di Primo Siena
Silvano Panunzio, nato a Ferrara il 16 maggio 1918, si considerò sempre “civis catholicus” di Roma, l’Urbs Aeterna. Dalla ariostea città degli Estensi – come ricordava anni fa il senese Rodolfo Gordini, suo sagace allievo – egli trasse “un’anima epica e giocosa ed un’anima severa ed ispirata, savanorolina, ma della Città eterna dove visse dopo la prima infanzia per quasi tutta la vita, tranne alcune forzate parentisi (compresa quella del suo ultimo scorcio esistenziale), si sentì “civis romanus” d’anima e di cuore, identificando l’universalità di Roma con la sua fede di cristiano cattolico vissuta nella prospettiva giovannea del Vangelo Eterno. E nella sua Roma eterna sono ritornate le sue spoglie terrene il 12 giugno dell’anno del Signore 2010, mentre il suo spirito si librava nella seconda nascita.
Figlio del celebre giurista, filosofo e uomo politico Sergio Panunzio (1886-1944), Silvano trasse dal padre l’interesse per la filosofia classica, avviandosi sui 15 anni allo studio della metafisica occidentale e del pensiero dell’India. Matura fin da giovane la sua fede cristiana sui testi della mistica speculativa (da Bonaventura a Padre Pio da Pietralcina, passando per Pascal). Intorno ai 30 anni si dedica allo studio dell’ebraico biblico sotto il magistero personale di Eugenio Zolli (giá Rabbino-capo della comunità ebraica di Roma, convertitosi al cristianesimo) e completa la sua preparazione intellettuale e spirituale mercé l’incontro a 40 anni con Padre Agostino Zanoni, Priore dell’imperiale Abbazia di Farfa, definito dal cardinale Schuster “ieromonaco uscito dalle fiamme roventi del Medioevo”.
Il suo pensiero, ora raccolto nei volumi della “Dottrina dello Spirito” (di cui é riuscito a completare l’ultimo volume proprio alla vigilia della suo decesso) si snoda lungo l’itinerario di quattro riviste italiane: Pagine Libere a Roma; L’Ultima a Firenze; Carattere a Verona; Spiritualitá e Letteratura di Palermo fondata dal poeta Giulio Palumbo e, dopo l’immatura morte di costui, da Tommaso Romano; Metapolitica a Roma; quest’ultima da lui stesso voluta e fondata come “rivista del regno universale” ha marcato per oltre un quarantennio la fase più creativa e completa della sua feconda e combattiva esistenza (ufficiale della Marina militare, aveva altresì combattuto nella seconda guerra mondiale meritandosi la decorazione dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro).
Egli collaboró altresi a riviste europee di notevole valore culturale: Kairos di Salisburgo, di cui fece parte del comitato scientifico assieme a Eliade, Burckhardt, Vereno, Danielou, Pannikar); Zeitschrift für Ganzheits-Foschung (Rivista per la ricerca della totalità) di Vienna fondata dal platonico Walter Heinrich; Cielo y Tierra di Barcellona, “rivista di antropologia, metafisica, simbolismo” diretta da Daniel Bonet.
Nella seconda metá degli anni cinquanta, Silvano Panunzio raccolse attorno a sé un nutrito gruppo di giovani distribuiti tra Roma, Firenze, Verona, Torino, Alghero costituendo con essi (25 ottobre 1959) l’Alleanza Tradizionale Michele Arcangelo (Atma), ribattezzata significativamente in Alleanza Trascendente Michele Arcangelo e che sotto la sua costante ispirazione ed il suo vigile patrocinio cementó nel tempo una fraternitá michelita che nel proposito di sviluppare una dimensione sacrale e simbolica nella sfera del sapere e nel quotidiano esercizio di vita, trascendeva i suoi stessi oscuri ed umili iniziatori .
