L’Associazione Culturale Identità Europea – Area Lombardia è lieti di invitarLa alla visita della mostra “San Colombano Abate d’Europa”che si terrà dal 6 al 15 marzo 2008 presso i locali di Palazzo Marliani Cicogna, Piazza Vittorio Emanuele II a Busto Arsizio (Va).
Orari d’apertura: da martedì a sabato dalle 15.00 alle 19.00, la domenica mattina dalle ore 10.00 alle 12.00 – il pomeriggio dalle 16.00 alle 19.00. Giovedì 13 marzo si terrà la Conferenza “SAN COLOMBANO UN SANTO PER L’EUROPA”, alle ore 21.00 presso Palazzo Cicogna. Venerdì 14 marzo, in collaborazione con l’Accademia di Danze Irlandesi Gens D’Ys, presso la Sala delle feste al Museo del Tessile (Via Volta - Busto Arsizio) serata di musica celtica con “NOTTE D’YS”. L’inaugurazione della mostra si terrà il giorno 6 marzo alle ore 18.00, seguita da breve rinfresco.
La ricerca di una matrice comune che accomuni tutti i popoli e le nazioni del Vecchio Continente è oggi più che mai un presupposto necessario per il difficile processo di integrazione della sempre più estesa Unione Europea. La coesistenza di realtà culturali spesso antitetiche tra loro all’interno dello stesso organismo si può risolvere solo con il riconoscimento e la sintesi di una tradizione comune, in grado di alimentare nel tempo il fuoco mai sopito che cova tra le ceneri di un apparente conflitto esteriore. Universalità nella diversità. Nella consapevolezza di questo sentimento unitario si mosse l’opera peregrina di uno degli uomini più influenti nella storia dell’Europa, ancora oggi poco conosciuto nel nostro Paese: “San Colombano d’Irlanda”.San Colombano o San Colombano di Bobbio, (Navan, 543 circa – Bobbio, Piacenza, 23 novembre 615) è stato un abate, missionario e scrittore irlandese, noto per aver fondato numerosi monasteri in tutta Europa.Una testimonianza dell’incontro tra l’austera e ascetica clausura monastica irlandese, detentrice delle certezze culturali e spirituali di retaggio celtico, con il rigoroso e stabile ordine benedettino, capace di mantenere viva e intatta la tradizione del decaduto impero romano; la riscoperta di un’eredità che rivive oggi nell’instancabile azione missionaria del movimento colombaniano, nato dallo stesso movente che nei secoli si è tramandato nelle comunità monastiche ispirate dall’illustre Abate. Robert Schumann nel discorso del 9 maggio 1950 ha indicato in “S. Colombano il patrono di coloro che si prodigano per la causa dell’Europa unita”. Identità Europea area Lombardia prosegue il suo cammino di valorizzazione, ri-scoperta e confronto dei caratteri distintivi dell’Europa, un cammino cui siamo tutti chiamati a partecipare per l’acquisizione di strumenti e conoscenze che ci porteranno ad essere veramente Europei.
Un particolare ringraziamento va all’amministrazione Comunale di iniziativa, dimostrando articolare attenzione verso le radici comuni e le tradizioni.
Dott. Paolo Gulisano
28/02/08
San Colombano Abate d’Europa
24/02/08
Un Cristo per l'India
Problematizzando l’interazione fra Oriente e Occidente tramite i paradigmi offerti dall’incontro fra induismo e cristianesimo, il testo analizza le varie forme assunte nel corso della storia dall’incontro/scontro fra due dei più complessi sistemi simbolici dell’umanità, e le provocazioni che ne sono risultate per i rispettivi codici di senso.
(Nicola Mapelli, L'Assoluto e la Storia. Oriente e Occidente a confronto, Bulzoni Editore)
Nicola Mapelli (P.I.M.E.), laureato in Scienze storico-religiose (Università La Sapienza) e in teologia (Università Urbaniana), ha vissuto e operato per dieci anni nell’isola di Mindanao (Filippine) e ha compiuto viaggi in vari paesi asiatici e in Amazzonia. Tra i suoi lavori segnaliamo Oceania. Oltre l’orizzonte dei Mari del Sud (Bulzoni 2006); Ecologia e religione. Il fenomeno dell’ecoterrorismo (SMSR 2006); New Age e cristianesimo (in AA.VV., Il New Age. Volti dal passato, nel presente e per il futuro, Bulzoni 2007) e Tra induismo e cristianesimo (Prometeo 2007).
23/02/08
Profezie sull'Anticristo
Ma è plausibile questa convinzione? È davvero prossimo il regno dell’Anticristo? Nel libro l’autore traccia in maniera rigorosa (avendo sempre come costante e imprescindibile caposaldo della sua riflessione il Magistero della Chiesa) e documentata (basandosi principalmente sulle profezie escatologiche della Bibbia, sulla Tradizione della Chiesa – attraverso gli scritti dei Padri, dei Dottori e di vari commentatori – e sulle rivelazioni private di santi, beati e venerabili) un profilo di questa misteriosa figura. Nella parte conclusiva del libro l’autore trae spunto da alcune recenti rivelazioni private per indagare sulla possibilità dell’imminenza di un tempo di pace universale con lo stabilirsi del Regno di Cristo nel mondo, cercando di capire nel contempo se davvero l’umanità sia giunta – come sostengono alcuni – alla fase conclusiva della sua storia su questa terra: gli “ultimi tempi”.
