08/03/12

Sul nuovo testo controlettarario: "Du religieux dans l’art"


di  Maximilien Friche

La rivista-libro è costruita seguendo l’architettura delle chiese e si procede testo dopo testo come si procede in una cattedrale: dal nartece al capocroce passando per la navata centrale, i transetti,… La spinosa questione sollevata dal titolo del libro si addentrerà sugli stessi sentieri dei pellegrini, sarà posta nei diversi luoghi dell’edificio religioso. La questione del religioso nell’arte sottintende altri problemi, funziona come un indovinello che riduce le domande: il rapporto dell’uomo con la bellezza, il suo rapporto con Dio, la natura stessa dell’arte, la sua funzione… Quest’opera ammaestra tanto per quello che dice come per la natura stessa del suo dettato. E’ al contempo insegnamento e illustrazione. La poesia è presente direttamente con Gwen Garnier-Duguy e Matthieu Baumier, è presente in filigrana in ciascun testo, con i riferimenti o con le immagini impiegate dagli stessi autori. La struttura interviene anch’essa per fare del libro un’opera d’arte, un assemblaggio che fa cattedrale. I testi funzionano gli uni in rapporto agli altri per rendere possibile la lettura lineare di un’avventura, di un romanzo, del pensiero. Parla all’anima tanto quanto allo spirito per avere la certezza di raggiungere l’essere con efficacia.
Giacché si tratta di avventura (del pensiero), è sotto forma di didascalia che possiamo penetrare il soggetto e farvi venire voglia di appartenere all’élite dei lettori dell’opera controletteraria. Il libro visto dal cielo, offre la seguente idea d’insieme:

Nartece: la possibilità dell’arte
Sulla soglia della cattedrale, appena superato il portale, Alain Santacreu ci dice semplicemente che è possibile. Il religioso nell’arte è possibile. Per illustrarlo ci fa due regali: il Cœur Emeraude, quadro di Roberto Mangù, e le Cœur, poema di Garnier-Duguy.

Navata: l’Eucaristia come opera d’arte perfetta
Così rassicurati, facciamo qualche passo nella cattedrale e improvvisamente ci sentiamo sopraffatti dalla proposta che ci è stata fatta. Pensiamo di poter capire, ma forse non immediatamente, forse tra un po’: l’Eucaristia è il modello dell’opera d’arte, del poema. Olivier-Thomas VERNARD, op. ci spiega come l’arte si rapporti all’Eucaristia, come il religioso e l’arte siano fusi nell’Eucaristia, come “la bellezza (…) si trasmette alle opere che vogliono manifestarla”.

Transetto: l’arte non può che essere sacra
Arrivati al transetto abbiamo la scelta. Un accenno di giro in poesia da Baumier, poi un tuffo nell’arte all’indietro, fino alle sue origini. Bruno BERARD ricorda così la perversione di quest’arte concettuale assimilata a un financial art e da ultimo a  una falsa moneta. Il Nostro ci riporta alla questione centrale: “il bello rivela la sacralità dell’arte e l’arte risveglia la coscienza religiosa del bello”.
 
La Crociera: educazione dell’anima
Abbiamo fatto un passo a sinistra, poi un passo a destra, è ora tempo di affrontare la domanda posta, di arrestarsi nella crociera, di fronte al coro e, in questa pausa, di preparare il nostro cuore. Il testo di Jean Borella e lì che ci porta, ci parla dell’anima alla quale parla la bellezza, quest’anima che conosce amando e che deve essere sottomessa allo spirito e alla volontà.

Coro: sacrificio
Riconciliati anima e spirito, un poco più puri, possiamo avvicinarci all’altare e visitare il coro della cattedrale. Qui si trova il più bel testo dell’opera collettanea: del liturgico nell’arte. “Dal momento che la dimensione epifanica di un’opera avvolge e trascende la sua dimensione estetica, vi è del liturgico nell’arte, foss’anche assolutamente non confessionale”, scrive Suor Maria, op. (Geneviève Trainar).

Abside: la possibilità della lode
Dopo questi vertici ogni genere di lode è possibile. Per la pittura, per la letteratura, per la musica, siamo nell’abside della cattedrale. Come transitare dalla figurazione alla trasfigurazione? Come evitare l’inferno? I testi di Silvano Panunzio, di Monique Carton-Bouchouk e di Jean Biès tentano di tracciare il cammino della pietà religiosa necessaria alla lode.

Deambulatorio: periferico rivoluzionario 
Su un sentiero stretto, a semicerchio, tra il coro e l’abside, si trascinano delle ombre, girano degli esseri. Friche, Guillebon, Van Gaver, fanno vagabondare artisti rivoluzionari nel deambulatorio. Tra coloro che menano il can per l’aia, come su un filo, si trova uno scrittore apprendista comunista, un pittore suicida, un jazz man musulmano, dei dada e alcuni anarchici. Il legame tra la libertà e il sacro viene qui urlato. L’attrazione del coro crea il movimento intorno a se stesso, la rivoluzione, e finalmente rende possibile la “rilegazione” di quei fantasmi.

Capocroce: Ricapitolazione
Abbandonati i nostri fantasmi alle loro rivoluzioni, ci fermiamo al capocroce in fondo alla cattedrale, in linea dritta con il nartece e il coro, all’estremo dell’estremo. Alain Santacreu ci attende lì fin dalla nostra entrata in lettura, lì ricapitola il suo progetto e il suo pensiero. Aveva cominciato col dirci che il religioso nell’arte è possibile, finisce con una professione di fede che spiega la sua imperiosa necessità. “Poiché l’arte è necessariamente religiosa, la sua funzione consiste nel provocare nell’uomo sia la conversione delle somiglianze, sia le perversione delle dissomiglianze”. Ed è alla conversione che Santacreu ci invita ancora una volta.
(traduzione dal francese di Letizia Fabbro)


Per acquistare il libro ci si può rivolgere direttamente all’editore: L'Harmattan


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