anche i rituali wicca mettono in evidenza il concetto dell’acquisizione di potere ed alle funzioni biologiche femminili viene riservato un ruolo di tutto rispetto.
In definitiva, ciò che sottende il culto della dea femminile è la rivendicazione di un mondo primitivo dominato da una società matriarcale pacifica. Questo “mito matriarcale” non regge il confronto con ogni evidenza storica, osserva la Sanders, ma esso viene in ogni caso continuamente riaffermato.
L’autrice dedica una sezione particolare del libro ad illustrare come i rituali e gli incantesimi wicca non risalgono a prima del 1900 e sono il risultato di invenzioni e adattamenti operati da un gruppo di persone che fanno capo soprattutto a Aleister Crowley e Gerald Gardner. Lungi dall’essere una rinascita di qualche antico paganesimo o società matriarcale, la Wicca è un’invenzione moderna e maschile.

Sete di spiritualità

Il desiderio di fare esperienze spirituali in modo più diretto e intenso è un fattore importante che attrae molte persone alla Wicca. Alcune ragazze adolescenti, osserva la Sanders, si sentono insoddisfatte con la cultura superficiale adolescenziale e cercano qualcosa che possa dare un senso più profondo alla loro vita.
Ma anziché rivolgersi alle religioni tradizionali, un numero crescente di persone sperimentano la Wicca. La Sanders sostiene che questo è dovuto in parte alle responsabilità di alcune Chiese che hanno perso di vista il mondo trascendente e la realtà del rapporto con Cristo e della presenza dello Spirito Santo, riducendo la loro attività ad un mero esercizio sociale.
Altre Chiese si dedicano poco a nutrire seriamente le menti curiose degli adolescenti, soprattutto quelle femminili. Un altro fattore che spinge i giovani verso la Wicca piuttosto che al Cristianesimo è il desiderio dei rituali e delle cerimonie. La cultura ecclesiastica moderna, osserva la Sanders, ha ridotto l’importanza dei riti religiosi e delle celebrazioni solenni, spingendo le persone a cercare alternative che possano offrire esperienze soprannaturali più tangibili.
In conclusione, la Sanders afferma che la sua ricerca l’ha portata ad apprezzare di più la sete spirituale che induce le persone a sperimentare la Wicca. Ma allo stesso tempo sostiene che il Cristianesimo è in grado di offrire tutto ciò che i neopagani stanno cercando: un messaggio valido oggi come 2.000 anni fa.

(Fonte: http://www.culturacattolica.it/frontend/ex...nt_element=3465)

21/03/07

La Passione secondo Giovanni di J.S. Bach

''La Passione secondo Giovanni'' di Johann Sebastian Bach affidata all'Orchestra del XVIII secolo e al coro Cappella Amsterdam sotto la guida di Frans Bruggen, sara' eseguita venerdi' prossimo alle 21 nella Sala Santa Cecilia dell'Auditorium di Roma. L'appuntamento musicale e' stato fissato in occasione dell'approssimarsi della Pasqua.

''La Passione Secondo Giovanni'' fu composta da Bach nel periodo di Lipsia tra il 1723 e il 1724. Il testo, elaborato da Kantor, utilizza il vangelo di Giovanni, ma con interpolazioni da altri vangeli e soprattutto con personali invenzioni poetiche che lo trasformano in un toccante dramma lirico nel quale, ai brani cantati dal coro, si alternano arie tra le piu' ispirate dell'intera produzione bachiana.

Frans Bruggen e' un musicista considerato tra i massimi interpreti della musica del XVIII secolo. Nel 1981 ha fondato l'Orchestra del XVIII Secolo di Amsterdam. La compagine e' costituita da circa 60 elementi tutti specialisti nel repertorio dei secoli XVIII e XIX e provenienti da 22 diversi paesi. Il coro Cappella Amsterdam e' stato costituito nel 1970 e si e' conquistato nel corso degli ultimi anni, sotto la direzione artistica di Daniel Reuss, una posizione eminente sia per quanto riguarda l'esecuzione di musica antica che di un repertorio moderno a contemporaneo collaborando con orchestre prestigiose e partecipando a diverse produzioni operistiche.

Fonte: AdnKronos Cultura

Il Graal è a Roma

Il leggendario Santo Graal, l'antichissimo Calice che avrebbe contenuto, secondo fonti e leggende plurisecolari, gocce del sangue di Gesu' Cristo, potrebbe essere stato per molti secoli a Roma o, addirittura, la capitale potrebbe tuttora custodirlo. Lo studioso romano Alfredo Barbagallo ha infatti identificato una possibile netta rappresentazione del Sacro Calice nella Basilica romana di S. Lorenzo fuori le Mura, a pochi metri dall'altare di sepoltura del Santo e per esattezza, nell'ambito dello splendido mosaico centrale del grande pavimento cosmatesco della Basilica, risalente alla prima fase del XIII secolo, ed in parte danneggiato dagli avvenimenti bellici.

A riferirlo e' il Circolo culturale telematico per la Natura e la Storia sottolineando che la straordinarieta' della scoperta consiste nella conferma della grande e notissima leggenda che avrebbe visto S. Lorenzo, a pochi giorni dal martirio, nell'agosto 258, ricevere l'affidamento del Santo Graal da Papa Sisto II; il Calice sarebbe poi pervenuto, attraverso varie vicende, sino alla Cattedrale di Valencia, dove e' oggetto di venerazione, ed ha di recente ricevuto l'omaggio di Papa Benedetto XVI.


Fonte:AdnKronos Cultura

I Madrigali del Palestrina

Seconda pubblicazione per l'Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina: "Il Secondo libro de' Madrigali a quattro voci", a cura di Francesco Luisi, sara' presentato il 28 marzo, alle ore 16,15, presso la Biblioteca Casanatense di Roma. A conclusione, il concerto dell'Ensemble Hesperimenta Vocal, diretto da Lorenzo Donati che eseguira' quattro madrigali tratti dal volume.

Il volume, costituito da due tomi, raccoglie i madrigali pubblicati nell'unica edizione esistente, quella veneziana del 1586, secondo tre criteri: la riproduzione anastatica dell'opera originale, la sua riproposizione in veste semidiplomatica e l'edizione moderna.

L'edizione anastatica consiste nella riproduzione fototipica in formato ridotto dell'esemplare conservato presso il Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna; l'edizione semidiplomatica, dedicata al moderno esecutore, presenta la messa in partitura in notazione originale delle varie voci del contesto polifonico; l'edizione moderna, infine, ripropone le composizioni in notazione moderna.

