27/12/08

Perché non possiamo non dirci "cristiani".

Per i novant'anni di Alda Croce, ripubblicato il saggio di Benedetto Croce Perché non possiamo non dirci "cristiani". Eccone uno stralcio:

«Il Cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai compiuta: così grande [...] che non meraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall'alto, un diretto intervento di Dio nelle cose umane che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo nuovo. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. Tutte, non escluse quelle che la Grecia fece della poesia, dell'arte, della filosofia, della libertà politica, e Roma del diritto: per non parlare delle più remote della scrittura, della matematica, della scienza astronomica, della medicina, e di quanto altro si deve all'oriente e all'Egitto...
E le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni, in quanto non furono particolari e limitate al modo delle loro, ma investirono tutto l'uomo, l'anima stessa dell'uomo, non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana... perché l'impulso originario fu e perdura il suo. La ragione di ciò è che la ri-voluzione cristiana operò nel centro dell'anima, nella coscienza morale, e conferendo risalto all'intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fino allora era mancata all'umanità. Gli uomini, gli eroi, i geni, che furono innanzi al Cristianesimo, compirono azioni stupende, opere bellissime, e ci trasmisero un ricchissimo tesoro di forme, di pensiero, di esperienze; ma in tutti essi si desidera quel proprio accento che noi accomuna e affastella, e che il Cristianesimo ha. dato esso solo alla vita umana». B. Croce

Addendum

Biografia breve di Benedetto Croce con annotazione anti-massonica

di Alfredo Marranzini s.j.

Croce, nato il 25 febbraio 1866 a Pescasseroli (L'Aquila), si trasferì con suo padre a Napoli e fu ammesso al collegio diretto dal B. Ludovico da Casoria nel palazzo rinascimentale Del Balzo, sito nella piazza S.Domenico Maggiore. Scampato al terremoto di Casamicciola (1883) per il quale perirono i suoi genitori, fu accolto a Roma in casa di Silvio Spaventa e vi rimase fino al 1886.

S'iscrisse alla facoltà di giurisprudenza nell'Università "La Sapienza", ma più volentieri si chiudeva nelle biblioteche, frequentando solo le lezioni di Antonio Labriola (Cassino 2 luglio 1843 - Roma 12 febbraio 1904), filosofo marxista e cultore di filosofia della storia.

Tornato a Napoli, egli partecipò alla vita politica da critico letterario. Nominato nel 1910 senatore da Giorgio Sidney Sonnino (Pisa 11 marzo 1847 - Roma 24 novembre 1924), fece parte del governo Giolitti come ministro della pubblica istruzione dal 1920 al 1921. Anche dopo l'avvento del fascismo egli rimase fermo al liberalismo, in cui predominavano i motivi propri della sua cultura filosofica. Quando dai fascisti fu presentato un disegno di legge per la proibizione della Massoneria, egli non esitò a fare questa dichiarazione di voto:

"Sempre nella mia opera di scrittore ho avversato la massoneria, perché, a mio giudizio, l'ideologia da essa rappresentata e promossa era semplicistica e antiquata e impediva, con la sua superficialità, quella soda cultura che io auguravo al mio Paese. Inoltre ero con molti altri di avviso che il segreto di cui quella associazione si circondava, dando luogo a infiniti sospetti se non addirittura a illeciti maneggi, non giovasse a mantenere sana la nostra vita civile.

Questa mia insistente polemica... è nota ed è stata ricordata da molti nelle discussioni che hanno accompagnato il presente disegno di legge. A questo io dovrei essere sostanzialmente favorevole, e anzi lieto di vederne l'attuazione come io stesso avevo desiderato. Ma la mia polemica contro la massoneria si svolgeva in condizioni di libertà ed era mossa da spirito liberale, che sentiva incompatibili le associazioni segrete di qualsiasi sorta. Invece il presente disegno di legge ci viene innanzi quando non solo le condizioni della pubblica libertà sono assai turbate in Italia, ma si ode proclamare con feroce gioia la distruzione del sistema liberale e questo disegno di legge è considerato come parte integrante di un unico tutto di leggi antiliberali. Esso, perciò, se materialmente risponde al mio desiderio, spiritualmente ne discorda non poco e per questa seconda considerazione io non potrei dargli il mio voto.

Quando ci si trova nel bivio in cui io ora sono posto, e si sente il dovere di non venir meno, neppure in apparenza, al proprio passato e nel tempo stesso si sente l'alto dovere di non venir meno alla propria coscienza che avverte che il presente non è quale era il passato, si ha il caso tipico, a me pare, in cui è necessario trarsi in disparte e astenersi. E io mi asterrò dalla votazione del presente decreto di legge" (Testo in Il sole-24 ore, 10 nov. 2002, p.37, sotto il. titolo "Non amo i Gran Maestri ma non voterò per abolirli").

Come storico e critico, Croce ha scritto pagine che rimangono per profondità d'intuizione e finezza di penetrazione psicologica, ma alcuni suoi giudizi risentono di una parte, anche se inconscia, polemica. In coerenza con 1'immanentismo del suo sistema filosofico, contraddisse non sempre con serenità il cattolicesimo. Senonché negli ultimi suoi anni si orientò verso una valutazione più obiettiva delle benemerenze storiche della Chiesa cattolica e della sua concezione antropologica, pur rimanendo egli estraneo allo spirito più profondo del cristianesimo.



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