15/10/08

Portando Clausewitz all´estremo

Nel giugno del 1807, in una rivista patriottica stampata a Königsberg, dove la corte prussiana si era rifugiata per sottrarsi all´avanzata napoleonica, Fichte, il filosofo della nazione tedesca, pubblicò un sorprendente saggio: Su Machiavelli, con una scelta di brani da lui stesso tradotti. Il grande fiorentino veniva riabilitato come maestro di realismo politico da cui la Prussia poteva trarre insegnamento per resistere all´invasore francese.
Nel trambusto della guerra, quel testo passò inosservato. Non sfuggì però all´attenzione di due acuti osservatori: Napoleone stesso, che da Milano emanò un editto con cui proibiva la rivista; e Carl von Clausewitz, allora sconosciuto, che scrisse una lettera anonima a Fichte in cui, presentandosi come «profondo conoscitore dell´arte della guerra», si dichiarava d´accordo con la riabilitazione fichtiana del fiorentino, ma si permetteva alcune osservazioni. Data la crescente importanza dell´artiglieria, che schiacciava la fanteria, esaltata invece da Machiavelli come anima dell´esercito, Clausewitz teorizzava la necessità di rinnovare l´arte della guerra e di alimentarla con un «nuovo spirito». Cioè con il diritto alla «resistenza a oltranza» contro l´invasore, passando dalla guerra duello tra Stati, circoscritta e regolamentata, a una guerra senza limiti, assoluta, totale. E´ la Magna Charta del partigiano, cioè del terrorista - come coglie acutamente Carl Schmitt nella Teoria del partigiano (Adelphi).Con una zampata da vecchio leone, René Girard mette mano nel suo ultimo libro, Portando Clausewitz all´estremo (Adelphi, pagg. 360, euro 28), a questo nervo delicato dell´antropologia negativa: la tendenza alla violenza insita nella natura umana. E dunque vero che «la guerra è la semplice continuazione della politica con altri mezzi». Ma, come la storia ha dimostrato in abbondanza, vale anche l´inversa: «La politica è la continuazione della guerra con altri mezzi».Questa è per Girard la vera novità di Clausewitz: la politica, ben lungi dal contenere la guerra, la insegue - secondo la logica della conflittualità violenta. Con Clausewitz «è cominciata l´apocalisse»: perché la violenza, sfuggita al controllo, minaccia oggi l´intero pianeta. In tal senso Clausewitz è un acceleratore della storia. Pensare fino in fondo le sue tesi, «portarle all´estremo», significa mettere a nudo il meccanismo della violenza. Rassicurare, in tale situazione, sarebbe contribuire al peggio. Girard preferisce sferzare la coscienza addormentata dell´uomo contemporaneo.

(Autore: Franco Volpi; fonte: La Repubblica del 14/10/2008)

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