Fonte: AdnKronos Cultura

16/03/07

Comunicazione di servizio


Gentili Amici che avete la bontà di frequentare queste pagine.
Per un breve periodo l'aggiornamento del Corriere Metapolitico avverrà in modo discontinuo per ragioni indipendenti dalla nostra volontà.
Facciamo l'impossibile ma per i Miracoli non siamo ancora attrezzati.
Grazie e continuate a seguirci, se vi piace.

La "Non Redazione"

San Girolamo penitente


Il ''San Gerolamo penitente'', un dipinto ad olio su tela di Giovanni Contarini (Venezia, 1549-1604), sara' presentato al pubblico nel contesto della ventesima edizione di ''Brera mai vista'', e restera' esposto alla pinacoteca dal 29 marzo e fino al 10 settembre. L'opera e' stata recentemente restaurata grazie ad una offerta di Barbara Ferriani. Giovanni Contarini, nato in una famiglia agiata, completo' gli studi per diventare notaio e, sedotto dall'arte di Tiziano, scelse poi la pittura per vocazione. Tardomanierista, dipinse ritratti, racconti biblici e favole mitologiche, che gli valsero notevole popolarita', tanto da essere accolto come artista alla corte di Rodolfo II a Praga e dell'Arciduca Ferdinando II a Innsbruck.

Nominato cavaliere, torno' a Venezia prima della meta' degli anni novanta del Cinquecento; dipinse molti quadri da cavalletto (quasi del tutto perduti) per amici intellettuali e ricchi mercanti ed esibi' il suo stile dai colori preziosi su grandi pale per chiese della citta' e su teleri celebrativi in palazzo Ducale. Il ''San Gerolamo penitente'' ha effetti di grande naturalezza, grazie all'impiego di una luce morbida, che percorre il corpo del vecchio in preghiera, indugia sul bel volto, penetra con toni profondi la veste e passa in un cielo tormentato, tutto tizianesco. Il dipinto pervenne alla Pinacoteca di Brera nel 1811, sottratto all'altare maggiore della chiesa di San Girolamo di Serravalle presso Treviso, a seguito della soppressione del convento di monache benedettine.

''Brera mai vista'' nata nel 2001 su iniziativa della Soprintendenza per il patrimonio storico artistico e etnoantropologico di Milano, e' ormai diventata un appuntamento tradizionale con cadenza trimestrale. Propone mostre basate su poche opere (da un singolo dipinto fino ad un massimo di sei), con cui il museo fa conoscere il suo patrimonio solitamente custodito nei depositi, oppure rende noti i risultati di un restauro o di una recente acquisizione.

Fonte: AdnKronos Cultura

14/03/07

Francia, i nuovi Bernanos

C'è un vento nuovo d'impegno cattolico nelle lettere d'Oltralpe? A chiederselo da mesi sono tanti critici, di fronte alla recente inflorescenza di romanzi, copioni e saggi in cui la fede cristiana torna ad essere protagonista. La Francia letteraria cerca ancora degni eredi della tradizione nutrita da giganti quali Paul Claudel, Charles Péguy, Georges Bernanos o François Mauriac ed è anche per questo che suscita attesa ogni nuovo gorgoglio in questo alveo antico. Se figure come Michel Tournier e Didier Decoin hanno dimostrato da tempo il loro talento di grandi scrittori illuminati dalla fede, desta interesse una nuova generazione di autori credenti. È qui che spiccano anche figure già affermate della scena letteraria o filosofica le cui opere mature cercano inedite consonanze col messaggio evangelico, talora dopo autentiche conversioni. «Ciò che mi interessa guardando il visibile, è al contempo ciò che si mostra e ciò che si lascia scoprire, la parte d'invisibile che affiora, traspare, fosse pure fugacemente», sostiene Sylvie Germain, l'acclamata autrice del recente Magnus. Delle originarie ricerche sulla mistica cristiana condotte dalla scrittrice, così come della sua continua frequentazione della Bibbia, resta molto in un'opera sorprendente e immaginifica che continua a sedurre non solo in Francia. Qualche giorno fa, sulle pagine del Figaro, un'altra talentuosa e già pluripremiata figura della nuova letteratura francese, François Taillandier, ha cercato di abbozzare ed enumerare le ragioni della sua «riconversione» graduale e silenziosa al cattolicesimo dopo anni di profondo scetticismo: «Forse per lo splendore di Bourges, che dava a Stendhal voglia di essere cristiano. Forse per la modesta dolcezza della chiesa romanica d'Ennezat (Puy-de-Dôme). Forse perché un giorno, ascoltando pronunciare attorno a me la parola catho con questo leggero disprezzo che considera di non aver più bisogno di fornire le proprie ragioni, ciò mi ha stancato e ho detto nel modo più affabile possibile: "Io sono cattolico"». Nel 2005, ispirandosi alla Commedia umana di Balzac, Taillandier ha inaugurato un ambizioso progetto letterario in cinque volumi di cui è appena apparso il secondo, intitolato Telling. Dopo un'iniziale notorietà acquistata come reporter, anche il successivo percorso creativo di Jean-Claude Guillebaud si è di recente imbevuto di accenti e contenuti legati alla fede. Colpito dall'opera di filosofi come René Girard e dall'atmosfera di raccoglimento del mondo monastico, Guillebaud ha pubblicato fra l'altro due saggi sulla centralità del credere intitolati La force de conviction: à quoi pouvons-nous croire? («La forza di convinzione: a cosa possiamo credere?») e Comment je suis redevenu chrétien («Come sono ridivenuto cristiano»). Suscita un acuto interesse anche l'opera di Fabrice Hadjadj, scrittore e intellettuale di cultura ebraica e nome arabo convertitosi al cattolicesimo dopo «una fase di nichilismo». Il suo recente e paradossale saggio Réussir sa mort («Far bene la propria morte») analizza con passione e ironia la relativa indifferenza verso la morte delle società occidentali, lanciando al contempo un appello alla gioia fondato sulle ragioni della fede. Nelle conversazioni letterarie francesi torna spesso anche il nome di Maurice Dantec, controverso scrittore dell'estremo che sostiene di iscriversi nel solco "futurista". Di recente, quest'intellettuale eccentrico ma seguito da tempo dalla critica ha gridato in pubblico che «non vi è alcun avvenire per l'umanità al di fuori del Cristo». Accanto ai narratori, anche i drammaturghi d'Oltralpe tornano ad attingere alla fonte cristiana sulla scia dell'acclamato autore belga di espressione francese Eric-Emmanuel Schmitt. Un brillante esempio è quello di Valère Novarina, autore sperimentale la cui opera si è progressivamente «aperta sulla religione della parola». Qualcosa di simile è accaduto anche a filosofi come Bernard Sichère e Jean-Louis Chrétien, giunti al cattolicesimo dopo lunghi esodi interiori fra le dune dello scetticismo. La scoperta del varco di luce della trascendenza, in questi casi, ha dato l'abbrivio a limpide riflessioni candidate a non restare lettera morta.

