01/05/13

Un tè alla menta a casa di Evola

Julius Evola 1898-1974


di Ugo Franzolin
Con il congresso di Pescara nel Movimento Sociale Italiano del giugno 1965 vi furono i cambiamenti al vertice. Vinse il congresso Arturo Michelini, uno dei fondatori di quel partito, nato alla fine del 1946. In precedenza Michelini aveva comprato il quotidiano fiancheggiantore del movimento, Il Secolo d’Italia, proprietà del senatore Franz Turchi, suo fondatore.
Ne era il direttore dal 1964, ma fu chiamato a dirigerlo politicamente Nino Tripodi, un altro dei primissimi del Movimento Sociale, un intellettuale che si era segnalato tra i giovani più promettenti negli anni che precedono la Seconda guerra mondiale, avvocato e – negli anni Cinquanta – parlamentare. Chi però confenzionava materialmente il giornale e aveva quindi stretto rapporto con la redazione, era Cesare Pozzo, giornalista professionista, qualche anno dopo, senatore.
Un giorno Michelini mi chiama. Ero stato assunto al Secolo nel momento in cui il Meridiano d’Italia dove lavoravo aveva sospeso le pubblicazioni per trasferirsi da Milano a Roma. Mi avevano affidato la terza pagina che curai fino al 1967 quando passai al quotidiano La Luna. Una pagina tradizionale, in più, una o due volte la settimana, una pagina monografica, letteratura, pittura, musica e storia.
“Ho qui un articolo di Evola”, mi dice Michelini, “scriverà per noi”. “Acquisto eccellente“, gli dico io, “un pensatore affascinante”, butto lì. Guardo Michelini, che mi guarda di sottecchi. “Sì, certo”, commenta, “ma io leggo i gialli, quando vado a letto la sera, prima di dormire e ho la testa piena delle cose che domattina dovrò fare, come, ad esempio, mandare i soldi alle federazioni, soldi che non ho e devo rifilare quache balla per tirare avanti”.
Di Julius Evola, a dire la verità, non è che ne sapessi molto. Anzi, diffidavo un po’, come tutti quelli per i quali il fascismo, come nel mio caso, è stato prima un fatto di provincia – le realizzazioni – poi un fatto di guerra, “il sangue contro l’oro”, un semplificare che farebbe trasalire un intellettuale.
Dopo quattro o cinque articoli pubblicati come elzeviro, Evola mi invitò a casa sua per un tè. Abitava a Corso Vittorio.
Molto cordiale. Aveva un grave disturbo alla spina dorsale. Stava sempre seduto in poltrona. Gli feci visita quattro o cinque volte. Non so se gli interessassi. Forse sì, ma perché non avevo quasi niente delle sue letture, perché la mia testa, dopo cinque anni di guerra sui fronti e un anno di galera a San Vittore, era piena di immagini più che di speculazioni sottili.
Il tè era squisito. Glielo dissi. “Aggiungo foglioline fresche di mentuccia”, commentò, “e qualche fiore essiccato di ibisco, addolcendolo, come vede, con zucchero di canna, un dono che amici mi mandano dalla Germania”.
Mentre si sorseggiava il tè, Evola parlava, parlava. Aveva una voce bassa, musicale, due occhi che indagavano. Mi sembrò di capire che avesse studi esoterici, un’altra novità per me, sempre tenutomi lontano da esplorazioni misteriose, più amante dell’uomo che fa, spacca tutto, magari, ma che non sta lì a interrogare l’arcano, o vola in spazi siderali.
Un giorno, mentre Evola mi parlava della Parigi delle avanguardie nella quale viveva, qualcuno citofonò. Una signora che si occupava delle cose domestiche, venne a dire che un ragazzo chiedeva di salutare. Disse il nome, Adriano.
Entrò un giovane, poco più che ragazzo. Aveva una sua composta eleganza, un tratto signorile. Alla presentazione seppi che era il figlio di Pino Romualdi, che mi onorava della sua amicizia, conosciuto a Milano, vicesegretario del Partito Fascista Repubbicano.
Conversammo un po’, ma dopo una decina di minuti dovetti salutare e andarmene perché mi aspettava il solito lavoro al giornale.
Prima di congedarmi invitai Adriano a collaborare alla mia pagina. Volevo ospitare dei giovani, voci nuove.
Così fu, infatti. Diventammo amici. Io do del tu volentieri ai ragazzi, mi è più facile parlargli, e se loro fanno altrettanto, la cosa mi fa piacere. Eppure con Adriano ci fu sempre di mezzo il lei, anche se il rapporto era cordiale, affettuoso da parte mia e, oso credere, anche da parte sua.
Era preparatissimo, riflessivo, sempre disposto a riesaminare un concetto, ma con dei punti fermi, che erano ormai miei.
Gli chiesi di Evola. “Sa”, gli dissi introducendo il discorso, “mi sembra un mago”. Adriano si mise a ridere. “Un po’ lo è”, rispose, “nel senso che sa sublimare intuizioni rare, al limite della visione onirica, il percorso misterioso della vita”.
Ricordo con rimpianto quel tempo. Evola è morto, Adriano, ancora giovanissimo, ci ha lasciati in situazioni tragiche, sul ciglio di una strada, dopo un incidente.
Perché rimpianto? Ma perché allora, anche se da posizioni intellettuali diverse, per un proprio carattere, una propria storia personale era bello vivere, essere in attesa di un evento. Utopisti? Forse, ma la nostra utopia non era la carta di credito, o il telefonino, o la curva sud. Eravamo in attesa, ecco, ripeto. In attesa? Sì, certo, che i sentimenti tornassero.
Un giorno Evola mi disse: “Sa, la strada è lunga, interminabile”…

