Il mistero del male “Benedetto XVI e la fine dei tempi” di Giorgio Agamben (Laterza pagg. 80 euro 7) |
Il mistero del male di Giorgio Agamben sulla scelta
radicale di Ratzinger
di Antonio Gnoli
Un oscuro teologo del IV
secolo fa da sfondo dottrinale alla decisione del Papa di abdicare al suo
magistero. Possibile? Ce lo racconta con il solito raffinato incastro di testi
Giorgio Agamben nel nuovo libro: Il mistero del male (Laterza). Da
anni egli affronta il significato politico della fine dei tempi, sfrondandolo
dagli orpelli apocalittici e cogliendone il senso in una plausibile ricerca
filologica. I testi a volte ci parlano: nella loro autorevolezza sopportano
l’usura del tempo e ci indicano strade che avevamo abbandonato. Non è questo il
senso della tradizione, di quella sapienza archeologica che segna a volte il
nostro agire più consapevole?
Proprio Joseph Ratzinger, appena trentenne, pubblicò un dotto articolo per spiegare la posizione dottrinaria di Ticonio in merito alla Chiesa. Costui era un donatista che avendo descritto una Chiesa al tempo stesso malvagia e giusta, seppe coglierne la struttura bipartita che comprende in sé tanto il peccato quanto la grazia. In una prospettiva escatologica questi due corpi della Chiesa sono destinati a convivere fino alla fine dei tempi. Allorché il Giudizio universale dividerà definitivamente i malvagi dai giusti, il Cristo dall’Anticristo. Fino a quel momento le due “anime” conserveranno una loro presenza nello stesso corpo della Chiesa. È in questo contesto teologico che Agamben colloca il gesto rivoluzionario di Benedetto XVI. Che non è un atto di viltà – accusa già rivolta a Celestino V – né di stanchezza, ma una meditata e sofferta scelta dottrinaria che lo ha posto all’altezza della drammatica situazione in cui la Chiesa si trova a vivere.
Può, infatti, questo istituto millenario attendere che il gran conflitto tra i malvagi e i giusti si risolva alla fine dei tempi? Ecco perché la prospettiva escatologica va ricondotta a quella storica, il tempo dell’apocalisse al nostro tempo. La Chiesa, ci rammenta Agamben, non può sopravvivere se rimanda passivamente alla fine dei tempi la soluzione del conflitto che ne dilania il “corpo bipartito”. D’altro canto, l’aver ignorato lo sguardo escatologico ha pervertito l’azione salvifica della Chiesa nel mondo. L’ha resa per così dire cieca e priva di scopo. Di qui gli scandali, la corruzione e quel corredo negativo che ne hanno stravolto l’immagine. Agamben sottrae il male al cupo dramma teologico e lo restituisce al suo vero contesto storico, nel cui spazio ognuno è chiamato a fare senza riserve la sua parte. Decidere, d’accordo. Ma su cosa? E per quali opzioni o scelte?
Benedetto XVI suggerisce una strada. La sua decisione radicale rinvigorisce l’idea di giustizia e di legittimità. Rimette in moto una macchina politica senza la quale la Chiesa sarebbe destinata a inabissarsi. Non è di un analogo destino che soffre la nostra società? Ancora una volta teologia e politica incrociano due categorie – legittimità e legalità – oggi confuse o smarrite. La profondità della crisi che la nostra società sta attraversando, dice Agamben, va ricondotta anche al tentativo della modernità di far coincidere legalità e legittimità.
Una Chiesa dei giusti non trionferà senza una lotta ai malvagi; così come una società equa non prevarrà senza il ricorso alla giustizia che è un concetto più profondo della legalità. Chi può avere oggi la forza di trasferire nel profano ciò che Benedetto XVI – con il suo richiamo all’Auctoritas (al potere spirituale) – ha svolto nell’ambito del teologico? Le nostre vite, attraversate da crisi terribili, hanno urgenze mondane che si scontrano con l’ideologia liberista oggi dominante. Nota Agamben che il paradigma del mercato autoregolantesi si è sostituito a quello della giustizia e finge di poter governare una società sempre più ingovernabile secondo criteri esclusivamente tecnici. Chiamiamola pure dittatura dell’algoritmo. Ma chi oggi ha un potere così immenso da potervi perfino abdicare? Non è da questa rinuncia che possa nascere una nuova occasione per la politica. Perché il potere sembra esser sfuggito dalle mani dell’uomo. Ecco il dramma storico e il “mistero” dal quale bisogna ripartire.