(Fonte: Avvenire, 14/03/2007; Autore: Daniele Zappalà)

13/03/07

Dea Madre

A febbraio 2007, in libreria per Electa il volume Dea Madre, che fa il punto su un ricorrente tema antropologico: il culto della Dea Madre.
Intorno agli anni Quaranta, cominciò ad affermarsi un nuovo indirizzo di indagine archeologica, basato sull’interpretazione dei miti più antichi, come memorie cifrate in attesa di decodifica. Alcuni studiosi scelsero di affrontare l’argomento della Dea Madre, dibattuto e controverso fin dal 1861, da quando Bachofen coniò questo termine ipotizzando l’esistenza di un’epoca patriarcale basata su un sistema ginecocratico. Il volume nasce dall’esigenza di considerare le differenti posizioni assunte da archeologi, mitologi ed etnologi, escludendo per la complessità del tema posizioni di generalizzazione o categoriche. I curatori del volume ritengono che il culto di una Grande Dea della fertilità sia esistito in momenti storici e in aree geografiche particolari.
Per contribuire a una serena rivisitazione di questo appassionante argomento, il libro si correda di una serie di documenti archeologici inediti messi a disposizione dal Centro Studi Ricerche Ligabue di Venezia. Attraverso qualificati interventi specialistici, si focalizzano le posizioni precostituite, pro e contro, e si misura fino a che punto e fino a quando il mito di una Grande Dea abbia orientato alcune delle più antiche culture in diverse regioni geografiche.
Nelle pagine di questo volume il tema della donna, o più precisamente della Madre, come mito maggiore, viene anzitutto recuperato dalla filosofia, nella molteplicità delle sue espressioni. Da qui si inizia per ripercorrere le tappe fondamentali del suo sviluppo, partendo dalla preistoria e dalla protostoria per poi addentrarsi nel nuovo mondo del retroterra elamita: il Trans-Elam e i suoi prolungamenti lungo i margini dell’Asia Centrale, dalla Battriana al Turkmenistan, passando per l’affascinante Margiana con i suoi palazzi del tutto inattesi e la sua arte pervasa da un profondo senso dell’umano. Infine, a conclusione, si raggiungono le terre dell’America precolombiana.
Queste le linee direttrici di un’opera che cerca di coordinare i risultati più diversi, tecnici ma anche artistici, e i nuovi documenti archeologici, con un metodo d’approccio divulgativo.

(Fonte: http://www.electaweb.it/electa/ita/ufficio_stampa/8-1456-1.jsp)

12/03/07

La leggenda nera del Valentino

Cinquecento anni dopo, la cittadina spagnola di Viana, nella Navarra, ricorda Cesare Borgia, che qui trovo' la morte il 12 marzo 1507. L'amministrazione comunale ha inaugurato la via Cesare Borgia che parte dalla piazza dei Fueros per raggiungere la Barranca Salada, nel punto esatto dove tre soldati fecero l'imboscata al figlio di Papa Alessandro VI, che fu ucciso per mano delle truppe del conte di Lerin. Nello stesso luogo e' stata inaugurata la Cruz de Campo, un monumento funerario che ricorda, nella tradizione di Viana, le persone che morirono sul campo.
E' stata poi rappresentata ''Cesare Borgia, la sua fine'', un'opera teatrale che aiuta a conoscere questo controverso personaggio del Rinascimento, i rapporti con suo padre, il Papa AlessandroVI, il fratello Giovanni e sua sorella Lucrezia. Nel Centro Cultural Navarro Villoslada, il professor Felix Carinanos, ha presentato la figura di Cesare Borgia vista sotto il profilo religioso (fu vescovo di Pamplona e arcivescovo di Valencia) e quella del condottiero che lo porto' a una brillante carriera militare fino alla tragica morte a Viana dove e' sepolto.
Nella chiesa di Santa Maria si e' svolto il requiem di Cesare Borgia con finale offerta di fiori al suo monumento funebre. La corale da Camera di Pamplona ha interpretato ''Aut Caesar aut nihil'', requiem per Cesare Borgia nel 500/esimo anniversario della morte, tratto da canti popolari per defunti di sei compositori del XVI secolo. Una rappresentazione teatrale ha completato alla Casa della Cultura il programma delle celebrazioni per i cinque secoli esatti della morte del Valentino.
Cinquecento persone per i 500 anni della morte di Cesare Borgia: tanti sono stati gli spagnoli che oggi hanno assistito ad un requiem in onore del crudele e depravato figlio di Papa Alessandro VI nella chiesa di Santa Maria nella citta' di Viana, nella Navarra. Una preghiera e' stata poi officiata da padre Gonzales Puroy, il parroco di Santa Maria. Padre Puroy ha detto, parlando con i giornalisti al termine del rito, di non aver provato nessun disagio a pregare per il Borgia, nonostante la sua vita sia stata piuttosto complicata. ''La Chiesa prega per tutti''.
L'amministrazione comunale di Viana, che ha organizzato le celebrazioni in onore del Valentino, ha comunque voluto precisare che non si tratta di una ''riabilitazione'' ma di una ''commemorazione'' degli aspetti piu' positivi della vita del controverso Cesare Borgia.

Fonte: AdnKronos Cultura

10/03/07

Elementare, Wittgenstein!

