28/04/11

Ricordando Padre Ginepro Zoppetti : "Terapia dell’anima ed esperienza cristiana"


Padre Giorgio Ginepro Zoppetti nacque a Passerella di sopra in comune di Jesolo (Venezia) il 17 aprile 1923 ed entrò giovanissimo nella religione francescana, fin dall’ agosto del 1941.
Figura singolare, dotata di particolari carismi, fu studioso di filosofia, appassionato cultore e grande conoscitore del pensiero bonaventuriano, egli si interessò anche di filosofia moderna e contemporanea, in particolare di Ugo Spirito, che conobbe personalmente e del quale fu amico.
Amante e profondo conoscitore dell’arte, in specie di quella figurativa, coltivò altresì l’interesse per la psicologia e per tutte le scienze dell’uomo sia quelle moderne che quelle cosmologiche tradizionali sempre con il solo fine operativo di curare, sanare e guarire in vista dell’amore al progetto divino scritto in ogni singolo cammino personale. Pur dotato di straordinarie doti intellettuali e doni preternaturali, visse in assoluta povertà di spirito ed obbedienza al carisma francescano senza mai appropriarsi di queste sue facoltà, mettendole però a disposizione con discrezione e nascondimento di chi incontrava sulla sua via. Anche nella sua alta opera intellettuale e pastorale agì sempre con umiltà e pur difendendo con energia le sue idee e convinzioni , non cercò mai di apparire. Pur avendone le capacità non ritenne utile ed opportuno scrivere libri o saggi, ma svolse una intensissima attività di mediatore e di promotore culturale dirigendo per moltissimi anni la rivista di formazione e cultura francescana” Vita Minorum “, sulla quale firmò più di cinquanta articoli. Fu uno dei curatori del Dizionario Francescano e tradusse numerosi saggi di teologia e cultura religiosa specialmente dallo spagnolo, curando moltissime pubblicazioni. Privo di qualsiasi esotismo e spirito sincretistico, fu francescano e cattolico romano fino in fondo, sempre però animato da spirito ecumenico ed universale. Dedicò, in particolare, molti dei suoi sforzi all’unità delle famiglie francescane, le cui divisioni gli causavano profonda sofferenza.
Fu sostenitore degli aspetti profetici del Concilio Vaticano II e poi come molti, in parte deluso dalle appropriazioni moderniste dello stesso. Amante della sapienza tradizionale e molto meno dei tradizionalismi da alcuni fu tacciato di progressismo e da molti altri di conservatorismo. La sua spiritualità asciutta ed essenziale ed il suo pensiero, rigoroso, eclettico e radicale ad un tempo, lo pongono in realtà profeticamente al di là degli stereotipi intellettualistici contemporanei. I suoi ultimi anni, prima della nascita al Cielo avvenuta il 15 aprile 1997, li trascorse a Montegrotto Terme in provincia di Padova, pur intessendo relazioni di amicizia, paternità e consiglio spirituale con molti amici e discepoli sparsi in tutta la penisola. Trascorsi oltre 14 anni dalla sua morte , in molti continuano a ricordarlo con affetto e riconoscenza.
Alcuni di essi, consapevoli che i suoi insegnamenti – trasmessi quasi esclusivamente oralmente- e la singolare sintesi di pensiero e di prassi, di antica sapienza e di conoscenza dell’uomo contemporaneo, testimoniate con la sua stessa vita, sono un patrimonio da non disperdere, ma da trasmettere e vivere negli ultimi passaggi che ci attendono, hanno cominciato a raccogliere e pubblicare alcune registrazioni originali avvenute in occasione di incontri, esercizi spirituali ed occasioni pubbliche.
Così a cura di Claudio Coen Belinfanti e dell’emerito Prof. Maurizio Malaguti, presidente del Centro Studi Bonaventuriani, fu pubblicato nel 2008, come allegato alla rivista “Vita Minorum” , un prezioso volumetto intitolato “Davanti a Gesù, conversazioni con Padre Ginepro”. Tale piccola e preziosa opera sarà lo spunto di un incontro intitolato “Terapia dell’anima ed esperienza cristiana” in programma il prossimo 29 aprile presso il Centro Russia Ecumenica in Via di Borgo Pio, 141 in Roma alle ore 17,30 . Nell’occasione verranno distribuite in omaggio ai presenti alcune copie di tale volume che non è in commercio.