Proprio Joseph Ratzinger, appena trentenne, pubblicò un dotto articolo per spiegare la posizione dottrinaria di Ticonio in merito alla Chiesa. Costui era un donatista che avendo descritto una Chiesa al tempo stesso malvagia e giusta, seppe coglierne la struttura bipartita che comprende in sé tanto il peccato quanto la grazia. In una prospettiva escatologica questi due corpi della Chiesa sono destinati a convivere fino alla fine dei tempi. Allorché il Giudizio universale dividerà definitivamente i malvagi dai giusti, il Cristo dall’Anticristo. Fino a quel momento le due “anime” conserveranno una loro presenza nello stesso corpo della Chiesa. È in questo contesto teologico che Agamben colloca il gesto rivoluzionario di Benedetto XVI. Che non è un atto di viltà – accusa già rivolta a Celestino V – né di stanchezza, ma una meditata e sofferta scelta dottrinaria che lo ha posto all’altezza della drammatica situazione in cui la Chiesa si trova a vivere.
Può, infatti, questo istituto millenario attendere che il gran conflitto tra i malvagi e i giusti si risolva alla fine dei tempi? Ecco perché la prospettiva escatologica va ricondotta a quella storica, il tempo dell’apocalisse al nostro tempo. La Chiesa, ci rammenta Agamben, non può sopravvivere se rimanda passivamente alla fine dei tempi la soluzione del conflitto che ne dilania il “corpo bipartito”. D’altro canto, l’aver ignorato lo sguardo escatologico ha pervertito l’azione salvifica della Chiesa nel mondo. L’ha resa per così dire cieca e priva di scopo. Di qui gli scandali, la corruzione e quel corredo negativo che ne hanno stravolto l’immagine. Agamben sottrae il male al cupo dramma teologico e lo restituisce al suo vero contesto storico, nel cui spazio ognuno è chiamato a fare senza riserve la sua parte. Decidere, d’accordo. Ma su cosa? E per quali opzioni o scelte?
Benedetto XVI suggerisce una strada. La sua decisione radicale rinvigorisce l’idea di giustizia e di legittimità. Rimette in moto una macchina politica senza la quale la Chiesa sarebbe destinata a inabissarsi. Non è di un analogo destino che soffre la nostra società? Ancora una volta teologia e politica incrociano due categorie – legittimità e legalità – oggi confuse o smarrite. La profondità della crisi che la nostra società sta attraversando, dice Agamben, va ricondotta anche al tentativo della modernità di far coincidere legalità e legittimità.
Una Chiesa dei giusti non trionferà senza una lotta ai malvagi; così come una società equa non prevarrà senza il ricorso alla giustizia che è un concetto più profondo della legalità. Chi può avere oggi la forza di trasferire nel profano ciò che Benedetto XVI – con il suo richiamo all’Auctoritas (al potere spirituale) – ha svolto nell’ambito del teologico? Le nostre vite, attraversate da crisi terribili, hanno urgenze mondane che si scontrano con l’ideologia liberista oggi dominante. Nota Agamben che il paradigma del mercato autoregolantesi si è sostituito a quello della giustizia e finge di poter governare una società sempre più ingovernabile secondo criteri esclusivamente tecnici. Chiamiamola pure dittatura dell’algoritmo. Ma chi oggi ha un potere così immenso da potervi perfino abdicare? Non è da questa rinuncia che possa nascere una nuova occasione per la politica. Perché il potere sembra esser sfuggito dalle mani dell’uomo. Ecco il dramma storico e il “mistero” dal quale bisogna ripartire.
Fonte:
Repubblica,
14 maggio 2013, p. 49
Non posso sapere se questa sia la posizione di Agamben.
RispondiEliminaA me questo dualismo non piace affatto, perché rifarsi ad un donatista? Tanto varrebbe dar credito alla visione guenoniana riguardo la santa Chiesa.
Se la Chiesa è simboleggiata da Maria , deipara, madre di Dio considerata sotto l'aspetto della Prakiti, e la più sublime delle anime sotto l'aspetto dell'immacolatezza , giardino riservatosi per Dio stesso, essa allora è infallibile e vero canale della Grazia.