Ottimo cronista, il dottor Watson, ma forse un po' inadeguato all'impresa che dovrebbe sostenere. Descrive in modo meticoloso le imprese dell'ineffabile Sherlock Holmes, eppure dà sempre l'impressione di non comprenderne del tutto il metodo. Perché, insomma, come accidenti fa Holmes a fare quello che fa? Deduce, induce o, meglio ancora, abduce? Semplicemente intuisce o più logicamente inferisce? Formulate in rigoroso linguaggio filosofico, sono le stesse domande che ogni lettore di Arthur Conan Doyle si è posto almeno una volta, accontentandosi magari di fidarsi un po' alla cieca non tanto dell'autore, quanto piuttosto del suo mirabolante personaggio. Sono, nello stesso tempo, interrogativi seri, che meritano risposte circostanziate. La storia del poliziesco, infatti, è strettamente intrecciata con quella del pensiero contemporaneo, attraverso una serie di rimandi niente affatto inconsapevoli, sui quali si sofferma il nuovo, robusto e leggibilissimo saggio di Renato Giovannoli. Accompagnato da una complice prefazione di Umberto Eco, questo Elementare, Wittgenstein! può essere considerato come l'ideale prosecuzione di un altro studio di Giovannoli, l'ormai classico La scienza della fantascienza, anch'esso basato su un'attenta verifica delle fonti e delle relative premesse culturali. Fin dal titolo, il libro attuale fa perno sulla figura di Ludwig Wittgenstein, osservata nei momenti più significativi della sua ricerca. E così se nel "primo Wittgenstein", quello del Tractatus logico-philosophicus, si possono rintracciare gli indizi necessari all'individuazione del modello investigativo adoperato dal proverbiale Holmes, nel "secondo Wittgenstein", quello delle Philosophische Untersuchungen, emergono con prepotenza i segnali di una crisi che trova parallela espressione nei romanzi hard-boiled di cui lo stesso filosofo si dichiarava avido lettore.
Come e più di ogni altra forma letteraria, infatti, il poliziesco è anzitutto una rappresentazione del mondo e, di conseguen za, deriva da una concezione del mondo. Prendiamo Holmes, appunto, il detective razionalista nel cui modo di procedere Giovannoli individua gli elementi di una fedeltà addirittura ossessiva ai maestri della logica secentesca, primi fra tutti Leibniz e Cartesio. A ogni causa, in questa prospettiva, corrisponde un unico effetto: tutto sta a individuarlo con esattezza, dopo di che anche il più intricato degli enigmi si risolve da solo. È un processo di semplificazione comune, sia pure con le debite distinzioni, ad altri maestri del poliziesco classico, da S.S. Van Dine ad Agatha Christie. Ma se l'effetto, e cioè l'indizio, fosse intenzionalmente falsificato? Il dubbio, introdotto tra gli altri da Maurice Leblanc (l'inventore del ladro gentiluomo Arsène Lupin), prelude alla svolta "esistenzialista" che permette a Giovannoli di rintracciare puntuali consonanze fra l'opera di Martin Heidegger e le tormentate invenzioni di un narratore come Cornell Woolrich. Un accrescimento di complessità al quale corrisponde una diversa percezione dello spazio - sempre più incerto e contraddittorio - all'interno del quale si svolgono le avventure degli antieroi cari a Dashiell Hammett e a Raymond Chandler. Tanto che l'esito estremo dello studio di Giovannoli coincide con la trama programmaticamente frammentata di Città di vetro, il "non-poliziesco" al quale Paul Auster affida la raffigurazione definitiva della metropoli come labirinto dell'esperienza.
In questa interpretazione Giovannoli si avvale a più riprese dei racconti e delle riflessioni critiche di Gilbert Keith Chesterton, il cui personaggio-simbolo, il cattolicissimo padre Brown, è qualcosa di più del semplice interlocutore polemico contrapposto al razionalista e protestante Holmes. Chesterton, al contrario, si conferma come il portavoce più lucido di una visione teologica del poliziesco come «simbolo di misteri più alti» che troverà degna continuazione nella riflessione di Jorge Luis Borges. Del resto, che si tratti della Genesi o del Silenzio degli innocenti, l'indagine sulle tracce di un assassino ha sempre qualcosa di metafisico.
(Renato Giovannoli, Elementare, Wittgenstein! Filosofia del racconto poliziesco, Medusa. Pagine 374).

(Autore: Di Alessandro Zaccuri; Fonte: Avvenire del 10/03/2007)

Addendum

Renato Giovannoli è scrittore esperto di fantasy
e autore di un libro davvero appassionante, La scienza della fantascienza. Chi ha letto questo libro sa che non è una storia della fantascienza, né una riflessione sull’attendibilità scientifica della fantascienza, bensì un libro sulle principali idee finzionalmente scientifiche che circolano nei principali romanzi e racconti di fantascienza. Queste idee dimostrano una insospettabile coerenza, come se costituissero un sistema, pari per omogeneità e consequenzialità a quello della scienza.
L’indagine di Giovannoli è stata possibile (e appare plausibile, nella sua rigorosa trattazione delle leggi della robotica, della natura degli alieni e dei mutanti, dell’iperspazio e della quarta dimensione, dei viaggi nel tempo e dei paradossi temporali, degli universi paralleli e via dicendo) per almeno tre ragioni: la prima, e la più banale, è che gli autori di fantascienza si leggevano e si leggono tra loro, e quindi alcuni temi migrano da storia a storia, e vengono ripresi e approfonditi, così che si è creato come un sistema parallelo a quello della scienza ufficiale; la seconda è che i romanzieri di fantascienza avevano sottocchio i problemi posti dalla scienza, e sviluppavano le loro finzioni non in opposizione alle soluzioni della scienza, ma semplicemente traendone le conseguenze più estreme, seguendo rigorosamente non tanto una logica dell’inverosimile quanto una logica dell’ipotetico; e la terza è che alcune delle idee ventilate dalla fantascienza (e basterebbe partire dai padri fondatori, o almeno da Verne e dalle meraviglie del futuro descritte da Salgari o Robida) di fatto sono poi diventate realtà, come i viaggi spaziali, o le applicazioni dell’intelligenza artificiale, tal che non si può prescindere dal sospetto che per tanti aspetti la scienza della fantascienza avesse non solo anticipato ma in un certo qual modo ispirato la scienza della scienza.

Dürer a Roma

Albrecht Dürer, maestro di grafica stampata, pittore, acquerellista e disegnatore, da domani al 10 giugno, sara' protagonista nelle sale espositive delle Scuderie del Quirinale, nella mostra "Durer e l'Italia". Si tratta della prima rassegna in Italia dedicata all'artista del Rinascimento in un'ottica complessiva. Il percorso espositivo, infatti, presenta oltre venti dipinti originali di Durer, dieci acquerelli, trentatre' disegni, 58 stampe originali e tre dipinti di controversa attribuzione, messi a confronto con altre opere di artisti italiani, per un totale di oltre duecento opere.