21/02/08
Il sito di controinformazione Wikileaks.org è stato chiuso.
(Fonte:http://bourbaki.blog.lastampa.it/bodegones/2007/01/wikileaks_docum.html)
20/02/08
E così Julien Ries ci svelò l’«homo religiosus»
(Autore: Roberto Mussapi; fonte: Avvenire del 19/07/2007)
15/02/08
Quarto numero di EuropaItalia
di prof. nostalgici di Mazzini e Podrecca e del folklore urbano patetico quanto autoreferenziale dei collettivi omosessuali, per rilanciare il ruolo della Chiesa Cattolica come custode della cultura del confronto d’oggi, non sono bastati le raffiche di reverenze e i ripetuti inginocchiamenti di fronte all’autorità morale di Benedetto XVI così generalizzati da destra a sinistra, per dissipare l’impressione di una classe politica italiana incapace di capire (e quindi di affrontare) i nodi più veri del nostro vivere civile e attenta soprattutto a carpire prima possibile la direzione del vento per gettarsi compatta a soccorso del vincitore del momento. Fortunatamente, lo scenario europeo ci restituisce l’impressione che una siffatta fragilità di fronte ai grandi temi della razionalità e delle fedi, dell’identità culturale e spirituale dei popoli e quindi del rapporto fra le istituzioni statali e le eredità culturali e religiose, non sia un destino obbligato. Fuori dall’Italia sembra possibile affrontare i temi della laicità e della cultura esimendosi da balletti meschini e preoccupanti esibizioni di sfoggiata ignoranza, ed è simbolicamente pregnante che questa speranza rinasca in Francia, nella patria di Voltaire e De Maistre, ponendosi all’avanguardia di un movimento di uscita da contrapposizioni ottocentesche che altrove (non solo in Italia, ma anche in Spagna) dimostra viceversa di resistere, caparbiamente, ad ogni spinta verso lo sviluppo ed il mutamento: l’Europa si misura in primo luogo su questi fronti, in battaglie culturalmente e socialmente non incruente.
Ma questa polvere massmediale rischia di far dimenticare come ai propri confini l’Unione Europea veda affacciarsi nuovamente rischi di guerre vere, spettri di devastazioni umane e storiche che fino a pochi anni addietro hanno continuato a martirizzare i Balcani, cuore cruciale dell’Europa che geme delle doglie del parto. Il territorio del Kosovo è oggi diventato rapidamente l’epicentro di un braccio di ferro in cui le istituzioni comunitarie sono chiamate a gestire da un lato gli esiti del crollo dei Muri inchiodati a Yalta, e nel contempo i nuovi disegni di espansione planetaria di superpotenze tentate di rinverdire nel nuovo millennio i fasti del grand jeu, ovviamente sulla pelle del sogno europeo di autonomia, pace e sicurezza.
Fra questi due temi portanti si muove il momento presente, ed EuropaItalia non latita: guardare fisso negli occhi la testa di Medusa è rischio antico per l’uomo europeo, ma è quasi d’obbligo se si vuole guardare e proteggere non solo il piccolo confine del “mio”, ma quello ampio e potente del “nostro”. In questo compito ben più ampio delle forze di chiunque, da questo numero ci aiuta un testimone d’eccezione della cultura europea degli ultimi decenni: Sua Eminenza Paul Poupard, a lungo Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura. La sua testimonianza si dipana sotto il titolo “Ecclesia Europa”, per ricordare anche a chi ha scordato il latino che alla radice dell’identità - non solo ma anche - cristiana del continente sta prima di tutto una tradizione comunitaria profonda e pervicace, che porta con sé un ampio genoma di esperienze e valori. Ad essa, nei momenti di dubbio e confusione come quelli segnati dal nostro veloce crepuscolo della modernità, è sempre possibile tornare a volgersi.
14/02/08
Pound sul «New York Times»
È piuttosto difficile che la «Poesia» venga riconosciuta come «Profezia », ed è ancora meno frequente che faccia rima con «Economia», ma è proprio quello che è appena successo sulle pagine economiche del «New York Times», un luogo scarsamente frequentato da poeti e artisti in genere. Lo scorso 10 febbraio, i celebri versi di Ezra Pound contro l’Usura campeggiavano in apertura di un articolo dedicato alla crisi dei mutui subprime, in cui veniva riconosciuta a Pound una formidabile lungimiranza, spesso scambiata per pazzia, nell’indicare la speculazione finanziaria come il vero nemico dell’uomo. Scrive Ben Stein, l’autore del pezzo, che i versi del Canto 45 gli sono venuti in mente cercando di capire che cosa significasse davvero la crisi del mercato immobiliare che sta travolgendo l’economia statunitense: «Con Usura – ammoniva il Poeta – nessuno ha una solida casa / di pietra squadrata e liscia / (…) Con Usura non si dipinge per tenersi arte in casa, / ma per vendere e vendere presto e con profitto». Riconoscimento tardivo, ma comunque gradito, ora che anche le sue teorie economiche sono studiate dalle Università, come testimonia il bel volume sulla sua «Economic Correspondence», a cura di Roxana Preda, edito dalla University Press of Florida.
(Autore: L.Gall.)
12/02/08
Il ritorno del Cervo Bianco
Il cervo bianco è considerato una forza magica e potente in molti apparati mitologici e la John Muir Trust ne mantiene segreta l'ubicazione per preservarlo dai bracconieri.