Il concetto di meretrix è sempre riferito ai suoi figli MAI alla Chiesa di Dio, cosa che sarebbe d'altronde impossibile.
Mi sembra anche che l'ex papa si sia espresso bene al riguardo.
Sempre sul solito dualismo e lo scontro che esso implica : giustifican al tempo stesso il lassismo ed i peccati ( progressismo ), poiché compiuti da un'istituzione santa che deve aprirsi al mondo come l'intransigenza ottusa e scolastica di chi diviene fanatico ( reazionari ). Questa posizione è viziata proprio dal voler dare al male dignità ontologica, dovendosi porre in qualche modo contro di esso, circuendolo o combattendolo,accettandolo supinamente o negandolo come se non dovesse esistere, che porta semplicemente alla distruzione di ogni significato di purificazione divina e di ascesi attraverso il cammino della sofferenza.
Il gesto del Papa in realtà non è niente di straordinario, è un atto legittimo, previsto dai canoni, che solo nella Chiesa occidentale può suscitare scalpore. Si tratta ancora una volta del malcelato papismo e della sua presunta auctoritas sopra le parti.
Il resto dello studio o degli accenni sarebbero comprensibili solo ad una lettura del testo.
daouda
Ringrazio Daouda per il commento teologicamente ineccepibile. Da un punto di vista ecclesiologico la Chiesa non è solo "corpo incorruttibile" ma anche "comunità di credenti" e come tale esposta costantemente all'azione del Male (La Chiesa è santa ma in essa operano uomini peccatori). In questo senso si può dire senza tema di eresia che la Chiesa sia, almeno fino al Giudizio universale, contemporaneamente Chiesa di Cristo e Chiesa dell'Anticristo, Chiesa di Cristo e "Sinagoga di Satana"(immaculata ex maculatis). Credo che nell'abdicazione di Benedetto XVI abbia agito anche questa consapevolezza di un Male che opera e agisce a tutti i livelli e che richiede per essere contrastato "il vigore sia del corpo, sia dell'animo...". Infine, Agamben tira in ballo Ticonio sulla scorta di uno scritto sull'argomento proprio di Ratzinger il cui titolo è "Considerazioni sul concetto di Chiesa di Ticonio nel Liber regularum".
RispondiEliminaScusa la scortesia Aldo ma neghi recisamente il succo del mio intervento ringraziandomi per qualcosa che spero, se veramente è stato così, di esser riuscito semplicemente a spiegare.
RispondiEliminaA mio giudizio non esiste affatto la possibilità di chiamare la nostra Chiesa fallibile, deviabile o macchiabile poiché la sua essenza profonda scavalca/supera queste che in fin dei conti sono solo facezie. Questo perché il suo fondamento è Dio.
Il concetto che vuoi esprimere, e che esprime questo docetista di cui l'ex Papa ha parlato ( non sò bene in che modo ) , ha ovviamente senso e verità, ma secondo me su di un piano inferiore e quindi non paragonabile.
Un corpo non decide di marcire da solo se non vi è stata una condotta negativa pilotata dal suo Capo. Il nostro Capo essendo Cristo non ammette di queste sviste e ciò forse significa che ogni membro si rivolti autonomamente contro l'unità corporea che lo ospita?
Le nostre colpe invece sono sempre mediate dalla nostra volontà , libera, dal nostro rifiuto, libero, dal nostro SMETTERE di essere ecclesia e tempio dello Spirito Tutto Santo.
Per questo scrivevo che una tale concezione porta addirittura, forse, a scusare determinati falli oppure a divenire fanatici in senso verso inverso verso i falli altrui, da un parte perdendosi e dall'altra creando asfissia.