(Tratto dal libro “Gli articoli di Evola sul Secolo d’Italia. 1953-1964”, edito dalla Fondazione Evola e curato da  Gianfranco Lami)


10 commenti:

  1. Evola demonizzato dai tradizionalisti di Sodalitium - quelli che sentono puzzo di zolfo dappertutto - fu pagano, certo, rigido su certi punti fermi - del resto se non si è rigidi con i punti fermi... - ma, volente o nolente, ha avvicinato attraverso la riproposta della Tradizione diversi uomini al cattolicesimo. Sembra curioso oltre che strano, eppure è così. Ne ho conosciuti di evoliani della prima ora, poi rautiani della seconda, infine devoti di Cristo. Fu un uomo depositario di un segreto personale, a pochi rivelato, sconosciuto ai più. Fu un uomo serio, anticonformista quando era tutto conforme, a-fascista quando moltissimi marciavano col fez, indagatore di vie occulte, non sempre chiare, ma certamente apollineo e cultore della Roma imperiale. Inviso agli adelphiani e sbertucciato da quel pallone sgonfiato dell'Eco Umberto. Nella battaglia contro il nichilismo, gli illuminati, i satanisti di ritorno, lo troveremo al nostro fianco. Lo so.

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  2. Condivido l'equilibrato giudizio di Angelo Ciccarella. Sono tra coloro che hanno riscoperto la fede cristiana dopo l'incontro esaltante e traumatico con l'opera evoliana: da quella benefica ferita nacque la lunga ricerca, che mi condusse anche a Silvano Panunzio. Quanto al segreto personale di Evola, sconosciuto ai più, confesso di essere tra i più... Giuseppe Maddalena

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  3. Non posso che associarmi con i precedenti commenti di Angelo e Giuseppe. Per me, che ho studiato filosofia all'università, Evola è stato il segno del vero superamento teoretico di Nietzsche e della via della negazione. Evola ha testimoniato una concezione antimoderna che non è opposizione, ma radice della realtà, il radicamento con l'Alto e il Profondo. A Dio il giudizio. Francesco

