"II Hutuktu di Narabacì, quando gli feci visita nel suo monastero, mi fece questo racconto: «Quando il Re del Mondo apparve ai Lama, favoriti da Dio, in questo monastero, fece una profezia per il mezzo secolo che cominciava allora. La profezia diceva: "Gli uomini dimenticheranno sempre più l’anima per occuparsi de{ corpo. I più grandi peccati e la corruzione regneranno sulla terra. Gli uomini diverranno come belve feroci, assetate del sangue e della morte dei loro fratelli. La Mezza Luna si offuscherà e i suoi seguaci cadranno in povertà e guerra senza fine. I suoi vincitori saranno colpiti dal Sole ma non si innalzeranno, e per due volte saranno visitati dalle sventure più gravi, che termineranno in insulti al cospetto degli altri popoli. Cadranno le corone dei re, grandi e piccoli …. una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto.
Ci sarà una guerra terribile fra tutti i popoli. I mari si vedranno colorati in rosso… le terre ed il fondo del mare si copriranno d’ossa… i regni andranno in frantumi… intere popolazioni morranno… fame, peste, delitti sconosciuti alle leggi, mai più visti al mondo. I nemici di Dio e dello spirito divino nell’uomo verranno. Coloro che prendono la mano di un altro periranno pure. I dimenticati, i perseguitati si leveranno, e richiameranno l’attenzione del mondo intero. Vi sarà nebbia e tempesta. Montagne nude si copriranno d’un tratto di foreste. Verranno terremoti. Milioni di uomini muteranno le catene della schiavitù e dell’umiliazione in quelle della fame, della peste e della morte. Le antiche strade si ricopriranno di popoli vaganti da un paese all’altro. Le città più nobili periranno nel fuoco… una, due, tre,… Il padre sorgerà contro il figlio, il fratello contro il fratello, la madre contro la figlia…
Il vizio, il delitto, la distruzione del corpo e dell’anima seguiranno… La fedeltà e l’amore scompariranno… Di diecimila uomini uno solo sopravviverà, sarà nudo e demente e senza forza, né arte per costruirsi una casa e procacciarsi da vivere… Ululerà come il lupo furente, divorerà cadaveri, mangerà la sua propria carne e sfiderà a battaglia Iddio… Tutta la terra si vuoterà. Dio le volterà le spalle, e non vi sarà che la notte e la morte. Allora io manderó un popolo, ancora sconosciuto, che con mano forte strapperà le erbe cattive della follia e del vizio e condurrà coloro che ancora rimarranno fedeli allo spirito dell’uomo, alla battaglia contro il male. Essi ritroveranno una vita nuova sulla terra purificata dalla morte delle nazioni. Nel cinquantesimo anno solo tre grandi regni ci saranno, che vivranno felici settantuno anni. Poi vi saranno diciotto anni di guerra e distruzione. Infine i popoli di Agharti saliranno dalle caverne sotterranee alla superficie della terra "
30/12/07
Buon 2008
24/12/07
20/12/07
Padre Vannucci: Il canto dell’allodola
L’inedito carteggio tra Sorella Maria e padre Vannucci le tracce di una profonda avventura spirituale del nostro tempo.
Fedeltà allo spirito e novità di forme era il desiderio che abitava alcuni uomini e donne di Dio nella chiesa della prima metà del secolo scorso: pochi di numero, poveri per scelta, ma ricchi di quella audacia evangelica che viene dall’assiduità con la Parola, dal sapersi totalmente nelle mani di Dio, dall’offrirsi nella gratuità e nella semplicità ai disegni dell’Altissimo... È qui raccolta la corrispondenza, finora inedita, tra due dei testimoni più luminosi di quella stagione: Giovanni M. Vannucci, frate servita raccolto nel suo eremo delle Stinche, e sorella Maria di Campello, la Minore, “allodola” dall’incessante canto di lode. Un unico afflato spirituale che attraversa gli anni dal 1947 al 1961, dall’immediato dopoguerra fino alla vigilia del concilio, quella “novella Pentecoste” annunciata nel gennaio del 1959 da Giovanni XXIII e così a lungo desiderata dai cristiani e da tutti “gli uomini di buona volontà”. E “delle gioie e delle speranze, delle tristezze e delle angosce” di quegli anni è voce pacata e pacificante: “voce di silenzio trattenuto” di cui abbiamo ancora oggi tanto bisogno.
(Il canto dell’allodola, 2007, Edizioni Qiqajon, dalla “Prefazione” di fr. Enzo Bianchi, priore di Bose)
15/12/07
Del Noce: Interpretazione transpolitica della storia contemporanea
Del Noce contesta la lettura della storia «come processo verso la radicale immanenza », come «liberazione totale dalla mentalità mitica»; una 'liberazione' che, secondo una lettura tanto anticipatrice da sembrare profetica, secondo il filosofo si richiudeva in una nuova schiavitù: la tecnocrazia. Che non è, come ancor oggi si sostiene, figlia della scienza, ma del razionalismo ateo che riduce ogni cosa all’umano. Del modernismo occorre liberarsi, argomenta, come di un ulteriore dogmatismo che idolatra l’uomo e la sua ragione, rigettando ogni riferimento al trascendente e glorificando la scienza. Smontandolo, il cattolico Del Noce smonta però anche quello che, per secoli, è stato uno dei cavalli di battaglia della storiografia filosofica cattolica: l’antimodernismo. «Il moderno e l’antimoderno sono in certa guisa veramente gemelli », scrive. Il filosofo contesta l’atteggiamento dominante della filosofia della storia cattolica dell’Ottocento, «che vedeva la storia del pensiero moderno come un processo unitario verso la catastrofe». Al posto di un simile atteggiamento antimoderno, troppo appiattito su una certa idea di modernità, ne propone uno innovativo; l’antimoderno come «storia di un processo di oblio dell’essere che prende inizio con Platone e coinvolge il cristianesimo stesso ». Ribaltando i luoghi comuni della filosofia, Del Noce indica in Nietzsche il capostipite di questa nuova antimodernità; ovviamente «non in quanto teorico del superuomo, ma piuttosto come il disvelatore della volontà di potenza quale anima del pensiero occidentale ». Già nel problematico filosofo tedesco, dunque, è possibile rintracciare strumenti utili per ricacciare le pretese di una scienza che, ben lungi dall’essere «gaia», tende – in un processo che oggi sta deflagrando sotto i nostri occhi – a porsi come dogma assoluto e intoccabile, forte di una razionalità che si pretende di assumere come unico criterio di valutazione non soltanto dell’utile o del vero, ma anche del bene e del male.
Del Noce non accetta di piegarsi al diktat, e propone una linea che vada «al di là della posizione modernista come dell’antimodernista ». Il filosofo scriveva negli anni in cui l’ondata secolarista pareva a molti osservatori come destinata a travolgere ogni resistenza, fino ad arrivare a imporre le proprie verità 'razionali' come misura di tutte le cose; eppure Del Noce non solo non si rassegnava a un simile epilogo, ma anzi metteva in guardia contro i suoi prematuri esaltatori: «Se pur può sembrare oggi che lo spirito secolaristico abbia raggiunto la massima diffusione, così da far pensare allo schiudersi di una nuova era [...], dal punto di vista filosofico ci si può domandare se non si assista a un rovesciamento per cui l’idea di modernità sveli il suo aspetto dommatico ». Allora pioniere, oggi Del Noce ci appare come un lungimirante premonitore di un dato di fatto incontrovertibile: l’imporsi di una credenza nell’infallibilità della ragione e della scienza. Il filosofo cattolico la mette ancora in termini dubitativi: dobbiamo chiederci, argomenta, se «l’esigenza critica non possa formularsi che contro questo dommatismo razionalista. Se, dunque, il dommatismo non sia rappresentato oggi dal pensiero razionalistico: questa mi sembra la domanda che il pensiero filosofico pone oggi». A trent’anni da quegli scritti, non possiamo che sconsolatamente confermare.