La mostra, infatti, intende indagare il legame tra l'artista di Norimberga e la produzione artistica del nostro Paese, caratterizzata da una reciproca ispirazione, perche' "da una parte le teorie artistiche e l'arte italiana contribuirono in maniera fondamentale alla formazione dello stile di Dürer - ha spiegato la curatrice della mostra Kristina Herrmann Fiore - ma attraverso la diffusione delle sue stampe e pubblicazioni, Durer offrì agli artisti del Cinquecento e del Seicento una ricca miniera di ispirazioni, diventando uno dei grandi pilastri della cultura figurativa italiana che, come Leonardo, puo' essere considerato un genio, anche per la sua visione cosmografica del mondo".

"Dürer- ha continuato Kristina Herrmann Fiore - ricercava il vero nello studio della natura in tutte le sue manifestazioni, senza arrivare ad arbitri personali. In lui, vi era una quasi ossessiva vicinanza alla natura, che lo portava a registrare ogni cosa nelle sue opere, da una ruga ad un neo. Per Dürer, infatti, l'artista ha il compito della verita'. Inoltre - ha proseguito Kristina Herrmann Fiore - la sua arte indaga con precisione anche il mondo degli animali e i paesaggi, che diventano veri mezzi di attenzione. Infatti, intorno al 1500, non si trovava nell'arte la rappresentazione di un paesaggio assoluto, come Dürer ha fatto. L'artista ha quindi voluto far vedere la natura in tutti i suoi vari aspetti, come grafico e come pittore".

Fonte: AdnKronos Cultura

09/03/07

Cento anni di Mircea Eliade

Il 2007, anno dell'ingresso della Romania nell'Unione Europea, coincide con il centenario della nascita di una delle piu' straordinarie e influenti figure di intellettuale del Novecento europeo: lo scrittore e filosofo rumeno Mircea Eliade. Eliade nasce a Bucarest il 9 marzo 1907. Pubblica il suo primo articolo a 14 anni. Durante gli anni del liceo e dell'università fonda e collabora a diverse riviste studentesche. Viaggia, in Italia, Austria e Svizzera; comincia a scrivere romanzi; concentra i suoi interessi su questioni di etnologia, orientalistica e storia delle religioni. Nel 1928 si laurea con una tesi sulla filosofia italiana da Marsilio Ficino a Giordano Bruno. Parte immediatamente per l'India con una borsa di studio. A Calcutta è ospite del filosofo indiano Dasgupta col quale studia il sanscrito e i testi religiosi indù. Nel 1930 si ritira in un monastero himalayano dove pratica lo yoga sotto la guida dello swami Shivanananda. Nel 1932 ritorna a Bucarest. L'anno successivo pubblica il suo primo romanzo, Maitrey. Incontro bengalese (tr. it. Milano, 1989); consegue il dottorato in filosofia con una tesi sulle pratiche dello yoga; insegna all'università di Bucarest. Pubblica romanzi, ricordi di viaggio, frammenti di diario, saggi di orientalistica. Viaggia, a Londra, Berlino, di nuovo in Italia. Nel 1940 è addetto culturale presso la legazione romena a Londra; l'anno successivo a quella di Lisbona, dove perde la prima moglie, Nina Mares. Alla fine del '45 è a Parigi dove ritrova gli amici di Bucarest E.M. Cioran ed E. Ionesco. Insegna all'Ecole des Hautes Etudes. Nel 1948 Gallimard pubblica Tecniche dello yoga (tr. it. Torino, 1972), l'anno successivo il Trattato di storia delle religioni (tr. it. ivi, 1974). Sposa Christinel Cottesco, che gli sarà vicina sino alla morte. Tra i suoi amici e corrispondenti si contano G. Tucci, H. Corbin, A. Danielou, G. Dumezil, E. Jünger, C.G. Jung, L. Massignon. Tiene conferenze a Roma, Strasburgo, Monaco, Friburgo, Uppsala. Pubblica: Il mito dell'eterno ritorno (tr. it. Milano, 1975), Immagini e simboli, Lo yoga. Immortalità e libertà (tr. it. Firenze, 1982), Il sacro e il profano (tr. it. Torino, 1973). Nel 1958 inaugura il suo corso di Storia delle religioni all'Università di Chicago, dove si stabilisce trascorrendo i periodi estivi in Europa. Viaggi, conferenze, riconoscimenti, lauree ad honorem in tutto il mondo. Si impegna in grandi opere a carattere sistematico, che in parte vedranno la luce dopo la sua morte: Dai primitivi allo Zen. Raccolta tematica di fonti per fare storia delle religioni; Enciclopedia delle religioni; Dizionario delle religioni, in collaborazione con I.P. Couliano; Storia delle credenze e delle idee religiose (tr. it. 3 voll., Firenze, 1976-83). Mircea Eliade muore a Chicago il 22 aprile 1986. Altre opere pubblicate in Italia: Lo sciamanismo e le tecniche dell'estasi (Napoli, 1975), La nostalgia delle origini (Brescia, 19802), La creatività dello spirito. Un'introduzione alle religioni australiane (Milano, 1979), Arti del metallo e alchimia (Torino, 1980), India (ivi, 1991); i romanzi Signorina Cristina (Milano, 1984), Notte a Serampore (ivi, 1985), La foresta proibita (ivi, 1986). Del suo sterminato diario (pubblicato in 4 voll.) è stata tradotta una scelta: Giornale (Torino, 1977).


08/03/07

FMR per Benedetto XVI

Bellezza e identita'. L'Europa e le sue Cattedrali da' il titolo al prezioso volume a cura di Monsignor Timothy Verdon per le edizioni FMR come omaggio al Pontefice Benedetto XVI, in occasione del suo ottantesimo compleanno che sara' il prossimo aprile. Un dono quanto mai indicato perche' il volume si pone come approfondita trattazione sull'identita' cristiana del vecchio continente, tema caro al pontefice, letta attraverso l'architettura e gli arredi delle cattedrali.

Riccamente illustrato, il volume rilegge le cattedrali cristiane, opere architettoniche di rara bellezza ma anche 'case di preghiera', nell'ottica del contributo da loro offerto alla costituzione dell'identita' europea. Un primo aspetto trattato e' quello della funzione liturgica incarnata dalla cattedrale, analizzato attraverso lo studio delle forme e delle opere che nelle cattedrali sono conservate. Dalla funzione liturgica, il volume passa all'analisi di aspetti tecnico architettonici come la collocazione urbana delle cattedrali; gli elementi comuni dell'arredo interno; la programmazione iconografica; gli stili architettonici ed alcuni arredi di particolare pregio.

