19/12/08

La grandezza del Rahner «minore»


Si spegneva, dopo una lunga malattia, il 21 di­cembre di quarant’an­ni fa a Monaco il gesuita Hu­go Rahner, l’autorevole pa­trologo, storico della Chiesa e studioso della spiritualità ignaziana. Intimo amico di uno dei padri della psica­nalisi, Carl Gustav Jung, fu un uomo, come ebbe a dire il suo amico e discepolo Alfonso Rosenberg, «inna­morato dei Padri della Chie­sa e del cristianesimo pri­mitivo » e con una predile­zione per il ' Padre' della Compagnia di Gesù: Igna­zio di Loyola. Un cognome quello di Rah­ner associato per i più al fra­tello minore di Hugo, di quattro anni più giovane il teologo di fama internazio­nale e perito al Concilio Va­ticano II, il più noto Karl.
«Ho conosciuto entrambi – rivela il discepolo e biografo dei due teologi gesuiti, Karl Heinz Neufeld, autore tra l’altro di un bel libro, edito da San Paolo, dal titolo Hu­go e Karl Rahner –. I due fra­telli erano molto diversi tra loro. Hugo pur essendo un solitario era molto gioviale e affabile, una persona sem­pre allegra mentre Karl era un uomo più chiuso in se stesso, un animo forse più riflessivo. Tutti e due si so­no aiutati nella loro carrie­ra accademica e forse il ve­ro punto di incontro tra il dogmatico e tomista Karl e il patrologo Hugo sta pro­prio nella comune passione per la spiritualità ignaziana, l’ascetica e la mistica. Io cre­do che per conoscerli biso­gna studiarli assieme. C’è un filo rosso ideale che li u­nisce» .
Tornano alla mente del professor Neufeld, un gesuita dai tratti gentili, già docente di Teologia a Inn­sbruck, la stessa università che formò e in cui mossero i primi passi accademici i fratelli Rahner, e oggi diret­tore spirituale del semina­rio vescovile di Osnabrück, in Bassa Sassonia, l’infanzia dei due fratelli. «Per uno strano caso della vita nell’autunno del 1921 ospite di casa Rahner fu Pier Giorgio Frassati – racconta padre Neufeld –. Conobbe i due fratelli e prese lezioni di tedesco dal padre di Karl e Hugo. So che Karl Rahner ri­mase edificato dalla devo­zione e attenzione alla pre­ghiera in particolare alla re­cita del rosario di Frassati» .
Ma nell’album dei ricordi di Karl Neufeld affiora anche la figura della madre dei fra­telli Rahner, Luisa Trescher. «Una donna molto pia – an­nota – che ha influito enor­memente sulla spiritualità dei due fratelli. Morirà ul­tracentenaria, anni dopo la scomparsa nel ’ 68 di Hugo, su cui veglierà fino all’ulti­mo». E aggiunge: «Dopo il suo decesso i suoi figli tro­varono, tra le sue carte, un foglietto su cui ella aveva copiato a mano la preghie­ra di Pierre Teilhard de Chardin per ottenere una buona morte. Karl, da sem­pre affascinato da questa fi­gura di studioso, rimase commosso da questo fatto». Ma ad impressionare e a sorprendere oggi, a qua­rant’anni della morte di Hu­go Rahner, è certamente la sana competizione accade­mica che esisteva tra i due fratelli. A questo proposito vengono alla mente di pa­dre Neufeld alcuni aneddo­ti che descrivono la grande autoironia di Hugo Rahner nei riguardi del fratello. « I due si misuravano ' sporti­vamente' sul numero di pubblicazioni realizzate nel corso degli anni. Una volta Hugo raccontò a un gruppo di studenti di teologia: ' Quando nacque il piccolo Karl, nostro padre mi con­dusse presso la culla. Guar­dai a lungo quel brutto es­serino. Poi mi alzai di scat­to e dissi: Papà questo lo te­niamo. Provate a pensare se non lo avessi detto! Il dan­no per la teologia e per voi sarebbe stato incommen-­surabile!'» .
