«La Russia come impero della terza Roma non conosce confini: (…) tutta la storia russa fino al 1991 è la storia di un’espansione planetaria permanente, e solo il ripristino dei processi espansionisti salverà la Russia stessa dalla disintegrazione. Per conservare se stessa, la Russia deve fare un’inversione di marcia verso l’esterno, non come il “buco nero” vuoto di Brzezinski, ma come progetto geopolitico universale, in grado di dare un assetto allo spazio mondiale secondo la sua visione. La Russia deve disegnare una propria carta geopolitica del mondo e regolare la realtà circostante secondo gli imperativi schematici di questa cartina». No, la megalomania indotta dal monopolio dell’approvvigionamento energetico dell’Europa occidentale e il revanscismo della grande potenza che fu umiliata non spiegano tutto. La dispiegata volontà di potenza della Russia di Putin e Medvedev, dei cui segni inquietanti l’estate alle nostre spalle è costellata, è anche il prodotto del clima creato da una nuova generazione di intellettuali e dalle giustificazioni ideologiche di alto profilo che le loro sofisticate scuole di pensiero non cessano di fornire. Pensatori che, come Arkadij Maler, l’autore del brano citato sopra, rivendicano orgogliosamente per sé l’appellativo – che è tutto una sfida – di “neoconservatori russi”.
I nuovi conservatori di nome fanno Maler, Aver’janov, Razumovskij, Tret’jakov, Fisˇman, Belkovskij, Karev, ecc.; portano barbe alla Dostoevskij, gestiscono siti internet spesso bilingui (russo e inglese) che si chiamano www.politiklass.ru, www.katehon.ru, www.pravoslavie.ru, scrivono un sacco di libri e vantano buone entrature presso il governo e le gerarchie ecclesiastiche ortodosse. Ma soprattutto riescono ad accreditarsi come la sintesi finale e suprema di tutto il pensiero tradizionale e conservatore russo. Per il terrore degli occidentali, uniscono gli orizzonti escatologici degli slavofili del primo Ottocento a quelli geopolitici eurasisti e neo-eurasisti di Aleksandr Dugin. E giustificano il tutto niente meno che con la dottrina di san Paolo del “katechòn”, il potere istituzionale che, com’è detto nella seconda Lettera ai Tessalonicesi, trattiene il mistero d’iniquità e ritarda l’avvento dell’Anticristo nel mondo.
«La nuova grande espansione» della Russia, secondo Aver’janov, richiederà l’intero XXI secolo, ma è necessaria e giustificata perché, come scrivono gli autori di Medio Evo contemporaneo. La politica religiosa della Russia nel contesto della trasformazione globale, «il compito di una nazione e di uno Stato è la conservazione dell’esistenza di una comunità politica fino alla fine dei tempi (…). Questa idea presuppone la comprensione della Russia non solo come uno degli stati del mondo, ma come lo stato-impero che ha una sua particolare missione negli “ultimi tempi”. Questo Stato è un impero escatologico. Questa coscienza è legata all’idea esistente nella tradizione ortodossa di “colui che trattiene” (Katechòn), di un ordine politico o di un regno, in grado di trattenere con la sua forza armata l’avvento nel mondo dell’anarchia, che condurrà la gente all’idea di sottomettersi all’anticristo. Nella tradizione ortodossa questo ultimo regno si chiama Roma, con la sua prosecuzione, Nea Roma, Bisanzio. Mentre nella tradizione ecclesiastica e politica russa la Russia è dichiarata Terza Roma, ultimo centro dell’ultimo regno, dopo la cui caduta non ci sarà una “quarta Roma”».
Si tratta di posizioni che hanno conquistato il mainstream. «I neocon russi sono gli intepreti più originali del nuovo clima politico e culturale della Russia putiniana», spiega Amedeo Roccucci, docente di storia contemporanea all’università di Roma 3 e autore di uno stimolante articolo apparso sul n. 4 del bimestrale Limes. «Nella Russia della perestrojka c’erano due correnti di pensiero e di espressione politica conservatrice: quella legata ai nazionalisti dell’associazione Pamiat e quella dei nazionalcomunisti di Zyuganov nostalgici dell’Urss. Il nuovo conservatorismo si differenzia da questi antecedenti per vari motivi. Uno politico: il terreno di coltura del neoconservatorismo è la congiunzione tra l’establishment politico e il sentire patriottico dell’opinione pubblica russa. Mentre negli anni Novanta i conservatori erano un’opposizione minoritaria, dopo la guerra del Kosovo c’è un mutamento nel sentire pubblico della Russia e nell’atteggiamento del potere politico verso questo sentire pubblico. Si può ben dire che oggi il pensiero dei neoconservatori esercita l’egemonia culturale in Russia perché interpreta in modo originale il sentire profondo dell’opinione pubblica russa. E il potere politico ne è stato contaminato: la nota formula di Vladislav Surkov (l’ideologo di Putin, ndr) della “democrazia sovrana” è sicuramente debitrice di questo filone di pensiero».