Conoscenza di sé - Terapia e formazione della persona nell’esperienza cristiana

Antologia di scritti e testimonianze di Padre Ginepro Zoppetti o.f.m. ( 1923-1997 )

da “La persona come protagonista della formazione permanente” articolo pubblicato su “Vita Minorum” (a38) n.2-1996 e brani selezionati dal volume intitolato “Davanti a Gesù conversazioni con Padre Ginepro”(6-2008)

a cura di Anagogia e della redazione romana di testatadangolo

L’ambizione di cambiare il mondo ci fa spesso dimenticare che l’unica maniera di ottenere qualche risultato è quella di cominciare da se stessi.”

“Il cuore della metafisica della persona è nella coscienza, nella percezione del proprio io e cioè nella consapevolezza di essere se stessi. Soltanto lo spirito riesce a ripiegarsi su se stesso, come se da soggetto diventasse oggetto pur restando soggetto. Allora la coscienza diventa il centro di animazione di tutta la persona ; per questo tutte le sfere e le facoltà si riferiscono a questo punto essenziale che è la coscienza : << So di essere io>>; << Io sono un centro di energia e responsabilità>>. Il sottinteso metafisico e filosofico della persona è che essa è un soggetto essenzialmente spirituale che irradia la sua potenza unificatrice a tutte le aeree ella personalità, da quella meramente spirituale a quella psichica, fisica e sociale. L’essenziale è questo: accettare una concezione della persona che riconduce la molteplicità degli elementi costitutivi dell’uomo- il corpo, la psiche,la mente, i sentimenti, ,i sensi- ad un unico centro che è la coscienza e cioè la consapevolezza di se stessi.”

Quello che la Bibbia chiama “cuore” è l’apice dell’uomo- la mente – che non è sola ragione, ma sapienza: è il centro unitario della persona. “La circoncisione del cuore indica infatti la consacrazione di tutto l’uomo, dal più profondo del proprio essere, a Dio.

Il “Conosci te stesso” della sapienza greca ha assunto una portata diversa nella sapienza cristiana, ma ha conservato intatta la sua esigenza psicologica di autoconoscenza riflessa e di dinamica promozione della propria piena realizzazione. L’autoanalisi fenomenologica è , perciò, il primo passo da compiere in ordine all’acquisizione della conoscenza riflessa di sé. Occorre registrare tutte le proprie manifestazioni, interiori ed esteriori, interpretandole nel loro significato immediato, senza formulare valutazioni di sorta. Si tratta di prendere atto di ciò che di fatto si è . Successivamente si potrà tentare di scoprire il coordinamento spontaneo delle varie tendenze e potenze. In ogni persona, infatti l’esigenza di struttura unitaria e compatta si manifesta nel coordinamento dei vari elementi costitutivi attorno ad un elemento catalizzatore, che volgarmente viene ravvisato come elemento caratteriale. La personalità si configura come immagine orientativamente abbozzata più o meno definita che si offre come oggetto di ulteriori esplorazioni. Si tratterà allora di analizzarla attentamente e di definirne i contorni, scoprirne le implicazioni, evidenziarne le potenzialità, i limiti, le lacune.”

“L’operazione è difficile quanto maggiore è l’esigenza di obiettività applicata alla realtà del proprio mondo interiore, così complesso mutevole, sfuggente, spesso ingannevole. Un tempo si poteva cercare un aiuto nel direttore spirituale, sempre difficile a trovarsi , oggi più che mai raro. Ma ci vengono in aiuto , le cosiddette “scienze dell’uomo”, prima fra tutte la psicologia sperimentale. Come spesso succede nei confronti delle novità culturali, scientifiche e di costume, la prima reazione è stata, soprattutto nel mondo religioso, di diffidenza o di rifiuto. Ben presto però diffidenza e rifiuto si sono ribaltati in un atteggiamento indiscreto di sottomissione quasi acritica. Le tecniche della psicologia sperimentale sembravano dare la massima garanzia di obiettività nella conoscenza di sé e degli altri. Ma senza voler nulla detrarre al valore scientifico dei mezzi e dei metodi della psicologia , resta sempre valida l’affermazione di Emanuel Mounier il filosofo della personalità : “il miglior specchio dell’uomo è lo sguardo di un altro uomo”.