"Vederlo tra altri cervi è inquietante perché davvero può sembrare un fantasma", ha detto a Reuters Fran Lockart, la manager di Trust Partnership che lo ha filmato.
Nella tradizione celtica, i cervi bianchi sono considerati dei messaggeri dall'aldilà. Secondo la leggenda di Artù, poi, è una creatura impossibile da catturare - la ricerca dell'animale da parte di Re Artù rappresenta la ricerca di spitualità dell'Uomo. Si dice inoltre che coloro che riescono ad avvistare l'animale stanno per vivere un momento di grande importanza. "Dicono che la sua apparizione predica profondi cambiamenti nella vita di coloro che vi si imbattono - io ancora lo aspetto", ha detto Lockart. Il suo cane, tuttavia, è rimasto immobile a fissare il cervo per ben 45 minuti, invece che scorazzare come di solito.
(Fonte: http://it.notizie.yahoo.com/)
11/02/08
150 anni dalle apparizioni di Lourdes
1ª apparizione. Giovedì 11 febbraio 1858
La madre di Bernadette le aveva permesso di andare, assieme a sua sorella e a un’altra amica, lungo il fiume Gave a cercare legna da ardere. Bernadette per la sua fragilità fisica era rimasta indietro e non osò mettere i piedi in acqua perché era molto fredda. La altre due bambine avevano attraversato a piedi nudi l’acqua gelida del fiume e avevano proseguito. Bernadette invece si era fermata, timorosa che la temperatura dell’acqua peggiorasse la sua tosse.Mentre si trovava davanti alla grotta di Massabielle, sentì un forte rumore di vento, simile ad un tuono, ma quando si voltò vide che tutto era calmo e che gli alberi non si erano mossi. Sentì una seconda volta il rumore, allora vide una nube color oro e, all'interno della grotta, una Signora giovane e bella, dell’età di sedici o diciassette anni. La Signora era vestita di bianco, con un velo bianco che le copriva la testa, una fascia azzurra legata in vita che scendeva lungo l’abito, una rosa gialla su ciascun piede e sul braccio destro un rosario con dei grani bianchi uniti da una catenella d’oro. Bernadette all'inizio si spaventò, ma poi prese coraggio e fece il Segno della Croce e cominciò a recitare il Rosario insieme alla Signora. Mentre la ragazza recitava il Rosario la Signora restava in silenzio, accompagnandola solo col "Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto" alla fine di ogni decina. Dopo la preghiera la bella Signora scomparve improvvisamente.
2ª apparizione. Domenica 14 febbraio 1858
Bernadette sentì una forza interiore che la spingeva a tornare alla grotta, nonostante la netta contrarietà dei genitori. Vista la sua insistenza, sua madre alla fine le diede il permesso di ritornare sul luogo dell’apparizione. Bernadette tornò alla grotta munita di una bottiglietta di acqua benedetta. La ragazza iniziò la recita del Rosario e dopo la prima decina vide comparire la Signora. Allora Bernadette gettò verso la figura, l'acqua benedetta che aveva con sé. La Vergine sorrise e chinò il capo; terminata la preghiera scomparve.
3ª apparizione. Giovedì 18 febbraio 1858
Il giorno della terza apparizione due signore accompagnarono Bernadette alla grotta. Restarono con lei alla Santa Messa delle 5.30 del mattino, dopo di che si diressero tutte assieme verso la grotta. Una volta arrivate, Bernadette si inginocchiò e cominciò la recita del Rosario. Quando la Signora apparve, la ragazza lanciò un grido di giubilo nel vederla in fondo alla grotta. Chiese se le sue due accompagnatrici potevano restare e la Vergine rispose di sì. Anch’esse si inginocchiarono e si misero a pregare mentre accendevano una candela benedetta. Bernadette porse alla Signora un foglio di carta chiedendole di scrivere il suo nome. Ma ella le disse: "Ciò che devo comunicarti non è necessario scriverlo". E aggiunse: "Vuoi avere la bontà di venire qui per quindici giorni? Io non ti prometto di renderti felice in questo mondo ma nell'altro".
4ª apparizione. Venerdì 19 febbraio 1858
Bernadette tornò alla grotta accompagnata dai genitori e da centinaia di persone, portando con sé una candela benedetta e accesa. Da quel gesto nascerà la tradizione di portare le candele per accenderle nella grotta.
5ª apparizione. Sabato 20 febbraio 1858
La Signora insegnò a Bernadette una preghiera personale che reciterà per il resto della sua vita. Al termine della visione, una grande tristezza pervase il cuore della ragazza. Quel giorno circa 500 persone avevano accompagnato Bernadette alla grotta.
6ª apparizione. Domenica 21 febbraio 1858
Prima ancora dell’alba, migliaia di persone attendevano Bernadette sulle rive del Gave. La Signora apparve di buon mattino. La ragazza osservò che la Vergine era triste, allora le chiese cosa poteva fare per lei. Ella rispose: "Prega per i peccatori". Più tardi venne interrogata dal commissario di polizia Jacomet, che voleva che gli raccontasse che cosa aveva visto. Bernadette non gli parlò d’altro che di "Aquero" ("quella lì"). Uno dei medici di Lourdes, il dottor Dozous, si dedicò a studiare la veggente, osservandola ed esaminandola attentamente. Egli giunse alla conclusione che in Bernadette non c’erano segni di allucinazioni, di isteria o di fughe dalla realtà. Questo fu il suo giudizio: "Qui avviene un fatto straordinario, completamente conosciuto alla scienza e alla medicina".