(Autore: Edoardo Castagna)
Augusto Del Noce
MODERNITÀ
Interpretazione transpolitica della storia contemporanea
Morcelliana. Pagine 84. Euro 8,00.
12/12/07
Eurasia
11/12/07
Pax Mediterranea a Trieste
ore 17.30
Durante l'incontro verrà presentato il libro 'L'alternativa mediterranea' di Danilo Zolo e Franco Cassano, ed. Feltrinelli
Interverranno:
Tiberio Graziani (direttore di "Eurasia. Rivista di studi geopolitici"); Enrico Galoppini (esperto del mondo arabo-islamico, redattore di "Eurasia").
(per informazioni: stradedeuropa@hotmail.it)
L'evento si svolge con il contributo dell'Università degli Studi di Trieste, con il patrocinio del Coordinamento Progetto Eurasia (www.cpeurasia.org) e rientra nell'ambito del ciclo di seminari 2007/2008 di 'Eurasia. Rivista di studi geopolitici'
(www.eurasia-rivista.org - direzione@eurasia-rivista.org )
Fonte: Alberto Rosselli
10/12/07
Il tempo liturgico dell'Avvento
Diffondiamo:
VENERDI 14 DICEMBRE, ORE 20.30
Verona, Auditorium Fondazione G. Toniolo, Via Dogana 2/a
Vittorino Andreoli è uno fra i più autorevoli studiosi italiani della psiche ed è autore di libri di grande successo. I suoi saggi sono da sempre un imprescindibile punto di riferimento per capire i giovani, il disagio, la malattia, la società, ma anche per interpretare la realtà nei suoi aspetti creativi, familiari, gioiosi.
Fonte:
Carmelo Ferlito, Ph.D. ( www.carmeloferlito.it)
Direttore Operativo
Arsenale Editore srl
Via Ca' Nova Zampieri, 29
I-37057 San Giovanni Lupatoto (VR)
E-mail carmelo.ferlito@arsenale.it
Centralino +39-045-548923
Fax +39-045-549177
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Cultore della Materia Storia Economica, Storia della Moneta e della Banca, Storia dell'Industria, Storia delle Imprese
Dipartimento di Economie Società Istituzioni - Sezione di Storia Economica e Sociale
Università degli Studi di Verona
Lungadige Porta Vittoria, 41
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08/12/07
07/12/07
Un estratto del «Testamento» di Pavel Florenskij
"Figlioli miei carissimi... abituatevi, imparate a fare tutto quel che fate con passione, ad avere il gusto del bello, dell’ordine; non disperdetevi, non fate niente senza gusto, a qualche maniera. Ricordatevi che, nel 'pressapochismo' si può perdere tutta la vita, e al contrario, nel compiere in maniera ordinata, armoniosa, anche cose e opere di secondaria importanza si possono fare tante scoperte, che poi vi serviranno come sorgenti profondissime di nuova creatività... E non solo. Chi fa 'a qualche maniera', impara a parlare nel- lo stesso modo, e la parola trascurata implica poi di conseguenza anche un pensiero confuso. Figlioli miei carissimi, non permettete a voi stessi di pensare in maniera trascurata. Il pensiero è un dono di Dio, richiede che ce ne prendiamo cura. Essere chiari e responsabili nel proprio pensiero è il pegno della libertà spirituale e della gioia del pensiero.
Era tanto che volevo scrivervelo: guardate più spesso le stelle. Quando provate dolore nell’anima, guardate le stelle oppure l’azzurro del cielo. Quando vi sentite tristi, quando qualcuno vi offende, quando non vi riesce qualcosa oppure vi sopraffà la tempesta interiore, uscite fuori e rimanete a tu per tu con il cielo. E allora la vostra anima si placherà.
Non rattristatevi e non datevi pena per me. Se sarete lieti e coraggiosi, ne sarò confortato anch’io. Sarò sempre con voi nell’anima, e se il Signore lo permetterà verrò a voi di frequente per vegliare su di voi. La cosa più importante che vi chiedo è che facciate sempre memoria del Signore e camminiate al Suo cospetto. Con questo, vi ho detto tutto quello che ero in grado di dirvi. Il resto non sono che particolari secondari. Ma questo non dimenticatevelo mai".
(Fonte: «La nuova Europa», n. 6/2007)
06/12/07
There Is a God
Antony Flew, 84 anni, filosofo della scienza di Oxford, autore di saggi in cui per decenni ha propugnato il più ferreo ateismo intellettuale, ha ammesso di aver 'capitolato' di fronte all’evidenza e di credere in una Divinità. There Is a God è il titolo del volume scritto a quattro mani insieme a Roy Abraham Varghese, il pensatore cattolico i cui libri furono per il cattedratico oxfordiano il punto di partenza, già nel 2004, per una rivisitazione dei propri enunciati. Fu appunto 3 anni orsono che Flew affermò per la prima volta di non credere più come un tempo al fatto che Dio non esistesse. Si trattò allora della prima scalfittura del proprio pensiero espresso nel monumentale God and Philosophy del 1966, più volte riedito. Ora, con There Is a God, Flew com- pie l’abiura completa del suo passato ateismo scientifico.
Nel testo appena uscito negli Stati Uniti per Harper Collins, il filosofo britannico dà conto del modo in cui sia arrivato a quella fede che egli definisce 'deistica', come ha dichiarato in un’intervista per la rivista To The Source. In questo iter intellettuale, asserisce l’autore, «ci sono stati due fattori decisivi. Il primo, la mia crescente empatia verso lo sguardo di Einstein e altri noti scienziati secondo i quali ci deve essere stata un’Intelligenza dietro la complessità integrata dell’universo fisico».
In seconda battuta, a convincere l’ex ateo di Oxford ci ha pensato «il mio sguardo personale che ha integrato questa medesima complessità. Credo che l’origine della vita e la riproduzione non possono essere semplicemente spiegate da un punto di vista biologico, nonostante i numerosi tentativi che sono stati fatti in questo senso».
Per Flew non è valida l’equazione che 'più scienza' vorrebbe dire 'meno fede' in un Principio originante la vita: «Mentre facciamo sempre più scoperte sulla ricchezza e l’intelligenza della vita, pare sempre meno plausibile che un brodo chimico abbia potuto generare in maniera magica il codice genetico. Penso che le origini delle leggi della natura e della vita, nonché quelle dell’universo, portano chiaramente verso una Sorgente intelligente».
Ma è soprattutto il procedimento intellettuale di Flew - lo anticipa il sottotitolo di There Is a God, ossia 'Come il più famoso ateo del mondo ha cambiato idea' - che merita di essere approfondito: è stata 'l’evidenza' del Creatore del cosmo a 'condurre' il pensatore bri- tannico ad affermarne l’esistenza: «Non ho sentito nessuna voce. È stata la stessa evidenza che mi ha condotto a questa conclusione». Quella, cioè, di «essere un deista» il quale crede «che Dio è una persona ma non un soggetto con cui si può avere una discussione. È l’essere eterno, il Creatore dell’universo. Accetto il Dio di Aristotele » la sua lapidaria ammissione.
C’è poi una postilla, nel ragionamento di Flew, che merita una segnalazione: sebbene affermi che questo libro rappresenti il suo 'testamento', annota: «Non accetto nessun tipo di rilevazione divina sebbene sarei felice di studiarne un’attestazione». Ed è alla fede cristiana che l’ex negatore di Dio assegna il maggior credito di fiducia: «Sto continuando a studiare il cristianesimo ».
