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Un altro anno, un nuovo anno.
Quanto ancora?
Julius Evola, I testi del Roma. A cura di Vincenzo Campagna, pp. 568, Edizioni di Ar, euro 60,00
Per i novant'anni di Alda Croce, ripubblicato il saggio di Benedetto Croce Perché non possiamo non dirci "cristiani". Eccone uno stralcio:
«Il Cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai compiuta: così grande [...] che non meraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall'alto, un diretto intervento di Dio nelle cose umane che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo nuovo. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. Tutte, non escluse quelle che la Grecia fece della poesia, dell'arte, della filosofia, della libertà politica, e Roma del diritto: per non parlare delle più remote della scrittura, della matematica, della scienza astronomica, della medicina, e di quanto altro si deve all'oriente e all'Egitto...
E le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni, in quanto non furono particolari e limitate al modo delle loro, ma investirono tutto l'uomo, l'anima stessa dell'uomo, non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana... perché l'impulso originario fu e perdura il suo. La ragione di ciò è che la ri-voluzione cristiana operò nel centro dell'anima, nella coscienza morale, e conferendo risalto all'intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fino allora era mancata all'umanità. Gli uomini, gli eroi, i geni, che furono innanzi al Cristianesimo, compirono azioni stupende, opere bellissime, e ci trasmisero un ricchissimo tesoro di forme, di pensiero, di esperienze; ma in tutti essi si desidera quel proprio accento che noi accomuna e affastella, e che il Cristianesimo ha. dato esso solo alla vita umana». B. Croce
Addendum
Biografia breve di Benedetto Croce con annotazione anti-massonica
di Alfredo Marranzini s.j.
Croce, nato il 25 febbraio 1866 a Pescasseroli (L'Aquila), si trasferì con suo padre a Napoli e fu ammesso al collegio diretto dal B. Ludovico da Casoria nel palazzo rinascimentale Del Balzo, sito nella piazza S.Domenico Maggiore. Scampato al terremoto di Casamicciola (1883) per il quale perirono i suoi genitori, fu accolto a Roma in casa di Silvio Spaventa e vi rimase fino al 1886.
S'iscrisse alla facoltà di giurisprudenza nell'Università "La Sapienza", ma più volentieri si chiudeva nelle biblioteche, frequentando solo le lezioni di Antonio Labriola (Cassino 2 luglio 1843 - Roma 12 febbraio 1904), filosofo marxista e cultore di filosofia della storia.
Tornato a Napoli, egli partecipò alla vita politica da critico letterario. Nominato nel 1910 senatore da Giorgio Sidney Sonnino (Pisa 11 marzo 1847 - Roma 24 novembre 1924), fece parte del governo Giolitti come ministro della pubblica istruzione dal 1920 al 1921. Anche dopo l'avvento del fascismo egli rimase fermo al liberalismo, in cui predominavano i motivi propri della sua cultura filosofica. Quando dai fascisti fu presentato un disegno di legge per la proibizione della Massoneria, egli non esitò a fare questa dichiarazione di voto:
"Sempre nella mia opera di scrittore ho avversato la massoneria, perché, a mio giudizio, l'ideologia da essa rappresentata e promossa era semplicistica e antiquata e impediva, con la sua superficialità, quella soda cultura che io auguravo al mio Paese. Inoltre ero con molti altri di avviso che il segreto di cui quella associazione si circondava, dando luogo a infiniti sospetti se non addirittura a illeciti maneggi, non giovasse a mantenere sana la nostra vita civile.
Questa mia insistente polemica... è nota ed è stata ricordata da molti nelle discussioni che hanno accompagnato il presente disegno di legge. A questo io dovrei essere sostanzialmente favorevole, e anzi lieto di vederne l'attuazione come io stesso avevo desiderato. Ma la mia polemica contro la massoneria si svolgeva in condizioni di libertà ed era mossa da spirito liberale, che sentiva incompatibili le associazioni segrete di qualsiasi sorta. Invece il presente disegno di legge ci viene innanzi quando non solo le condizioni della pubblica libertà sono assai turbate in Italia, ma si ode proclamare con feroce gioia la distruzione del sistema liberale e questo disegno di legge è considerato come parte integrante di un unico tutto di leggi antiliberali. Esso, perciò, se materialmente risponde al mio desiderio, spiritualmente ne discorda non poco e per questa seconda considerazione io non potrei dargli il mio voto.