7ª apparizione. Martedì 23 febbraio 1858
Durante l’apparizione il volto di Bernadette divenne luminoso e bellissimo. I presenti la videro assorta, come uno che ascolta a lungo e attentamente. La Signora le comunicò tre segreti che riguardavano solo lei e che non avrebbe dovuto rivelare a nessuno.
8ª apparizione. Mercoledì 24 febbraio 1858
Durante l’apparizione, d’un tratto i presenti videro il volto di Bernadette farsi triste, le lacrime le scorrevano sul viso, poi lasciò cadere le braccia come al giungere di una notizia dolorosa. La Signora allora esclamò per tre volte: "Penitenza! Penitenza! Penitenza!" e fece ripetere ad alta voce queste parole alla ragazza.
9ª apparizione. Giovedì 25 febbraio 1858
Sulle rive del Gave erano presenti circa trecento persone. La Madonna disse a Bernadette: "Vai a bere e a lavarti alla fonte, e mangia dell'erba che è là". Bernadette si guardò intorno ma non vedeva nessuna fonte. Pensò che la Vergine la mandasse al torrente e si incamminò in quella direzione. La Madonna la fermò e le disse: "Non andare là, vai alla fonte che si trova qui", e le indicò il fondo della grotta. Bernadette andò vicino alla roccia che le era stata indicata, cercò la fonte con lo sguardo ma non la trovò e, nel desiderio di compiacere la Signora, rivolse lo sguardo verso di lei per ricevere maggiori indicazioni. Ad un nuovo segnale, Bernadette si inginocchiò e scavando la terra con la mano, vi fece un buco. Improvvisamente il fondo di quella piccola cavità diventò umido e comparve dell'acqua che presto la riempì completamente. Mescolata con la terra fangosa, Bernadette avvicinò l’acqua per tre volte alle labbra, non riuscendo a berla. Ma superando la sua naturale ripugnanza all'acqua sporca, la bevve, poi ne prese altra e se la passò sul viso, infangandosi tutta. Poi strappò qualche ciuffo d’erba e lo masticò a lungo. Tutti cominciarono a burlarsi di lei e a dire che era diventata matta. Bernadette rispose soltanto: "E’ per i peccatori".
10ª apparizione. Sabato 27 febbraio 1858
Quel giorno si erano raccolte nei pressi della grotta circa ottocento persone. L'apparizione si svolse in silenzio. Bernadette bevve l'acqua della sorgente e compì i gesti abituali di penitenza. I presenti la videro più volte chinarsi e baciare la terra, poi d’un tratto la ragazza si volse verso questi e disse a tutti di baciare la terra. E tutti ubbidirono. Al termine dell’apparizione, la veggente dirà che la Signora l’aveva invitata a far penitenza per i peccatori, e le aveva comandato: "Vai e bacia la terra per i peccatori".
Poi la Signora disse: "Vai a dire ai sacerdoti che qui si deve costruire una cappella". Quando l’apparizione si concluse, Bernadette si incamminò per Lourdes, e mentre camminava era assai pensierosa. Doveva riferire al parroco di Lourdes, l’abate Peyramale, la richiesta della Madonna e il pensiero di presentarsi a lui la faceva tremare, ma vi si recò ugualmente.
L’abate Peyramale passeggiava in giardino dicendo il breviario. Bernadette varcò timidamente la soglia. Il parroco con la sua voce robusta le chiese: "Chi sei? Cosa vuoi?".
"Sono Bernadette Soubirous", rispose la ragazza.
"Ah, sei tu - riprese il sacerdote aggrottando le ciglia. - Si dicono di te cose strane. Vieni". Entrarono nella canonica. Bernadette riferì al parroco quanto le aveva chiesto la Signora a proposito della cappella a Massabielle.
"E chi è questa Signora?".
"E' una bellissima Signora che mi appare sulla roccia di Massabielle".
"Va bene, ma chi è? E' di Lourdes? La conosci?".
"No, non è di Lourdes, e io non la conosco".
"E tu accetti delle commissioni da chi non conosci?".
"Ma la Signora non somiglia alle altre persone".
"Che cosa vuoi dire?".
"Voglio dire che è bella, credo come quelli che sono in cielo".
"E tu le hai domandato il suo nome?".
"Sì, ma quando gliel’ho domandato ha chinato il capo, ha sorriso e non ha risposto".
"Perché? E' muta?".
"No, se fosse muta non mi avrebbe detto di venire da lei".
"Già. E come l’hai incontrata la prima volta?".
Bernadette raccontò allora al parroco la sua prima visione e poi tutte le altre. L’abate Peyramale sapeva già quasi tutto ma non voleva dare l’impressione di credere a fatti così straordinari prima di esserne assolutamente sicuro. Perciò alla fine del racconto disse a Bernadette: "Ma non capisci che questa Signora ha voluto prenderti in giro? Una donna senza nome, che non si sa da dove venga, che abita in una grotta, coi piedi nudi. Ma ti pare degna di essere presa sul serio?". Il sacerdote camminò in su e in giù per la sala, poi concluse: "Risponderai alla tua Signora che il parroco di Lourdes non ha l’abitudine di trattare con gente che non conosce. Egli esige che la Signora dica il suo nome e che poi provi che esso le appartiene. Se questa Signora ha diritto ad una cappella, comprenderà il senso delle mie parole. Se non le comprende, dille che si dispensi dal mandarmi altri messaggi".
