Si spegneva, dopo una lunga malattia, il 21 dicembre di quarant’anni fa a Monaco il gesuita Hugo Rahner, l’autorevole patrologo, storico della Chiesa e studioso della spiritualità ignaziana. Intimo amico di uno dei padri della psicanalisi, Carl Gustav Jung, fu un uomo, come ebbe a dire il suo amico e discepolo Alfonso Rosenberg, «innamorato dei Padri della Chiesa e del cristianesimo primitivo » e con una predilezione per il ' Padre' della Compagnia di Gesù: Ignazio di Loyola. Un cognome quello di Rahner associato per i più al fratello minore di Hugo, di quattro anni più giovane il teologo di fama internazionale e perito al Concilio Vaticano II, il più noto Karl.
«Ho conosciuto entrambi – rivela il discepolo e biografo dei due teologi gesuiti, Karl Heinz Neufeld, autore tra l’altro di un bel libro, edito da San Paolo, dal titolo Hugo e Karl Rahner –. I due fratelli erano molto diversi tra loro. Hugo pur essendo un solitario era molto gioviale e affabile, una persona sempre allegra mentre Karl era un uomo più chiuso in se stesso, un animo forse più riflessivo. Tutti e due si sono aiutati nella loro carriera accademica e forse il vero punto di incontro tra il dogmatico e tomista Karl e il patrologo Hugo sta proprio nella comune passione per la spiritualità ignaziana, l’ascetica e la mistica. Io credo che per conoscerli bisogna studiarli assieme. C’è un filo rosso ideale che li unisce» .
Tornano alla mente del professor Neufeld, un gesuita dai tratti gentili, già docente di Teologia a Innsbruck, la stessa università che formò e in cui mossero i primi passi accademici i fratelli Rahner, e oggi direttore spirituale del seminario vescovile di Osnabrück, in Bassa Sassonia, l’infanzia dei due fratelli. «Per uno strano caso della vita nell’autunno del 1921 ospite di casa Rahner fu Pier Giorgio Frassati – racconta padre Neufeld –. Conobbe i due fratelli e prese lezioni di tedesco dal padre di Karl e Hugo. So che Karl Rahner rimase edificato dalla devozione e attenzione alla preghiera in particolare alla recita del rosario di Frassati» .
Ma nell’album dei ricordi di Karl Neufeld affiora anche la figura della madre dei fratelli Rahner, Luisa Trescher. «Una donna molto pia – annota – che ha influito enormemente sulla spiritualità dei due fratelli. Morirà ultracentenaria, anni dopo la scomparsa nel ’ 68 di Hugo, su cui veglierà fino all’ultimo». E aggiunge: «Dopo il suo decesso i suoi figli trovarono, tra le sue carte, un foglietto su cui ella aveva copiato a mano la preghiera di Pierre Teilhard de Chardin per ottenere una buona morte. Karl, da sempre affascinato da questa figura di studioso, rimase commosso da questo fatto». Ma ad impressionare e a sorprendere oggi, a quarant’anni della morte di Hugo Rahner, è certamente la sana competizione accademica che esisteva tra i due fratelli. A questo proposito vengono alla mente di padre Neufeld alcuni aneddoti che descrivono la grande autoironia di Hugo Rahner nei riguardi del fratello. « I due si misuravano ' sportivamente' sul numero di pubblicazioni realizzate nel corso degli anni. Una volta Hugo raccontò a un gruppo di studenti di teologia: ' Quando nacque il piccolo Karl, nostro padre mi condusse presso la culla. Guardai a lungo quel brutto esserino. Poi mi alzai di scatto e dissi: Papà questo lo teniamo. Provate a pensare se non lo avessi detto! Il danno per la teologia e per voi sarebbe stato incommen-surabile!'» .
E prosegue divertito padre Neufeld: « Nel 1956 durante il Katholikentag di Colonia, a conclusione del suo intervento sul tema ' La Chiesa forza di Dio nella nostra debolezza', Hugo fu avvicinato dall’allora arcivescovo di quella città, il cardinale Joseph Frings, che gli disse: ' Lei è il fratello del famoso teologo Rahner' e lui ribatté divertito: ' No sono io il più famoso dei due fratelli' » . Stelle polari della formazione di Hugo Rahner furono, nel corso di questi anni, studiosi di rango come Ludovico Von Pastor, Erich Przywara e Romano Guardini. Anni in cui vennero alla luce i libri più famosi e riusciti del teologo e storico della Chiesa tedesco, conosciuti e apprezzati anche dal ristretto pubblico di studiosi italiani, come Una teologia dell’Annuncio, Simboli della Chiesa. L’ecclesiologia dei padri, Ignazio e le donne del suo tempo e Miti greci nell’interpretazione cristiana. Nel 1956 Hugo Rahner assieme al fratello Karl, sotto la sapiente direzione di Agostino Bea, collaborò alla stesura e al successivo commento dell’enciclica di Pio XII, dedicata al Sacro Cuore di Gesù, la Haurietis Aquas. Vero punto di svolta per la vita di Hugo fu l’incontro in Francia con i maggiori rappresentanti della Nouvelle théologie.