Quando ci si trova nel bivio in cui io ora sono posto, e si sente il dovere di non venir meno, neppure in apparenza, al proprio passato e nel tempo stesso si sente l'alto dovere di non venir meno alla propria coscienza che avverte che il presente non è quale era il passato, si ha il caso tipico, a me pare, in cui è necessario trarsi in disparte e astenersi. E io mi asterrò dalla votazione del presente decreto di legge" (Testo in Il sole-24 ore, 10 nov. 2002, p.37, sotto il. titolo "Non amo i Gran Maestri ma non voterò per abolirli").
Come storico e critico, Croce ha scritto pagine che rimangono per profondità d'intuizione e finezza di penetrazione psicologica, ma alcuni suoi giudizi risentono di una parte, anche se inconscia, polemica. In coerenza con 1'immanentismo del suo sistema filosofico, contraddisse non sempre con serenità il cattolicesimo. Senonché negli ultimi suoi anni si orientò verso una valutazione più obiettiva delle benemerenze storiche della Chiesa cattolica e della sua concezione antropologica, pur rimanendo egli estraneo allo spirito più profondo del cristianesimo.
Dello storico britannico di origini norvegesi Mark J. Sedgwick, professore di storia del Medio-Oriente moderno all'università americana di Cairo, “maestro di conferenze” al dipartimento di Scienze Religiose all'università di d'Aarhus (Danemark) e amministratore di un sito web ben documentato e decisamente raccomandabile www.traditionalists.org/, ci siamo già occupati in passato. Come si ricorderà il Nostro è autore di un'importante opera dal titolo Against the Modern World (2004) che ora la benemerita editrice Dervy, propone al pubblico francese con il titolo Contre le monde moderne, Le traditionalisme et l'histoire intellectuelle secrète du XXe siècle (Introduzione di Jean Pierre Brach, postfazione del tradutore Thierry Giaccardi, un tradizionalista appartenente alla "confraternita sufi" dell'italiano Abd al-Wahid Pallavicini), . L'argomento di questo importante e impegnativo volume è il “perennialismo” e “il pensiero della scuola tradizionalista” con riferimento soprattutto alle opere di René Guénon, Frihjof Schuon e Julius Evola. E' un'indagine storica a tutto campo sull'influenza che questi “punti di vista” hanno esercitato e continuano ad esercitare, a volte con esiti straordinari e imprevedibili, negli ambiti più diversi: dalle organizzazioni con pretese “iniziatiche”, alla cultura e letteratura, agli ambienti accademici, universitari e infine politici. Un'occasione di lettura e di approfondimento imperdibile in una eccellente traduzione nella bellissima e impeccabile lingua di Francia.
Proprio perché farà discutere questo libro non poteva non essere dedicato da un polemista a un altro. Tra Pietrangelo Buttafuoco, l’autore, e Giuliano Ferrara, il destinatario, la distanza non si misura con la categoria politologica bensì con la differente visione di fondo che vede contrapposti l’immagine di un Occidente triumphans – quello dell’elefantino del Foglio – e quello patiens dello scrittore siciliano. Cabaret Voltaire. L’islam, il Sacro e l’Occidente (Bompiani, pp. 285, euro 18) ci restituisce Buttafuoco nella sua veste di figlio sradicato in un Occidente che per sentirsi vivo, oggi, deve brindare festoso al suo funerale. E Buttafuoco non si inchina e non si rassegna a quello che ha definito «il totem della modernità». Anzi. L’obiettivo è proprio quello di portarne alla luce «le fondamenta radicalmente ostili al sacro».
E che dire, allora, se gli esecutori materiali (i mazzieri) – anche se non i mandanti – di questa bestemmia planetaria hanno finito per essere addirittura alcuni uomini che si collocano a destra? Sì, è proprio una certa destra, quella in salsa teo-con, quella che per lo scrittore e giornalista sta compiendo la «guerra al sacro», la stessa «mai portata a termine dalla sinistra». Quella che agisce e prolifica «in un mondo senza più rito e senza più il segno del rito». Attenzione però. Qui non ci troviamo dinanzi a una novità, ma alla fine di un percorso dove la vittima prescelta è stata sezionata, sfibrata e svilita della sua missione storica – che è quella di costituirsi come elemento fondante della parabola universale – per venirci restituita in un surrogato dove «le illusioni non hanno neppure bisogno di nutrire utopie ma solo formale enunciazione».