Bernadette alzò su di lui il suo sguardo sereno, fece un piccolo inchino ed uscì.
11ª apparizione. Domenica 28 febbraio 1858
Circa duemila persone assistettero all’estasi. Bernadette pregò, baciò la terra e camminò sulle ginocchia in atto di penitenza.
12ª apparizione. Lunedì 1 marzo 1858
Più di millecinquecento persone erano presenti, e fra di esse, per la prima volta, un sacerdote. Durante la notte, una donna di Lourdes, Catherine Latapie, era andata alla grotta per immergere il suo braccio infermo nell'acqua della sorgente: il braccio e la mano recuperarono la loro piena funzionalità. La mattina del primo marzo, Bernadette era davanti alla grotta. Un’amica l’aveva pregata di usare la sua corona durante l’apparizione. Ma quando la bianca Signora apparve, le disse dolcemente: "Avete il vostro rosario?". "Sì", rispose Bernadette cercandolo nella tasca del suo grembiule e levandolo in alto. "Servitevi di quello", riprese ella. Tutte le persone che avevano visto il gesto di Bernadette, levarono in alto le corone del rosario e pregarono insieme.
13ª apparizione. Martedì 2 marzo 1858
La Vergine le disse: "Ed ora, figlia mia, va a dire ai sacerdoti che qui, in questo luogo, si deve erigere una cappella e che si deve venire in processione". Bernadette andò immediatamente alla chiesa per dare il messaggio a don Peyramale. Il sacerdote, dopo averla ascoltata, con aria spazientita le fece capire che lui voleva sapere una sola cosa, il nome della Signora, ed esigeva inoltre un segno come prova: veder fiorire in pieno inverno le rose selvatiche della grotta .
14ª apparizione. Mercoledì 3 marzo 1858
Verso le sette del mattino Bernadette andò alla grotta; c’erano già tremila persone ad attenderla, ma la Signora non apparve. Circa un’ora e mezza più tardi Bernadette sentì una chiamata interiore; accompagnata dal cugino, andò di corsa alla grotta, la Madonna questa volta si presentò. Durante l’apparizione Bernadette chiese nuovamente alla Signora il suo nome e le riferì le parole del parroco che voleva la fioritura del rosaio. La risposta fu un sorriso. Bernadette tornò dal parroco, che le chiese: "Ebbene, cosa ha risposto la tua Signora?". "Nulla. Quando le ho detto del rosaio ha sorriso, ma insiste nel chiedere la cappella".
"Ma tu hai denaro per costruirla?".
"Io no, signor curato".
"Neppure io. Di’ alla Signora che te lo procuri".
15ª apparizione. Giovedì 4 marzo 1858
Il 4 marzo era l’ultimo dei quindici giorni di cui la Signora aveva parlato a Bernadette. Circa 20.000 persone erano convenute attorno a Massabielle da tutta la Francia. C’erano squadroni di soldati e di gendarmi per tenere l’ordine ma tutto si svolse nella calma. Bernadette arrivò con la mamma. Durante l’apparizione la Signora le raccomandò ancora una volta di pregare per i peccatori e la salutò. La gente più tardi le chiese: "I quindici giorni sono finiti. Tornerai ancora alla grotta?". "Certo, vi tornerò. Essa mi ha sorriso, ma non mi ha detto addio". Durante i venti giorni seguenti, Bernadette non andrà alla grotta; non sentendone più l’irresistibile spinta interiore. Il parroco intanto rimaneva irremovibile sulle sue posizioni.
16ª apparizione. Giovedì 25 marzo 1858
Il 24 marzo, improvvisamente, una notizia si diffuse per le strade di Lourdes, il giorno seguente Bernadette sarebbe tornata alla grotta. Il giorno 25 (festa dell’Annunciazione), quando la ragazza arrivò, richiamata irresistibilmente dalla bella Signora, nella valle c’erano 30.000 persone. La veggente levò gli occhi in alto: la Signora era lì, e l’aspettava. Per tre volte le chiese: "Signora, volete avere la bontà di dirmi chi siete?". Dopo la terza volta sorrise, e levando le mani e congiungendole al petto rispose: "Io sono l’Immacolata Concezione".Appena si seppero queste parole e si divulgò la voce che la bianca Signora era la Vergine Maria, concepita senza peccato originale, s’accese un entusiasmo incredibile. L’invocazione: "O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi", fu ripetuta e scandita ad alta voce da tutti.Finita l’estasi, dopo aver raccontato ciò che la Signora le aveva detto, la veggente partì veloce, correva ripetendo quelle parole che lei non comprendeva. Bernadette non conosceva questa espressione teologica che indica la Santa Vergine. Quattro anni prima, il Papa Pio IX aveva dichiarato l'Immacolata Concezione di Maria un dogma, cioè una verità della fede cattolica.Quella sera Bernadette salì alla canonica, dall’abate Peyramale, per riferirgli le parole che Signora aveva pronunciato. Sono parole che sconvolgeranno il Parroco.
17ª apparizione. Mercoledì 7 aprile 1858
Durante questa apparizione, Bernadette teneva in mano una candela accesa. Ad un certo momento la fiamma, rafforzata da una forte corrente d’aria, s’introdusse tra le sue dita per un tempo prolungato senza lasciare alcun segno di ustione. Questo fatto venne immediatamente constatato dal medico di Lourdes, il dottor Douzous, che osservò con sua grande meraviglia che la fiamma lambiva le dita di Bernadette senza arrecarle alcun danno.