«In quel frangente intrattiene rapporti di amicizia con Yves Marie Congar, Louis Bouyer, De Lubac e Jean Daniélou. Stringe una particolare amicizia con il giovane teologo svizzero Hans Urs von Balthasar a cui lo lega soprattutto la comune passione per i Padri della Chiesa » . Di particolare interesse fu il legame con Henri de Lubac. « Tra loro è esistita una vera amicizia. Hugo ha fatto tradurre e conoscere per primo in ambito tedesco – rivela Neufeld – il suo capolavoro Il dramma dell’umanesimo ateo e contemporaneamente De Lubac ha promosso in Francia un libro di Rahner sull’origine degli Esercizi di Sant’ Ignazio » . A quarant’anni esatti dalla morte di quello che una certa critica teologica ha definito ingiustamente il ' Rahner minore' rimane ancora vivo il suo insegnamento proprio in difesa dell’umanesimo cristiano in Occidente. « Forse perché ha conosciuto in prima persona uomini come Adenauer, Betancourt o Schumann – dice sorridendo Neufeld – credeva all’idea di un’Europa unita e in un certo senso ha anticipato il magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Nei suoi scritti si parla già di una difesa delle radici cristiane del vecchio Continente. Diceva quasi profeticamente: ' Chi tradisce il suo passato, chi vuole proiettare la sua storia nei mille anni che verranno, è divenuto barbaro e ha dovuto rinnegare la propria madre' » .
Fiaccato dal morbo di Parkinson e dalla sua malattia che definiva un ' inferno' moriva il 21 dicembre del 1968, a distanza di tre anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II. «Ha seguito le vicende conciliari da persona sofferente. Convinto come era di aver lavorato parecchio. – è la riflessione finale di padre Neufeld – Credo che il suo apporto indiretto al Concilio sia proprio nel primo capitolo della Lumen Gentium in cui si parla della Chiesa come '"simbolo e mistero". C’è molto del linguaggio che amava Hugo Rahner. È stato lucido fino alla fine dei suoi giorni pur non potendosi esprimere. Credo che sia giusto ricordarlo, come amava dire suo fratello Karl come ' un uomo ilare', gioioso e come un teologo aperto all’incontro con il mondo » .
«Ho conosciuto entrambi – rivela il discepolo e biografo dei due teologi gesuiti, Karl Heinz Neufeld, autore tra l’altro di un bel libro, edito da San Paolo, dal titolo Hugo e Karl Rahner –. I due fratelli erano molto diversi tra loro. Hugo pur essendo un solitario era molto gioviale e affabile, una persona sempre allegra mentre Karl era un uomo più chiuso in se stesso, un animo forse più riflessivo. Tutti e due si sono aiutati nella loro carriera accademica e forse il vero punto di incontro tra il dogmatico e tomista Karl e il patrologo Hugo sta proprio nella comune passione per la spiritualità ignaziana, l’ascetica e la mistica. Io credo che per conoscerli bisogna studiarli assieme. C’è un filo rosso ideale che li unisce» .
Tornano alla mente del professor Neufeld, un gesuita dai tratti gentili, già docente di Teologia a Innsbruck, la stessa università che formò e in cui mossero i primi passi accademici i fratelli Rahner, e oggi direttore spirituale del seminario vescovile di Osnabrück, in Bassa Sassonia, l’infanzia dei due fratelli. «Per uno strano caso della vita nell’autunno del 1921 ospite di casa Rahner fu Pier Giorgio Frassati – racconta padre Neufeld –. Conobbe i due fratelli e prese lezioni di tedesco dal padre di Karl e Hugo. So che Karl Rahner rimase edificato dalla devozione e attenzione alla preghiera in particolare alla recita del rosario di Frassati» .
