Prendendo a prestito alcune categorie del grande filosofo e teologo Raimon Panikkar, potremmo dire che il viaggio è un invariante umano, ma non un universale culturale. Infatti, come spiega Panikkar stesso,
ci sono invarianti umani - tutti gli uomini mangiano, tutti gli uomini ridono, tutti hanno un corpo, danzano, hanno una certa socialità, parlano; ma non ci sono universali culturali, cioè non c’è nessun valore culturale che regga universalmente, e molto meno a priori. In ogni tempo c’è un certo mito dominante che permette alcuni universali culturali, ma questi variano con il tempo. ... Il fatto che tutti gli uomini mangino non vuol dire che il mangiare abbia per gli uomini lo stesso senso e quindi produca gli stessi risultati.
Insomma, la prospettiva interculturale che anima questo breve saggio è fondamentale per non peccare di facili riduzionismi. Incontrare il viaggio significa incontrare (anche) la pluralità dell’esperienze umane, la policromaticità della realtà stessa. Ci torneremo.
Il viaggio: un giardino di simboli, una rete di metafore
Il viaggio poi, specie nella tradizione occidentale, intesse una rete metaforica imponente ed è un vero e proprio giardino di simboli: la morte è un viaggio, che sia "trapasso" o "ritorno a Dio", al mistero o al nulla, ma la vita stessa lo è, la si chiami appunto "il cammin di nostra vita" dantesco, o un pellegrinaggio, o la via. "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6), dice il Vangelo, e il mistero dell’esistenza, che in verità è al di là dei nomi, per Lao-tze è Tao, "Via". Per Caterina da Siena "siamo tutti viandanti e pellegrini", e l’uomo sulla terra, ci ricorda Tommaso d’Aquino, è "per così dire in cammino". Secondo le Upanishad siamo simili a colui che viaggia e vaga dappertutto per trovare un tesoro, che è proprio nascosto... sotto i suoi piedi.
Insomma: l’uomo è viator, costitutivamente. Se poi per le tradizioni abramiche (ebraismo, cristianesimo e islam) la via deve portare in "patria", e questa vita è solo un passaggio per quella definitiva, per altre, specie d’Oriente, ogni passo è tutto il cammino, nel presente sta l’eterno: "Quando cammini, cammina" recita un detto zen. E su questo molti mistici (anche ebraici, cristiani e islamici) sarebbero d’accordo.
Anche i riti di passaggio, le iniziazioni sono viaggi, ma su questo ci concentreremo particolarmente nelle prossime pagine. Persino spostamenti non troppo grandi diventano programmaticamente, nel nostro parlar comune, "viaggi". E muoversi dentro un testo non è forse viaggiare, per auscultarne, sottolinearne, amarne un "passo"? Ancora una metafora odeporica. E la parola stessa "metafora" dal greco metaphoréin, "trasportare", ci riporta dove abbiamo iniziato.
Il tema del viaggio: tra racconto e scrittura; tra mito, religione e letteratura
Se l’esperienza-viaggio è così centrale, non stupisce certo che essa da sempre sia al centro di racconti orali e scritti. Non solo racconti di viaggio, naturalmente. Questo è un genere o forse un sottogenere. Miti, fiabe, testi sacri, poemi, romanzi parlano di viaggi e sono viaggi essi stessi. E in generale mitologie, religioni, letterature, topiche di ogni parte del mondo hanno i loro viaggi, raccontano ascese e discese, fanno del viaggio il centro o almeno uno dei "fuochi" di riferimento.