18ª apparizione. Giovedì 16 luglio 1858
(Fonte: Apparizioni della Madonna, di Massimo Centini, Giovanni De Vecchi Editore)
10/02/08
Guerre contro le Religioni
La situazione è gravissima, e interessa tutta l’Europa, come riferiscono i media tedeschi, inglesi, francesi, spagnoli, irlandesi, belgi, olandesi, danesi, svedesi, norvegesi, finlandesi, baltici, polacchi, austriaci, cechi, slovacchi, sloveni, ungheresi, greci, bulgari, croati, romeni e russi.
Un dato su tutti. Tra il 1° gennaio e il 1° febbraio 2008, soltanto in Germania, più di 150 siti cristiani sono stati contemporaneamente oscurati da hacker turchi o fondamentalisti (che se ne vantano anche sul web). E nello stesso periodo, in Cina e in Birmania (stato ‘vassallo’ di Pechino), tutte le Radio libere della minoranza cristiana sono state ‘silenziate’ dal governo di Pechino.
9 Febbraio 2008
(Autore: Alberto Rosselli)
08/02/08
Servo di Dio Girolamo Savonarola
Su Savonarola si è detto di tutto e il contrario di tutto. Fra Otto e Novecento le Chiese riformate e la storiografia protestante ne fecero un 'martire' del perfido e corrotto papa Borgia, Alessandro VI; e così molti continuano ancor oggi a pensare, nonostante studi recentissimi abbiano profondamente rivisitato le figure della famiglia Borgia e ci abbiano mostrato le immagini di un Alessandro e soprattutto una Lucrezia molto diversi da quelli che gli stereotipi anticlericali avevano diffuso. C’è anche chi ha provato a far del frate ferrarese – come, del resto, di Martin Lutero – un 'martire del Libero Pensiero': il che è francamente troppo. Nella Roma pontificia dei Borgia, a parte la leyenda negra che ancora circonda quel papa, si viveva e si pensava senza dubbio con maggior libertà di quanto non accadde nella Firenze del quadriennio 1494-98, dominata dal cupo e intransigente frate. E tuttavia, se confrontiamo le figure dei due grandi agitatori religiosi (e politici) dallo snodo tra medioevo e Rinascimento, non è difficile rendersi conto che l’agostiniano sassone era ancora molto 'medievale', nelle sue prospettive di ritorno alla purezza della Chiesa evangelica, mentre il domenicano ferrarese, pur essendo vissuto mezzo secolo prima di lui, era al contrario già 'moderno', con le sue aperture nei confronti della magia naturalis studiata da Marsilio Ficino e da Giovanni Pico della Mirandola.
Ma chi era, insomma, Girolamo Savonarola? Le personalità storiche molto studiate hanno purtroppo questo di caratteristico: più profondamente le si analizzano, più esse finiscono con lo scomparire sotto il cumulo delle interpretazioni e della tesi contrapposte. Possiamo certo dire che fu comunque un mistico di straordinaria capacità di penetrazione nei divini misteri e un predicatore d’eccezionale forza.
Che la sua parola sia riuscita a catturare perfino il più grande genio pittorico del suo tempo, Sandro Botticelli, pittore di splendide Madonne ma anche di dèi e di dee, l’ultima produzione del quale è una sublime versione dell’escatologia savonaroliana, la dice lunga.
Nato a Ferrara nel 1452, Girolamo era nipote di un illustre medico dell’Università di Padova, Michele Savonarola. Era quindi abituato fin dall’infanzia al lusso, alle agiatezze, alla notorietà. Ma si disgustò presto del mondo, la corruzione del quale lo indignava. Entrò nel 1475 nel convento domenicano di Bologna, centro e culla della cultura scolastica in un tempo in cui la palma della filosofia stava passando invece da Tommaso ad Agostino e quindi da Aristotele a Platone: tuttavia la dottrina tomistica gli stava evidentemente stretta, come avrebbe più volte anche in seguito dimostrato. Studente, sacerdote e teologo formatosi tra 1475 e 1482, era già piuttosto famoso quando il capitolo lombardo del suo Ordine lo destinò al convento fiorentino di San Marco, sede prestigiosa e chiesa prediletta da casa Medici. In un primo tempo predicò su temi esegetici e scritturali: ma, fra 1484 e 1485, avvenne qualcosa che lo cambiò profondamente. Da allora, le sue prediche furono tutte incentrate sulla fine dei Tempi, la punizione che Dio minacciava all’umanità e la riforma della Chiesa. Abbandonò Firenze e per un triennio, tra 1487 e 1490, predicò nell’Italia settentrionale. Rientrò a Firenze nel 1490 per espresso desiderio di Lorenzo il Magnifico, che pur aveva avversato ma che lo stimava e forse lo temeva e che era sensibile ai suggerimenti di un eccezionale umanista suo consigliere e ammiratore del frate, Giovanni Pico della Mirandola.
Nel 1491 i frati di San Marco lo elessero priore; intanto continuava a predicare, prima nella sua chiesa e poi in duomo. I suoi strali, che pur non risparmiavano politici e governanti fiorentini, erano rivolti soprattutto contro la corruzione della Chiesa romana: domenicano 'osservante', dunque sostenitore della riforma interna dell’Ordine, annunziava e auspicava ormai la necessità d’una generale riforma della Chiesa romana. Dopo la morte del Magnifico, nel 1492, il suo messaggio si fece più intenso e diretto.
