23/03/11

Ricordo di Giuseppe Palomba

di Carlo Gambescia

Un economista refrattario

Venticinque anni fa, ad essere precisi il 30 gennaio 1986, moriva Giuseppe Palomba, economista refrattario, dal momento che sarebbe improprio definirlo eretico… Anche perché parliamo di un professore ordinario non di outsider come Gesell e Douglas, soldati «del coraggioso esercito degli eretici », secondo la classica definizione di Keynes a pagina 542 della General Theory ( Utet).
Ma refrattario a che cosa? Alle alte temperature dei luoghi comuni. E per questo incompreso, perfino da economisti aspiranti eretici, come Geminello Alvi. Il quale, una volta, quando ancora spezzavamo il pane insieme, lo bollò come confusionario.
Di regola, gli economisti non leggevano Palomba perché troppo filosofo, mentre i non economisti, non lo capivano, perché troppo matematico. E ancora oggi è così.

Galeotta fu la biblioteca

Chi scrive ha scoperto Palomba per puro caso (quando si dice la serendipità…). Dove? Biblioteca della Fondazione Sturzo, fine anni Ottanta: mentre lavoravamo su altre cose, dal catalogo spuntò, come in una storia di Harry Potter, un suo estratto dalla “Rivista di Politica Economica”, anno 1934, dal titolo demodée: L’eterogeneità sociale e l’economia corporativa”… Dove Palomba estendeva la teoria della circolazione delle élite allo studio della società corporativa. Ponendo fondati dubbi sulla possibilità di creare un’economia corporativa integrale (spunto poi ripreso nel suo Corso di economia politica corporativa , uscito in due volumi nel 1940). Fu un colpo di fulmine. Dovuto alla sua brillante capacità, rara negli economisti, di estendere la riflessione sociologica all’ economia, senza fare a sconti nessuno. E nel 1934 al potere c’era Mussolini…

Biografia in pillole

Qualche notizia biografica. Giuseppe Palomba, nasce in provincia di Caserta (San Nicola La Strada) il 9 maggio del 1908, si laurea giovanissimo in economia a Napoli nel 1929. Studia con big come Corbino Niceforo, Barbagallo e Amoroso, economista allievo di Pareto. Nel 1932 frequenta la London School of Economics. Nel 1935 consegue la libera docenza in Economia politica e si dedica in particolare agli studi di economia matematica. Nel 1939 è in cattedra a Catania. Nel dopoguerra insegna a Napoli (Facoltà di Economia) e negli anni Settanta a Roma (Facoltà di Scienze Politiche). Socio dell’Accademia dei Lincei e di numerose istituzioni internazionali è autore di una ventina di libri. Nei ricordiamo tre, particolarmente lussureggianti: Fisica economica (1970); Morfologia economica (1970); L’espansione capitalistica (1973), tutti pubblicati dalla Utet, e purtroppo esauriti da anni.

Un'economia applicata ai problemi concreti

La galoppata teorica di Palomba non conosce steccati: tre i principali campi d’indagine.
Il primo è quello dei rapporti tra sociologia ed economia. Accurato lettore di Pareto, Leone, Michels, Perroux, Palomba non crede nell’esistenza di un’economia astratta e separata dalle istituzioni sociali. Di qui l’interesse per lo studio dei rapporti tra classi sociali, strutture di potere e teoria economica. Per Palomba è sempre necessario distinguere tra economia politica e politica economica. La prima ha valenza teorica, la seconda pratica. La prima implica l’impiego della spiegazione scientifica, la seconda talvolta l’ uso della forza. E il ruolo dell’economista è di mediare tra i due aspetti, puntando sull’economia applicata ai problemi concreti. Detto altrimenti: sull’economia sociale di mercato. Per capirsi, secondo Palomba non esistono economisti puri (come oggi predica il neoliberismo) né politici puri (come in passato propugnava il fascismo), ma economisti e politici che si sporcano le mani con la politica economica. Ad esempio, per venire all’oggi, elaborando concretamente quel piano industriale di cui tutti parlano a vanvera…

