di Giuseppe Gorlani
Sathya Sai Baba si autoproclamava un avatar. Pare che verso la fine della sua vita Ananda Moy Ma abbia confermato ciò, precisando, tra l’altro, come egli fosse un avatar di statura spirituale particolarmente elevata. Quello che ne posso personalmente dire è che, oltre a non sentirmene minimamente attratto, egli rappresentava quel tipo di approccio alla spiritualità dal quale ritengo consigliabile (soprattutto per gli occidentali) tenersi lontani. Ho sempre diffidato dei guru famosi, delle “nuove” forme di spiritualità, delle masse adoranti ed acritiche, degli isterismi devozionali, delle “conversioni” orizzontali, delle aspettative salvifiche proiettate fuori di sé. Credo che il rapporto tra maestro e discepolo, Guru-Shishya, sia diretto e affatto personale, lontano da ogni forma di frastuono e di autocompiacimento. Sicuramente si trattava di un uomo dotato di potere e di carisma; tuttavia si sa come tali qualità non siano necessariamente segni di realizzazione o di illuminazione. Trovo inoltre penosi e sospetti lo sfarzo e le atmosfere di maldicenza, violenza, ipocrisia, fanatismo e meschinità che inevitabilmente si manifestano intorno ad un uomo santo o supposto tale. Tutte le vie autenticamente tradizionali custodiscono al proprio interno opportunità di risveglio o di salvezza e ad esse è preferibile rivolgersi, purché la propria aspirazione all’elevazione o all’unione col Sommo Bene sia sincera.
Sai Baba parlava di unione al vertice di tutte le religioni e quindi di trascendenza delle differenze. Tale concetto astratto, tuttavia, può dar adito a molta confusione, se non debitamente spiegato e compreso. Per usare una metafora semplice, la barca che si utilizza per attraversare il fiume della condizione umana decaduta può essere abbandonata soltanto una volta che l’altra sponda sia stata raggiunta. Perciò il discorso del superamento delle diversità tra le varie vie tradizionali e del loro valore è solo di chi abbia realmente toccato (non importa se per grazia o per merito) il fondo dell’essere. Mentre si attraversa il fiume è invece di fondamentale importanza restare concentrati sulla barca che ci porta.
Gentile Giuseppe Gorlani tutto il rispetto per quanto lei possa credere in merito a questo maestro, ma quando si mette il proprio parere o giudizio a disposizione di tutti, sarebbe raccomandabile non essere superciali e da quanto lei scrive e' palese che lei parla di qualcuno che non conosce.
RispondiEliminaUn parere superficiale non giova a nessuno anzi, limita chi si affida a tale giudizio!
buon lavoro
G.S
Gentile signore,
RispondiEliminacondivido il contenuto della sua osservazione, non mi pare tuttavia di aver dato "giudizi" superficiali; semplicemente ho espresso alcune relativissime impressioni, fondate sulla lettura di libri e sugli incontri con decine di seguaci. A proposito di questi ultimi, ho potuto constatare come i resoconti sulla loro "conoscenza" diretta di Sai Baba variassero assai. Proprio di recente ho ricevuto una visita da una donna di circa quarant'anni che ha trascorso più di un anno all'ashram di Puttaparthi senza mai aver parlato direttamente con l'"avatar". Il suo stato di coscienza oscillava tra la fiducia cieca ed un cupo disincanto. Possiamo dire che lo abbia conosciuto? Un'altra signora attribuiva un lavoro ben fatto dall'idraulico o un intervento tempestivo del carpentiere alla benevolenza di Sai Baba. Un giovane aveva sposato una donna su consiglio di Sai Baba, ma dopo alcuni mesi se ne era separato, rammaricandosi per la scelta avventata.
Cosa vuol dire dunque "conoscere" profondamente? A prescindere dall'autenticità o meno della statura spirituale di Sai Baba, nel mio breve scritto mi limito a mettere in guardia dall'abbracciare forme di spiritualità emotive e irrazionali e dal pericolo insito nel bisogno di novità che induce a convertirsi orizzontalmente, passando da un essoterismo religioso all'altro. Diventare guru famosi nel Kali-yuga non è certo una garanzia di qualità e di provata autorevolezza, ma nemmeno significa necessariamente il contrario. Ammonisce Gaudapada nella Mandukyakarika: "Solo ciò che è sostenuto dalla Shruti e convalidato dalla ragione deve ritenersi corretto e nient'altro".