Si prendano ad esempio la Bibbia e l’Odissea, i due testi fondanti dell’Occidente (Auerbach). Ebbene il viaggio, l’esodo, la fuga, l’andare, il raggiungere e/o il ritornare sono al centro dei due grandi libri, così diversi ma anche così pieni di comuni suggestioni. Se Odisseo-Ulisse è il prototipo del viaggiatore in Occidente e Abramo "il migrante" è il padre delle tre fedi che da lui chiamiamo abramiche, viaggiano anche Giasone e gli Argonauti, Enea, Dante, Muhammad nella sua misteriosa ascesa ai cieli, e viaggiando, come un essere soprannaturale scompare Lao-tze: a cavallo di un bue si diresse verso Occidente, fermandosi solo al valico dell’Ovest, dove dettò a Yin Xi, il guardiano del passo, il suo famoso libro, il Tao te ching. Così anche Lie-zi, il secondo grande santo taoista, vissuto forse tra il V e IV secolo a.C., "si spostava cavalcando il vento. Viaggiava in modo piacevolissimo, e in capo a quindici giorni faceva ritorno" (Zhuang-zi). E viaggiò e vagò Gautama Buddha, prima di giungere all’illuminazione e quel vagare e viaggiare furono una discesa e un’ascesa nella profondità del reale.
Mille e mille viaggi, un tema inesauribile (e ancora da esplorare)
Insomma, si potrebbero citare infiniti viaggi e innumerevoli viaggiatori.
Il tema è così importante, vasto, variegato, simile e differente, antico e modernissimo che volerci scrivere sopra un libro di piccole dimensioni è quasi un azzardo, una rotta pericolosa, un "dubbioso passo". Opera ben più grande e a più voci merita un simile argomento.
Inoltre le prospettive attraverso le quali percorrerlo sono veramente molteplici: storia, sociologia, antropologia, storia delle religioni, mitologia, letterature (comparate e non), economia ecc.
Basta poi una libreria ben fornita per accedere a pubblicazioni numerosissime che, a vario titolo, si occupano di viaggi: si pensi solo alle intere scaffalature dedicate alle guide turistiche e simili.
Tuttavia se si cercano indagini ampie e complessive sul viaggio dal punto di vista antropologico, sociologico, religioso ecc. si trovano molti meno titoli di quanto si potrebbe pensare.
Di fatto poi sembra ancora mancare un vero e proprio fronte di studi interculturali sul tema, che affronti il viaggio nelle varie religioni, mitologie, culture, letterature, con sguardo dialogico.
Insomma: moltissimo resta da fare, da esplorare, da, è il caso di dirlo, viaggiare.
Il viaggio mistico e iniziatico nelle varie tradizioni
La delimitazione del campo di indagine quindi è quanto mai necessaria.
Da qui la nostra scelta di occuparci di una particolare forma di viaggio, presente nei miti, nelle tradizioni religiose, ma anche nelle letterature di ogni tempo: il viaggio mistico e iniziatico. Potremmo anche chiamarlo, fatte le debite precisazioni, viaggio interiore, simbolico.
Se "l’iniziazione è l’esperienza umana per eccellenza", ed è "una pratica universale" (Mircea Eliade) ha ben senso occuparsene oggi, dove il turismo globale ci porta certo in poche ore da un capo all’altro del mondo, ma rischia sempre l’uniformità, l’omogeneizzazione, la superficialità.
Il viaggio iniziatico invece costantemente ci chiama ad andare in profondità, di noi stessi, dell’altro e della realtà.
Cos’è un viaggio iniziatico?
Ma che cosa s’intende con viaggio iniziatico? E che cos’è un’iniziazione?
Il termine "iniziazione" viene dal latino initiatio, derivato da initium, e a sua volta dal verbo in-eo ("entrare dentro, iniziare"). E l’iniziazione è una "vita nuova", una rinascita, un passaggio -o una serie di passaggi, di tappe, proprio come in un viaggio - che implica il superamento di una o più soglie e l’entrata in un altro livello di coscienza, in un nuovo stato di vita.
Del resto è costitutivo dell’uomo
il desiderio di aprirsi a una vita più autentica, una vita che sfugga alla banalità, una vita in cui superiamo i limiti del tempo e dello spazio che sembrano tenere così prigioniera l’esistenza umana. Questo desiderio è generalmente collegato alla convinzione che abbiamo bisogno di un atto sacro, di un sacrificio per poterlo realizzare. Pensiamo qui a ciò che gli storici delle religioni sono soliti chiamare iniziazione, il rito con cui una persona passa dall’apparenza alla realtà, dall’illusione alla verità, dalla vita adolescenziale alla vita nella sua pienezza; iniziazione che si può paragonare alla vera o seconda nascita.