Daouda
Caro Dauda, non c’è contraddizione: io ti ho ringraziato per il tuo intervento che ho definito “teologicamente impeccabile”, ma senza sposarne interamente l’assunto. Non distinguere la Chiesa storica dalla Chiesa Eterna è un errore perché trascina inevitabilmente l’Eterno nel mondano. Personalmente preferisco mantenere la distinzione e riconoscere alla Chiesa storica (in tutte le sue diverse e molteplici declinazioni) tutto il suo carico di colpe e di responsabilità nell’alleanza con il Male. Che poi l’essenza non ne sia sfiorata è questione d’ordine metafisico e spirituale. Occorrerebbe però sempre distinguere la valutazione etica da quella metafisica. Una ecclesiologia solo metafisica ed essenzialista a mio giudizio fa perdere di vista i problemi reali e rende inconsapevoli degli errori che si commettono e che, ahinoi, si perpetuano. Il Male, caro amico, non è affatto “una facezia”, altrimenti il buon Paolo non l’avrebbe definito “mistero d’iniquità”.
RispondiEliminaPer quanto il sacramento permanga immutabile ciò non di meno chi pecca mortalmente si pone al di fuori della Grazia e per ciò stesso al di fuori della Chiesa. Nell'antichità l'uso della scomunica o l'interdizione dalla comunione , con conseguenti momenti espiativi per riabilitarsi pena non soddisfare i requisiti del sacramento della riconciliazione e non poter partecipare pienamente alla vita comunitaria, servivano proprio a recidere o limitare determinati legami spirituali, uso che più non sussiste ed ha creato questa frammistione di fanatici e lassisti al suo interno. Insomma non pongo affatto la questione dividendo tra Chiesa eterna e chiesa storica, perché non considero Chiesa chi da questa si allontana nei fatti, ad essa appartenente, altrimenti un apostata dovrebbe essere comunque sia considerato dei nostri e tutti i peccati di ogni battezzato dovrebbero venir imputati alla Chiesa stessa.
RispondiEliminaMi sembra una cattiva visione impiantata sul mito della perole di Ambrogio : "casta meretrix" , significato fuorviato del tutto nel corso del tempo.
Ritratto il termine facezie.
Tutto ciò Aldo perché mi sembra veramente porre la questione in modo assurdo, da parte di chiunque possa averlo inteso in questo modo.
Questo perché ritengo la spiegazione da me apportata ( non farina del mio sacco ) fondata e plausibile.Posso di certo sbagliare ed esagerare, anche se sinceramente non mi sembra.
Daouda
Caro Daouda, qui non si tratta di essere “plausibili” e direi neanche di essere ortodossi al 100%: l’ortodossia infatti non si misura a colpi di dottrina (la preconciliare esatta al 100%, la postconciliare al 50 o al 30%, ecc. ecc.). La definizione di “Sinagoga di Satana” non è di un Ambrogio equivocato, ma dell’evangelista Giovanni ovvero dell’autore dell’Apocalisse -posto che sia la medesima persona- (testo ancora canonico salvo ripensamenti) e se ci pensi la Sinagoga era la “Chiesa” dei tempi di Gesù. E’ legittimo dunque parlare di “Chiesa di Cristo” e di “Chiesa di Satana” riferendosi alla medesima Chiesa che può arrivare a tradire la Verità fino all’identificazione diretta con il suo opposto e cioè con la Menzogna ovvero con il padre della Menzogna. Una Chiesa così sarebbe a tutti gli effetti “una Chiesa di Satana”. Una Chiesa che domani sposasse le tesi dell’Anticristo sarebbe a tutti gli effetti una chiesa dell’Anticristo. La definizione equivocata di “casta meretrix” sarebbe in questo sciaguratissimo caso addirittura un fin troppo generoso eufemismo.
RispondiEliminaSi ma per sinagoga di Satana è ben evidente il riferimento, che siano eretici o perfidi giudei tou court, non appartengono affatto alla santa Chiesa di Dio, come chiunque ne contravviene i precetti si autoesclude dall'azione sacramentaria.
RispondiEliminaL'atto dell'ex Papa semmai si palesa nella sua gravità perché nella Chiesa vigono varie eresie , che minano addirittura la validità effettiva dei sacramenti forse in qualche caso, confermando in questo senso la tua ipotesi di deviazione della santa Chiesa in assemblea anticristica ma che, in tempi normali, sarebbero condannate e la Chiesa di Dio sarebbe evidentemente ben riconoscibile ed inaccostabile a questi cialtroni maligni.
Se la zizzania cresce accanto al grano, stanno insieme e verrano raccolti insieme alla mietitura, ma le loro nature sono del tutto diverse e sempre rimarranno tali e non si dice che esse sono il medesimo quantunque siano in fin dei conti un tutt'uno.