Un cordiale saluto,
Giuseppe Gorlani
il suo giudizio è veramente superficiale, penso che ananda moy ma sapesse bene di cosa stesse parlando
Eliminasaluti
dr. stefano barbieri
Dott. Barbieri,
RispondiEliminalimitarsi a una battuta per difendere Sai Baba o fare appello all'argomento di autorità mi sembra francamente un po' pochino. Stando così le cose ognuno è libero a questo proposito di pensarla come vuole. Pertanto, superficiale non è Gorlani che pensa scrive ed argomenta con la massima bonomia e saggezza, ma chi come Lei Dr. Barbieri pensa di potersela cavare con un puro atto di fede. Atto di fede che, tra l'altro, contraddice vistosamente quel "dr." anteposto al Suo nome e di cui, vista la Sua posizione fideista, non dovrebbe avere alcun bisogno.
Mi scuso per la franchezza e la saluto cordialmente.
Definire qualcuno o la grandezza di qualcuno non è facile, sia se lo si frequenta sia se non lo si faccia. E oggi, come in passato è facile che si sviluppino, accanto a certe figure, delle situazioni che possono lasciare perplessi quei ricercatori la cui interiorizzazione e raccoglimento sono poco compatibili con caos e turismo. L'ho conosciuto e posso dire che mi ha accompagnato sin dall'adolescenza, una presenza costante, al più silenziosa, mai invadente anzi spesso protettiva, che mi ha indirizzato sia nelle scelte di vita che in quelle interiori più preziose. La mia famiglia l'ha incontrato più volte l'anno a partire dagli anni settanta, quando a Prashanti gli occidentali erano pochi e l'estate spesso lo seguiva fino a Kodaikanal, talvolta ospite a casa sua. Ricordo i primi Italiani, figure poi divenute storiche fra i suoi devoti, ma ricordo anche come man mano che le folle crescevano il degrado delle stesse crescesse di pari passo. Esse rappresentavano uno spaccato della società del tempo. Sathya Sai Baba era una figura affascinante per gli stimoli che suscitava. Personalmente non amavo il clamore che man mano montava, perché toglieva la possibilità di colloquio, il potergli parlare ogni giorno, la giocosità dei nostri incontri, ma mi rendo conto che si è trattato solo del mio egoismo, che avrebbe voluto protrarre indefinitamente quei momenti di confidenza così rari nel rapporto con l'Assoluto. Già, Assoluto. Troppe volte ne ho visto le prove, interiori ed esteriori, la presenza, la contingenza fattiva, a migliaia di km di distanza, o a pochi passi, quando si girava e con faccia sorniona ti raccontava del tuo sogno di tre notti prima o di quando aveva spostato la cornice della sua fotografia a casa tua perché non gli piaceva come l'avevi messa. Però mi rendo conto che sono state situazioni privilegiate, come concordo che non sia stato un guru o un Maestro in senso tradizionale, un Avatar non è preclusione, non è dedicato ai pochi, ma ai molti e i molti si sono indirizzati a Lui per essere "accesi" al fuoco del Divino, della Conoscenza, dell'Azione, insieme ai tanti che invece lo hanno colto come un'occasione di vacanza o semplicemente di curiosità.
RispondiEliminaCerto, a volerlo giudicare dalla massa che ne ha colto solo gli aspetti superficiali o coloro che ne hanno avuto una stimolazione emotiva, l'immagine non sembra esaltante. Ma il fatto è che chi lo ha conosciuto e ne ha ricavato un momento di crescita, di interiorizzazione, di ausilio cognitivo, di stimolo anche devozionale, non necessariamente si è messo a far "cagnara" e pubblicare libri su libri pieni di proprie speculazioni o sentimenti o emotività. Anzi, alcuni che conosco, che ho conosciuto, i più anziani dei quali hanno già lasciato il corpo, quelli che riconosceva come venuti ad accompagnarlo nella missione di questa vita, costoro hanno operato in silenzio, con pudore, perché una grazia di questo genere, la consapevolezza dell'Avatara, la sua vicinanza, nonché la condivisione del dharma, sono eventi rari da incarnare adeguatamente e da non sporcare appendendoli al balcone agli occhi del vento e della pioggia sporca. Raccontava di essere venuto per l'India, l'Occidente non era una sua priorità, e ad essa si è dedicato.
