19/09/16

Un indianista che parlava bene di René Guénon


René Guénon è certamente in Italia un nome più noto di quello di Sylvain Lévi, grazie alla pubblicazione delle sue opere da parte della casa Adelphi (che d'altronde ha pubblicato l'opera di Lévi La dottrina del sacrificio nei Brāhmaņa, con la traduzione di Silvia D’Intino), e alla sua forte proposta ideologica della 'Tradizione' sotto il segno dell'esoterismo. Guénon non si può considerare un indianista, certo non era un accademico, però seguì i corsi al College de France di Sylvain Lévi, allora massima autorità dell'indologia francese, e presentò alla Sorbona nel 1921 come tesi di dottorato in Lettere la sua Introduction générale à l’étude des doctrines hindoues, come si apprende in un articolo (René Guénon et l'Hindouisme) di Pierre Feuga, che si definisce 'Professeur de Yoga'
(http://pierrefeuga.free.fr/guenon.html#_ftnref15). E' sorprendente leggere che il grande indianista si dimostrò aperto verso la tesi di Guénon, nonostante contestasse l'indologia accademica occidentale. Così si esprime il Lévi a proposito della tesi:
En tout cas, il [Guénon] témoigne d’un effort personnel de pensée qui est respectable et que les philosophes apprécieront ; il apporte une conception curieuse des systèmes philosophiques de l’Inde, qui tout en choquant les indianistes peuvent les inviter à d’utiles réflexions. Enfin, la Faculté donnera une preuve manifeste de son libéralisme en acceptant cette critique violente de la ‘science officielle’ des philosophes comme des indianistes. Je crois donc devoir vous engager, Monsieur le Doyen, à accorder votre visa à la thèse de Monsieur Guénon.
Un liberalismo e un'apertura mentali abbastanza straordinarie per un accademico, considerato il rifiuto di Guénon per il metodo storico e il suo attacco totale all'orientalismo accademico, e tanto più in un'epoca come quella, segnata dal Positivismo. Tuttavia, nonostante tale illustre parere, al Doyen Brunot l'eresia di Guénon dovette apparire davvero eccessiva, e rifiutò l'approvazione.
Secondo il Feuga, Guénon fu poi aspramente criticato dall'indologia francese (in particolare dal fondamentale sanscritista Louis Renou) e nessun universitario si azzarda ad ammettere pubblicamente il suo apporto costruttivo. Del resto, lo stesso Sylvain Lévi, secondo la scarna voce di Wikipedia (http://en.wikipedia.org/wiki/Sylvain_Levi), è stato uno dei primi oppositori di Guénon, "citing the latter's uncritical belief in a "Perennial philosophy", that is, a primal truth revealed directly to primitive humanity, based on an extreme reductionist view of Hinduism."
In effetti, il concetto guénoniano di Tradizione primordiale appare inaccettabile, o almeno inverificabile, da un punto di vista storico-critico, e alcune generalizzazioni di Guénon sull'India e l'Oriente appaiono più frutto delle sue predilezioni che realtà storica; Guénon si muove in un'ottica fortemente 'orientalista' nel senso di Edward Said, affermando il classico stereotipo dell'immobilità dell'Oriente, anche se rovesciando la consueta valutazione negativa di questo fatto in positiva (fedeltà alla Tradizione). Comunque la conoscenza da parte di Guénon del pensiero indiano è vasta e approfondita, e il suo punto di vista vuole essere rigorosamente aderente a quello 'indù' autentico, tanto che - racconta Feuga - il famoso indianista Alain Daniélou, quando presentò l'opera di Guénon a dei Pandit ortodossi, ne ricavò questo giudizio:
de tous les Occidentaux qui se sont occupés des doctrines hindoues, seul Guénon, dirent-ils, en a vraiment compris le sens.

Giacomo Benedetti

http://sanscritonline.blogspot.it/search?updated-max=2009-05-31T11:30:00%2B02:00&max-results=7&start=49&by-date=false

26 commenti:

  1. Alla attestazione di stima, sia pur critica, di Sylvain Lévi seguì il silenzio pressochè totale del mondo accademico indologico, fino a quando, nel 1970, la rivista "Planète Plus" sollecitò e pubblicò un pezzo (intitolato "Riens sans l'Orient?") di Kean Filliozat, professore al Collège de France. Pezzo pregevole, ma sulla stessa posizione di Lévi.

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  2. Grazie Antonello per l'utile informazione.

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  3. Caro Aldo, premetto che sono l'ultimo in grado di analizzare criticamente l'opera di Guénon, ma mi sembra che fra questo articolo e la recensione al libro di Houfaman di M. Toti, ci siano diversi argomenti, di solito accolti assiomaticamente, su cui riflettere a proposito della proposta teorica di Guénon. Recentemente ho anche letto che la Tradizione sarebbe come il Logos giovvaneo. Vabè, qui siamo alle 'libere interpretazioni', peró certe incongruenze mi pare che ci siano.