Lo iato di questo continuum storico, il momento nel quale si è considerato sano «emanciparsi dal concetto della Provvidenza per affidarsi al principio meccanico della razionalità» ha un protagonista e una summa laica. Come spiega lo stesso Buttafuoco si tratta di Voltaire, uno dei principi dell’Illuminismo, quello della “sterilizzazione” secolarizzata della fede. È stato il filosofo a innestare nel dibattito l’assurda corrispondenza fra senso religioso e intolleranza. E quale migliore esempio che introdurre nella tragedia un po’ di “scontro di civiltà” ante litteram? Ecco allora "Il fanatismo ossia Maometto profeta", l’opera che – come ci ha spiegato Buttafuoco in una precedente occasione – «più di tutte ha indirizzato l’uomo occidentale verso la distorsione del sacro e, di conseguenza, verso la falsificazione storica di Muhammad, costruito come simbolo del fanatismo religioso. Un’operazione falsa e odiosa, così come la stessa idea che un capopopolo potesse nutrire tale sentimento nella costruzione di una grande civiltà». Come contraltare l’autore riprende uno dei grandi del romanticismo, lo scozzese Thomas Carlyle che, nel suo saggio "Gli eroi", individua il tratto dei grandi costruttori di civiltà. Gli stessi, da cui, la Storia prende forma. E il Profeta Muhammad è proprio una di quelle figure che – come scrive Buttafuoco – «per Carlyle ripropone il mito capacitante delle élite naturali e della forza del singolo come motore della Storia». Questi due tipi, entrambi inseriti nello spirito del tempo, consegnano la dimensione e l’entità della posta in palio. E i risultati si sono visti: in un Occidente che, accusa Buttafuoco, si è smarrito in una selva di atomi impazziti, è proprio la fine del pensiero teleologico che ha consegnato le chiavi della Provvidenza nella mani di una causalità meccanicistica. Del mito di una certa modernità – quella illuministica – lo scrittore ce ne svela la natura luciferina. Quella per cui, nella distruzione del padre, ossia l’Occidente, ne sono responsabili i figli che credono di compiere così cosa buona e giusta. Sono la destra e la sinistra – per come madama Rivoluzione francese li ha creati – e, prima l’altra e adesso l’una, si sono calate così tanto nella parte che davvero stanno per sconvolgere dall’interno
Per riportare la “trasmissione” delle cose nel giusto senso, quello che l’autore ci propone in gran parte del libro è un viaggio. Buttafuoco, quasi novello Carlyle, traccia il percorso della Tradizione – e della spiritualità – nella Storia attraverso alcuni dei suoi protagonisti. E in questo racconto – dove il narrare è poi la caratteristica principale di questo straordinario autore – i suoi eroi, depurati dalla patina corrosiva e mendace dell’Illuinismo, vengono proposti per quello che sono. Proprio per restituirli e riporli nella categoria del mito: che per Buttafuoco è l’essenza dell’agire storico. Ecco allora l’ayatollah Khomeyni con la sua politica intesa come scienza spirituale; Francesco d’Assisi che andò a parlare col Sultano e che le marce per la pace le avrebbe di sicuro boicottate; Padre Pio che il demonio c’era e lo prendeva a cazzotti; Attilio Mordini e Mel Gibson che il Golgota lo ripresenta come «nervo che irradia nelle contraddizioni della modernità» e i protagonisti del Venerdì Santo in Andalusia e poi in Sicilia, dove il senso il sacro è così vivo, così intimo e senza traccia di folclore che in quel giorno anche «gli uccelli planano sbilenchi. Per quel che ricordo – nota lo scrittore – non hanno mai cantato il Venerdì».