Nell’intervista rilasciata a Benjamin Wiker, Flew stigmatizza poi l’ateismo dogmatico di Richard Dawkins. Rifacendosi alle recenti critiche del filosofo agnostico Anthony Kenny, afferma che l’autore de La delusione di Dio ha «mancato nell’affrontare tre principali argomenti quando ha argomentato razionalmente la questione di Dio. Sono proprio gli stessi temi che mi hanno portato ad accettare l’esistenza di un Dio: le leggi della natura, la vita con la sua organizzazione teleologica e l’esistenza dell’Universo ». Non solo: Flew bolla come «sforzo comico» la modalità con cui Dawkins ha provato a spiegare l’origine della vita, parlando di «occasione fortunata»: «Se questo è il miglior argomento che si può avere su questo tema - è stato il giudizio sferzante dell’ottuagenario di Oxford - la questione è chiusa». Ma per l’ex ateo di Oxford la vicenda- Dio si è appena aperta.
Lo studioso polemizza anche con Richard Dawkins e con i suoi attacchi a ogni ipotesi di Creazione: «È uno sforzo comico»
(Autore: Lorenzo Fazzini)
04/12/07
Avvento
Rilanciamo volentieri quanto ci scrive Mario Bozzi Sentieri:
Se non si rispettano i tempi giusti, le feste perdono parte del proprio significato, essendo un momento che si ripete ogni anno interrompendo il flusso ordinario dei giorni. Ma se ciò è vero per tutte le feste sacre del calendario, è ancora più vero per il Natale che è da sempre la più sentita e la più popolare delle feste cristiane.
Ormai, purtroppo, il ciclo del Natale viene allungato a dismisura, sovrapponendo l’affarismo al significato sacro della festa.
Ci stanno trasformando in un popolo di consumatori al quale si propone il panettone subito dopo le ferie estive quando, invece, fino a non molto tempo fa, l’inizio dei festeggiamenti natalizi avveniva l’8 di dicembre e solo con l’Immacolata, quindi, si sentiva l’atmosfera natalizia.
Atmosfere festive che si sovrappongono, tempi annullati dalla fretta di fare affari, logiche di mercato che massificano i prodotti: il mancato rispetto dei tempi sacri e di quelli profani ci espone all’incapacità di trasmettere alle generazioni successive il vero significato di feste che da secoli vengono celebrate in Italia. Invertire la tedenza non è impossibile. La prima "rivoluzione" è quella individuale e familiare. Ritrovare il senso del Sacro, riviverne i segni, prendere consapevolezza della Tradzione europea, è la prima essenziale battaglia metapolitica. Basta provarci. Basta crederci...
Mario Bozzi Sentieri
LA STORIA DEL PRESEPE
Le origini del Presepe sono sicuramente cristiane e risalgono ad una tradizione del II secolo dopo Cristo, di commemorare la nascita di Gesù nella grotta di Betlemme, nella quale si credeva che egli fosse nato. Nel Vangelo di San Luca si racconta che la Madonna, dopo aver partorito, avvolse il piccolo nelle fasce e lo mise in un "praesepe", cioè in una mangiatoia, il che farebbe pensare ad una stalla. Nei Vangeli Apocrifi si parla invece di una grotta e compaiono un bue e un asinello, messi accanto al bambino per riscaldarlo col loro fiato.
La rappresentazione simbolica della nascita di Cristo ebbe un grande successo popolare. I monacicistercensi furono i più accaniti fautori del Presepe, perché sostenevano l'importanza di far conoscere bene alla gente tutte le fasi della vita di Gesù.L'invenzione del Presepe come noi lo conosciamo è invece attribuita a san Francesco. Ne abbiamo appreso i particolari dalla biografia del santo, scritta da Tommaso da Celano. Egli racconta che due settimane prima del Natale 1223 san Francesco si accordò con Giovanni Velita, signore di Greccio, per celebrare lì il Natale, per far vedere a tutti i disagi che Gesù aveva accettato alla nascita.
Velita, anziano e terribilmente grasso, non amando molto camminare chiese di fare la rappresentazione a poca distanza dal suo castello, non più lontano della gettata di un tizzone da parte di un fanciullo. Inaspettatamente, il tizzone volò ad una distanza di oltre un miglio ed incendiò un bosco, cadendo poi sulle rocce: qui venne allestito il primo Presepio.Alcune città fecero del Presepio una vera arte, come Bergamo e Napoli, dove l'abilità degli artigiani ha fattonascere composizioni bellissime. Anche oggi ci sono artisti che costruiscono Presepi in vari stili, riproducendo Natività ambientate in baite montane, spiagge, cascine della Bassa Padana, capanne africane, quartieri cittadini di ogni tempo e luogo, utilizzando i materiali più disparati, come sughero, legno, carta, cartone, polistirolo, terracotta, gusci di noci di cocco o quanto altro può ispirare la fantasia.Il Presepe, secondo la tradizione, deve essere fatto il giorno di san Nicola o di santa Lucia (di sant'Ambrogio a Milano), lasciando però la greppia vuota. Nella notte di Natale si aggiunge il bambinello nella greppia. Il Presepe si completa il 6 di gennaio, con l'arrivo dei tre Re Magi venuti dall'Oriente a portare doni di oro, incenso e mirra a colui che la stella cometa aveva indicato come "Luce del mondo".
Paola Mastrolilli e Devon Scott (Da www.specchiomagico.net)
PER SAPERNE DI PIU'
Un sito da visitare www.oroincensoemirra.it
Gabriele d'Annunzio - "Favole di Natale", Edizioni Solfanelli - Euro 7,00
Non c’è stato movimento letterario che D’Annunzio non abbia toccato o precorso, a cominciare dal verismo per finire con la prosa d’arte. E non si può neppure trascurare ciò che di romantico in senso nazional-popolare persiste in lui.
Il contatto con le tradizioni popolari e con la poesia dialettale, maestro Cesare De Titta, segna in modo indelebile gli esordi del D’Annunzio narratore, come testimoniano "Terra Vergine" e le "Novelle della Pescara", dove, al di là dell’impianto naturalistico, l’autore solidarizza intimamente con quell’immaginario collettivo svelato da Antonio De Nino e Gennaro Finamore nelle sue "Tradizioni popolari abruzzesi".
Rare volte questo D’Annunzio ha toccato le corde del fantastico o, per meglio dire, del meraviglioso puro, e perciò queste "Favole di Natale", tratte da "Parabole e novelle", edite nel 1916 dall’editore Bideri di Napoli, rappresentano un unicum nella sua produzione.
Se si fa eccezione per "Un albero in Russia", tutte le “favole” della raccolta attingono a quel patrimonio di fiabe popolari che dopo tanti anni e in un clima letterario tanto mutato furono sottratte all’oblio da Italo Calvino. Si tratta, in particolare, di leggende popolari abruzzesi o rielaborate in terra d’Abruzzi, alcune delle quali conosciute di prima mano.
Ma la trascrizione che ne fa D’Annunzio è una ri-creazione. Le sue “favole” recepiscono pienamente la vaghezza della fonte (orale) e sono nello stesso tempo inconfondibilmente dannunziane.
Mauro Mario, “Il Dio dell’Europa”, Edizioni Ares – Euro 13,00
Qual è il filo conduttore della storia europea? L’Europa risponde ancora al progetto dei padri fondatori? Perché, nonostante le bocciature della Costituzione, nessuno affronta con decisione i problemi cardine dell’identità del popolo europeo e delle sue aspirazioni? Quali sono gli spazi disponibili al protagonismo della società civile? Il Vecchio Continente, oggi, sembra non avere risposte, rincorrendo idoli e forgiando regole, alla prova dei fatti, incapaci di creare coesione.
L’Europa sarà cristiana o non sarà, diceva Robert Schuman, primo presidente del Parlamento europeo. E Mario Mauro, attuale vicepresidente, spiega la crisi del processo di integrazione e la mancanza di progetto politico, riconducendole al misconoscimento delle radici cristiane; Mauro cita Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e i non pochi intellettuali laici che temono l’apostasia dell’Europa, l’allontanamento, cioè, dalla propria storia e natura, dall’esperienza di dialogo e di convivenza tra gli uomini che ha dato cinquanta anni di pace, di sviluppo e di diritti.