Ma nell’album dei ricordi di Karl Neufeld affiora anche la figura della madre dei fratelli Rahner, Luisa Trescher. «Una donna molto pia – annota – che ha influito enormemente sulla spiritualità dei due fratelli. Morirà ultracentenaria, anni dopo la scomparsa nel ’ 68 di Hugo, su cui veglierà fino all’ultimo». E aggiunge: «Dopo il suo decesso i suoi figli trovarono, tra le sue carte, un foglietto su cui ella aveva copiato a mano la preghiera di Pierre Teilhard de Chardin per ottenere una buona morte. Karl, da sempre affascinato da questa figura di studioso, rimase commosso da questo fatto». Ma ad impressionare e a sorprendere oggi, a quarant’anni della morte di Hugo Rahner, è certamente la sana competizione accademica che esisteva tra i due fratelli. A questo proposito vengono alla mente di padre Neufeld alcuni aneddoti che descrivono la grande autoironia di Hugo Rahner nei riguardi del fratello. « I due si misuravano ' sportivamente' sul numero di pubblicazioni realizzate nel corso degli anni. Una volta Hugo raccontò a un gruppo di studenti di teologia: ' Quando nacque il piccolo Karl, nostro padre mi condusse presso la culla. Guardai a lungo quel brutto esserino. Poi mi alzai di scatto e dissi: Papà questo lo teniamo. Provate a pensare se non lo avessi detto! Il danno per la teologia e per voi sarebbe stato incommen-surabile!'» .
E prosegue divertito padre Neufeld: « Nel 1956 durante il Katholikentag di Colonia, a conclusione del suo intervento sul tema ' La Chiesa forza di Dio nella nostra debolezza', Hugo fu avvicinato dall’allora arcivescovo di quella città, il cardinale Joseph Frings, che gli disse: ' Lei è il fratello del famoso teologo Rahner' e lui ribatté divertito: ' No sono io il più famoso dei due fratelli' » . Stelle polari della formazione di Hugo Rahner furono, nel corso di questi anni, studiosi di rango come Ludovico Von Pastor, Erich Przywara e Romano Guardini. Anni in cui vennero alla luce i libri più famosi e riusciti del teologo e storico della Chiesa tedesco, conosciuti e apprezzati anche dal ristretto pubblico di studiosi italiani, come Una teologia dell’Annuncio, Simboli della Chiesa. L’ecclesiologia dei padri, Ignazio e le donne del suo tempo e Miti greci nell’interpretazione cristiana. Nel 1956 Hugo Rahner assieme al fratello Karl, sotto la sapiente direzione di Agostino Bea, collaborò alla stesura e al successivo commento dell’enciclica di Pio XII, dedicata al Sacro Cuore di Gesù, la Haurietis Aquas. Vero punto di svolta per la vita di Hugo fu l’incontro in Francia con i maggiori rappresentanti della Nouvelle théologie.
«In quel frangente intrattiene rapporti di amicizia con Yves Marie Congar, Louis Bouyer, De Lubac e Jean Daniélou. Stringe una particolare amicizia con il giovane teologo svizzero Hans Urs von Balthasar a cui lo lega soprattutto la comune passione per i Padri della Chiesa » . Di particolare interesse fu il legame con Henri de Lubac. « Tra loro è esistita una vera amicizia. Hugo ha fatto tradurre e conoscere per primo in ambito tedesco – rivela Neufeld – il suo capolavoro Il dramma dell’umanesimo ateo e contemporaneamente De Lubac ha promosso in Francia un libro di Rahner sull’origine degli Esercizi di Sant’ Ignazio » . A quarant’anni esatti dalla morte di quello che una certa critica teologica ha definito ingiustamente il ' Rahner minore' rimane ancora vivo il suo insegnamento proprio in difesa dell’umanesimo cristiano in Occidente. « Forse perché ha conosciuto in prima persona uomini come Adenauer, Betancourt o Schumann – dice sorridendo Neufeld – credeva all’idea di un’Europa unita e in un certo senso ha anticipato il magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Nei suoi scritti si parla già di una difesa delle radici cristiane del vecchio Continente. Diceva quasi profeticamente: ' Chi tradisce il suo passato, chi vuole proiettare la sua storia nei mille anni che verranno, è divenuto barbaro e ha dovuto rinnegare la propria madre' » .
Fiaccato dal morbo di Parkinson e dalla sua malattia che definiva un ' inferno' moriva il 21 dicembre del 1968, a distanza di tre anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II. «Ha seguito le vicende conciliari da persona sofferente. Convinto come era di aver lavorato parecchio. – è la riflessione finale di padre Neufeld – Credo che il suo apporto indiretto al Concilio sia proprio nel primo capitolo della Lumen Gentium in cui si parla della Chiesa come '"simbolo e mistero". C’è molto del linguaggio che amava Hugo Rahner. È stato lucido fino alla fine dei suoi giorni pur non potendosi esprimere. Credo che sia giusto ricordarlo, come amava dire suo fratello Karl come ' un uomo ilare', gioioso e come un teologo aperto all’incontro con il mondo » .
(DA OSNABRÜCK, GERMANIA, FILIPPO RIZZI)
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