    Cordiali saluti
    Paolo C.

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  4. Non c'è dubbio. Da un punto di vista cristiano (ma anche musulmano), l'unità trascendente delle religioni (espressione schuoniana, ma accettata da G.) e l'idea di Tradizione primordiale sono inaccettabili. Non dico teoricamente impossibili, ma incompatibili con la tradizione cristiana (e islamica). La prima è un assioma che non si ritrova neanche negli esoterismi delle varie religioni, a parte qualche rarissima eccezione, la seconda è la riformulazione massonica dell'idea di Rivelazione primitiva propria del Cristianesimo, ma teoreticamente ben difforme.

    Cordiali saluti.
    Marco

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  5. Ringrazio Paolo per aver posto la questione e Marco per averla, pur nei limiti di un breve commento, delucidata con esattezza. Guénon è un autore davvero unico nel suo genere e senza l'uguale, ma per un cattolico è importante non farsi ipnotizzare dal suo discorso. A quasi settant'anni dalla sua scomparsa, forse cominciamo solo ora a capirlo un po' meglio, ma ancora molto resta da dire. Nel bene e nel male dobbiamo comunque essergli grati. Questo almeno è il mio sentire.

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  6. Cari amici del blog, ho letto tutta l'opera del francese edita in italiano, letta e studiata e devo ammetterlo, ha avuto una certa influenza su di me, almeno in una fase vitale della mia ricerca. Autore cult dell'ambiente tradizionalista europeo, ha rappresentato una bussola conoscitiva per più di una generazione. Ovvio che visti i temi trattati, non ha mai avuto una diffusione larga; Fabio Volo credo abbia venduto col suo best seller più copie di tutta la produzione di Guénon. Ma tant'è. Leggevo tempo fa il testo di Eco, I limiti dell'interpretazione, dove il piemontese dedica diverse pagine al Nostro, con la sua consueta malignità da accademico, stroncando in toto il metodo guenoniano. Ebbene, se avete la ventura di leggere questo libro, vi farete perfettamente un'idea su come i profani, gli illuministi, affrontano concetti, tesi, simboliche, col "roncio" come si dice a Viterbo, ossia con rozzezza e miopia colpevole. Detto ciò, R.G. è senza dubbio un autore con cui farci i conti prima o poi se vogliamo veramente inoltrarci nei reami del simbolo, della metastoria, dell'esoterico. Contraddizioni ce ne sono, forzature, amnesie pure, una certa incomprensione del cattolicesimo pregiudiziale l'ho colta più volte. So che Guénon prima di morire volle delucidazioni su Erim, un nobile italiano depositario di conoscenze tradizionali in ambito cristiano, eterodosso sicuramente, ma illuminante. Insomma il francese islamizzato non smetteva di "curiosare" fino alla fine e chissà, forse avrebbe potuto rivedere alcune sue posizioni critiche nei confronti della grandezza della tradizione cristiana, quella profonda, immensa, luminosa, esoterica, metapolitica, panunziana...

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  7. Ringrazio Angelo per la testimonianza. Le critiche, anche quando provengono da personaggi come Eco, hanno sempre la loro utilità. L'importante è non lasciarsene fuorviare.

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  8. Vorrei precisare che le mie critiche "teoretiche" a G., appena accennate d'altronde, non intaccano minimamente l'enorme rispetto che ho per l'uomo e l'opera. Sul simbolismo, sul Vedanta e sulla critica al "mondo moderno" egli è semplicemente insuperabile. A mio modo di vedere, per quel che vale il mio giudizio, "Il regno della quantità e i segni dei tempi" è uno dei dieci più significativi libri del '900.
    Grazie.

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  9. Ringrazio tutti per le precise risposte. A questo punto mi toccherà mettermi a studiare Guénon. Vorrei solo aggiungere che più che al "religioso" mi riferivo all'aspetto più storico-politico, che prescinde per forza di cose dai dogmi propri delle religioni. Mi riferisco cioè alla filosofia della storia fondata sull'idea di Tradizione primordiale, sulla quale si è costruita una variegata "scuola politica" ma che mi pare sia debolmente fondata proprio dal punto di vista storico.
    Ciò detto, pur da profano della materia, gli riconosco anch'io dei meriti.

    Paolo C.

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  10. L'osservazione di Paolo C. mi pare pertinente per tanti "guénoniani" e perennialisti vari (da cui, sia detto per inciso, è bene liberare Guénon), ma non per Guénon, che è autore molto più complesso. Consiglio in proposito l'ottimo testo di Giuseppe Cognetti, riedito recentemente da Mimesis con il titolo "L'età oscura". Splendida rilettura del capolavoro (concordo con Marco) del grande metafisico di Blois, che fa definitivamente a pezzi tanti luoghi comuni depositatisi sulla sua opera.