Ma tralasciando questo punto, che comunque sia ci trova in realtà più vicini di quanto non appaia, quel che mi sembra strano è che la difesa di tale posizione dipenda più dal fatto che sia stata espressa da Joseph Ratzinger che altro ( divenuti Papa si diviene evidentemente irrefutabili non solo per quel che si scrive durante il pontificato, ma anche prima ) sia l'incensare un atto così anomalo quanto banale, che palesa il solito ideologismo idolatrico verso la figura del Patriaca d'Occidente.
Dove sarebbe il gesto "rivoluzionario"? Avesse scomunicato qualche nota figura nel nostro panorarma politico ed oltre, assieme a qualche vescovo e vari gruppi ecclesiali da recidere che si sono autoesclusi dalla santa Chiesa, quello si che sarebbe stato "rivoluzionario"...
E' per questo che ho scritto sin dall'inizio che questo ritenere la Chiesa sia peccatrice che santa favorisce il giustificazionismo buonista tra i nostri e di converso genera un fanatismo idiotico che ci impedisce di aprirci agli altri.
Spero si comprenda ciò che indico.
Daouda
Caro Amico, non voglio in nessun modo imporLe il mio punto di vista e neanche alimentare una sterile polemica. Le dico solo che Lei ed io sul soggetto in esame la pensiamo in modo diverso. Non mi piacciono le semplificazioni e non sono abituato per formazione a ragionare per assiomi o per postulati (metodo che lascerei volentieri alle scienze matematiche). Il mio approccio alle questioni anche teologiche o è di tipo critico/problematico (leggi: filosofico) o è di tipo analogico/anagogico/simbolico (leggi:tradizionale in senso guénoniano) o è di tipo "immaginale" in senso corbiniano. Mi dibatto insomma tra questi diversi e a volte anche distanti "angoli prospettici". Lei invece ama parlare ancora il linguaggio dell'intransigenza e del rigore. Posso solo augurarmi che queste sue "certezze" teologiche e dottrinarie non nuocciano alla salute della sua Anima e che non suggeriscano a chi la ascolta o a chi ha la ventura di leggerLa un'idea erronea e fuorviante della nostra Fede. Voglio infine aggiungere che non è mio costume difendere "tesi" (neanche se fossero quelle del Papa) ma solo portare riflessioni. La ringrazio comunque dei Suoi interventi che se non altro hanno il pregio di essere sinceri.
RispondiEliminaPotrei aver scritto lo stesso io, tranne che il sottoscritto non fà il buonista, che è la differenza che mi appare più evidente,
RispondiEliminaSui principi non credo debba esserci nessun permissivismo proprio alla luce della filosofia e della tradizione.
Ma lascio perdere.Vedrò semmai di informarmi sul testo di Ratzinger in questione.
Saluti
Tradizione Tradizione, quanti delitti si commettono nel tuo nome! Caro Amico, qui il "buonismo" non c'entra proprio nulla. E' il Suo linguaggio "intransigente" e rigorista che mi sono permesso di criticare. Un tale linguaggio credo che abbia poco a che fare con la cosiddetta "difesa dei principi". Il Nostro Gesù non era certamente un "buonista", ma non emetteva sentenze di condanna mirate a questa o a quella persona. Stare nella Verità, testimoniare la Verità con la vita stessa e condannare l'Errore sempre era la Sua divina divisa. Chi sta nell'errore spirituale e morale si condanna da se medesimo, senza bisogno di tirare in ballo la "casuistica medievale" o il Diritto canonico.Mi creda caro Amico, il linguaggio della Controriforma ha fatto il suo tempo. Questo semmai è il tempo del linguaggio profetico. Ma di Profeti ahimé e ahinoi non si vede oggi più nemmeno l'ombra.
RispondiEliminaVeramente era il linguaggio dei santi padri quello a cui mi riferivo, e la loro ortoprassi, ma pazienza. Evidentemente piace gettare merda su un'istituzione cui per natura nulla del genere può tangere, appartenendo per definizione ad un'altra realtà. Darà forse fastidio sentirsi dire che alle volte si è in comune nell'atteggiamento con la parte avversa quando ci si crede chissà quali conoscitori del mistero e della dottrina.