Non che auspicasse un rovesciamento politico: al contrario, fu più vicino al potere mediceo di quanto solitamente non si dica.
Tuttavia, sperò senza dubbio che il re Carlo VIII di Francia, disceso in Italia nel 1494 per ben concreti interessi nel regno di Napoli, ma proclamando di voler organizzare una crociata, fosse lo strumento della punizione e del rinnovamento della cristianità. Eppure, nel frangente del passaggio del re da Firenze e subito dopo, egli dimostrò una chiarezza di vedute politiche e un equilibrio che lo imposero all’attenzione dell’opinione pubblica: e per almeno tre anni, fino al 1497, dominò la vita politica e spirituale della città promuovendo un progetto di costituzione ispirata a quella veneziana che contemperasse le spinte aristocratiche e quelle popolari e sostenendo l’immagine d’una Firenze finalmente visitata dalla concordia e 'Nuova Gerusalemme'. È vero che la sua 'dittatura' fu segnata anche da violenze (le incursioni dei 'fanciulli' suoi seguaci, i 'roghi delle vanità'), ma tuttavia sembrò per un lungo momento che la crisi aperta dalla morte del Magnifico fosse davvero risolta.
Nelle sue Prediche, i toni terribili delle immagini apocalittiche si accompagno a momenti profondi e commoventi, di meditazione e di penitenza. Da anni un agguerrito gruppo di fiorentini e non solo sta insistendo perché si porti avanti nei suoi confronti un processo di canonizzazione, rispetto alla quale la Curia pontificia sembra tuttavia non aver superato riserve e cautele.
Nelle sue «Prediche» i toni terribili delle immagini apocalittiche si accompagnano a momenti profondi e commoventi, di meditazione e di penitenza.
(Autore: Franco Cardini; Fonte: Avvenire del 08/02/2008)
02/02/08
Vico: Metafisica e metodo
Un grandioso sforzo di ripensamento del senso dell´Umanesimo
Un sapere che procede per tracce e ricorre alla forza dell´intuizione e dell´immaginazione.
In un grandioso sforzo di ripensamento teoretico del senso dell´Umanesimo, Vico coglie l´accordo con la filologia come dimensione essenziale della filosofia stessa. La boria dei dotti si esprime con maggiore evidenza forse proprio nella pretesa di intendere la parola come semplice mezzo per comunicare il pensiero, strumento a sua disposizione. Ma non si dà pensiero che non sia pensato dalle sue stesse parole. Un pensiero che non riflette su tale "presupposto" non solo sarà un pensiero "sordo alla storia, ai sensi, alla vita sociale" (Gentile), ma neppure sarà in sé teoreticamente fondato. Già il dire "cogito" significa appartenere ad un linguaggio, ad una tradizione, indicare una provenienza, ek-sistere. Ed un "cogito" che non abbia coscienza di ciò non potrà mai fondare una scienza.
Nessuna scienza senza coscienza della propria origine; nessun logos che non sia fenomenologia: storia della sua "materia" e, in uno, sapere che mostra le forme della sua genesi e del suo apparire (la Krisis delle scienze europee non maturerà, per Husserl, proprio su questo stesso terreno? e cioè dall´oblio della co-scienza di sè da parte del progetto scientifico?). Autentica genealogia. Prima dei filosofi le leggi, prima delle leggi la lingua, prima della lingua la non-lingua. Prima del "sum" che risuona "vittorioso" nell´"io sono-io penso", il sum "astrattissimo", è il "sum" che dice il mangiare, che indica l´alimento che ci sostiene, la "sostanza" che sta sotto, «ne´ talloni, perocché sulle piante de´ piedi l´uomo sussiste; ond´Achille…». Lì, «ne´ talloni», occorrerà perciò pervenire, se non si vuole pensare l´"essere" senza alcun fondamento, se non si vuole fare della filosofia esattamente il contrario di ciò che deve essere: ritorno alla cosa, comprensione dell´effettuale oltre la doxa, l´opinio, il parlare in-cosciente. Il pensare si costituisce così come pensiero dell´origine e la filologia non ne esprime che l´intrinseca, rammemorante dimensione.
Ma il cerchio è lungi, a questo punto, dal chiudersi "virtuosamente"; proprio qui, anzi, viene alla luce tutta la drammatica della "nuova scienza". L´ordine delle idee procedente secondo l´ordine delle cose non giunge ad un fondamento. Il "discendere" alla coscienza dell´origine, che tanta pena comporta, non mette capo a una solida terra su cui poggiare quei nostri "talloni", ma propriamente all´opposto: a un "luogo" appena intendibile e nient´affatto immaginabile. Al toglimento di ogni fondamento. L´etymon, la radice ultima e vera delle parole, che è oggetto di una "etimologia filosofica" o di una «filologia nata in Platonia» (Warburg), sprofonda oltre ogni filologicamente-filosoficamente accertabile. Si apre un abisso della e nella parola che proprio le "nozze di filologia e filosofia" rivelano: ogni origine "certa" si affaccia all´incertissimo che ne è arché, ogni elemento noto contiene in sé costitutivamente l´ignoto, ogni dimensione definita l´ancora definiendum. Ecco, abbiamo raggiunto coscienza del significato latino di questo termine; ma quale ne è l´etymon? quale l´origine? Di nuovo, il "descensus" di Vico, a differenza di quello di Enea, non ha termine. E perciò "revocare gradus" gli sarà tanto più penoso. Entrambi, nell´itinerario, compiono straordinarie esperienze, scoprono volti e luoghi; non c´è spazio per accidiose disperazioni; ma l´antico giunge tuttavia "alle madri", mentre il nuovo, il "moderno" alla domanda, la stessa di Goethe: giù, via da ciò che appare ben definito e formato, giù al gioco eterno della metamorfosi - «ma la madre, dove è?». La parola ci inghiotte al suono, al corpo, alle immagini primordiali del suo agire (...), così come l´immagine della milizia rinviava a ferocia, mercatura a avarizia, l´eleganza del cortigiano a ambizione, la monarchia alla barbarie eroica. (...)