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  11. In realtà fu Evola e non Guénon a storicizzare troppo il concetto di "Tradizione primordiale".

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  12. Grazie per le risposte. La prudenza non è mai troppa quando non si conosce un autore.

    Cordiali saluti
    Paolo C.

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  13. ho letto il libro di cognetti e senz'altro ha dei meriti, ma nella sostanza non aggiunge nulla a quanto detto da Guenon nella pars destruens. Bisogna proseguire nella pars costruens, non fermarsi alla critica della modernità. e poi i luoghi comuni che si sono depositati sulla sua opera si fanno a pezzi da soli per chi ha onestà intellettuale e lucidità. Il vero capolavoro di Guenon è L'uomo e il suo divenire secondo il Vedanta, seguito dagli Stati molteplici dell'essere e dal simbolismo della croce. ciò ovviamente insieme a tutte le altre straordinarie opere. Dei detrattori dell'opera di Guenon ce ne sono stati tanti purtroppo accanto ai tanti fan "religiosi". è l'ora di finirla con entrambi gli schieramenti ingenui. Guenon è un autore unico, straordinario, eccellente, ma come tutti non va idolatrato. Bernardo

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  14. Angoli prospettici, valutazioni soggettive, punti di vista. Su Guénon e la sua opera ne esisteranno sempre di diversi. Credo sia inutile e infruttuoso cercare di proporne uno valido erga omnes. Detrattori e fans se ne facciano una ragione.

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  15. Se mi è permesso, una breve considerazione ed una domanda. Uno dei modi con i quali si delegittima "sottilmente" Guénon -cosa che è resa possibile dal relativo grado di libertà del quale siamo in possesso, cosa dunque a suo modo legittima anche se per me priva di interesse- è quello di far derivare il suo pensiero e la sua "filosofia" da cose, pensieri, fatti e influenze meramente umane operanti nel suo ambiente e nell'ambito del momento storico che aveva vissuto. Mi pare che il pur valido prof DiVona vada decisamente in questa direzione (la "filosofia" di G. sarebbe uno sviluppo della metafisica di altri filosofi che si inseriscono a pieno nella accademica storia della filosofia occidentale) e pure J.P. Laurant ricollega l'autore ad un suo insegnante scolastico critico nei confronti della cultura imperante. Dico invece che se non ci fosse tutta la "questione iniziatica" l'intera opera di G. non starebbe in piedi, ma questo aspetto non interessa né i DiVona né i Corbin né tantomeno gli Eco. Sbaglio o quest'ultimo è quello che alla fine della sua vita si rendeva conto di non sapere,ma che confutava gli altri che, come lui, non dovevano permettersi di credere di sapere?
    A parte tutto questo, la domanda : è possibile ricavare un contributo valido in direzione della comprensione dell'opera di Guénon leggendo Panunzio (che conosco a malapena)? E se la risposta è affermativa, quale è il testo migliore in tal senso? Grazie per l'eventuale risposta.
    Arvo (Roberto. C. M.)
    (In attesa di Benedetto XVII....ovviamente!)

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  16. Caro Amico,
    diciamo subito che Panunzio non esisterebbe senza Guénon. Panunzio tenta un superamento in senso cattolico e cristiano del “pensiero tradizionale”, ma poi vi rimane sempre ancorato. Tuttavia Panunzio invita costantemente i suoi lettori al superamento di quella particolare impostazione che non sempre ha generato buoni frutti (trovi Lei gli esempi che certo non mancano). Invita cioè ad andare oltre Guénon. Non potrebbe essere altrimenti essendo il suo unico e assoluto punto di riferimento il Gesù dei Vangeli. In questo senso, io sono convinto che la lettura di Panunzio possa aiutare moltissimo a comprendere Guénon, ma direi più ab intra che ab extra. L’opera di Panunzio infatti è più un invito alla “vita spirituale” che non una proposta iniziatica in senso stretto e direi quasi “tecnico” come poteva essere quella di Guénon. Io però ho l’impressione che le nuove generazioni che non hanno vissuto quelle temperie culturali, oggi non abbiamo sufficienti strumenti per giudicare e inquadrare correttamente tutto il discorso che in verità è assai complesso (molto più complesso di quel che sembri). Le suggerisco di leggere “Contemplazione e Simbolo” dove di Guénon si parla molto spesso e a volte anche in modo inedito rispetto alla solita vulgata guénoniana.

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  17. Grazie, ordino il testo di Panunzio appena ho deciso cosa prendere di Coomaraswamy e Charbonneau-Lassay, autori molto stimati da Guénon e che non ho mai letto finora. Di quest'ultimo, per chi ne fosse interessato, c'è un "epistolario inedito" dal titolo "Frammenti Dottrinali",il quale fornisce, dell'autore francese, un'immagine a volte sorprendente e a sua volta diversa da quella che ci si potrebbe aspettare.