(continua)
(Continua dal commento precedente)
RispondiEliminaTi disturba lo sfarzo? Lo capisco, disturbava noi tutti, perché ci privava del contatto diretto con chi per taluni di noi era il vero e proprio Maestro a cui avevamo accesso diretto, esteriore e, poi, anche interiore quando la maturità coscienziale si innalzò oltre le barriere dello spazio e del tempo. Però lo sfarzo era solo esteriore, i doni usati solo il tempo necessario per soddisfare il bisogno di appagamento di chi li donava, poi venivano venduti e il ricavato destinato all'ospedale o alle tante scuole quando si era agli inizi, ai villaggi verso la fine, ma quanto delle scuole, dell'ospedale, dei suoi progetti si sarebbe realizzato senza quelle folle?
Era una persona distaccata, che non amava il lusso, parco nelle abitudini, chi ha mangiato alla sua tavola ti saprà dire come il suo pasto fosse frugale, mangiava pochissimo, e anche se poteva sembrare non magro, era scarno. Quando lo abbracciavi ti rendevi conto che era uno scricciolo, e che in realtà a farlo sembrare più grasso erano i giri di tessuto che i devoti gli avvolgevano attorno sotto il vestito. Se tu avessi visto le canottiere lacere e consunte che usava o seduto alla sua tavola, avresti anche tu un'altra idea su di lui. Ma so di essere un privilegiato, pertanto rimango far coloro che tacciono in un senso e parlano in altri. Mi ha dato dei compiti e li porto avanti senza clamore, senza suono di fanfare, parallelamente alla crescita interiore. D'altra parte diceva che eravamo "noi" il suo vero messaggio, che era disceso anche per portare "noi". Non certo le sue parole, che proprio perché ecumeniche le possiamo trovare nei diversi cammini e religioni del mondo, esistenti da secoli se non millenni; ha mostrato l'unità attraverso tutti i culti con rara competenza. No. È quel noi che trovo rilevante. Noi, piccoli, con le nostre piccolezze, con la volontà di crescere, nella devozione o nella conoscenza, trasformando noi stessi, attraverso il servizio disinteressato, un noi così ampio: me, te e tutti coloro che si impegnano spassionatamente, in ogni campo, con dedizione, senza fanatismi, con spirito di servizio, disinteressatamente, senza favoritismi, ogni giorno, sempre. Quale che sia il culto, la religione, la razza, la casta, la filosofia, saprai riconoscere il devoto, il servo del Divino, colui che lo serve ciecamente senza servire invece il suo ego, in coloro che fanno la Sua volontà e non la propria, che cancellano ogni idea di io e mio, per portare avanti il Suo dharma. Perché uno, fra i suoi insegnamenti, ho cercato sempre di praticare, il vedere il Divino in ogni forma, in ogni corpo, in ogni persona, in ogni animale, in ogni cosa. Partecipando al mondo e usando le cose del mondo, consapevole che ogni vita è sacra, ed è sempre stato il Divino ad incarnarsi in Sai Baba, nel Buddha, nel Cristo, in ogni santo, in ogni sadhu. Certe volte nella piena consapevolezza, altre con consapevolezze parziali, ma comunque tutti esseri divini. Tutto questo per dirti di non diffidare troppo di Sathya Sai Baba per il clamore dei giovani cuccioli, è il silenzio dei cuccioli cresciuti da cercare: è stata una buona Madre.
Ti porgo un sorriso, anche se le nostre strade sembrano lontane ti ricordo con gioia, e colgo l'occasione per ringraziarti dell'opera che porti avanti con tanta dedizione e impegno.
Un devoto Sai.
Gentile Amico, grazie della Sua testimonianza che chiarisce se non altro la posizione di un "devoto Sai" e aggiunge elementi di conoscenza "storica" senz'altro utili. Ammirare, stimare e amare una persona non è un delitto, anzi. Mi sembra poi che Lei abbia capito bene le nostre buone intenzioni. Dispiace che altri invece abbiano reagito male e si siano sentiti offesi e vilipesi. Per noi si trattava solo di esprimere il nostro punto di vista su una figura religiosa "pubblica" e ben conosciuta anche in Occidente. Speriamo solo di averlo fatto in verità e giustizia. Un cordiale saluto
RispondiEliminaCaro Devoto di Sai,
RispondiEliminaho letto con attenzione e piacere le tue riflessioni. Finalmente qualcuno che parla di Sai Baba con cognizione di causa, con sincerità e senza isterismi. Ciò apre senz’altro una prospettiva favorevole su questa discussa personalità religiosa. Nel sovvertito mondo post-moderno, laidato oltre l’immaginabile, è diventato di cruciale importanza saper discernere l’autenticamente religioso e spirituale dalle sue parodie.
Le vie di quelli che anelano con animo schietto al Bene ultimo non sono mai davvero distanti.
Un cordiale saluto,
Giuseppe Gorlani