Tra tutte le suggestioni, i riferimenti e le storie raccontate nel saggio da Buttafuoco c’è un’immagine che sintetizza al meglio quello che ha significato per l’Occidente il trionfo della modernità vincente: «L’ombelichismo elevato a vertice della definizione di destino». Il tutto all’interno di una visione pragmatica che, spiega l’autore, si è sincretizzata con il peggiore cristianismo: «Una religione tagliata con la peggiore farmacopea eretica» di cui la destra bushista è stata la frontiera e, probabilmente, anche il punto di non ritorno. È solo grazie a questo sostrato se è stato possibile che i teo-con (che hanno rappresentato solo una suggestione politica minoritaria e, oggi, fortunatamente perdente), gli americani e un certo conservatorismo occidentale (quello degli ex sinistri) negli ultimi anni hanno praticamente fatto e disfatto quello che desideravano in tutto il pianeta. Insomma, se non avesse procurato la giustificazione ideologica di uno dei conflitti più discussi dal dopo guerra a oggi, quello in Iraq, rientrerebbe in quella che si chiama una fatua casualità.
A farne le spese è stata nell’immaginario occidentale la gente dell’islam. Perché dall’Occidente ritenuto un popolo refrattario alle sirene della dittatura verso il “basso” dei desideri. E tutto ciò che questo occidentalismo non può assimilare lo combatte, ne fa “asse del Male” e vittima di «fobia, fanatismo e razzismo: l’ignoranza che fa da lievito all’attuale stagione di guerra al terrorismo». Per Buttafuoco, quindi, è proprio qui che la società occidentale deve recuperare il senso della dialettica. «Ma è l’islam che sveglierà la nostra stessa identità», afferma lo scrittore siciliano. Ma l’incontro non sarà il “luogo” di un dialogo ecumenico politicamente corretto, «perché la garanzia di convivenza pacifica con le altre confessioni non può essere quella laica, ma, per dirla con una categoria familiare agli europei, può solo essere ghibellina». I musulmani «sono i primi a volere i preti con le tonache, le messe in latino e il Santo Padre della Tradizione, non quello del dialogo interreligioso». Per Buttafuoco saranno gli islamici a darci uno schiaffo per farci destare dal torpore: «I musulmani arrivati nella modernità non se ne giovano di un cristianesimo sempre più minoritario, la Chiesa è diventata un immenso ministero degli Affari sociali in un mondo sconsacrato».
(di Antonio Rapisarda, Secolo d'Italia, 25/11/2005)
LA BENEDIZIONE DEL NUOVO CAVALIERE
Traduzione dal " Pontificale Romanum "
Tratto da: "SAN BERNARDO - L'ELOGIO DELLA NUOVA CAVALLERIA
Ai Cavalieri del Tempio"
A cura di Mario Polia - Il Cerchio - iniziative editoriali
II cavaliere può essere creato e benedetto in qualunque giorno, luogo ed ora; ma se deve essere creato in seno alla celebrazione della Santa Messa, il vescovo, con quell'abito col quale ha celebrato la Messa o vi è intervenuto, stando in piedi dinnanzi al centro dell'altare davanti al faldistorio, o sedendo su di esso; secondo il convenuto, finita la Messa, compie il rito. Se invece la creazione del cavaliere avviene al di fuori della Santa Messa, il vescovo celebri la cerimonia con la stola sopra il rocchetto, o se può essere regolare, sopra il copripelle. E, per prima cosa, stando in piedi con il capo scoperto, benedice, qualora prima non sia già stata benedetta, la spada che qualcuno genuflesso davanti a lui tiene sguainata, e dice:
R. Che fece il cielo e la terra.
V. O Signore, esaudisci la mia preghiera.
R. E la mia voce giunga a te.
V. Il Signore sia con voi.
R. E con il Tuo spirito.
Preghiamo
Esaudisci, ti preghiamo, o Signore, le nostre preghiere, e questa spada, della quale questo Tuo servo desidera cingersi, degnati di benedire con la destra della tua maestà, affinchè egli possa essere difensore della Chiesa, delle vedove, degli orfani, e di tutti coloro che servono Dio, contro la malvagità dei pagani e degli eretici; e sia egli motivo di terrore e sbigottimento per coloro che tramano insidie contro di lui.
Per Cristo Nostro Signore.
R. Amen.
Preghiamo
Benedici, o Signore santo, Padre onnipotente, eterno Dio, per l'invocazione del santo tuo nome e per l'avvento di Gesù Cristo figlio tuo Nostro Signore, e per il dono dello Spirito Santo Paraclito, questa spada, affinchè questo tuo servo, il quale oggi per tua sì grande bontà è da essa cinto, calpesti i nemici visibile e, ottenuta in tutto la vittoria, rimanga sempre illeso. Per Cristo nostro Signore.
