20/02/08

E così Julien Ries ci svelò l’«homo religiosus»

I grandi studiosi, quelli che aprono porte sul buio senza pretendere di annichilire l’oscurità, spesso paiono incarnare un archetipo, uno che più di altri ne abbia ispirato il destino, l’anima, il percorso che poi coincide con la loro vita. Per Julien Ries non avrei dubbi: la Biblioteca. La Biblioteca come mito, quella leggendaria di Alessandria d’Egitto che conteneva tutto il sapere del tempo antico, e che solo il fuoco infatti poté distruggere, quasi sottintendendo che la sapienza stilata nelle righe delle pagine rinascesse in altra forma, come Fenice. O quella sognata da Borges, il manuale delle favelle del mondo e il catalogo veritiero dei sogni. Julien Ries (cui oggi a Milano l’Università Cattolica e l’editrice Jaca Book rendono omaggio con un convegno) ha costruito una vera Biblioteca, la sua opera è un monumento che unisce differenti qualità, raramente rintracciabili in uno stesso autore: rigore, comparativismo, senso storico, insomma le doti dello studioso solido, cui si intrecciano, svelate con la naturalezza dei grandi antichi esploratori di miti, le miracolanti visioni con cui l’uomo illumina la propria vita dalla sua venuta al mondo: il brivido del sacro, l’estasi della visione, la cancellazione del tempo contingente nella preghiera. Julien Ries, nato in Belgio nel 1920, docente di Storia delle religioni all’Università di Lovanio, è l’autore di una splendida biblioteca, una sorta di architetto capace di accorpare nella sua opera gli esiti più importanti dell’opera di grandi studiosi come Jung, Bachelard, Eliade, Ricoeur, Vidal, ma nello stesso tempo creando un edificio nuovo, le cui stanze disegnano una realtà completa, la biblioteca che idealmente si offre al nuovo millennio. In sostanza Ries attinge profondamente a tutte le opere che nel Novecento hanno testimoniato, presentandola in nuove forme, la realtà del sacro, la potenza inestinguibile del simbolo, e di fatto edificando, non tornando indietro nel tempo ma anzi andando subito oltre, la grande biblioteca dell’anima che risponde con forza positiva e fondante al nichilismo dominante di quel secolo. In Ries queste voci trovano una versione sinfonica e divengono altro, nell’originalità del suo pensiero comparatista e sinfonico, nello stile da grande esploratore di miti veri, alla Plinio. Al centro del suo pensiero una scoperta che cambia la nostra conoscenza di noi stessi, l’« homo religiosus », un uomo che non è portato alla pratica religiosa dalle condizioni sociali ma che è per natura, congenitamente inscritto in un ordine religioso. L’opera monumentale di Ries spazia dalle indagini sugli assoluti del mito e del simbolo, sempre attraverso le realtà storiche delle civiltà, incrociando la ricerca ascensionale a quella orizzontale. Attraverso l’evidenza del fatto religioso, Ries non ci svela lo splendore della religione, ma quello della vita, della poesia, dell’arte, che nella realtà religiosa pulsano e riempiono di senso.

(Autore: Roberto Mussapi; fonte: Avvenire del 19/07/2007)




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