L’Autore fa fronte a questo stallo assumendo una posizione politica che parte dalla realtà e in stretto confronto con la storia dimostra come la vita e l’identità dell’Europa siano plasmate dal cristianesimo e dal rapporto uomo-Dio. E, in coerenza con questo assunto, elabora proposte concrete da cui far ripartire l’Europa, e anche l’Italia, per un’unità duratura, fondata non sulla burocrazia e sul moltiplicarsi delle normative, ma sulle poche cose vere che ci tengono insieme (pp. 152).
Mauro Mario, Chiappa Elisabetta, “Piccolo dizionario delle radici cristiane d’Europa”, Edizioni Ares – Euro 15,00
L’Europa raccontata ai ragazzi: l’Unione Europea di oggi, l’Europa che è stata e che ha maturato attraverso i secoli una fisionomia precisa, l’Europa che sarà…
Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento europeo firma con la giovane autrice per bambini Elisabetta Chiappa questo volume tutto teso a far comprendere ai più piccoli il mondo e la civiltà in cui sono nati e in cui daranno da grandi il loro apporto.
Lo fa da un punto di vista preciso, manifestando il suo credo cristiano fin dal titolo, nella convinzione che l’identità civile e nazionale dell’Europa si fonda nelle radici culturali e religiose di una tradizione bimillenaria di storia; lo fa senza alcuna pretesa di dire o spiegare tutto, ma scegliendo, nella forma del dizionario illustrato, alcune parole chiave che aiutino a farci capire, in quanto europei, chi siamo veramente e da dove veniamo.
A questo scopo il volume è allegato Eurovia, il magnifico gioco della Bandiera Europea che propone una gara avvincente e istruttiva attraverso tutti i Paesi dell’Unione.
La prefazione è del presidente Francesco Cossiga, i disegni coloratissimi sono di Benedetto Chieffo (pp.72).
Roberto de Mattei, “La dittatura del relativismo”, Edizioni Solfanelli – Euro 9,00
Il grande dibattito del nostro tempo, secondo Roberto de Mattei, non è di natura politica od economica, ma culturale, morale e, in ultima analisi, religiosa. Si tratta del conflitto tra due visioni del mondo: quella di chi crede nell’esistenza di principi e di valori immutabili, iscritti da Dio nella natura dell’uomo, e quella di chi ritiene che nulla esista di stabile e di permanente, ma tutto sia relativo ai tempi, ai luoghi, alle circostanze. Se però non esistono valori assoluti e diritti oggettivi, la volontà di potenza dell’individuo e dei gruppi diventa l’unica legge della società e si costituisce quella che Benedetto XVI ha definito la “dittatura del relativismo”.
La denuncia della minaccia relativista è il filo conduttore di queste pagine, che raccolgono scritti e interventi dell’autore svolti tra il 2005 e il 2007. L’opposizione alla dittatura del relativismo, che oggi si esprime attraverso il terrorismo psicologico e la repressione giudiziaria, passa attraverso la riscoperta di quella legge naturale e divina che ha costituito il fondamento della Civiltà cristiana, formatasi nel Medioevo in Europa e da qui diffusasi nel mondo intero.
Il pensiero cui questo libro si ispira è quello della Philosophia perennis, integrata dal Magistero tradizionale della Chiesa, ma anche dall’insegnamento dei grandi autori contro-rivoluzionari cattolici dell’Ottocento e del Novecento, di cui l’autore è, in Italia, erede e continuatore.
Alain de Benoist, "Tradizioni d'Europa", Edzioni Controcorrente - Euro 30,00
«La tradizione non è il passato. La tradizione ha a che vedere con il passato né più né meno di quanto ha a che vedere col presente o col futuro. Si situa al di là del tempo. Non si riferisce a ciò che è antico, a ciò che è alle nostre spalle, bensì a ciò che è permanente, a ciò che ci sta “dentro”. Non è il contrario dell’innovazione, ma il quadro entro cui debbono compiersi le innovazioni per essere significative e durevoli».
Alain de Benoist
Con Tradizioni d’Europa, Alain de Benoist ci offre delle suggestive sintesi sull’origine e la storia delle grandi tradizioni popolari, in buona parte associate al ciclo delle stagioni, che, dalla notte dei tempi, hanno ritmato la vita degli uomini e delle comunità in Europa. Le tradizioni popolari erano legate all’esistenza del mondo contadino, con le sue comunità, i suoi modi di vita, i suoi ritmi di esistenza in armonia con le forze cosmiche. Conoscerle è necessario. Il mondo di domani, così diverso da quello che lo ha preceduto, darà vita a nuove tradizioni, a loro volta diverse da quelle che abbiamo conosciuto. Ma in questo campo, come in molti altri, non si può immaginare l’avvenire prescindendo dal passato. Tradizioni d’Europa è un libro che è possibile leggere tutto d’un fiato, ma anche aprire a caso e sfogliare liberamente. Ovunque, tra le parole e le immagini, si troveranno occasioni per conoscere, riflettere e sognare.
03/12/07
I Catari e il Graal
Nel 1182 o 83, Chrétien di Troyes scrive Perceval le Gallois o Il Racconto del Graal, su commissione del conte delle Fiandre, Filippo di Alsazia. Dopo il 1215, una seconda ondata offre altri due Seguiti e l’immenso corpus del Lancillotto-Graal che, sul piano del contenuto spirituale, culmina intorno al 1225 con La ricerca del Santo Graal. Il dato importante sta nel fatto che tutto il ciclo nasce e cresce contemporaneamente alla preparazione e lo svolgimento della crociata contro gli albigesi, cioè la lunga guerra suscitata dal papato romano per sradicare dalla regione della Linguadoca l’eresia catara. La domanda cruciale che sta alla base del lavoro dell’autore di questo interessante saggio storico è: perché il ciclo del Graal si è sviluppato proprio nel tempo in cui la Chiesa mobilitava le coscienze contro la grande eresia dualista del catarismo? Il libro cerca di rispondere a questo quesito con una grande attenzione alle fonti storiche e attraverso un linguaggio chiaro e accessibile.
Michel Roquebert, Gran Premio di Storia de l’Académie française, laureato presso l’Académiedes Jeux Floraxe diLanguedoc , è molto conosciuto in campo storico. Ha pubblicato per Perrin una monumentale storia del catarismo, dal 1970 al 1999:Les Catharism, de la chute de Montségure aux cerniere bmcher. Per San Paolo ha pubblicato: I Catari (29G5), 2003; San Domenico (92B45), 2005.
Islam e Cristianesimo
Riportiamo da: http://www.carmeloferlito.it/eventi_dettaglio.php?id=22
L'Unione Ex-allievi Don Bosco di Verona organizza la conferenza:
Islam e cristianesimo tra convivenza e confronto
Giovedì 6 Dicembre, ore 21.00, auditorium dell'Istituto Salesiano di Verona, via Provolo 16, Verona
Interverranno l'Avv. Abbondio Dal Bon e Don Giuseppe Ceriani, missionario in Kenya
Carmelo Ferlito, Ph.D. ( www.carmeloferlito.it)
Direttore Operativo
Arsenale Editore srl
Via Ca' Nova Zampieri, 29
I-37057 San Giovanni Lupatoto (VR)
E-mail carmelo.ferlito@arsenale.it
Centralino +39-045-548923
Fax +39-045-549177
Cell. +39-340-0645967
Cultore della Materia Storia Economica, Storia della Moneta e della Banca, Storia dell'Industria, Storia delle Imprese
Dipartimento di Economie Società Istituzioni - Sezione di Storia Economica e Sociale
Università degli Studi di Verona
Lungadige Porta Vittoria, 41
37129 Verona
E-mail carmelo.ferlito@gmail.com
Cell. +39-328-0320686
30/11/07
La Massoneria nel Continente nero
La massoneria nel Continente nero ha una storia che affonda le sue radici nel passato coloniale e che continua ancora oggi con una vitalità non trascurabile. Le relazioni tra le Grandi Logge europee e le loro sorelle nere, infatti, influenza gli equilibri del potere e del business in molti Paesi a nord e a sud del Sahara. La storia dei «fratelli della luce» africani ha inizio, ufficialmente, nel 1772, quando a Città del Capo, nel luogo dove ora sorge il parlamento sudafricano, fu fondata la prima Loggia del Continente. Dieci anni dopo, nel periodo in cui, in Europa, il precettore alla corte di Vienna Angelo Soliman, ex schiavo nero, veniva iniziato nella prestigiosa organizzazione massonica 'Zur Wahren Eintracht' e diventava il primo venerabile di origine africana nella storia della massoneria moderna, a SaintLouis, nell’attuale Senegal, nasceva la prima Loggia francofona del Continente, fondata dal Grande Oriente di Francia (Godf).
