di Maximilien Friche
La
rivista-libro è costruita seguendo l’architettura delle chiese e si procede
testo dopo testo come si procede in una cattedrale: dal nartece al capocroce passando
per la navata centrale, i transetti,… La spinosa questione sollevata dal titolo
del libro si addentrerà sugli stessi sentieri dei pellegrini, sarà posta nei diversi
luoghi dell’edificio religioso. La questione del religioso nell’arte
sottintende altri problemi, funziona come un indovinello che riduce le domande:
il rapporto dell’uomo con la bellezza, il suo rapporto con Dio, la natura
stessa dell’arte, la sua funzione… Quest’opera ammaestra tanto per quello che
dice come per la natura stessa del suo dettato. E’ al contempo insegnamento e illustrazione.
La poesia è presente direttamente con Gwen Garnier-Duguy e Matthieu Baumier, è
presente in filigrana in ciascun testo, con i riferimenti o con le immagini
impiegate dagli stessi autori. La struttura interviene anch’essa per fare del
libro un’opera d’arte, un assemblaggio che fa cattedrale. I testi funzionano
gli uni in rapporto agli altri per rendere possibile la lettura lineare di
un’avventura, di un romanzo, del pensiero. Parla all’anima tanto quanto allo
spirito per avere la certezza di raggiungere l’essere con efficacia.
Giacché
si tratta di avventura (del pensiero), è sotto forma di didascalia che possiamo
penetrare il soggetto e farvi venire voglia di appartenere all’élite dei lettori dell’opera
controletteraria. Il libro visto dal cielo, offre la seguente idea d’insieme:
Nartece: la
possibilità dell’arte
Sulla
soglia della cattedrale, appena superato il portale, Alain Santacreu ci dice
semplicemente che è possibile. Il religioso nell’arte è possibile. Per
illustrarlo ci fa due regali: il Cœur Emeraude,
quadro di Roberto Mangù, e le Cœur,
poema di Garnier-Duguy.
Navata:
l’Eucaristia come opera d’arte perfetta
Così
rassicurati, facciamo qualche passo nella cattedrale e improvvisamente ci
sentiamo sopraffatti dalla proposta che ci è stata fatta. Pensiamo di poter
capire, ma forse non immediatamente, forse tra un po’: l’Eucaristia è il
modello dell’opera d’arte, del poema. Olivier-Thomas VERNARD, op. ci spiega
come l’arte si rapporti all’Eucaristia, come il religioso e l’arte siano fusi nell’Eucaristia,
come “la bellezza (…) si trasmette alle opere che vogliono manifestarla”.
Transetto:
l’arte non può che essere sacra
Arrivati
al transetto abbiamo la scelta. Un accenno di giro in poesia da Baumier, poi un
tuffo nell’arte all’indietro, fino alle sue origini. Bruno BERARD ricorda così
la perversione di quest’arte concettuale assimilata a un financial art e da ultimo a
una falsa moneta. Il Nostro ci riporta alla questione centrale: “il
bello rivela la sacralità dell’arte e l’arte risveglia la coscienza religiosa
del bello”.
La Crociera:
educazione dell’anima
Abbiamo
fatto un passo a sinistra, poi un passo a destra, è ora tempo di affrontare la
domanda posta, di arrestarsi nella crociera, di fronte al coro e, in questa
pausa, di preparare il nostro cuore. Il testo di Jean Borella e lì che ci porta,
ci parla dell’anima alla quale parla la bellezza, quest’anima che conosce
amando e che deve essere sottomessa allo spirito e alla volontà.
Coro: sacrificio
Riconciliati
anima e spirito, un poco più puri, possiamo avvicinarci all’altare e visitare il
coro della cattedrale. Qui si trova il più bel testo dell’opera collettanea:
del liturgico nell’arte. “Dal momento che la dimensione epifanica di un’opera
avvolge e trascende la sua dimensione estetica, vi è del liturgico nell’arte, foss’anche
assolutamente non confessionale”, scrive Suor Maria, op. (Geneviève Trainar).
Abside: la
possibilità della lode
Dopo
questi vertici ogni genere di lode è possibile. Per la pittura, per la
letteratura, per la musica, siamo nell’abside della cattedrale. Come transitare
dalla figurazione alla trasfigurazione? Come evitare l’inferno? I testi di Silvano Panunzio, di Monique
Carton-Bouchouk e di Jean Biès tentano di tracciare il cammino della pietà religiosa
necessaria alla lode.
Deambulatorio:
periferico rivoluzionario
Su
un sentiero stretto, a semicerchio, tra il coro e l’abside, si trascinano delle
ombre, girano degli esseri. Friche, Guillebon, Van Gaver, fanno vagabondare
artisti rivoluzionari nel deambulatorio. Tra coloro che menano il can per l’aia,
come su un filo, si trova uno scrittore apprendista comunista, un pittore
suicida, un jazz man musulmano, dei dada
e alcuni anarchici. Il legame tra la libertà e il sacro viene qui urlato.
L’attrazione del coro crea il movimento intorno a se stesso, la rivoluzione, e
finalmente rende possibile la “rilegazione” di quei fantasmi.
Capocroce:
Ricapitolazione
Abbandonati
i nostri fantasmi alle loro rivoluzioni, ci fermiamo al capocroce in fondo alla
cattedrale, in linea dritta con il nartece e il coro, all’estremo dell’estremo.
Alain Santacreu ci attende lì fin dalla nostra entrata in lettura, lì ricapitola
il suo progetto e il suo pensiero. Aveva cominciato col dirci che il religioso
nell’arte è possibile, finisce con una professione di fede che spiega la sua
imperiosa necessità. “Poiché l’arte è necessariamente religiosa, la sua
funzione consiste nel provocare nell’uomo sia la conversione delle somiglianze,
sia le perversione delle dissomiglianze”. Ed è alla conversione che Santacreu
ci invita ancora una volta.
(traduzione dal francese di Letizia Fabbro)
Per acquistare il libro
ci si può rivolgere direttamente all’editore: L'Harmattan
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