L’iniziazione non è qualcosa di esotico, di enigmatico, un fenomeno da magic shop: essere iniziato significa dare qualità alla vita, viverla a fondo, attraverso un inesausto lavoro interiore, ma anche con ricettiva apertura al mistero, alla grazia, allo spirito che soffia dove e come vuole. In questo senso l’iniziazione non è solo per pochi, ma è a disposizione di tutti, il che non significa che sia a buon mercato.
Il viaggio mistico e iniziatico secondo Eliade, Mazzarella e Campbell
Secondo Mircea Eliade, l’iniziazione è un processo destinato a realizzare psicologicamente il passaggio da uno stato dell’essere ritenuto inferiore a uno superiore. Essa equivale a una mutazione ontologica del regime esistenziale. Alla fine del processo il neofita fruisce di un’esistenza del tutto diversa rispetto a prima: è diventato un altro. Per giungere a questa metamorfosi i novizi sono sottoposti a una serie di prove, che implicano di fatto, in modo più o meno trasparente, una morte rituale, iniziatica, seguita da una risurrezione e da una nuova nascita.
Altri elementi importanti e spesso ricorrenti sono:
a) la preparazione (fisica, psicologica, spirituale) al viaggio;
b) un luogo sacro (montagna, caverna, labirinto ecc.);
c) l’importanza della guida, di uno o più maestri o mistagoghi;
d) il tema dell’errore (spesso causato da immaturità, inesperienza);
e) il sacrificio e/o il rito;
f) le nozze mistiche, la ierogamia (con il principio divino ecc.).
In modo analogo e diverso, la dantista Adriana Mazzarella individua le seguenti caratteristiche del viaggio iniziatico:
a) prove di grande impegno fisico e/o psicologico e spirituale da superare;
b) indispensabilità di una o più guide (esterne e/o interiori);
c) passaggi di morte-risurrezione, cioè di morte a un vecchio livello di coscienza per risorgere a uno nuovo;
d) viaggio attraverso i tre mondi presenti in tutte le tradizioni esoteriche;
e) importanza di un "raggio celeste", di un principio femminile mediatore che può essere fisico, ma che rimanda anche ad altro: Sapienza, Sophia, femminile interiore, aspetto femminile del divino, Shekinah, Buddhi ecc.;
f) unione con il Principio supremo come fine del viaggio.
Infine Joseph Campbell, descrivendo l’avventura dell’eroe come dinamismo iniziatico, evidenzia tre tappe fondamentali, all’interno delle quali si trova tutta una serie di possibili sviluppi. Abbiamo così:
1) la partenza;
2) l’iniziazione;
3) il ritorno.
A sua volta nella prima tappa possiamo trovare: 1a) l’appello e l’uscita dal mondo ordinario; 1b) il rifiuto dell’appello; 1c) l’aiuto soprannaturale; 1d) il varco della prima soglia; 1e) il "ventre della balena". Nella seconda: 2a) le prove; 2b) l’incontro con la dea; 2c) la donna quale tentatrice; 2d) la riconciliazione con il padre; 2e) l’apoteosi; 2f) l’ultimo dono. Nella terza: 3a) il rifiuto a tornare; 3b) la fuga magica; 3c) l’aiuto dall’esterno; 3d) il varco della soglia del ritorno; 3e) Signore dei due mondi; 3f) libero di vivere.
