«Con molta probabilità, è stata trovata la grotta che già i Romani avevano scoperto, alla fine del IV o all’inizio del III secolo a.C., e che ritenevano fosse il Lupercale, cioè il luogo in cui Romolo e Remo erano stati allattati dalla lupa. Questa grotta è stata perciò valorizzata da Augusto, che l’ha adattata a sacrario e vi ha costruito accanto la propria dimora sul Palatino, dove si trovava anche la cosiddetta capanna di Romolo. Tutto torna. La scoperta ora annunciata è certamente un evento importante, ma non ci possiamo aspettare che comprovi il mito di Romolo. Non vuol dire cioè che quella grotta fosse l’autentico Lupercale, ma che i Romani così credevano che fosse».
Parla Marta Sordi, professore emerito di Storia greca e romana alla Cattolica di Milano, autrice di numerose opere tra cui Scritti di storia greca, Scritti di storia romana e Impero Romano e cristianesimo.
Insomma, professoressa Sordi, non è provato che questa grotta sia il luogo dove veniva ambientato il mito dell’origine di Roma?
«Dire che la grotta è 'di epoca romana' è un po’ poco; occorre precisare il secolo. Sarebbe molto utile perché la leggenda di Romolo nasce quasi 4 secoli dopo la fondazione di Roma: della lupa e dei gemelli, infatti, non si parla prima della fine del IV secolo. La famosa statua della lupa che allatta i gemelli è degli inizi del III secolo, ed è una scultura etrusca».
E finchè non si trovano prove anteriori, Romolo resta una figura leggendaria.
«Lo è certamente. Ripeto: Romolo è noto solo dal IV secolo. Romolo e Remo e la lupa che li allatta compaiono solo agli inizi del III secolo. La tradizione più antica ricorda Romolo o Romo come figlio di Enea e di Tirrenia (secondo lo storico siciliano Alcimo); nella tradizione che s’impone successivamente Romolo è invece figlio di Marte e di Rea Silvia».
Quale significato ha per l’antica Roma il mito dei gemelli?
«È un mito che ricorre in tutta l’antichità, nel mondo mediterraneo, in quello germanico e anche fuori dall’ambito indoeuropeo. E proprio la presenza dei gemelli dà il carattere di leggenda a quanto viene tramandato intorno alle origini di Roma. Quanto al loro significato, quello è campo dell’antropologia e non della storia. Il Lupercale invece è collegato ai riti pastorali che si celebravano il 15 febbraio a Roma. I Luperchi erano sacerdoti che, in processione, con pelli di capra colpivano le donne che volevano essere fecondate. I Lupercali hanno importanza storica perché proprio il 15 febbraio del 44 a.C. Cesare rifiuta il diadema, simbolo della monarchia, che Antonio gli offre. Non ne aveva bisogno perché era già dittatore a vita; si trattava più che altro di una sceneggiata preparata dall’opposizione per indurlo a qualificarsi re».
E la lupa che allatta è un’allegoria che indica i predestinati a grandi imprese?
«Il lupo era l’animale totemico per i Romani. Come il Toro per gli Osci. La leggenda legata al lupo fa dunque parte delle tradizioni di Roma».
«In quest’antro Cesare rifiutò la corona di re, qui sopra Augusto costruì la sua casa»
(Autore:Luigi Dell’Aglio; Fonte: Avvenire del 21/11/2007)
Parla Marta Sordi, professore emerito di Storia greca e romana alla Cattolica di Milano, autrice di numerose opere tra cui Scritti di storia greca, Scritti di storia romana e Impero Romano e cristianesimo.
Insomma, professoressa Sordi, non è provato che questa grotta sia il luogo dove veniva ambientato il mito dell’origine di Roma?
«Dire che la grotta è 'di epoca romana' è un po’ poco; occorre precisare il secolo. Sarebbe molto utile perché la leggenda di Romolo nasce quasi 4 secoli dopo la fondazione di Roma: della lupa e dei gemelli, infatti, non si parla prima della fine del IV secolo. La famosa statua della lupa che allatta i gemelli è degli inizi del III secolo, ed è una scultura etrusca».
E finchè non si trovano prove anteriori, Romolo resta una figura leggendaria.
«Lo è certamente. Ripeto: Romolo è noto solo dal IV secolo. Romolo e Remo e la lupa che li allatta compaiono solo agli inizi del III secolo. La tradizione più antica ricorda Romolo o Romo come figlio di Enea e di Tirrenia (secondo lo storico siciliano Alcimo); nella tradizione che s’impone successivamente Romolo è invece figlio di Marte e di Rea Silvia».
Quale significato ha per l’antica Roma il mito dei gemelli?
«È un mito che ricorre in tutta l’antichità, nel mondo mediterraneo, in quello germanico e anche fuori dall’ambito indoeuropeo. E proprio la presenza dei gemelli dà il carattere di leggenda a quanto viene tramandato intorno alle origini di Roma. Quanto al loro significato, quello è campo dell’antropologia e non della storia. Il Lupercale invece è collegato ai riti pastorali che si celebravano il 15 febbraio a Roma. I Luperchi erano sacerdoti che, in processione, con pelli di capra colpivano le donne che volevano essere fecondate. I Lupercali hanno importanza storica perché proprio il 15 febbraio del 44 a.C. Cesare rifiuta il diadema, simbolo della monarchia, che Antonio gli offre. Non ne aveva bisogno perché era già dittatore a vita; si trattava più che altro di una sceneggiata preparata dall’opposizione per indurlo a qualificarsi re».
E la lupa che allatta è un’allegoria che indica i predestinati a grandi imprese?
«Il lupo era l’animale totemico per i Romani. Come il Toro per gli Osci. La leggenda legata al lupo fa dunque parte delle tradizioni di Roma».
«In quest’antro Cesare rifiutò la corona di re, qui sopra Augusto costruì la sua casa»
(Autore:Luigi Dell’Aglio; Fonte: Avvenire del 21/11/2007)
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