di Piero Vassallo
Le lettere
alla sorella Edvige attestano che, dopo il 25 luglio del 1943, Benito
Mussolini, spossato dal prevedibile, infelice esito della guerra in atto,
giudicava per sempre conclusa la sua vicenda politica. I documenti e le
autorevoli testimonianze raccolte da Renzo De Felice, peraltro, rammentano che,
nel settembre del 1943, Adolf Hitler, dopo aver costretto il riluttante
Mussolini a recarsi in Germania anziché alla Rocca delle Carminate, lo ricattò
dichiarandogli apertis verbis che, ove egli avesse respinto l’impellente
richiesta di costituire un governo filotedesco, l’Italia sarebbe stata
devastata dalla macchina da guerra tedesca.
La storia
della RSI, per chi intende considerare i fatti senza cedere ai pregiudizi, si
legge come svolgimento di un’azione angosciosamente finalizzata a placare la
collera anti-italiana dei nazisti. Qualunque altra lettura sarebbe costretta a
procedere contro i documenti e contro le attendibili testimonianze.
La
perestroika di Mussolini, edita da Solfanelli, affascinante e scrupolosa opera di Primo Siena,
volontario nell’esercito della RSI prima di diventare uno fra i più vivaci e
prolifici esponenti della cultura di destra, conferma che la vicenda politica
della RSI rappresentò il tentativo di Mussolini indirizzato a stabilire la
solidarietà nazionale, all’interno dell’inevitabile e ormai tragica alleanza
con l’incombente Germania. Oggi sappiamo che, dopo la sconfitta di Stalingrado,
neppure Hitler credeva nella vittoria dell’Asse. La speranza nelle armi segrete
non era condivisa dal leader tedesco, che le vantava e le
propagandava per persuadere i combattenti tedeschi a proseguire una guerra
motivata solamente dalla preferenza accordata all’immane, wagneriana catastrofe
quale alternativa alla resa incondizionata.
In questo
funesto e per certi versi surreale scenario si svolse l’azione politica
dell’ultimo Mussolini, un’impresa affannosamente finalizzata ad evitare che
alla ormai sicura sconfitta si associasse una sanguinosa guerra civile e
un'atroce resa dei conti. Il disegno di Mussolini fallì vuoi per la strategia
terroristica attuata dai partigiani in ossequio alle indicazioni dell'intelligence
anglo-americana, vuoi per la sfrenata e cieca ferocia usata nelle
rappresaglie compiute dai tedeschi, vuoi infine per gli errori del governo
fascista, quali il bando Graziani, la costituzione di una milizia di partito,
la tolleranza nei confronti egli estremisti.
Primo Siena
dimostra tuttavia che Mussolini intendeva demolire l'ingombrante e irritante
edificio burocratico del ventennio e costituire, sulle rovine del PNF, una
repubblica fondata sui princìpi della democrazia organica. Al progetto
di costituzione repubblicana, ad esempio, Mussolini volle che collaborassero
insigni giuristi quali Vittorio Rolandi Ricci e Carlo Alberto Biggini. Al
proposito Siena cita la ricostruzione compiuta da Franco Franchi nel saggio
sulle costituzioni della RSI. Un segnale della volontà di respingere qualunque
intenzione di favorire l’esorbitanza del potere politico fu la decisione
(conforme alla proposta del ministro di Grazia e Giustizia Piero Pisenti) di
non esigere dai magistrati il giuramento di fedeltà alla RSI.
Il duce, intanto, aveva avviato un costruttivo dialogo con gli esponenti del socialismo moderato, della destra cattolica e dell’area mazziniana. Siena cita i più autorevoli interlocutori non fascisti di Mussolini: Nicola Bombacci, Carlo Silvestri, Edmondo Cione, Luciano Stanghellini, Barna Occhini, Giovanni Spadolini, Fabio Tombari, Walter Mocchi, Sigfrido Borghini, Pulvio Zocchi, Ugo Manunta, Giacomo Barnes, Siro Contri oltre a numerosi dotti sacerdoti. Il rinnovamento tentato da Mussolini fu immediatamente apprezzato e condiviso da Giovanni Gentile e al suo seguito dalla maggioranza dei più accreditati intellettuali del Novecento, convinti della buona fede di Mussolini. Frattanto un ingente numero di giovani, mossi da amor di patria, si presentava ai centri di reclutamento per chiedere di essere armati e inviati al fronte. L’entusiasmo dei giovani volontari non dipendeva dall’ideologia: Giuseppe Parlato (autore di una puntuale prefazione al saggio di Siena) rammenta che un militante nella RSI disse – paradossalmente ma con un fondo di verità – che la sua decisione non sarebbe mutata se al posto di Mussolini ci fosse stata Greta Garbo.