Iniziazione e mistica
Come nella tradizione cristiana primitiva in cui i termini "iniziazione" e "mistica" erano intimamente connessi, così abbiamo parlato di viaggio mistico e iniziatico. Con mistico qui vogliamo sottolineare alcuni aspetti dell’esperienza raccontata: a) essa rimane almeno in parte ineffabile, nonostante tutti gli sforzi per dirla: la parola rimanda al silenzio, al mistero; b) si tratta poi di un’esperienza integrale della vita; la mistica porta a vivere con pienezza la vita qui e ora (senza rimandare solo a un aldilà o a un’escatologia), vita che è insieme corpo, anima e spirito, o anche materia, coscienza e mistero d’infinità (che alcune tradizioni - non tutte!- chiamano Dio). La mistica insomma è un’esperienza olistica dell’esistenza e non solo uno "specialismo del divino"; c) l’uomo in essa vive il suo compimento, che alcune tradizioni chiamano divinizzazione, altre illuminazione, realizzazione ecc. (cfr. theosis, nirvana, satori, moksha).
Il viaggio mistico e iniziatico è anche un viaggio interiore, perché conduce chi lo vive nelle profondità di sé stesso e della realtà tutta. Interiore non significa intimistico e neppure comporta che la vita esterna, il viaggio esterno per così dire, debba essere trascurato. Interno ed esterno, viaggio spirituale e fisico stanno in unione a-duale. In questo senso il viaggio è anche simbolico, perché "getta insieme" etimologicamente le dimensioni della realtà, che è insieme cosmica, umana e divina (o cosmoteandrica).
La dimensione iniziatica lato sensu
Abbiamo brevemente delineato le caratteristiche del viaggio mistico e iniziatico. Naturalmente questo implica ricercarne le istanze descritte negli esempi proposti, che siano la Commedia di Dante, la vicenda di Gautama Buddha, il mito vedico di Shunahshepa ecc. Non necessariamente esse sono tutte presenti in uno stesso racconto e naturalmente vengono declinate e vissute secondo la cultura, la tradizione presa in esame.
Tuttavia la categoria del viaggio iniziatico è qui utilizzata in senso allargato (lato sensu), senza vincolarsi a classificazioni etnografiche, antropologiche, religiose ecc., che certo sono legittime e importanti, ma che non rientrano nello scopo del presente libretto, il cui taglio per così dire è "discorsivo", ma anche esistenziale, sapienziale.
Ci interessa insomma vedere come anche una dimensione iniziatica lato sensu sia presente, esplicita o in latenza, in molti dei grandi testi presi in esame, come, per altro, in ogni vero viaggio, in ogni esistenza vissuta in profondità. Infatti ogni "mito" - inteso qui nella sua accezione etimologica e allargata di "racconto sacro" - narra un’esperienza trasformante, non solo intellettuale, ma di tutta la nostra vita, e ad essa chiama. La dimensione iniziatica così intesa è quindi anche ricerca profonda di senso (di sé e della realtà), di verità, di trasformazione, di incontro.
Per questo potremmo dire che ogni grande testo (anche letterario) ha in sé una dimensione iniziatica da vedere, leggere e vivere. In alcuni casi può anche essere raccontato con icastica verità un viaggio fallito: ad esempio Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Stevenson è una specie di manuale dell’anti-iniziazione. In questo senso molta letteratura novecentesca (cui faremo solo un breve cenno) è abitata da questa nostalgia dell’iniziazione. Essa, nel nostro mondo tecnologico, globalizzato e paneconomicista, si è fatta molto difficile, problematica, quando non di fatto inattuabile. Eppure i grandi romanzi e i grandi testi poetici la inseguono, la cantano, cercano, anche invano, di ritrovarla.
Insomma: l’esperienza iniziatica, specie intesa lato sensu, è patrimonio di tutti e non di un’élite più o meno esoterica (anche se è esistita e può ancora darsi un’"iniziazione segreta").