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  4. Anche io mi associo a quanto detto.
    l'incontro con Evola, l'ultimo anno del liceo, è stato decisivo. Poi arrivò Guenon che mi illuminò ancor di più il cammino e infine il ritorno a Cristo e alla tradizione viva. Alberto

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  5. Salvare Evola dagli evolomani è impresa ardua; fu egli un sorta di patrizio aristocratico e solitario,una sorta di Budda fascista, in perenne guerra contro i pusillanimi che in ogni tempo e luogo, lo hanno osteggiato. Ai tempi dei squadristi, veniva sbeffeggiato con la definizione di "signorina" vale a dire di invertito;nel dopoguerra questa nomea negativa lo accompagnò ancora, tanto che per non smentirsi, veniva pure accusato di essere uno iettatore e di molestare sessualmente i giovanotti di estrema destra che si recavano in pellegrinaggio nel suo appartamento romano. Durò poco tempo anche la collaborazione con una sua giovane e carina segretaria, la quale si licenziò in tronco; i motivi sono tuttora misteriosi.Resto perplesso e incredulo che si possa trovare i motivi di un ritorno al cattolicesimo da parte di alcuni suoi seguaci, con l'opera di Evola,che fu senza ombra di dubbio un nemico acerrimo del cristianesimo. Poi per scendere dall'astratto al concreto, reputo che il miglior esegeta di Evola, in linea politica, attualmente sia il noto editore Freda, anche se il "comunismo aristocratico" dell'editore risultò indigesto a Evola.Ciò premesso un ritorno a un Cristo mite,con un seguito di santi e madonne piangenti,con nutriti gruppi di fedeli composto in maggioranza da donnette isteriche, sia assolutamente inconciliabile con Evola e il suo insegnamento.Ammetto che sia più facile un ritorno al cattolicesimo da parte di chi si ispira al Maestro della Tradizione (ma anche di Evola) il francese Rene Guènon, ma non certo ispirandosi all'opera del barone magico.

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  6. Gentile Signore,
    che lo si voglia o no è un dato di fatto inoppugnabile che Evola abbia ricondotto al cattolicesimo molte anime della destra italiana e non solo. E' il fenomeno che Vico definiva "eterogenesi dei fini". E d'altronde fu Evola stesso a dichiarare che il marchio di "nemico del cattolicesimo" (che anche Lei nel Suo intervento ripete), a lui affibiato, era frutto di "ignoranza e ottusità di giudizio" (se ha tempo si rilegga Il canmmino del cinabro"). Personalmente poi, non trovo giusto mettere in piazza le vicende personali di un autore, quali che siano. Ricorrere alla diffamazione per contrastare un avversario ideologico è sempre un atto ignobile. Ma voglio sperare nella Sua buona fede giustificata forse dalla Sua giovane età.

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  7. Illustre Aldous,"il barone magico o nero" come si voglia chiamarlo,fu messo alla gogna mediatica sui periodici fascisti degli anni venti-trenta, dallo squadrista Mario Carli. Fu costui a coniare l'epiteto di "signorina Evola" vale a dire di invertito";ma non basta perché il Carli lo aggredì fisicamente per strada, finendo con scudisciate in faccia. Dallo scontro ne scaturì una querela e il barone fu costretto a girare con la scorta per le vie della capitale. Il tutto venne reso pubblico e dato alle stampe dallo stesso Evola sul periodico "La Torre" degli anni trenta.In seguito furono Preziosi, Farinacci e Mussolini, a prenderlo sotto la loro ala protettrice.Nel dopo guerra fu Mario Tedeschi il direttore del "Borghese" a mettere in giro la voce che fosse pure uno iettatore, oltre che un molestatore. Come vede fatti ampiamente noti della sua biografia, a chi come me, segue la sua preziosa opera intellettuale.E' vero che nella maturità rettificò il suo paganesimo giovanile dai toni accesamente blasfemi e rivalutò il Cattolicesimo,ma è vero anche che paralizzato,rifiutò sdegnosamente l'invito a recarsi in pellegrinaggio dalla Madonna di Lourdes.Ribadisco che fra i suoi esegeti, prevale la corrente pagana anticristiana basti citare i Dioscuri presenti in Sicilia e a Roma.Ma non basta: molti a seguito della scoperta dell'opera di Evola (ispirato in questo caso dal Guènon) hanno abiurato il cattolicesimo e si sono convertiti all'Islam.Certamente ci furono tra i suoi seguaci, anche casi di ritorno alla religione cattolica, ma non fu il caso personale di Evola, che io personalmente seguo, posso dirlo tranquillamente, da una vita,visto la mia non più verde età.Ossequi.