Economia ed entropia

Il secondo filone è quello dell’economia matematica. A giudizio di Palomba, quando si studia l’ economia teorica, va conservata l'analogia tra scienze fisiche ed economiche, estendendola però ai principi einsteiniani di relatività speciale e generale, usando il linguaggio dell’algebra tensoriale e la teoria dei gruppi di trasformazione. Tutta roba molto complicata… Ma quest’ultimo filone rinvia al terzo. Palomba, partendo dal concetto di relatività, giunge a sostenere che i sistemi economici, sono sistemi chiusi, e dunque soggetti a entropia: una crescente “disorganizzazione” che implica, tra le varie ipotesi, anche quella del declino. Tesi poi sostenuta, e con maggiore fortuna, da Georgescu-Roegen.

Una curiosità senza limiti

Lettore onnivoro, Palomba si è confrontato con autori come Evola, Guénon, Spengler, i classici del pensiero islamico e cristiano, Donoso Cortés, Lenin, Marx. Inoltre chiunque abbia assistito alle sue lezioni universitarie o partecipato agli incontri organizzati nella sua casa napoletana di Monte di Dio, come ricorda l’allievo Eugenio Zagari, ne rimpiange le doti umane. E, cosa non secondaria, l’ incontenibile desiderio di interrogarsi e interrogare gli altri. Come prova l’evoluzione del suo pensiero. Che, semplificando al massimo, passa prima per una fase spengleriana, però con inflessioni evoliane-toynbeeiane (anni Quaranta) e poi guénoniana, di avvicinamento e conversione (?) all’Islam (prima metà anni Cinquanta).

Palomba e Guénon

Una chicca. La sua Introduzione all’economica ( Pellerano - Del Gaudio 1950), appena uscita gli valse il plauso di René Guénon: “Ci felicitiamo vivamente con il professor Palomba per il coraggio di cui dà prova reagendo così in pieno ambiente universitario, alle idee moderne e ammesse ufficialmente, e possiamo solo consigliare la lettura del suo libro a tutti quelli che si interessano a questi problemi e conoscono la lingua italiana, poiché ne trarranno grande profitto” (R. Guénon, Recensioni, Edizioni all’Insegna del Veltro 1981).
L’Introduzione è tuttora apprezzata negli ambienti tradizionalisti Perché racchiude una piccola parte dedicata all’economia medievale… Dove Palomba, muovendosi abilmente tra esoterismo ed economia, oppone in modo convincente l’organicità del mondo tradizionale all’individualismo dell’economia borghese.

Economista del dialogo

Si tratta di una fase, complessivamente tradizionalista, che l’economista supera nella seconda metà degli anni Cinquanta, aprendosi alla filosofia cristiana della storia, agostiniana in particolare. Puntando però sul dialogo con la modernità piuttosto che sul conflitto. Tuttavia il suo giudizio sul Sessantotto resta negativo, al punto di scorgere nella reciproca violenza tra giovani e polizia, l’incarnarsi dello spirito stesso dell’Anticristo. Negli anni Settanta si rafforza la sua amicizia con Silvano Panunzio, pensatore cristiano, alla cui rivista "Metapolitica" l’economista accetta di collaborare.
Palomba piuttosto che nella rivolta crede nel dialogo, e con tutti, dal tradizionalista al marxista. Il suo è un personalismo cristiano, dunque non ateo, ma aperto al mondo. Come prova questa dedica: “Umile omaggio di un timido tentativo. Giuseppe Palomba” . Scritta di suo pugno, anno di grazia 1978, su un estratto inviato in dono all’Istituto Gramsci, dove ora è consultabile. Si tratta dei Dialoghi fra un cattolico e un marxista, testo che poi confluirà insieme ad altri simili nella raccolta Tra Marx e Pareto (De Simone 1980). Insomma, un economista da leggere e rileggere. E magari da consigliare a Tremonti. Il quale pur andando notoriamente pazzo per le citazioni colte, quelle che fanno tanto Ministro Illuminato, finora ha snobbato Palomba. C’è però sempre tempo per rimediare.

http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/


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