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  18. A Bernardo. Tutto verissimo, salvo che,se torni a leggere il testo di Cognetti,scoprirai che non si ferma affatto alla guénoniana critica della modernità, ma la reinterpreta profondamente, aprendo escatologicamente a "nuovi cieli e nuova terra" (in sintonia, aggiungo io, con Panunzio).
    Ad Arvo. Scrive Cognetti, proprio in apertura della Prefazione: "Non è possibile, accostandosi all'opera imponente di ques'autore, prescindere dal fatto ch'egli è, in primo luogo, un iniziato".

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  19. Cognetti ripeto ha notevoli meriti e simpatica pure l'idea del cd... ma non vedo questa profonda reinterpretazione ( ma siccome non sono uno stupido integralista lo andrò a rivedere se il tempo è dalla mia parte..). Cognetti riprende molto vallin, un altro autore molto interessante. Ma ripeto Guenon è la fonte e finora a parte Panunzio che ne rappresenta il ' compimento in chiave cristiana', come ha egregiamente detto Aldo, rimane insuperabile ed ineguagliabile. Il resto è glossa, preziosa si ma pur sempre glossa. Un caro saluto B.

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  20. Secondo me Schuon, nonostante le follie dell'ultimo ventennio, più o meno, non può essere considerato una semplice glossa a Guénon. Ad es., egli comprese meglio il Cristianesimo, rispetto al francese.

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  21. Non so se Schuon comprese meglio il Cristianesimo (è ormai antica controversia), forse piuttosto mise in rilievo aspetti trascurati dal francese, ma certamente ha statura di pensatore autonomo e Marco fa benissimo a rilevarlo. Purtroppo In Italia la sua opera è ancora tutta da scoprire, mancano totalmente seri studi crtici.

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  22. Su schuon , dal punto di vista cristiano, sono d' accordo che non sia semplice glossa ma approfondimento ( tralasciando come dici tutte le varie criticità...). Però dal mio punto di vista lo stile e il messaggio di Panunzio è incredibilmente superiore a schuon. Cordiali saluti B.

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  23. Tra gli autori tradizionali Schuon è senza dubbio il più dialetticamente dotato, ma è stranamente trascurato e sottovalutato, soprattutto in Italia. Forse per la complessità e non sistematicità del suo pensiero o forse perché il perennialismo da noi non ha mai veramente attecchito e non ci sono autori seri e qualificati che lo rappresentino.

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  24. Allora, nel mio elenco di libri da leggere entra anche Cognetti,il quale comprese che accanto agli studi è necessario percorrere una Via interiore. Cosa che lui ha cercato di fare, per quanto mi risulta. Con Guénon va riconosciuto il fatto che si corrono dei rischi,ascrivibili alla "dimensione psichica" (spesso confusa con quella spirituale),i quali a mio avviso sono connessi alla natura reale del proprio essere ancor prima che alla Via che si percorre. Ma ci si deve assumere la propria responsabilità in tal senso ed evitare l'immobilismo al quale invita il nostro tempo, con le sue lusinghe, illusioni e stimoli ad abbandonarsi ad una vita frivola, superficiale ed edonista.
    Poi le scelte sono individuali e a volte ci conducono verso posizioni anche molto diverse.
    Ho letto molto in passato Evola e Schoun, ma oggi faccio sinceramente fatica a riprendere in mano la loro opera scritta. Con Guénon non ho invece alcun problema,pur essendo fortemente perplesso su alcuni punti, tipo la "regolarità iniziatica",la Massoneria del nostro tempo e l'Oriente che ormai è totalmente allo sfascio.Su quest'ultimo punto il grande esoterista cadde in qualche errore di valutazione, almeno in prospettiva. Naturalmente è la mia opinione.
    Roberto.

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  25. A livelo "istituzionale" temo che oggi si possa fare ben poco: tutte le grandi istituzioni tradizionali, oggi, sono allo sfascio. E invece nei tempi in cui scrivevano gli autori citati c'era ancora qualche barlume di speranza. Siamo in una fase in cui conta soprattutto l'azione su se stessi e al più il buon esempio dato ai "felici pochi" di shakespeariana memoria che ancora possono intenderlo. Ciascuno di noi è autorizzato a mettere nel suo personale zaino i libri e gli autori che preferisce e a mettersi in cammino. Vale, temo, anche per noi cattolici che però abbiamo anche un dovere di fedeltà nei confronti dell'Istituzione di cui ci riconosciamo figli. Per quanto decaduta e decadente quasi fino al punto da far gridare allo scandalo, in essa continua ad aleggiare il soffio dello Spirito.

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