Paradossalmente, sul suolo africano si dovette attendere ancora parecchio tempo prima che aspiranti 'maestri' autoctoni fossero accolti nelle 'filiali' (in gergo tecnico 'obbedienze') delle corporazioni europee - non solo francesi ma anche inglesi, irlandesi e scozzesi - che si instaurarono via via in quasi tutto il Continente, dal Marocco, al Ghana, allo Zambia. Una penetrazione profonda che seppe inculturarsi nella tradizione locale delle confraternite e delle società segrete affascinate dall’esoterismo, accogliendo anche elementi, come ad esempio le sedute spiritiche, originariamente estranee ai rituali massonici.
Se nei confronti dell’abolizione della schiavitù e poi delle indipendenze dalle colonie l’atteggiamento delle Grandi Logge europee e americane non fu uniforme, è un fatto che nella transizione post-coloniale - fino ad oggi - il peso delle reti massoniche nelle vicende politiche africane è stato ed è notevole. A parte il caso eclatante della Liberia, dove dall’indipendenza del 1847 fino al 1980 si sono succeduti diciassette presidenti affiliati all’obbedienza massonica afroamericana Prince Hall (di cui cinque gran maestri), restano importanti le influenze esercitate attraverso le reti delle Logge da alcuni settori delle amministrazioni occidentali, in particolare quella francese, sugli esponenti politici africani legati alla massoneria, come il già citato Omar Bongo, Gran maestro della Grande Loggia simbolica, ma anche il presidente del Congo-Brazzaville Denis Sassou Nguesso, o quello burkinabé Blaise Compaoré.
Giochi di potere che, in certi casi, si svolgono in seno alle diverse Logge e obbedienze autoctone. In Nigeria, ad esempio - come ha raccontato il giornalista della Bbc-Afrique François Misser - sta prendendo forma una massoneria su base etnica, che si distanzia dalle obbedienze inglese, irlandese e scozzese e, nella zona del delta del Niger, sostiene la causa del popolo Ogoni.
L’intrecciarsi tra i riti che dovrebbero puntare al 'perfezionamento morale dell’uomo' e i più svariati interessi, locali o sovranazionali, non è affatto un’eccezione, come ribadisce la testimonianza di due volontari in Gabon, rilasciata sotto garanzia dell’anonimato al mensile 'Popoli': «Le logge massoniche raccontano i due operatori sono infiltrate in ogni affare, lecito o illecito, e in ogni manovra politica». Per quanto riguarda gli affari, non è un mistero che molte grandi società multinazionali abbiano saputo sfruttare le conoscenze massoniche dei propri dirigenti e le loro relazioni privilegiate con alcuni politici 'venerabili' africani per far prosperare affari non proprio trasparenti.
Qualche anno fa l’associazione francese Survie ha lanciato una campagna contro il gruppo Bolloré, la cui rapida espansione nel settore dei trasporti in una quarantina di Paesi del Continente nero - espansione sotto accusa per l’atteggiamento spregiudicato nei confronti dell’ambiente - avrebbe beneficiato di un trattamento di favore, da tasse sull’importazione dissuasive per la concorrenza a lascia-passare facili, grazie proprio alle relazioni occulte del suo management, in rete con i circoli d’influenza massonici, specialmente la Grande Loggia nazionale francese.
A denunciare i torbidi poteri africani nascosti dietro a squadra e compasso, i principali simboli massonici, c’è da sempre la Chiesa cattolica, a cui recentemente si stanno unendo anche le sorelle protestanti, tradizionalmente più tenere nei confronti dei propri fedeli simpatizzanti del Grande Architetto dell’universo. Ma anche il mondo musulmano comincia a interrogarsi, ad esempio in Senegal, sulla compatibilità tra Logge e moschee. Intanto, decine di migliaia di adepti in tutto il Continente continuano a riunirsi nei templi per sgrossare la propria 'pietra bruta' e incamminarsi sulla via della perfezione. Purtroppo, difficilmente per la stessa via arriveranno allo sviluppo.
(Autore: Chiara Zappa; Fonte: Avvenire del 29/12/2007)
29/11/07
Esperienze extra-corporee in laboratorio
I soggetti così stimolati dicono di avere l’esperienza di trovarsi al di fuori del proprio corpo fisico e di guardare la scena da un punto esterno. Come test ulteriore, si è misurata la risposta fisiologica dei partecipanti, e in particolare la traspirazione epidermica, proponendo una situazione in cui i soggetti hanno la sensazione che il loro corpo virtuale sia minacciato da un martello: la sudorazione indica che a essi il rischio 'virtuale' appare reale.
25/11/07
Evoluzionismo a Varese
Mercoledì 28 Novembre 2007 ore 17,30
Sala della Parrocchia S. Massimiliao Kolbe
Viale Aguggiari, 140
Relatore
Dr. Giuseppe Santoro
L'EVOLUZIONISMO, SCIENZA O SUPERSTIZIONE?
INGRESSO LIBERO
BASE STORICA E IDEOLOGICA DEL MITO EVOLUZIONISTA
Il mito dell’evoluzione non derivò i suoi concetti fondamentali da nuove scoperte o indagini effettuate nel campo delle discipline biologiche, ma venne concepito dalla forma mentis dell’illuminismo razionalista e del liberalismo progressista, matrici ideologiche di quasi tutti i successivi sviluppi culturali e politico-sociali dell’Occidente, soprattutto a partire dagli anni violenti della rivoluzione francese.
Le suggestioni evocate dal mito evoluzionistico ripresero ad invadere le menti dopo il 1859, primo anno della pubblicazione dell’Origin of Species by Means of Natural Selection, e da allora nulla è riuscito a neutralizzare o ad attenuarne l’influsso.
Con ogni probabilità, l’enorme successo di questo libro fu dovuto sia al fatto che esso raccoglieva in forma ordinata un numero svariato di esempi ed argomentazioni suscettibili di far presa sul grosso pubblico, sia alla continua ed aggressiva propaganda fatta in suo favore soprattutto da Thomas Huxley (il "bull-dog di Darwin"), la quale mirava non solo a convincere il mondo scientifico della verità della teoria, ma anche ad usare quest’ultima come clava per colpire la reputazione della Chiesa ed il sentimento religioso in generale.
Da allora ad oggi, l’azione del mito evoluzionista all’interno della cultura occidentale non ha conosciuto tregua, allargandosi dalla biologia ai dominii più disparati, quali l’astronomia, la geologia storica, la psicologia, la sociologia, la linguistica, la storia, la pedagogia e, naturalmente, la politica.
Nell’ambito strettamente scientifico, dallo scorso secolo ad oggi gli oppositori non sono mai mancati; ma le loro opere, quando non addirittura boicottate, non sono mai state tenute nella dovuta considerazione.