La mappa interculturale del saggio e il mistero dell'altro
La dimensione interculturale percorre poi tutto questo nostro "piccolo viaggio". Da una parte, letteralmente, perché qui si incontrano mondi vicini e lontani, nostri e "altri": quello della Bibbia, dell’archetipo odissiaco (da Omero a Dante fino all’odissea postmoderna di Thomas Pynchon), con cenni al viaggio nella qabbalah e nella mistica islamica; ma pure si abbordano altri orizzonti di senso, altre cosmovisioni, diverse dalla nostra occidentale e giudaico-cristiano-islamica: ecco allora il grande mito vedico di Shunahshepa, il cammino del Buddha, il viaggio verso il risveglio di Mani e la discesa nel regno dei morti della mitologia bantu.
Ovviamente non si tratta di semplice multiculturalismo e tanto meno di folklore, ma di consapevolezza che soltanto attraverso un profondo dialogo tra le tradizioni è possibile trovare un incontro creativo e forse anche delle soluzioni inedite per il nostro travagliato periodo storico. Il dialogo di cui parliamo ha esso stesso natura iniziatica: comporta una profonda trasformazione di chi lo vive, anche una sorta di morte alle proprie credenze per entrare in un rapporto di mutua fecondazione con l’altro. L’altro non è tanto l’estraneo, ma, come vuole l’etimologia latina (alter), "l’altro tra due", "l’altra parte di me". Insomma: il mistero dell’altro mi rivela. L’altro è per me esperienza di rivelazione, come io posso esserlo per lui.
Un’interculturalità a tutto campo
Ancora però: la dimensione interculturale è intesa qui in senso quanto mai allargato (come il viaggio iniziatico).
Cioè intercultura non è soltanto incontro con "l’altra cultura" (ad esempio l’Asia, l’Africa ecc.). Ogni vero viaggio (ergo non meramente turistico) reca in sé, in nuce o esplicito, una dinamica di trascendimento di sé, del proprio mondo, una sorta di straniamento, di disorientamento, che può preludere a una rinascita. Il distacco dal noto mi porta in un "altrove", in un incognito, in un inaspettato che è un altro lato di me da scoprire, senza pure mai essere completamente riducibile a me. Ogni vero viaggio mi porta a confronto con il mio prossimo, con lo straniero, diverso e simile a me. Ogni vero viaggio mi porta a un incontro interiore (oltre che esteriore), dove le classificazioni del mio ego vacillano. L’incontro del Sé, per l’Io, per usare un linguaggio di sapore psicoanalitico, è un profondo dinamismo interculturale (e non può avvenire senza l’altro). L’interculturalità unisce interno ed esterno ed è anche quindi intra-culturalità.
In questo senso rileggere i propri testi fondativi (ad esempio la Bibbia, l’Odissea, l’Eneide, la Commedia ecc.) alla luce della dimensione mistico-iniziatica e in fecondo dialogo con altre cosmovisioni è un momento fortemente interculturale.
Ritorno alla mia "culturalità" fecondato da un lungo viaggio a contatto con "gli altri" e rileggo "l’albero delle mie origini" più in profondità, con più ampiezza, senza sradicarlo, ma ricordando anche che le radici hanno tronco, fusto e frutti, e che il protendersi dei rami del "mio" albero va anche in direzioni che forse non avevo previsto o non vedevo prima. Se il sole sorge a oriente, la mia pianta vi si volge naturalmente.
Tutto è interconnesso.
Sommario:
Introduzione
Il viaggio, dimensione originaria, 5
La Bibbia e il viaggio iniziatico di Giuseppe e i suoi fratelli, 18
L'archetipo odissiaco, Dante... e altri viaggi, 29
Un grande mito vedico sulla condizione umana, 38
La vita di Buddha come viaggio, 45
Il manicheismo tra universalismo e iniziazione, 53
Una strana discesa africana agli inferi, 58
Per concludere e soprattutto... per continuare il viaggio, 61
Autore:
Vacchelli Giovanni
È professore di letteratura italiana in un liceo classico del milanese e collabora con l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È membro fondatore della Comunità di Ricerca "Raimon Panikkar" presso l'Università degli studi di Bergamo.
editrice missionaria italiana: http://www.emi.it/schede/1882-1.html
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