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  8. Gentile Signore,
    un pensatore interessa per ciò che ha detto o scritto più che per come è vissuto e ciò che ha detto o scritto può essere valido o non valido indipendentemente da come egli ha vissuto.Io la penso così. Potrei inoltre farLe una lunga lista di nomi di nostri intellettuali che sono partiti da Evola e sono approdati al cattolicesimo (mi vengono in mente Fausto Gianfranceschi, Enzo Erra, Piero Vassallo, Giano Accame, Primo Siena, Piero Buscaroli, ecc. ecc). Certo, non sono i cosiddetti neopagani a cui Lei fa riferimento e che sono un'esigua minoranza rispetto a coloro che in seguito sono passati armi e bagagli alla Chiesa di Roma. A proposito di evoliani approdati al cattolicesimo romano, Le dice niente l'esperienza della comunità umana che nel tempo si è raccolta attorno alla rivista Heliodromos?
    Un caro saluto

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  9. Illustre Aldous, sono stato per anni abbonato alla pregevolissima rivista di ispirazione evoliana (ma che si rifaceva in linea politica al noto editore e alla sua casa editrice pagana Franco Giorgio Freda) Heliodromos. Mi fa specie che citi proprio questo periodico, perché a tale periodico collaboravano degli evoliani convertiti all'Islam,esponenti del gruppo pagano dei Dioscuri, oltre che un collaboratore che usava vari pseudonimi, esperto in astrologia,estimatore del mago nero britannico Alesteir Crowley, apprezzato per la verità anche da Evola.Ora sono certo che mi darà della portinaia, ma a proposito di tale collaboratore, di cui taccio il nome per ovvi motivi di opportunità, costui era il corrispondente della rivista gay francese, denominata "Gaie France", il cui direttore era il noto pedofilo neonazista Michel Caignet, impegnato anche sul fronte revisionista, vittima di un odioso agguato da parte di un commando sionista, che dopo averlo aggredito sotto casa,lo sfregiò in volto con dell'acido muriatico.Come possa la comunità umana raccolta attorno alla rivista Heliodromos, essere approdata al cattolicesimo romano, mi risulta del tutto incomprensibile.Non se ne abbia a male,illustre signore, se la contraddico, ma io penso che il pensiero senza l'agire di conseguenza, sia in sintonia con il detto popolare di chi predica bene, ma razzola male.Coi migliori saluti.

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  10. Caro Amico, vedo che Lei è al corrente delle "segrete cose", ma forse ignora "il meglio" e comunque non mi contraddice che in un punto e trscura volutamente la parte più importante dei miei interventi. Parte che mi auguro invece non sfugga ai pochi ma buoni amici che ci seguono su questo blog. Lei ha mai partecipato a uno dei campus estivi di "formazione" della rivista menzionata? Ha letto o seguito la rivista negli ultimi anni? Io non ho detto che la rivista sia approdata al cattolicesimo, ma solo che molta parte della sua comunitrà umana (non parlo degli autori degli articoli) vi è approdata. Glielo dico con certezza e non per sentito dire. Si fidi.

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