RispondiEliminaAvessi scritto blasfemie od eresie, tale atteggiamento sarebbe pur comprensibile, ma evidentemente ribadire le cose come stanno è meno accettabile rispetto al comunicare ecumenicamente con qualsivoglia utente di passaggio.
Tu stesso hai scritto che ho fatto dell'ecclesiologia metafisica, accusandomi di focalizzarmi solo su questa e di non guardare alla storia ( io mi permetto di far notare che distinguere tra Chiesa storica e Chiesa eterna è del tutto contraddittorio per definizione ) quando è proprio alla storia che guardavo spiegando che ogni peccato grave che toglie dalla comunione viva della Chiesa e dalla Grazia mediata dalla nostra santa Madre ci rende per lo stesso motivo estranei a questa santa assemblea, portando a conferma di questo gli esempi stessi delle penitenze e dall'inibizione all'eucarestia che da SEMPRE sono state comminate ai cristiani , come il fatto che gli apostati nonostante il loro appartenere alla comunità dei credenti per via del battesimo ( che li rende in linea ontologica per sempre cristiani ), ne siano comunque definitivamente fuori per quanto riguarda la prassi.
Dove sarebbe allora il non considerare la storia?
Se hanno dato fastidio certe stillettate al Papa, è normale, avendo io una visione ortodossa, per questo reputo senza scalpore un atto del genere.
Ma che mi si venga a scrivere che all'interno della santa Chiesa esista una "sinagoga di Satana" od una "Chiesa dell'anticristo" questa è solo un'opinione che può forse avere significato per la realtà odierna proprio alla luce della deriva della Chiesa occidentale e del suo disordine, supportato anche da qualche profezia in effetti, ma è da imputare a tale Chiesa stessa che non ha saputo combattere adeguatamente le infiltrazioni del Nemico al suo interno oltre che per il suo perdersi spesso in derive mondane che non l'avrebbero dovuta riguardare tant'è che oggi si fà essa stessa portatrice di scandalo.
Ma questo scandalo sarà sempre e solo estraneo alla Chiesa di Cristo , come un tumore è estraneo a corpo : come un arto ormai in cancrena viene amputato, la chiesa d'occidente si gloria invece di mantenere intero tutto il corpo quando non và che incontro alla morte sicura, in dispregio delle note parole del Salvatore riguardo l'entrare nel regno dei Cieli monchi o ciechi.
Convengo non sia il tempo adatto per fare di questi discorsi, ma il tema in questione era questo ed io ho solo apportato la corretta interpretazione di questo caso di studio.
Sai che me ne frega a me di avere ragione, quando debbo pensare all'anima mia, cui penso spesso male consapevole di avere un piede all'inferno perché sono in fin dei conti un disperante?
Eh sappi che non sei l'unico che vive in tempi di questo genere e sà quel che sà. Sembra che ciài la puzza sotto ar naso che cazzo.
Daouda
Ad ogni modo se mi ostino a scrivere facendo probabilmente una figura patetica per la mia insistenza è perché ti stimo e perché sono abituato a pormi nei dialoghi che si fanno verso una conclusione e non lasciandoli a mezz'aria ( a maggior ragione digitalmente ) . Se sbaglio , ritratto, ma vorrei almeno capire dove...e credo che mi sia ,sinceramente, dovuto.
RispondiEliminaAuguri ad ogni modo, oltre ogni apparente astio, il Signore ha appena visitato la via in cui abito.
Daouda
Caro Amico, non te la prendere: le mie sono solo riflessioni personali e non dichiarazioni apodittiche o professioni di fede. Ho solo espresso il mio punto di vista che semplicemente non coincide con il tuo. Il discorso, me ne rendo perfettamente conto, è assai complesso e non era mia intenzione né semplificare, né tirare delle conclusioni, né avere ragione. L’importante è stimolare una riflessione in chi ci legge, possibilmente con educazione e con garbo. Ma mi rendo che in questo contesto a volte scappa la penna ovvero la tastiera insieme, purtroppo, alla pazienza. Ma Dio –per fortuna!- sorride di queste nostre piccinerie.
RispondiEliminaPace e Bene.
p.s. Sull'argomento preferisco non insistere lasciandolo aperto a future digressioni.
Dio sà , nonostante quel che noi vogliamo far presumere d'aver capito.Scusa per l'astiosità.
RispondiEliminaDaouda