Salmo 143
Benedetto sii, Signore Dio mio, che guidi le mie mani nel combattimento: * e le mie dita in guerra.
Mia misericordia, e mio rifugio: * mio sostegno e mio liberatore.
Mio protettore, nel quale io sperai: * tu che assoggettasti a me il mio popolo. Gloria al Padre. Come era, ecc.
R. Dio mio, spero in te.
V. Sarai per lui, o Signore, torre di fortezza.
R. Dal volto del nemico.
V. O Signore, esaudisci la mia preghiera.
R. E la mia voce giunga a te.
V. Il Signore sia con voi.
R. E con il tuo spirito.
Preghiamo
O Signore santo, Padre onnipotente, eterno Dio, che da solo ordini tutte le cose e le disponi secondo giustizia, tu che per reprimere la malvagità dei reprobi e per difendere la giustizia permettesti l'uso della spada sulla terra agli uomini secondo la tua salutare disposizione e volesti che fosse istituito l'ordine della Cavalleria per la protezione del popolo, e per mezzo del beato Giovanni facesti dire ai soldati che a lui nel deserto erano venuti di non depredare nessuno ma di esser contenti dei propri salarii ; la tua clemenza, o Signore, supplichevolmente imploriamo, così come elargisti a Davide, fanciullo tuo, la capacità di superare Golia e facesti trionfare Giuda Maccabeo sulla malvagità delle genti che non invocavano il nome tuo, così anche a questo tuo servo, il quale testé sottopone il collo al gioco della milizia, concedi con pietà celeste le forze e l'audacia per la difesa della fede e della giustizia, e aumenta la sua fede, la sua speranza e la sua carità e dagli, parimenti, il timore e l'amore nei tuoi riguardi, l'umiltà, la perseveranza, l'obbedienza, la buona pazienza e disponilo interamente verso il giusto, affinchè non danneggi ingiustamente alcuno con codesta spada o con un'altra e affinchè difenda con essa quanto vi è di giusto e di retto e come egli stesso è promosso da uno stato inferiore alla nuova dignità della milizia, così, abbandonando il vecchio uomo che era e le sue azioni, accolga lui il nuovo uomo che è divenuto: affinchè ti tema e ti onori rettamente, eviti la famigliarità con i perfidi e rivolga al prossimo la sua carità, obbedisca rettamente al suo superiore in ogni occasione ed esegua sempre il suo ufficio secondo giustizia. Per Cristo nostro Signore.
Allora asperge la spada con acqua benedetta. Qualora invece la spada sia già stata benedetta si deve omettere quanto detto prima.
Dopo questi atti il vescovo, sedendo, presa la mitria, consegna la spada sguainata nella mano destra al nuovo cavaliere inginocchiato davanti a lui, dicendo:
Ricevi questa spada nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo e utilizzala per la difesa di te stesso e della Santa Chiesa di Dio e per scompigliare i nemici della Croce di Cristo e della fede cristiana, e per quanto l'umana fragilità permetterà, non ledere ingiustamente alcuno con essa: e si degni di assicurare ciò Colui che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna come Dio, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen.
Poi la spada viene riposta nel fodero e il vescovo cinge il nuovo il cavaliere con la spada, dicendo:
Ti cinga la tua spada sopra il femore, o fortissimo, e considera che i santi non con la spada, ma con la fede vinsero i regni.
Perciò il nuovo cavaliere cinto dalla spada si leva in piedi ed estrae quella dal fodero e fa vibrare virilmente tre volte quella sguainata e la terge sopra l'avambraccio sinistro, poi la ripone nel fodero.
Allora il vescovo dà al nuovo cavaliere il bacio della pace dicendo:
E il vescovo prendendo di nuovo la spada sguainata nella destra percuote leggermente tre volte con quella sopra le scapole il nuovo cavaliere inginocchiato davanti a lui, dicendo nel frattempo solamente:
Sii cavaliere pacifico, valoroso, fedele e devoto a Dio.