Fonte: AdnKronos Cultura

07/03/07

Baudrillard, scacco al male (e al terrore)

Da decenni, era uno dei detrattori più citati della società dei consumi e la sua riflessione ha influenzato, in modi molto diversi, intellettuali ed artisti del mondo intero. Il filosofo e sociologo francese Jean Beaudrillard si è spento ieri a Parigi all'età di 77 anni. La seduzione, la simulazione e l'iper-realtà sono stati alcuni dei concetti chiave approfonditi e incrociati per decenni dall'intellettuale nel quadro di analisi tanto originali quanto discutibili.
Dopo un'iniziale formazione e attività di germanista - traduce fra gli altri Karl Marx -, Baudrillard approda alla teoria sociale alla fine degli anni Sessanta attraverso opere come Il sistema degli oggetti (trad. it. Bompiani), La società dei consumi (Il Mulino) e Lo scambio simbolico e la morte (Feltrinelli): accuse senza appelli del sistema consumistico fortemente influenzate dal marxismo e dalla critica psicanalitica in voga all'epoca in Francia. Ma fin dall'inizio, le riflessioni di Baudrillard segnano anche l'innesto della neonata scienza dei segni, la semiologia, nell'analisi sociale. La moda, lo sport e soprattutto il mondo dei media e della pubblicità sono via via divenuti i bersagli ideali delle sferzanti opere di Baudrillard.
Per il filosofo, l'intera organizzazione sociale del tardocapitalismo è definita da fenomeni come l'esposizione dei beni, il prestigio e la reputazione sociale da essi arrecati, l'alienazione progressiva dell'esistenza individuale.
L'attenzione alle tendenze e agli eventi dell'attualità è stato uno dei fili conduttori della riflessione di Baudrillard, sempre pronto a interpretare i nuovi "segni" partoriti dalla realtà. L'Aids, la clonazione, il caso Rushdie sono stati solo alcuni dei fenomeni catturati - con la precisione del fotografo, l'altra attività parallela che ha del resto creato la fama di Baudrillard - e poi decomposti come sotto un microscopio dagli effetti forse deformanti. Un perenne humour in tinte perlopiù scure e un mai rinnegato pessimismo fanno anch'essi parte dei marchi inconfondibili del suo stile. Il pubblico non solo francese di quei media tanto detestati dal filosofo ha paradossalmente imparato col tempo a riconoscere al volo il volto rotondo, gli spessi occhiali e la voce di Baudrillard: una delle tante contraddizioni che hanno segnato la vita di un intellettuale divenuto ben presto anche personaggio.
Dopo essersi posizionato accanto alla sinistra rivoluzionaria nella tumultuosa fase del maggio 1968, negli anni Settanta il pensatore si allontana progressivamente dal marxismo e il centro della sua riflessione si sposta anche verso la critica del pensiero scientifico tradizionale. L'opera di Baudrillard, da allora, rifiuta sempre più di iscriversi all'interno di una qualsiasi tradizione di pensiero. «Inclassificabile», del resto, è ancor oggi l'aggettivo più frequente utilizzato per qualificare un'opera composta da più una cinquantina di volumi. Fra questi, ha animato accesi dibattiti in Francia anche Lo specchio della produzione, in cui il marxismo classico viene liquidato come immagine riflessa della società borghese. In un articolo presto al centro di aspre critiche, inoltre, Baudrillard ha considerato l'arte contemporanea come "inconsistente": solo una delle sue numerose prese di posizione controverse.
Definito come un "nichilista" dai suoi avversari, Baudrillard aveva suscitato anche negli ultimi anni vivaci reazioni per via delle sue letture, sempre al limite del paradossale, di grandi eventi d'attualità. In particolare, la Guerra del Golfo - Guerra virtuale e guerra reale. Riflessioni sul conflitto del Golfo (Mimesis) - e soprattutto l'11 settembre: nei saggi La violenza del mondo. La situazione dopo l'11 settembre (Ibis), Lo spirito del terrorismo (Cortina) e Power inferno (Cortina), il filosofo sostiene che gli attentati in America sono stati il frutto di una precisa "logica" da parte dei terroristi.
Le critiche contro il filosofo, negli anni, sono state sempre più frequenti. «In fin dei conti, ci si può chiedere cosa resterà del pensiero di Baudrillard se si toglie tutta la vernice che lo ricopre», hanno ad esempio scritto Alan Sokal e Jean Bricmont in un libro dedicato alle "imposture intellettuali". Impostore o autentico esegeta dell'epoca presente e futura? In queste ore, il mondo intellettuale continua ad interrogarsi. Non senza aver reso comunque omaggio all'energia con cui Baudrillard ha sempre difeso le proprie tesi.

(Fonte: Avvenire del 07/03/2007; autore: Daniele Zappalà)

04/03/07

Nishida Kitaro: uno studio sul bene

Nishida Kitaro, Uno studio sul bene, Bollati Boringhieri, 2007.
Un sorprendente e attualissimo libro di filosofia, scritto da un giapponese che dialoga col pensiero occidentale e lo arricchisce con la saggezza profonda della pratica dello Zen.
Uno studio sul bene (Zen no kenkyu, 1911) si propone, come il filosofo scrive nell’introduzione, di “spiegare tutto considerando come unica realtà l’esperienza pura”: l’esperienza immediata del reale come si realizza nell’agire quotidiano corporeo, concreto, concentrato qui e ora e anteriore alla distinzione riflessiva di soggetto e oggetto, spirito e materia, interno ed esterno.
Nishida prende in considerazione l’esperienza religiosa nei termini di un’esperienza immediata del Nulla, in quanto origine, forza unificatrice dell’universo, rileggendo in chiave unitaria la mistica cristiana e la tematica buddhista del Nulla assoluto.


Nishida Kitaro (1870-1945) e il maggiore filosofo giapponese contemporaneo. Fondatore della famosa Scuola di Kyoto, la più importante espressione della cultura giapponese del Novecento, Nishida si caratterizza per la capacità di dominare sia la grande tradizione del pensiero buddhista, sia i momenti più significativi del pensiero occidentale (Platone, Plotino, Meister Eckart, Fiche, Kant, Hegel, James, Bergson, Husserl) che ha letto nelle loro lingue originali e di cui ha meditato le proposte e le problematiche filosofiche. Nishida esprime il massimo della sua originalità sia ripensando in modo autonomo alcuni temi cruciali della filosofia (tempo, spazio, coscienza, storia, identità, differenza), sia rivitalizzando questi temi all’interno di una prospettiva interculturale e interreligiosa.
Tra i suoi scritti tradotti in italiano: L’io e il tu (Unipress Padova 1996); Il corpo e la conoscenza (Cafoscarina Venezia, 2001); La logica del luogo e la visione religiosa del mondo (L’epos di Palermo, 2005).