Giuseppe Sermonti - Roberto Fondi: Dopo Darwin critica dell'evoluzionismo (Rusconi Editore, Milano 1980).
DARWIN ALLE CORDE ?
di Maurizio Blondet
Ogni settimana, Piero Angela ci istruisce. La giraffa "ha evoluto il suo lungo collo" per brucare le foglie dei rami alti. La balena "discende" da un animale terrestre che "si adattò alla vita acquatica". Informazioni divertenti che presuppongono come vera e scontata la teoria di Darwin: l'evoluzione di animali, la loro trasformazione da una specie a un'altra, a forza di accidentali "mutazioni" conservate, perchè "utili alla vita", dalla selezione naturale. Ciò che non ci dice mai, l'ottimo Piero Angela, è che la teoria di Darwin è messa in dubbio, e a voce sempre più alta, da un numero crescente di scienziati americani.
Dal '93, l'autorevolissima Boston Review (la rivista del MIT, la più avanzata università scientifica Usa) accoglie un dibattito in cui biologi, matematici, paleontologi e biochimici attaccano "il dogma evoluzionista", e su basi scientifiche.
L'evoluzionismo sostiene che nel DNA avvengono di continuo mutazioni accidentali. Il genetista James Shapiro ricorda invece che le mutazioni del DNA, la "scrittura della vita" (un vero "programma di computer", con tutte le istruzioni per formare un essere vivente, presente sia negli esseri più "primitivi" che dei più "evoluti"), sono rarissime. Perchè, dice Shapiro ecco un'altra notizia che Piero Angela evita di fornirci "il DNA è fornito di molti apparati di 'correzione di bozze', su vari livelli, che riconoscono e rimuovono gli errori occorrenti durante la replicazione del DNA". Il DNA dunque si difende attivamente proprio da quelle casuali accidentalità, in cui i darwinisti identificano il motore dell'evoluzione. Di fatto, il DNA è la struttura più stabile dell'universo. Nei secoli, le lapidi egizie di granito diventano illeggibili; il DNA, fatto di proteine, si riproduce sempre uguale, opponendosi in modo attivo al degrado di tutte le cose. E, impariamo ora, si difende anche dal darwinismo.
Le sole mutazioni frequenti sono provocate dall'uomo su animali di laboratorio: con radiazioni nucleari o con agenti chimici che sconvolgono brutalmente la struttura del DNA. è il caso del moscerino della frutta (Drosophila Melanogaster), l'insetto preferito dai genetisti perchè produce una generazione nuova ogni mese. Studiato da 80 anni in tutti i laboratori del pianeta, il moscerino è stato costretto a subire milioni di mutazioni. Tutte, nessuna esclusa, diminuiscono la sua attitudine alla vita (mancanza di occhi, di ali, di zampe); gli animaletti mutanti possono vivere solo in laboratorio, grazie alle cure degli sperimentatori; in natura sarebbero morti prima di trasmettere il loro patrimonio genetico ai discendenti. Meno che mai la drosofila ha dato luogo ad altra specie.
Tutto ciò induce una nuova generazione di scienziati a sostenere, ormai apertamente, che gli esseri viventi sono il frutto di una "progettazione intelligente" (intelligent design). "è una teoria pienamente scientifica che formuliamo come tale", ha scritto William Dembski, logico-matematico della Notre Dame University.
Perchè? Perchè troppi apparati delle creature viventi presentano una complessità irriducibile, risponde Michael Behe, biochimico della Leighton University. Come esempio di "complessità irriducibile", Behe porta il caso della trappola per topi. Costituita di cinque pezzi - una molla, la fagliela, il gancetto che tiene la tagliola in posizione, l'esca, la tavoletta su cui il tutto è inchiodato - è una macchina molto semplice. Ma la sua semplicità "non può essere ridotta". Se manca un solo pezzo, non è che la trappola funzioni meno bene; non funziona affatto. Dunque, non può essersi formata a poco a poco, con aggiunte e miglioramenti; la trappola è stata progettata fin dall'inizio così. Molti apparati di esseri viventi sono ugualmente "irriducibili". Non funzionano se mancano anche solo di un componente.
La lingua del picchio è una "complessità irriducibile". Il noto uccellino ha una lingua lunga 15 centimetri, quanto il suo corpo. Dove la tiene? La tiene arrotolata attorno al cranio, come una fionda. La cosa stupefacente è che la lingua parte dal becco all'indietro, gira attorno al cranio e ritorna al becco dalla parte opposta. Ora, non è possibile che una lingua così straordinaria si sia "evoluta" per gradi. Il solo fatto che sia rivolta all'indietro avrebbe reso impossibile la nutrizione a generazioni di progenitori del picchio, finchè l'apparato non avesse raggiunto la necessaria lunghezza.
Altro caso: il limulus, una specie di granchio corazzato che vive sulle coste dell'Atlantico. Essere "primitivo", cugino degli antichissimi trilobiliti (estinti da milioni di anni), è considerato un fossile vivente, presente in strati fossili da 300 milioni di anni (e sempre uguale). Di recente s'è scoperto che gli gli occhi del limulus, di notte, aumentano il loro potere visivo di un milione di volte. Non sono affatto occhi "primitivi". Al contrario: sono più sofisticati degli apparecchi elettronici a visione notturna usati per scopi militari. Ciò che vediamo in natura è uno scoppio di fantasia progettistica. Anche l'evoluzione dell'Uomo è in discussione. L'albero genealogico fornitoci dagli evoluzionisti viene sconvolto da sempre nuove scoperte, che spingono i nostri presunti "progenitori comuni fra uomo e scimmia" alla posizione di rami collaterali. L'uomo di Neanderthal, estintosi "solo" 25 mila anni fa (già esisteva l'uomo moderno), non solo ha perso il posto di nostro "antenato", ma anche quello di parente collaterale. Due studi recenti hanno ricavato il DNA del Neanderthal: è cosi diverso dal nostro, che le due specie non potevano unirsi ed avere prole. Era una umanità aliena. Da poco in Spagna (ad Atapuerca) è stato trovato il fossile d'un uomo di 780 mila anni, eppure completamente moderno. Così moderno che gli imbarazzati evoluzionisti hanno creato una specie apposta per lui: Homo Antecessor ("che precede gli altri").
Nel novembre 1999, l'autorevole rivista National Geographic ha pubblicato in pompa magna la foto di una lastra minerale dove si vedeva un dinosauro con ali e piume: "è la prova che gli uccelli si sono evoluti da questi antichi rettili", ha esultato il biologo Barry A. Palevitz nell'articolo che accompagnava la scoperta. Subito dopo, s'è appurato che "il fossile" era un falso, composto da due fossili diversi (un uccello e un sauro) incollati assieme, opera dei contadini cinesi della zona di Liaoning, che sfruttano e vendono (sul mercato nero) i fossili di un giacimento locale. Uno "scandalo" molto chiacchierato in Usa. Piero Angela non ce lo ha raccontato.
Diciamo subito che la Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana non è Scienza galileiana. Essa pretende di andare molto al di là dei fatti accertati [...] Una teoria con anelli mancanti, sviluppi miracolosi, inspiegabili estinzioni, improvvise scomparse non è Scienza galileiana. Essa può, al massimo, essere un tentativo interessante per stabilire una correlazione temporale diretta tra osservazioni di fatti ovviamente non riproducibili, obiettivamente frammentari e necessariamente bisognosi di ulteriori repliche [...] Se l'uomo dei nostri tempi avesse una cultura veramente moderna, dovrebbe sapere che la teoria evoluzionistica non fa parte della Scienza galileiana. A essa mancano i due pilastri che hanno permesso la grande svolta del milleseicento: la riproducibilità e il rigore. Insomma, mettere in discussione l'esistenza di Dio, sulla base di quanto gli evoluzionisti hanno fino a oggi scoperto, non ha nulla a che fare con la Scienza. Con l'oscurantismo moderno, si". (Antonino Zichichi, Perchè io credo in Colui che ha fatto il mondo Tra fede e scienza, Il Saggiatore, Milano 1999, pp 82-85).