Poi, riposta la spada nel fodero, il vescovo dà con la mano destra un leggero schiaffo al nuovo cavaliere dicendo:
Sii destato dal sonno della malizia, e veglia nella fede di Cristo e sia lodevole la tua fama.
E i cavalieri astanti impongono gli speroni al nuovo cavaliere; e il vescovo, stando seduto con la mitria, pronuncia l'antifona:
Bello nell'aspetto davanti ai figli degli uomini, cingi, o fortissimo, il tuo fianco con la tua spada.
Il vescovo si leva in piedi e stando rivolto verso il nuovo cavaliere, scoperto il capo, dice:
Preghiamo
Onnipotente eterno Dio, sopra questo tuo servo che desidera essere cinto con questa insigne spada (lett. punta), infondi la grazia della tua benedizione, e fa sì che egli, fidente nella virtù della tua destra, sia armato di celesti presìdi contro tutte le cose avverse, affinchè in questo secolo non sia turbato da nessuna tempesta di guerra.
Pronunciate queste parole, il nuovo cavaliere bacia la mano del vescovo, e, deposti la spada e gli speroni, va in pace.
Simmetria, fondata da Claudio Lanzi nel 1975, nasce come gruppo di ricerca sulle scienze e sulle tradizioni spirituali d'Oriente e d'Occidente, svincolato da qualsiasi sudditanza culturale e politica.
Nel 1985 iniziano le prime pubblicazioni di estratti da corsi e seminari. Tale attività prosegue nel 1996 con un'iniziativa editoriale autonoma e la stampa di alcuni testi che rappresentano abbastanza efficacemente le linee ispiratrici della associazione.
Nel 2000 apre a Roma il Centro Studi "Simmetria" di via Grazioli Lante 13 e prendono vita la relativa associazione culturale, la rivista omonima e l’edizione pianificata di tre collane di libri.
Temi fondamentali delle ricerche di Simmetria sono:
- La geometria e la matematica sacre, la ritmologia, la danza e le discipline di matrice orfico-pitagorica, asse portante di qualsiasi percorso conoscitivo occidentale e base di ogni ascesi e di ogni sacralità seriamente intese.
- Le religiosità e le ritualità arcaiche europee, con particolare attenzione a quelle latine e alle osmosi con le altre tradizioni del bacino mediterraneo.
- La gnosi protocristiana e l'esicasmo delle origini, dove il ritmo e l'armonia svolgono un ruolo fondamentale nel sentiero di risalita di Sophia verso il Suo Artefice e dove il silenzio diventa disciplina e contatto con il cuore.
Ciò non esclude dai nostri interessi qualsiasi argomento che si apra verso la filosofia e la scienza d'Oriente e d'Occidente, sacralmente intese.
Una parte degli argomenti oggetti di studio è stata pubblicata nei testi delle edizioni omonime. Le relazioni relative ai convegni hanno dato quasi sempre luogo alla stampa degli "Atti" mentre la Rivista e il sito on line, riportano sia gli estratti dei corsi e dei seminari come articoli originali provenienti da vari collaboratori.
L'associazione s’impegna a testimoniare con semplicità, ma con rigore scientifico, le ricerche operate in "Simmetria", costituendo un punto di incontro e di orientamento, un centro di studi e di riflessione che, in questa convulsa babilonia di proposte pseudospirituali accattivanti, aiuta ad orientarsi responsabilmente, a non essere preda di fanatismi acefali, a non farsi irretire da facili approdi emozionali, a non precipitare nelle fantasmagorie degli esoterismi sempre più in svendita in questo mondo pesantemente inquinato, ormai non solo nella terra, ma anche nell'anima.
In tale contesto è auspicata e gradita la collaborazione di coloro che, rispettando l'impostazione decisamente old age di Simmetria, vorranno proporre temi, ricerche originali qualificate, articoli, e che vorranno collaborare strettamente con noi, con chiarezza e sincerità d'intenti.
Fonte: www.simmetria.org
Addendum
A dimostrazione dell'amicizia e della spirituale sintonia, Simmetria ha inserito nella sua pagina web, esattamente tra gli "articoli", alla categoria "orientamenti tradizionali", un capitolo dell'ultimo libro di Silvano Panunzio, "Metafisica del Vangelo Eterno" , con il titolo "Continuità della Tradizione Iperborea".