19/07/10

Maria Regina, Signora del Silenzio e della Parola

Pinturicchio, Madonna che insegna a leggere al Bambino (1456)

di Primo Siena

E’ possibile una nuova chiave di lettura dei Vangeli, un modo che trascenda l’analisi filologica e l’ermeneutica scientifica? Sì, è posibile. Lo dimostrano le pagine dedicate alla “Nozze di Cana” tratte dal “Commento al Vangelo di San Giovanni” svolto dal padre domenicano francese Marie Dominique Philippe.

Il brano sulle “Nozze di Cana” è stato tradotto in versione italiana ed introdotto con penetrante acutezza da Piero Viotto. Si tratta di pagine che sollecitano - “in spirito di contemplazione” – una meditazione sulla “parola di Dio”. Dal commento di padre Philippe, Piero Viotto ha scelto, non a caso, le pagine che riguardano l’episodio delle Nozze di Cana che ci permette di comprendere e intendere (nel senso specifico dell’intelligere latino) l’importanza del ruolo di Maria nel mistero teandrico della redenzione, perchè – annota acutamente Viotto – “noi siamo stati redenti dal sangue di Gesù e dalle lacrine di Maria”.

La Madre di Gesù, ricorda Padre Marie Dominique Philippe, nonostante lo stato eccezionale della sua concezione, resta una creatura umana alla quale il disegno provvidenziale ed imperscrutabile di Dio ha affidato un ruolo di complementarietà al mistero della Redenzione; un ruolo che “rappresenta il contributo femminile alla redenzione stessa e che Cristo, nella sua natura umana maschile, non poteve dare”.

La Vergine Maria, dopo il fiat pronunciato all’annuncio dell’Arcangelo Gabriele circa il mistero dell’Incarnazione Divina che avrebbe operato in Lei, si presenta nei Vangeli come la “Signora del Silenzio”: Ella infatti parla solo in due occasioni. La prima, quando il figlio dodicenne, in occasione della pasqua ebraica, si allontana dai genitori e viene ritrovato dopo tre giorni di angosciose ricerche, nel Tempio di Gerusalemme intento a discutere con i dottori della Legge.

Maria rivolge a Gesú ritrovato parole di amorosa preoccupazione: <Figlio, perchè hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo>. Egli risponde con parole che, annota l’evangelista Luca (2,50), “non furono comprese”: <Perchè mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio>. Quindi ritornò a Nazaret, stando con loro sottomesso mentre cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Maria, sua madre, serbava tutte queste cose meditandole, silente, nel suo cuore.

La seconda ed ultima volta, Maria parla durante le nozze di Cana, quando accorgendosi della mancanza di vino durante il banchetto nuziale, ella si rivolge al Figlio dicendo: <Non hanno più vino>. Al che Gesù risponde: <Cosa vuoi da me, Donna?> Risposta difficile che raccoglie un idiotismo ebraico usato per respingere una richiesta inoppurtuna, come annota il padre domenicano francese.

Anche in questa circostanza, Maria sa cogliere il mistero sapienziale velato nelle parole del Figlio, per cui rivolgendosi ai servi presenti, dice loro:<Fate tutto ciò che vi dirà>. Gesù fa riempire alcune giare d’acqua che trasforma miracolosamente in vino pregiato, iniziando così la sua vita pubblica.

Non la logica razionale, ma lo spirito sapienziale della meditazione permette di cogliere nell’episodio della Nozze di Cana, il preludio di un altro banchetto nuziale: l’ultima cena eucaristica, nel corso della quale Gesù opera il più alto e misterioso dei miracoli, la transustansazione che trasforma il pane ed il vino in corpo e sangue del Cristo Redentore.

Protagonista silenziosa del misterioso gaudioso dell’Incarnazione, Maria è protagonista silenzosa nel mistero doloroso della Redenzione, accanto al Figlio Crocifisso: dritta, solenne, forte nel lancinante dolore di Madre.

Ai piedi della Croce, Maria è altresì figura della nuova Eva: accando al nuovo Adamo che sulla Croce assume i peccati del mondo per redimerli nel suo sangue, Ella partecipa al riscatto della colpa originale della prima coppia umana.

Signora del silenzio durante la sua vita terrena, come Regina del Cielo, Maria santissima si è trasformata in “Signora della Parola”, testimone del Verbo, e come tale chiama insistentemente alla penitenza ed alla preghiera riparatrice invitando l’Umanità a farsi nuovamente degna del Dono gratuito e ineffabile della redenzione.

Nel mistero teandrico dell’ Incarnazione disposto fin dall’inizio della Creazione dal Padre Celeste, la Vergine Maria occupa una posizione di privilegio che riscatta la fragilità della prima Eva perchè l’Immacolata Concezione schiaccerà la testa serpentina del Tentatore infido.

Un singolare contributo ad intendere il trasparente mistero dell’Apocalisse Mariana costituita dalle insistenti apparizioni della Vergine Maria lungo l’arco del tempo, ce lo offre la visione della Venerabile Maria d’Agreda1; la quale in Maria Vergine vede non solo la Madre naturale di Gesú, ma scorge, adombrata in Lei, la realtà trascendente della “mistica città di Dio”, figura della Gerusalemme Celeste che dovrà scendere sul mondo redento a restaurare il Regno senza fine di Cristo Re.

In tal senso i continui richiami della Vergine a un suo ruolo escatologico, accanto alla reiterata offerta d’una protezione sotto il suo sacro Manto, sembrano svelare il ruolo protettivo e materno di Katekon2, assunto dall’Apocalisse Mariana lungo la sua imponente ed abissale altitudine. E tutto ciò con una forza d’amore che nessun cristiano, quale che sia la propria confessione religiosa (e qui penso specialmente a quei cristiani evangelici che, pur sensibili alla tensione escatologica dei nostri tempi, insistono nell’ignorare o – peggio – nel rifiutare la presenza mistica della Vergine Maria nel mistero della Storia e della fine dei tempi) puó rigettare, senza compromettere con la propria, la salvezza e purificazione del mondo.

1 La Venerabile Maria d ‘Agreda (1602-1665), nata in provincia di Soria (Spagna), fu monaca francescana dela Congregazione delle Concezioniste scalze, di cui fu elevata alla dignità di Abbadessa. E’ autrice dell’opera: “La mística Ciudad de Dios” (La mistica Città di Dio).

2 Nella IIº Lettera ai Tessalonicesi, l’apostolo Paolo usa l’espressione “to Katekon” come: <colui” che impedisce l’avvento dell’Anticristo>.


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