Maurizio Blondet
Fonte: CIRCOLO CULTURALE EXCALIBUR
- alternativa verde - VARESE (Italia)
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24/11/07
Il dramma dei Laogai a Varese
GALLARATE
Palazzo Borghi (Municipio)
MOSTRA FOTOGRAFICA
da sabato 24 a venerdi 30 Novembre
IL DRAMMA DEI LAOGAI NELLA CINA OLIMPICA
INGRESSO LIBERO
In questi campi di concentramento, religiosi e oppositori del regime sono mescolati ai delinquenti comuni e subiscono quotidianamente pestaggi e torture finalizzati alla “Riforma del pensiero”, una sorta di “riprogrammazione” del cervello dei peccatori finalizzata a trasformarli in “nuove persone socialiste”.
I prodotti del lavoro forzato dei detenuti nei Laogai offrono vantaggi al Partito Comunista Cinese e alle numerose multinazionali, soprattutto americane, che investono o producono in Cina, garantendo prodotti a costi irrisori che verranno poi introdotti nei mercati occidentali con l’intento di distruggere le Economie locali.
Dopo molti anni di silenzio, solo recentemente il Parlamento Italiano ha deciso di focalizzare l’attenzione sui “Laogai” cinesi con trasversali mozioni al Governo”.
Fonte: CIRCOLO CULTURALE EXCALIBUR - alternativa verde -
VARESE (Italia)
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22/11/07
Antonio Rosmini proclamato "beato"
In tal modo si conclude positivamente il lungo iter della causa di beatificazione che ha proceduto parallelamente alla complessa riabilitazione di Rosmini, ''assertore convinto del binomio fede-ragione'', come sottolinea oggi Gianfranco Ravasi sulle pagine del domenicale de 'Il Sole 24 Ore'. Uomo dell'800 aperto al nuovo, Rosmini chiedeva il rinnovamento della Chiesa guardando con fiducia al processo di unificazione risorgimentale.
Nel 1882 ebbe inizio la raccolta di testimonianze utili per la causa, ma il processo non venne aperto. In quel periodo, infatti, il Sant'Uffizio stava compiendo un'analisi delle opere di Rosmini, culminata nel 1887 con la condanna Post obitum (pubblicata soltanto il 7 luglio 1888) di 40 proposizioni rosminiane ritenute erronee. In particolare fu il volume 'Delle cinque piaghe della Santa Chiesa' a finire nell'Indice dei libri proibiti nel 1849 (insieme a 'La costituzione civile secondo la giustizia sociale'), per poi essere prosciolata nel 1854 dalla stessa Congregazione dell'Indice con il decreto 'Dimittantur'.
Nell'opera Rosmini faceva una lucida disamina dei mali che affliggevano la Chiesa cattolica già nella prima metà del XIX secolo: ''la divisione del popolo dal clero nel pubblico culto''; ''la insufficiente educazione del clero''; ''la disunione dei vescovi''; ''la nomina dei vescovi abbandonata al potere del clero''; e ''la servitù dei beni ecclesiastici''.
Nella turbolenta stagione del 1848 erano state poi le riflessioni politico-ecclesiastiche di Rosmini e il suo entusiasmo per le nascenti democrazie liberali a catalizzare l'attenzione e a destare timori fra coloro che vedevano nella dottrina di Rosmini il pericolo per uno stravolgimento del dogma cattolico e il tentativo di introdurre la democrazia nella Chiesa. Neppure la scomparsa nel 1855 del filosofo di Rovereto pose fine alle polemiche sulla sua opera, tanto che lo scontro tra sostenitori e detrattori tornò a inasprirsi.
Nel 1928, padre Bernardino Balsari, il Superiore Generale dell'Istituto della Carità, fondato da Rosmini, ritenne opportuno provare a dare inizio alla causa. Ricorreva quell'anno il centenario della fondazione dell'Istituto, si erano verificate guarigioni miracolose ricondotte all'intercessione del futuro beato e non si volevano perdere le testimonianze di chi lo aveva conosciuto.Tuttavia il processo si arrestò. Dal pontificato di Giovanni XXIII in poi però le cose, sia pure gradualmente, cominciarono a cambiare.
E' stato infine il cardinale Joseph Ratzinger a sbloccare la causa di beatificazione di don Antonio Rosmini , fondatore di due ordini religiosi, amico del Manzoni e del Tommaseo, espressione del cattolicesimo liberale nel nostro Risorgimento e antesignano di riforme della Chiesa che trovarono attuazione nel Concilio Vaticano II.
Fra l'altro ha trovato conferma nel corso della causa la notizia circa il possibile avvelenamento del religioso da parte di alcuni suoi familiari, della nobile famiglia Bossi Fedrigotti, legata agli austriaci.
(Fonte: adnkronos.com)
21/11/07
Marta Sordi sulla grotta di "Romolo e Remo"
Parla Marta Sordi, professore emerito di Storia greca e romana alla Cattolica di Milano, autrice di numerose opere tra cui Scritti di storia greca, Scritti di storia romana e Impero Romano e cristianesimo.
Insomma, professoressa Sordi, non è provato che questa grotta sia il luogo dove veniva ambientato il mito dell’origine di Roma?
«Dire che la grotta è 'di epoca romana' è un po’ poco; occorre precisare il secolo. Sarebbe molto utile perché la leggenda di Romolo nasce quasi 4 secoli dopo la fondazione di Roma: della lupa e dei gemelli, infatti, non si parla prima della fine del IV secolo. La famosa statua della lupa che allatta i gemelli è degli inizi del III secolo, ed è una scultura etrusca».
E finchè non si trovano prove anteriori, Romolo resta una figura leggendaria.
«Lo è certamente. Ripeto: Romolo è noto solo dal IV secolo. Romolo e Remo e la lupa che li allatta compaiono solo agli inizi del III secolo. La tradizione più antica ricorda Romolo o Romo come figlio di Enea e di Tirrenia (secondo lo storico siciliano Alcimo); nella tradizione che s’impone successivamente Romolo è invece figlio di Marte e di Rea Silvia».
Quale significato ha per l’antica Roma il mito dei gemelli?
«È un mito che ricorre in tutta l’antichità, nel mondo mediterraneo, in quello germanico e anche fuori dall’ambito indoeuropeo. E proprio la presenza dei gemelli dà il carattere di leggenda a quanto viene tramandato intorno alle origini di Roma. Quanto al loro significato, quello è campo dell’antropologia e non della storia. Il Lupercale invece è collegato ai riti pastorali che si celebravano il 15 febbraio a Roma. I Luperchi erano sacerdoti che, in processione, con pelli di capra colpivano le donne che volevano essere fecondate. I Lupercali hanno importanza storica perché proprio il 15 febbraio del 44 a.C. Cesare rifiuta il diadema, simbolo della monarchia, che Antonio gli offre. Non ne aveva bisogno perché era già dittatore a vita; si trattava più che altro di una sceneggiata preparata dall’opposizione per indurlo a qualificarsi re».
E la lupa che allatta è un’allegoria che indica i predestinati a grandi imprese?
«Il lupo era l’animale totemico per i Romani. Come il Toro per gli Osci. La leggenda legata al lupo fa dunque parte delle tradizioni di Roma».