E prosegue di­vertito padre Neufeld: « Nel 1956 durante il Katholiken­tag di Colonia, a conclusio­ne del suo intervento sul te­ma ' La Chiesa forza di Dio nella nostra debolezza', Hugo fu avvicinato dall’al­lora arcivescovo di quella città, il cardinale Joseph Frings, che gli disse: ' Lei è il fratello del famoso teologo Rahner' e lui ribatté diver­tito: ' No sono io il più fa­moso dei due fratelli' » . Stelle polari della formazio­ne di Hugo Rahner furono, nel corso di questi anni, studiosi di rango come Lu­dovico Von Pastor, Erich Przywara e Romano Guar­dini. Anni in cui vennero al­la luce i libri più famosi e riusciti del teologo e stori­co della Chiesa tedesco, co­nosciuti e apprezzati anche dal ristretto pubblico di studiosi italiani, come Una teologia dell’Annuncio, Sim­boli della Chiesa. L’ecclesio­logia dei padri, Ignazio e le donne del suo tempo e Miti greci nell’interpretazione cristiana. Nel 1956 Hugo Rahner assieme al fratello Karl, sotto la sapiente dire­zione di Agostino Bea, col­laborò alla stesura e al suc­cessivo commento dell’en­ciclica di Pio XII, dedicata al Sacro Cuore di Gesù, la Haurietis Aquas. Vero pun­to di svolta per la vita di Hu­go fu l’incontro in Francia con i maggiori rappresen­tanti della Nouvelle théolo­gie.
«In quel frangente in­trattiene rapporti di amici­zia con Yves Marie Congar, Louis Bouyer, De Lubac e Jean Daniélou. Stringe una particolare amicizia con il giovane teologo svizzero Hans Urs von Balthasar a cui lo lega soprattutto la co­mune passione per i Padri della Chiesa » . Di particola­re interesse fu il legame con Henri de Lubac. « Tra loro è esistita una vera amicizia. Hugo ha fatto tradurre e co­noscere per primo in ambi­to tedesco – rivela Neufeld – il suo capolavoro Il dram­ma dell’umanesimo ateo e contemporaneamente De Lubac ha promosso in Fran­cia un libro di Rahner sul­l’origine degli Esercizi di Sant’ Ignazio » . A quarant’anni esatti dalla morte di quello che una cer­ta critica teologica ha defi­nito ingiustamente il ' Rah­ner minore' rimane ancora vivo il suo insegnamento proprio in difesa dell’umanesimo cristiano in Occi­dente. « Forse perché ha co­nosciuto in prima persona uomini come Adenauer, Be­tancourt o Schumann – di­ce sorridendo Neufeld – cre­deva all’idea di un’Europa unita e in un certo senso ha anticipato il magistero di Giovanni Paolo II e Bene­detto XVI. Nei suoi scritti si parla già di una difesa delle radici cristiane del vecchio Continente. Diceva quasi profeticamente: ' Chi tradi­sce il suo passato, chi vuole proiettare la sua storia nei mille anni che verranno, è divenuto barbaro e ha do­vuto rinnegare la propria madre' » .
Fiaccato dal morbo di Parkinson e dalla sua ma­lattia che definiva un ' in­ferno' moriva il 21 dicem­bre del 1968, a distanza di tre anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II. «Ha se­guito le vicende conciliari da persona sofferente. Con­vinto come era di aver lavo­rato parecchio. – è la rifles­sione finale di padre Neu­feld – Credo che il suo ap­porto indiretto al Concilio sia proprio nel primo capi­tolo della Lumen Gentium in cui si parla della Chiesa come '"simbolo e mistero". C’è molto del linguaggio che amava Hugo Rahner. È stato lucido fino alla fine dei suoi giorni pur non poten­dosi esprimere. Credo che sia giusto ricordarlo, come amava dire suo fratello Karl come ' un uomo ilare', gioioso e come un teologo aperto all’incontro con il mondo » .

(DA OSNABRÜCK, GERMANIA, FILIPPO RIZZI)

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