La seconda differenza è di carattere culturale. I neoconservatori sono più sincretisti: «Enumerano fra i loro padri sia Dugin (il pensatore del neo-eurasismo) che Solzenicyn, sia Aleksandr Panarin che negli anni Novanta abbandona il suo credo liberale e sviluppa un pensiero sulla Russia come civiltà ortodossa e come risposta alle sfide della globalizzazione, che gli slavofili ostili alla modernizzazione della Russia già nell’Ottocento».
Un nuovo messianismo
Naturalmente quello che sconcerta di più è l’ispirazione simil-apocalittica di molti testi. «I temi messianici ed escatologici non sono mai scomparsi dal panorama del pensiero politico russo», spiega Roccucci. «Tanto che Nikolaj Berdjaev (il grande pensatore che fu espulso dalla Russia dai bolscevichi, ndr) spiegò subito che anche il comunismo altro non era che la realizzazione traviata del messianismo e dell’escatologismo cristiano russo». Forse bisogna avere più paura di un altro fatto: i rapporti sempre più stretti di questi pensatori con esponenti prestigiosi della Chiesa ortodossa. Il sito www.pravoslavie.ru è animato da intellettuali neoconservatori religiosi che si muovono attorno a Tichon Sevkunov, l’archimandrita del monastero della Presentazione al Tempio di Mosca meglio conosciuto come “il padre spirituale di Putin”. Colui che in una famosa intervista a Izvestija, dichiarò: «Vladimir Putin è un cristiano ortodosso vero, e non solo per modo di dire. Un uomo che si confessa, fa la comunione ed è consapevole della responsabilità che ha dinanzi a Dio».
E non è tutto. «I legami fra questi intellettuali e la Chiesa ortodossa sono piuttosto stretti», afferma Roccucci. «L’anello di congiunzione tra il mondo ecclesiale e questo circolo di pensiero è il Concilio mondiale del popolo russo, che è un forum di dibattito culturale e politico, creato dalla Chiesa russa e presieduto dal patriarca ma di fatto diretto dal metropolita Kirill, che è il numero 2 della Chiesa russa, e dal presidente dell’Unione degli scrittori di Russia. All’interno di questo forum la presenza dei neoconservatori è così importante che uno dei loro documenti più significativi (Dottrina russa) è stato presentato proprio nel contesto del Concilio mondiale dal metropolita Kirill in persona. Il quale ha spiegato che questo testo non può essere considerato dottrina ufficiale della Chiesa, ma che molti dei temi contenuti in esso sono condivisi dalla Chiesa russa».
Una fede dopo il comunismo
Il giudizio sui neoconservatori russi di un altro slavista esimio, Adriano Dell’Asta docente dell’università Cattolica di Milano e Brescia e vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana, è sferzante. «C’è sempre stata questa linea di nazionalismo che confonde piano escatologico e piano storico-temporale. La parte del leone la fa la geopolitica, ammantata di coloriture religiose: il riferimento continuo alla caduta di Costantinopoli e a Mosca Terza Roma è sintomatico. Ma qui la storia perde i suoi contorni reali: il mito dell’impero, di Mosca Terza Roma, nasce solo dopo la caduta di Costantinopoli, ma la Russia inizia nel 988 col battesimo del principe Vladimir! Cosa è stata la Russia fino al 1453? San Sergio muore nel 1392! Sarebbe come far iniziare l’Italia col Rinascimento, ignorando san Francesco. Se l’identità della Russia è indissolubile dalla tradizione religiosa, la sua storia comincia nel 988».
«Quel che è preoccupante – continua Dell’Asta – è questa idea che è morta una fede, quella sovietica, e allora occorre sostituirla con la fede nella grandezza della Russia. La grandezza della Russia non è una fede sostitutiva, è una realtà, ma nella misura in cui si fanno i conti con la tragedia sovietica, quando la tradizione religiosa è stata soffocata. I neoconservatori rivendicano una parentela con Solzenicyn, ma le loro posizioni sono agli antipodi. Questi autori parlano di espansione della Russia, invece la prospettiva che Solzenicyn indicava al potere era di rinunciare al perseguimento della via imperiale e di rivolgersi a uno sviluppo interno politico e umano, vero ambito della grandezza russa. I neoconservatori dovrebbero andarsi a rileggere la riflessione sulla nazione di Vadim Barisov in Da sotto le macerie, la famosa antologia curata da Solzenycin».
(www.tempi.it/ di Rodolfo Casadei)
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