(Fonte: http://www.bollatiboringhieri.it/)

Rainer Maria Rilke, l’angelo che mise le ali alla poesia del ’900

Nasce nel 1875, muore nel 1926: vita breve, anche se piena e straordinariamente fertile. I numeri sono magici, a saperli leggere, e non a caso Rainer Maria Rilke, incluso dal destino in quei due quarti di secoli, sarà il gigante della poesia di quell’età di passaggio, portando al massimo grado una straordinaria sintesi del passato e nello stesso tempo avventurandosi nella dimensione nuova, inquieta e inquietante, del secolo della psicanalisi e del nichilismo, dell’angoscia e dell’ansia, ma anche di straordinarie trasformazioni formali nella poesia e nell’arte. Rilke è già un classico mentre si profila come il più grande dei poeti moderni.Quante esistenze febbrili, erranti, bruciate da viaggi e amori, conosciamo, nel mondo dei letterati e dei pittori dal romanticismo in poi, che esauriscono le loro energie in se stesse, in una combustione sincera o letteraria e artefatta a seconda dei casi, ma priva di risultati, priva dell’opera? La vita di Rilke no, sembra percorrere un tracciato magico: da Praga, città di nascita, a Vienna, Monaco, Berlino, Firenze, Viareggio, Varsavia, Mosca, Pietroburgo, Roma, Capri, Arles, Avignone, con le amatissime Parigi e Venezia, vale a dire il cuore dell’Occidente e la porta occidentale a Oriente. «Non avevo residenza fissa» scrive nel Testamento. Vagando di città in città, non si perdeva ma proseguiva la sua ricerca dell’Altrove, il fine della poesia maggiore, a patto che sia visibile, leggibile, qui e ora, da dove la ricerca è partita. Analogamente la lista dei nomi femminili che segnano la sua vita sarebbe altamente competitiva con l’elenco delle città, con una sostanziale differenza: ogni città è una meta, un punto di passaggio, pur denso e ricco, mentre ogni donna, dalla prima fidanzata Vally a Lou Andreas Salomé, da Paula a Clara, che sposerà e da cui avrà una figlia, dalla pittrice Klossowska alla principessa Marie Von Thurn, a cui dedicherà il suo capolavoro, le Elegie duinesi, ogni donna è un centro, destinato a non svanire mai, fissando una costellazione amorosa inscindibile dalla creazione poetica. Alla ricerca di una sede definitiva, un altrove, alla ricerca di un amore onnicomprensivo: sembra poco, e può essere una chimera da poeta ingenuo. Con Rilke non è così, il sogno si compie, la sua poesia emana l’azzurro dell’oltremondo ma parla come pietra scritta, vive la vertigine dell’amore fisicamente e nello stesso tempo nella sostanza trasparente dei sogni e dei capolavori di ogni arte. Rilke è un medium tra due tempi e due età dell’uomo, è il poeta che esprime massimamente, nel tempo moderno, la sostanza invisibile del visibile: non a caso elegge a protagonisti di tanti suoi capolavori gli Angeli, messaggeri, esseri che mettono in comunicazione il cielo e la terra, o Hermes, il dio greco degli annunci, il volatile messaggero dell’Olimpo, e diviene centrale nella sua poesia la figura di Orfeo, il mitico poeta greco che con la sua voce e la sua lira, con il miracolo della poesia, incantava alberi e pietre, animali mansueti e feroci, fino a commuovere le cupe divinità dell’Oltretomba. Rilke a un certo punto teme che la sua voce, capace di tramutare in poesia qualunque cosa, non basti, come non era bastata a Orfeo per salvare la moglie dal buio regno delle ombre, non accetta che la poesia perda la realtà tramutandola in sogno, cerca una materia dura e opaca, e attende che questo prodigioso canto del mondo abbia luogo con le a lungo rimandate Elegie duinesi, che nasceranno di getto, accanto ai non meno straordinari Sonetti a Orfeo: due libri fondanti in cui la poesia si riprende non il dominio, ma la compagnia della realtà. Mentre esce ora una nuova edizione delle Elegie duinesi, a cura di Michele Ranchetti e Jutta Leskien (Feltrinelli, pagg. 84, euro 8), segnalo a chi voglia accostare il poeta, non conoscendolo del tutto o conoscendolo bene, un libro straordinario di una scrittrice di razza: in Rilke. Biografia di uno sguardo (Ananke, pagg. 112, euro 13), Paola Capriolo fonde la sua prosa aurorale con una lettura saggistica profonda: il girovagare per vie parigine del poeta, la visione ammutolita della caccia ai piccioni, la percezione della propria malattia, «come la forma più drastica e crudele di quella separazione dalle cose che lo ha sempre tormentato e cui ha tentato di porre rimedio con gli ardui incantesimi della sua arte». Con successo, sappiamo, e lo sa benissimo Paola Capriolo. Ma entrare in questa piega non è da tutti. In questo libro magistrale l’autrice svela molto su Rilke, svela e insegna moltissimo sulla relazione tra poesia e vita.

(Fonte: Il Giornale del 01/03/2007; auotore: Roberto Mussapi)

03/03/07

Guareschi

In occasione delle manifestazioni dedicate al grande scrittore di Fontanelle, che dureranno sino al 2008 culminando nella celebrazione del centenario della nascita e nel quarantesimo anniversario della scomparsa, la galleria San Ludovico a Parma inaugura, il 31 marzo alle ore 17, la mostra "Omaggio a Giovannino Guareschi. Gli anni di Guareschi a Parma". La mostra, organizzata in collaborazione con Carlotta ed Alberto Guareschi racconta i primi anni di Giovannino nella citta' ducale divisi tra il giornalismo e il suo amore per le illustrazioni, satiriche e pungenti. Tiziano Marcheselli, storico e appassionato di arte e letteratura, pittore e disegnatore, si e' immerso negli archivi storici della Gazzetta di Parma, l'ex Corriere Emiliano, su cui Giovannino aveva iniziato la carriera di giornalista nel 1927 come correttore di bozze, consultando le annate degli anni Trenta, recuperando alcuni testi e una serie di illustrazioni, realizzate mediante piccole incisioni su linoleum, del giovane scrittore agli inizi della carriera. Da questi disegni di Guareschi poco piu' che ventenne, Marcheselli ha tratto ispirazione per una trentina di disegni a china, di grande formato, che rispettano lo stile dello scrittore.