Piena coerenza dell´analogia: come l´uomo fa la sua storia senza tuttavia mai poter sapere gli effetti del suo agire, così egli pensa e dice senza mai poter giungere a perfetta co-scienza del "fondo" del suo dire, proprio perché cosciente che tale "fondo" non è linguaggio. L´inopia magna del nostro pre-vedere è l´altra faccia del limite costitutivo della nostra memoria - che perviene al suo ultimo soltanto quando ricorda l´immemorabile. E sulla soglia dell´immemorabile non stanno gli Zoroastri e gli Orfei, ma «ci rimangono i bestioni» nessun paradiso o età dell´oro, nessun mito edenico; provvida sventura la cacciata da Eden, ma non perché, come per Hegel o Schelling, da quel "momento" abbia inizio la disvelatrice marcia trionfale dello Spirito; solo il corso della storia umana, provvidenzialmente e non progressisticamente, come vedremo, ordinato genera la perdita di ogni paradiso in terra. La filosofia che si ostina a meditare soltanto «sulla natura umana incivilita» si ritrae atterrita dal thauma, dallo spettacolo meraviglioso-tremendo, della natura umana dalla quale provengono religioni e leggi, ma perché quella natura non sembra dotata di logos - e non è per la filosofia l´uomo quel vivente caratterizzato proprio dall´"arma" del logos? In questa natura, in questa physis, il nascimento più sorgivo, getta invece lo sguardo con cosciente ardimento la "scienza nuova", "armata" dei suoi assiomi e delle tradizioni «lacere e sparte» che la filologia permette di accertare.
Il viaggio nella memoria fino al suo stesso fondo-non-fonda va fatto valere, dunque, come co-scienza della modernità. Nessun culto antiquario dell´Antico, nessuna sedentaria erudizione, e così critica radicale della pretesa auto-referenzialità dell´Io penso, fondamento del moderno sapere. Ma scienza, comunque, avrà da essere, e ciò comporta comprensione e comunicazione della materia che essa raccoglie. Qui la nuova aporia: come potremo conoscere ciò che ci appare così essenzialmente diverso? come potremo comprendere ciò che "i bestioni" avvertono? partecipare a quella, per dirla con Hegel, «ebbrezza del sentire». Le domande centrali dell´ermeneutica sono tutte palpitanti in Vico. Come avanzare la pretesa di conoscere l´altro? Qui non può essere in gioco una forma "cartesiana" di conoscenza; anzi, orgogliosamente Cartesio inizia affermando la sua assoluta indifferenza, prima ancora che estraneità, ad ogni linguaggio che egli giudichi "straniero". Il sapere della "nuova scienza", un sapere indisgiungibile dal rammemorare (straordinaria "re-invenzione" dell´anamnesis platonica!), dovrà non solo essere indiziario, procedere per tracce, ma anche necessariamente ricorrere alla forza dell´intuizione e della immaginazione.
Che è autentica vis, e non pensiero degradato, sapere dimidiato. La vis imaginativa si sposa all´acribia filologica, all´evidenza delle idee che la metafisica contempla nella Mente divina. La facoltà dell´immaginare, Einbildungskraft, è, possiamo davvero dire, facoltà del giudizio. Non si giudica del passato, dell´altro, senza di essa. Senza con-sentire in qualche modo con la forza della sua fantasia, con la violenza delle sue passioni, sentimenti e affetti, mai potremmo intenderlo. Non si pensa non immaginando. Come si pensa-in- parole, come non c´è "cogito" se non nella sua espressione linguistica, così non v´è logos che sia astratto da pathos. Ed è per questo che possiamo, nonostante la abissale distanza, nonostante la differenza che ci divide da "ciò" che non è lingua, che non è logos, tuttavia con-sentirlo e intenderne la voce ("prima" voce, o grido o canto, che a sua volta si apre ad un silenzio insondabile: quello cui si è prima accennato, della storia davvero sacra, la generazione del proprio Verbum uni-genitum da Dio-in Dio).
La visione del passato, co-scienza della filosofia, esige filologia e immaginazione. Esso deve perciò trasmettersi anche per immagini. Senza la loro "guida" e senza un profondo con-sentire sarà impossibile condurre la nostra "visita". Ma syn-pathein è possibile, a sua volta, solo se in noi permane l´eco di ciò che andiamo "visitando". Ciò che nel "moderno" è il valore emeneutico del pathos, in quanto capacità di connessione, in quanto organo di una "logica dell´analogia", deve "ricordare" in sé, per poterci permettere di intendere il più profondo passato, l´esperienza che di esso, come del loro presente, compirono gli uomini che lo attraversarono.
(Autore: Massimo Cacciari; fonte Link: La Repubblica)