«In quest’antro Cesare rifiutò la corona di re, qui sopra Augusto costruì la sua casa»
(Autore:Luigi Dell’Aglio; Fonte: Avvenire del 21/11/2007)
19/11/07
Sermonti contro Benigni
Lo sfogo di Sermonti e' pubblicato da "Tv Sorrisi e Canzoni", il settimanale di attualita'e spettacolo diretto da Umberto Brindani, nel numero in edicola lunedi' 19 novembre. "Benigni e' un esempio emozionante. L'ho visto in tv, mai dal vivo. Eravamo amici. Ora non ci sentiamo da molto tempo", spiega Sermonti che aggiunge: "Il suo modo di attualizzare Dante e' divertente ma non si possono dire spiritosaggini e cose un po' ovvie per adescare il pubblico. Questo non e' un buon servizio fatto al Poeta e nemmeno agli ascoltatori. Ho 78 anni e mi dispiace lasciare il campo a questo tipo di divulgazione allegra. Dante e' duro e severo e ci vuole durezza e severita' per capirlo. E' un'operazione delicatissima, che non si puo' fare alla buona".
Fonte: Adnkronos Cultura
18/11/07
Messaggi nell'Etere
17/11/07
Berdjaev pensava "contro"
I sette saggi si concentrano su alcune parole chiave dell’esistenza umana che ancora oggi (e lo saranno sempre) meritano ed esigono di essere sviscerate: verità/menzogna, democrazia/libertà, spirito, arte, cultura, religione. Il punto di vista di Berdjaev non è mai banale. Basti pensare a come affronta il tema della democrazia: con spietata lucidità il filosofo russo esule a Parigi, che ben conosceva la devastante antiumanità del regime totalitario sovietico, sa indicare i limiti anche di una democrazia ridotta a gioco formale, a compromesso al ribasso nei confronti della verità.
Oppure si pensi al saggio sull’arte: analizzando le avanguardie novecentesche, Berdjaev scorge il grave sintomo si una incombente distruzione dell’identità umana, travolta da una parcellizzazione cubista. Berdjaev, pur trattando tematiche differenti, si pone sempre dal punto di vista del filosofo, cioè del cercatore della verità, per il quale ogni parzialità non soddisfacente ed ogni separazione è un passaggio da superare, secondo la grande lezione di Solov’ev, nella tensione all’unità.
Berdjaev è stato definito da Solzenicyn un uomo che dimostra di avere un punto di vista proprio. Un punto di vista che il volume, grazie anche alla preziosa introduzione di Adriano Dell’Asta, ci ridona nella sua impostazione unitaria, pur nell’approccio a differenti temi. Un punto di vista coraggioso, confrontandosi col quale il lettore avrà modo di fare scoperte decisive.
Nikolaj Berdjaev
PENSIERI CONTROCORRENTE
La Casa di Matriona. Pagine 128. Euro 10
15/11/07
In ebraico la Divina Commedia
13/11/07
Gli "apprendisti stregoni" del CERN stanno per creare mini "buchi neri"
È il Large Hadron Collider, LHC, il più potente acceleratore di particelle mai realizzato. Entrerà in funzione tra non molto, facendo scontrare adroni, cioè protoni e antiprotoni, accelerati alla velocità della luce fino a raggiungere energie di 7 TeV. In altri termini, ciascuno dei due fasci di adroni che ruotano nell'anello di LHC in senso opposto avrà un’energia di circa 350 Megajoule (350 milioni di joule), la stessa di un Eurostar da 400 tonnellate che viaggia a 200 chilometri all'ora, sufficiente nel nostro mondo macroscopico a far fondere di colpo mezza tonnellata di piombo.
La differenza, nel mondo ultramicroscopico delle particelle, è che questa energia viene confinata in dimensioni infinitesime. Gli scienziati ritengono assolutamente possibile che si possano creare buchi neri all'interno di LHC, al ritmo di uno al secondo.
Lo stesso Cern, al momento di varare il progetto LHC, ha istituito una commissione di esperti proprio per valutare tutti i possibili rischi legati agli esperimenti che arriveranno a livelli di energia mai raggiunti prima in un laboratorio. «Abbiamo considerato», dice il rapporto finale della commissione, «tutti gli oggetti potenzialmente pericolosi che potrebbero essere teoricamente prodotti da LHC, fra cui i buchi neri. Non abbiamo trovato alcuna ragione plausibile di rischio»".
Dobbiamo crederci?
(Fonte: www.newton.corriere.it)
12/11/07
Mauro Mazza per Opera Prima
Volentieri allarghiamo l'invito a tutti coloro che fossero interessati:
L'Associazione Opera prima ha il piacere di invitarLa
MERCOLEDI' 21 NOVEMBRE ORE 18,00
presso il Garibaldi Cafè (Via Quattro Canti di San Francesco 28 r -Genova)
all' incontro-aperitivo
"Come eravamo e...come siamo: tra politica ed informazione"
partecipa
Mauro Mazza, direttore del Tg2 Rai,
autore del libro "I ragazzi di Via Milano"
introduce Mariarosaria Murmura, Presidente di Opera Prima
intervengono: Alessio Saso, Piero Vassallo, Mario Bozzi Sentieri
"I RAGAZZI DI VIA MILANO" (Fergen Editore)
E' la squadra più famosa del giornalismo italiano. Eppure negli anni Settanta nessuno voleva giocare contro i Ragazzi di via Milano che si chiamavano Gianfranco F ini e Maurizio Gasparri, Francesco Storace e Silvano Moffa, Gennaro Malgieri e Mauro Mazza, Gianni S. Rossi e Bruno Socillo, Claudio Pompei e Pino Rigido, Adalberto Baldoni e Aldo Di Lello, Adolfo Urso e Teodoro Buontempo.... Lavoravano nella redazione del Secolo d'Italia, il quotidiano del Msi-Dn. Una palestra di giornalismo e di politica, di cultura e di rapporti umani per quella che sarebbe diventata la classe dirigente di Alleanza Nazionale, in anni davvero difficili per la Destra italiana e per il Paese intero. Un viaggio nella memoria, illustrato da 40 foto d'epoca di Enrico Para e da una decina di pagine del Secolo con protagonisti Peppe De Rosa, Angelo Mancia, Giorgio Almirante, Nino Tripodi, Pino Romualdi, Cesare Mantovani, Franz Maria D'Asaro e Alberto Giovannini.
Mauro Mazza (Roma, 1955). Giornalista. Al "Secolo d'Italia" dal 1977
al 1987. Dal 2002 direttore del Tg2
Segreteria: 3478105412
09/11/07
Il Movimento Panturanico e la "Grande Turchia"
Più che volentieri segnaliamo l'uscite del nuovo saggio di Alberto Rosselli:
IL MOVIMENTO PANTURANICO
E LA ‘GRANDE TURCHIA’
Tra mito, storia, e attualità
Ed. Settimo Sigillo
ALBERTO ROSSELLI, giornalista e saggista storico, collabora da tempo con diversi quotidiani e periodici nazionali ed esteri e con svariati siti internet tematici. In passato è stato membro del Corerat Regione Liguria e ha collaborato alla stesura de I Media in Liguria, collana dedicata all’informazione radiotelevisiva e a mezzo carta stampata liguri. Come studioso di storia moderna, contemporanea e militare ha al suo attivo diversi saggi tra cui Québec 1759, Il Conflitto anglo-francese in Nord America 1756-1763 (tradotto anche in lingua inglese), Il Tramonto della Mezzaluna - L’Impero Ottomano nella Prima Guerra Mondiale, La resistenza antisovietica in Europa Orientale 1944-1956, L’Ultima Colonia – la guerra coloniale in Africa Orientale Tedesca 1914 – 1918; Il Ventennio in Celluloide; Sulla Turchia e l’Europa, L’Olocausto armeno e Storie Segrete. Dopo una prima fase di ricerche incentrate sulla storia militare nordamericana del XVIII secolo, in questi ultimi anni Rosselli ha dedicato gran parte dei suoi studi e delle sue ricerche alla storia politica, diplomatica e militare slava, balcanica, mediorientale, con particolare riferimento al periodo ottomano e contemporaneo, ed africana.