“Dove l’uomo non è necessariamente uno scienziato, ma un uomo che abbia realizzato la propria personalità. L’uomo con il quale sia possibile un confronto dialogico, il calarsi nella coscienza dell’altro, per cogliervi somiglianze e diversità. Un confronto che fa risaltare l’assoluta somiglianza in ciò che maggiormente differenzia le persone: la loro singolarità irrepetibile.; ma che per altro verso fa avvertire l’identità della natura , l’analogia degli elementi costitutivi e della struttura essenziale. L’altro, come specchio, non è riproduttore passivo e irrazionale, ma un altro “io”, capace di vivere la realtà di chi gli sta davanti , con partecipazione critica. L’ideale sarebbe poter incontrare il “proprio” specchio: un'altra persona intensamente affine per doti , struttura ed esperienza e magari dotata di una preparazione e di una capacità critica particolarmente efficienti.”

“Se è difficile incontrare lo specchio ideale nella singola persona , lo si può in qualche modo “costruire “. Poiché c’è in ogni persona qualche tratto con il quale ci sentiamo in sintonia , è come se in un frammento di specchio, possa riflettersi una parte della propria immagine. Raccogliendo la molteplicità di riflessi parziali , a poco a poco si giunge a ottenere una un’immagine sufficientemente obiettiva. Un risultato apprezzabile di tale metodo, presuppone una decisa volontà di autoconoscenza. Occorre anche una elementare ma coraggiosa onestà verso se stessi. Molti hanno paura di conoscersi, per il timore di dover riconoscere colpe e difetti, con i quali è forse penoso convivere, ma dai quali è arduo separarsi. All’onestà e al coraggio di dover essere se stessi nulla e nessuno si può sostituire : la persona non è più persona nel momento in cui abdica al proprio protagonismo. Da tutti e da tutto si può trarre vantaggio per realizzare se stessi, ma nulla e nessuno può sostituire il soggetto irripetibile . La conoscenza di sé, dunque si articola secondo un duplice processo, introspettivo e dialogico, vissuto in relazione con il contesto cosmico e storico. Conoscere se stessi è guardarsi dentro , rispecchiarsi negli altri, cogliersi in relazione al mondo e alla storia. Da tale conoscenza scaturisce la coscienza della propria autonomia e del proprio compito.”

“Accettare se stessi è riconoscersi nella figura emergente dal patrimonio genetico, culturale e storico ed accoglierla come propria identità originaria. Per il credente, accettarsi vuol dire riconoscere inscritto nella propria autoimmagine , collocata in un determinato contesto storico e cosmico, un progetto di Dio da realizzare. Nell’insieme delle qualità ,delle tendenze, delle facoltà e perfino dei limiti e delle carenze, può cogliere l’abbozzo di un progetto da realizzare con intelligenza e fedeltà. Tuttavia , egli dovrà tenersi disponibile a percorrere un itinerario che solo Dio conosce e che si andrà rivelando passo passo . L’accettazione di sé , suppone l’umiltà di farsi responsabili di una avventura, di cui si conoscono appena delle indicazioni misteriose e del cui esito solo Dio è garante. San Bonaventura dice che l’itinerario che l’uomo percorre per arrivare all’unione con Dio è lo stesso che Dio ha percorso per manifestarsi all’uomo ed illustra il concetto con l’immagine del raggio di luce che cade perpendicolarmente allo specchio, ritornando alla sua fonte riflesso lungo il medesimo percorso.. L’accettare la propria struttura espressa nell’autoimmagine , è dunque offrirsi fiduciosamente all’imprevedibile, tenendo conto che l’identità personale, rivelataci dalla coscienza, è solo ombra di quella identità compiuta che solo in Dio ci sarà dato di conoscere. Nel cristiano si avvera il paradosso secondo il quale la persona tanto meglio realizza la propria identità originaria , quanto più è conformata a Cristo e assorbita in Dio: il massimo dell’alienazione coincide con il massimo della identificazione: proprio quando l’uomo è trasumanato e totalmente unito a Dio , quindi fuori di sé, alienato dalla condizione di peccatore e creatura inconsistente , allora egli è veramente se stesso , perché ha raggiunto la pienezza dell’essere.”


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