Fonte: AdnKronos Cultura

02/03/07

Il Tempo di Pio IX

Giunge alla sua conclusione la mostra sulla Frascati dell'800, raccontata attraverso la storia del marchese Campana e della prima ferrovia dello Stato Pontificio. "Frascati al tempo di Pio IX e del marchese Campana", allestita alle Scuderie Aldobrandini del Comune di Frascati, sara' infatti visitabile fino a domenica 4 marzo. Il percorso espostivo, a cura di Giovanna Cappelli e Isabella Salvagni, grazie a preziose opere d'arte, documenti inediti e fotografie, permette di approfondire la conoscenza di due importanti personalita' dell'800, la cui storia e' strettamente legata a quella di Frascati, meta privilegiata del Grand Tour, alla vigilia dell'Unita' d'Italia. La mostra ricostruisce infatti le vicende del nobile collezionista, il marchese Gian Pietro Campana, e i rapidi cambiamenti urbani e sociali derivati dalla costruzione della ferrovia Roma - Frascati, della quale ricorre quest'anno il 150° anniversario. Documenti, incisioni e libri testimoniano questo evento insieme agli elaborati del progetto della ferrovia, di cui si ripercorre l'antico tracciato oggi parzialmente coperto dalla vegetazione e da nuove costruzioni.

Fonte: AdnKronos Cultura

01/03/07

Il futuro secondo Sir Arthur C. Clarke


Pensa davvero che l’umanità alla fine del suo cammino possa trasformarsi in pura energia, come accade nel suo 2001?

Trasformarsi in pura energia è un modo per sottrarsi alla tirannia della materia e io mi figuro tranquillamente degli esseri realmente avanzati che stanno valutando i pro e i contro di una loro trasformazione in energia. Certo, non saranno più in grado di godere di alcuni piaceri del mondo materiale, ma quando tutto diventa uno stato mentale a chi importa più?

Tornando alla nostra condizione di terrestri degli anni appena successivi al 2001, dopo la radio, i satelliti e i telefoni cellulari quale potrà essere il prossimo passo nelle telecomunicazioni?


Credo molto nei sistemi di riconoscimento vocale per i computer e altri dispositivi, anche per il loro valore sociale perché potrebbero essere usati pure dagli analfabeti. Oggi esistono però ancora delle limitazioni: vanno bene se ci si trova da soli, ma pensi al caos di un ufficio in cui tutti parlano alle macchine. Inoltre il software dovrà far fronte all’enorme differenza di accenti con cui una stessa lingua viene parlata. Non posso fare a meno di citare un episodio accaduto qualche anno fa, mentre tentavo di insegnare a un computer a riconoscere la mia voce. La frase «bisogna andare in aiuto del partito» [the party in inglese] diventò «bisogna andare in aiuto dell’apartheid», un esempio lampante del «politicamente scorretto».

Pensa realmente, come ha previsto in 3001: L’odissea finale, che in futuro saremo in grado di immettere o scaricare direttamente le informazioni nel nostro cervello collegandolo a un dispositivo esterno?

Sì, il traguardo ultimo dei dispositivi input–output sarà la possibilità di scavalcare tutti i sensi dell’organismo umano e inviare segnali direttamente nel cervello. Come ciò si possa fare con esattezza lo lascio ai biotecnologi; per parte mia in 3001 ho descritto il braincap [una calotta da collocare sulla testa che fa appunto da interfaccia tra il cervello e un computer, ndr]. L’adozione diffusa del dispositivo potrà essere ritardata dal fatto che per indossarlo bisognerà probabilmente raparsi a zero. Così, la produzione di parrucche potrà diventare un grande business tra pochi decenni.

L’informazione elettronica finirà per uccidere la stampa?

Non lo credo. La scomparsa della stampa venne già predetta con l’arrivo della radio e della televisione, ma ciascuno dei nuovi mezzi di comunicazione ha trovato un suo posto e noi stessi non abbiamo buttato i nostri libri. Questo mezzo vecchio–stile ha infatti ancora spazio in mezzo ai siti Web, i videogiochi, le comunicazioni mobili e altre tentazioni. Senza dubbio, la sfida è cercare di attrarre quanti si sono abituati alla gratificazione istantanea derivante dai mezzi di comunicazione interattivi, ma la lettura di un libro resta insostituibile. L’industria editoriale dovrà cercare nuove direzioni ma non credo proprio che la stampa scomparirà.

Come vede il futuro della Terra? Lei è stato l’unico a considerare uno tsunami come una delle minacce naturali più gravi per il nostro Pianeta. In 2010: Odissea due lei previde per il 2005 un gigantesco tsunami nel Pacifico. Si sbagliò solo di cinque giorni e qualche migliaio di chilometri rispetto a quello reale. Perché questo tipo di catastrofe è stato sempre così poco considerato da scienziati e scrittori?

I Paesi del Pacifico hanno sempre convissuto con gli tsunami, ma solo quello dell’Oceano Indiano nel 2004 ha catalizzato l’attenzione mondiale su un rischio simile. Poco dopo la tragedia, sottolineai però che uno tsunami può essere scatenato non solo da un terremoto sottomarino, ma anche dall’impatto di un asteroide. Anzi, quando si parla di minacce che giungono dallo spazio la gente sembra confortata dal fatto che i due terzi della Terra siano coperti dalle acque. Invece dovremmo preoccuparci di più: un impatto nell’oceano può moltiplicare i danni rispetto a uno sulla terraferma, generando «la madre di tutti gli tsunami». Duncan Steel, un’autorità in materia, ha eseguito alcuni calcoli terrificanti. Ha considerato un asteroide modesto, di 200 metri di diametro, che impatta sulla Terra alla tipica velocità di 68.400 km orari. Nell’urto, rilascia energia cinetica con un’esplosione di potenza pari a 600 megaton, 10 volte maggiore di quella del più potente test atomico sotterraneo mai realizzato. Anche se solo il 10 per cento di questa energia venisse trasferita a uno tsunami, le onde riuscirebbero a trasportarla sulle coste a migliaia di chilometri di distanza, causando una distruzione più diffusa di quella dovuta all’impatto dell’asteroide con la terraferma. In quest’ultimo caso, infatti, l’interazione tra l’onda d’urto e le irregolarità del terreno, come colline, alberi, edifici, limiterebbero l’area della devastazione. Nell’oceano, invece, l’onda si propaga così com’è fino a scaricarsi sulla costa. Per questo motivo ho suggerito di tenere d’occhio i cieli anche quando ci preoccupiamo delle minacce dalle profondità dell’oceano.

(Fonte: Corriere della Sera 01 marzo 2007)