17/04/11

I Dogon a Parigi

Cavaliere, cultura N'duleri, XVI-XVII sec.

I Dogon sono al centro della mostra che si apre il 5 aprile nella Galerie Jardin, lo spazio «nobile» del Musée du quai Branly di Parigi e che resterà aperta fino al 24 luglio. Mostrando un notevole coraggio, la direzione del museo ha affidato la curatela dell’esposizione a Hélène Leloup, una gallerista che, pur essendo estranea al mondo accademico, è generalmente considerata la massima autorità su questa popolazione. La mostra affronta una delle etnie più famose dell’Africa, entrata nel gotha dell’etnografia prima grazie alle ricerche di Marcel Griaule e poi grazie a una produzione artistica, soprattutto sculture, di altissimo livello. Sono esposte circa 330 opere provenienti da collezioni e musei di tutto il mondo in un percorso articolato in una parte introduttiva, che affronta l’origine e la storia dei Dogon, e in tre grandi sezioni tematiche: l’arte, l’«immaginario antropologico» e il collezionismo. Nella prima, che presenta 133 opere di altissimo livello, si esplorano i rapporti tra i Dogon e le popolazioni che li avevano preceduti nella Falesia di Bandiagara e si offre il repertorio completo degli stili Dogon. Segue la sezione forse più intrigante dal punto di vista scientifico, quella in cui a partire da una decina di pitture rupestri e da 35 maschere, si prendono in esame le ricerche che hanno reso celebre questa popolazione ma che negli anni Novanta sono state messe in discussione da alcuni antropologi che hanno accusato Griaule di avere alquanto romanzato i racconti del suo informante. Conclude il percorso un affascinante allestimento dove 140 opere parlano dei miti delle origini e dove dieci pilastri delle Toguna, le «case per le parole» in cui i Dogon si siedono per discutere i problemi della comunità, formano un viale che porta alla grande statua Djennenké (un’opera pre-Dogon datata tra il X e l’XI secolo), uno dei capolavori e delle icone del museo.

di Antonio Aimi, da Il Giornale dell'Arte numero 308, aprile 2011

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