Il duce, intanto, aveva avviato un costruttivo dialogo con gli esponenti del socialismo moderato, della destra cattolica e dell’area mazziniana. Siena cita i più autorevoli interlocutori non fascisti di Mussolini: Nicola Bombacci, Carlo Silvestri, Edmondo Cione, Luciano Stanghellini, Barna Occhini, Giovanni Spadolini, Fabio Tombari, Walter Mocchi, Sigfrido Borghini, Pulvio Zocchi, Ugo Manunta, Giacomo Barnes, Siro Contri oltre a numerosi dotti sacerdoti. Il rinnovamento tentato da Mussolini fu immediatamente apprezzato e condiviso da Giovanni Gentile e al suo seguito dalla maggioranza dei più accreditati intellettuali del Novecento, convinti della buona fede di Mussolini. Frattanto un ingente numero di giovani, mossi da amor di patria, si presentava ai centri di reclutamento per chiedere di essere armati e inviati al fronte. L’entusiasmo dei giovani volontari non dipendeva dall’ideologia: Giuseppe Parlato (autore di una puntuale prefazione al saggio di Siena) rammenta che un militante nella RSI disse – paradossalmente ma con un fondo di verità – che la sua decisione non sarebbe mutata se al posto di Mussolini ci fosse stata Greta Garbo.
Nella
tragica e tumultuosa vicenda della RSI, dunque, si può intravedere il profilo
di una politica indirizzata alla pacificazione nazionale e al rilancio della
dialettica partitica e delle attività intellettuali.
Il fatto più
sorprendente messo in luce da Primo Siena è la straordinaria fioritura di
attività culturali d’alto profilo nel periodo della RSI. Attività mosse
dall’aura inedita della libertà rivendicata da esponenti della pubblicistica
fascista quali Carlo Borsani, Bruno Spampanato, Ermanno Amicucci, Concetto
Pettinato, Mirko Giobbe, Mario Rivoire. Nei giornali e nelle riviste dell’epoca
apparivano firme prestigiose, ad esempio Ezra Pound, Filippo Tommaso Marinetti,
Goffredo Coppola, Ugo Ojetti, Dino Buzzati, Giovanni Comisso, Gianni Brera,
Ardengo Soffici, Giotto Dainelli, ecc.
La storiografia che abbassa i fascisti repubblicani alla figura di rozzi e sadici mercenari al servizio dell’invasore nazista, (si pensi al film Salò di Pier Paolo Pasolini) ha ristretto la storia della RSI al margine minoritario costituito dagli estremisti che non compresero o addirittura tradirono le intenzioni di Mussolini e di Gentile. La lettura dell’opera di Siena, puntuale e documentato contributo alla revisione storiografica, è dunque raccomandata a quanti intendono sottrarsi alle suggestioni storiografiche che i postcomunisti continuano a diffondere grazie al diffuso oblio della verità.
La storiografia che abbassa i fascisti repubblicani alla figura di rozzi e sadici mercenari al servizio dell’invasore nazista, (si pensi al film Salò di Pier Paolo Pasolini) ha ristretto la storia della RSI al margine minoritario costituito dagli estremisti che non compresero o addirittura tradirono le intenzioni di Mussolini e di Gentile. La lettura dell’opera di Siena, puntuale e documentato contributo alla revisione storiografica, è dunque raccomandata a quanti intendono sottrarsi alle suggestioni storiografiche che i postcomunisti continuano a diffondere grazie al diffuso oblio della verità.
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