Le iniziative di Silvano, ma soprattutto l’originalità del suo pensiero speculativo, attrassero tra gli anni Sessanta e Novanta alla rivista Metapolitica e all’ Atma personalità di forte caratura culturale e religiosa, tra i quali: Giuseppe Palomba, originale economista, docente emerito dell’Ateneo di Napoli; Raimondo Panikkar, sacerdote gesuita, docente all’Università americana di Santa Barbara; Mathias Vereno, direttore della rivista Kairos, sagace cultore di studi sul simbolismo cristiano nell’ottica della simbologia universale; il romanziere e saggista ispano-rumeno Vintila Horia; Emilio Servadio, uno dei maggiori studiosi di psicanalisi e paraspicologia; il dominicano Padre Giacinto Scaltriti, filosofo tomista dotato di ardente mistica savanaroliana; Johannes Maria Michael Dlustusch, sacerdote salesiano d’origine ungherese (missionario tre volte scampato a mortali persecuzoni in Europa ed America), nutrito di chiaroveggente sapienza dedicata a meditazioni escatologiche di supremo interesse; il bretone Emile Folange studioso di tradizioni religiose d’oriente e d’occidente; il poeta francese Pierre Pascal, robusto scrittore di filiazione maurassiana; il docente portoghese João B. Chorao, coordinatore dell’Enciclopedia Luso-brasiliana di filosofia.
Chi scrive, ebbe il suo primo scambio epistolare con Silvano Panunzio il 10 novembre del 1957, culminato quindi in un memorabile incontro personale svoltosi una sera d’agosto del 1958 quando, incontrandolo nella simbolica piazza del Campidoglio in Roma, sotto la tutela severa della statua equestre di Marco Aurelio, egli aprendomi gli orizzonti suggestivi della metapolitica, mi incitava a percorrerne gli erti sentieri. Sotto la sua guida appresi a conoscere la differenza tra sociologia antropologica e sociologia tradizionale d’indirizzo spirituale, definita giustamente da Luigi Sturzo: sociologia del soprannaturale o della vera vita. Da Panunzio appresi che la conoscenza vera si attinge attraverso un processo interiore, dove la centralità e circolarità dell’intuizione chiarisce ed illumina la linearità e perimetralità della ragione.
Sotto il suo magistero si venne configurando in me una visione critica nutrita, in prospettiva metapolitica, dei tempi moderni plagiati da una serie di ambiguità que vanificano ogni principio di trascendenza. Da tali ambiguità si puó evadere di colpo ricorrendo all’originale formulazione panunziana per cui la metapolitica é l’espressione in atto della metafisica quale scienza dei principi primi, dell’escatologia quale scienza dei fini ultimi e della politica, scienza ed arte dei mezzi mediante i quali si articola e istituzionalizza la società umana. Risulta quì d’evidenza immediata che la metapolitica panunziana differisce radicalmente dalla metapolitica spuria, rimessa oggi in voga e che si limita ad essere un momento di mero contropotere culturale inteso a sostituire la cultura dominante quale strumento di potere. E, in parallelo, appare evidente come la metapolitica panunziana presupponga invece una netta trascendenza dalla politica intesa quale mera “cronologia politica”, poichè tale metapolitica solleva la politica stessa dalla sfera sensibile (e talora infera) della Civitas hominum, per sublimarla in quella sovrasensibile e spirituale del Regnum Dei.
Silvano Panunzio ha sviluppato così, in una svettante architettura verticale una intuizione del padre Sergio; il quale nei lontani anni quaranta del Secolo Ventesimo aveva intravisto nella verace metapolitica la culminazione di un disegno politico che all’insegna della “conservazione rivoluzionaria” costituiva la rettificazione sacrale e romana della “rivoluzione conservatrice” di matrice teutonica, dove il senso del sacro restava purtroppo oscurato o addirittura capopvolto.
La metapolitica - come l’ha configurata, insegnata e vissuta Silvano Panunzio nel corso della sua vita magistrale - recupera così la nobiltà della politica stessa in una rinnovata missione pro aris et focis, riponendo nella giusta collocazione il senso religioso della vita, laddove la cinica modernità dei tempi nostri lo ha spodestato.
Come giustamente scrisse in occasione del suo ottantesimo compleanno, Aldo La Fata – l’ultimo dei giovani discepoli più fedeli – non si puó non essere profondamente grati e rinoscenti a Silvano Panunzio, per tutto questo e per molto altro ancora. Riconoscenti soprattutto per aver Egli educato all’umanità di Gesú, il Cristo; aver educato alla “divinità di Gesù”, averci “condotto, da vero apostolo dei tempi ultimi, fin quasi alle soglie del Mistero del Verbo Eterno e della Sua più grande e definitiva Epifania”.
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