17/12/10

Pietro Barcellona: incontro con Gesù

Qualcuno dirà che è il libro della conversione dell'intellettuale comunista. In realtà, Pietro Barcellona nel volume che arriva in questi giorni in libreria ("Incontro con Gesù", Marietti) racconta di una lotta che ancora non è finita. Una lotta per non arrendersi all'insignificanza, al deperimento delle cose e della realtà. Una lotta che lo ha portato, giovane, ad abbandonare la Chiesa, poi ad abbracciare il Partito comunista, quindi a confrontarsi con il nichilismo e, da ultimo, a riprendere in esame l'ineludibile questione di Dio e la persona di Gesù. Ci troviamo di fronte, dunque, alla ricerca di un uomo che non smette mai di interrogarsi sul perché delle cose e della vita, e che in forza di questa esigenza naturale ha sondato, con tutta la propria ragione e affettività, le risposte che la realtà gli offriva. Da ultimo, s'è messo sulle orme di Gesù, compiendo persino un viaggio-pellegrinaggio in Terrasanta. «Sono un materialista, ma non nel senso marxiano», dice di sé Barcellona. Nelle scelte fondamentali della vita, infatti, egli ritiene che non contino le teorie, ma l'esperienza, che implica insieme intelletto e affezione. Per questa via, Pietro Barcellona, filosofo del diritto, già parlamentare Pci e membro laico del Csm, nella maturità dell'esistenza ha conservato viva più che mai la sua domanda fondamentale, arrivando a intuire una possibile risposta.
Eccoci, dunque, al cuore del suo ultimo libro...
«Quello che mi interessa, mi inquieta e mi ha condotto a queste riflessioni attuali è la figura concreta di Gesù: un Uomo che è Figlio di Dio. Mi sembra la assoluta novità del Cristianesimo, anche perché Gesù Cristo non si può pensare come dottrina e quindi come una teoria. Cristo non è una teoria. E' un'incarnazione. E se è un'incarnazione non può non essere una presenza. La teoria può essere stampata e trasmessa. La presenza deve essere percepita».
Anche rispetto a Gesù s'è operata una riduzione, tenendolo come un grande personaggio, ma del passato.
«Il Cristianesimo è vissuto oggi in termini - si potrebbe dire - ebraici. Come una cosa che è accaduta in passato e che deve ancora accadere in futuro. La pienezza del tempo della vita di Gesù come attualità di una risposta a questa presenza, non è vissuto in questo mondo. Spesso nella Chiesa si chiede di prendere i Vangeli come un testo dottrinario, rinviando sempre a un futuro evento del ritorno il momento in cui ci sarà la resa dei conti. Questa visione secondo me è distorcente.
A differenza dell'idea di Dio, che può essere in qualche modo il risultato dell'attività della ragione, io penso che con Gesù non si può avere un rapporto filosofico. E' come se volessi trasformare l'amicizia in un insieme di regole per conquistarmi la simpatia di una persona. Le regole faranno un trattatello sull'amicizia, ma non faranno l'amicizia. Essa nasce quando accade quello che accade. Un po' come l'amore. Il terreno su cui avviene l'incontro con Gesù non è un terreno filosofico, è un terreno che ha a che vedere con la contemporaneità, con la presenza attuale. Questa non è cosa né semplice, né garantita per sempre. Tu devi cercare questa presenza. Perché questo incontro si produca e si ripeta tu ti devi mettere in mezzo alla strada perché se ti chiudi nelle tue certezze fai un'operazione di staticità incompatibile con questo movimento di Gesù. Gesù è un movimento continuo di incarnazione. Il Verbo che si fa carne nella realtà quotidiana, se lo fossilizzi ti vengono di nuovo i dubbi, perdi il contatto».

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