Il libro della settimana: Giovanni D'Aloe, Chiarificazioni ideali (tre decenni di messe a punto), Metapolitica. Nuovi Cieli e Nuova Terra 2010, pp. 352 - aldolafata@metapolitica.net
Perciò il “filo d’Arianna” dell’opera è rappresentato dall’approccio metapolitico. Come del resto lo stesso autore rivendica:
“La Metapolitica è l’escatologia acquisita nelle tre dimensioni della Metafisica, dell’Escatologia e della Politica - di talché, mentre i Metapolitici creano, ‘cioè modellano, sulle orme della Provvidenza Divina, la civiltà universale; e, mentre annunziano il regno di Dio sulla terra, preparano la cittadinanza dell’uomo nei cieli’ ” (p. 5).
Grazie all’elevato e non comune punto di osservazione, Giovanni D’Aloe può permettersi di spaziare dalla vicenda Lefebvre a Bin Laden; dalla simbologia dell’Aquila e del Serpente a Ernst Jünger; da Fellini e Nietzsche e Bachofen, Solov’ev. E ne citiamo solo alcuni tra i numerosi argomenti che punteggiano le intriganti quarantotto “messe a punto” in cui è suddiviso il volume.
Quale esempio concreto del suo approccio metapolitico, prendiamo spunto dall’analisi che viene fatta del film felliniano “Prova d’orchestra” (1979). Prima però ne ricordiamo la trama.
In una chiesa sconsacrata è in corso una contrastata prova d’orchestra. Gli orchestrali si ribellano e cacciano via il direttore. Ma una volta soli, riescono solo a precipitare nell’anarchia. E poiché piove sempre sul bagnato, gli orchestrali finiscono per aggirarsi laceri e impauriti tra le macerie provocate da una gigantesca sfera d’acciaio abbattutasi all’improvviso sulla sala. Il film si conclude con la prova d’orchestra che prosegue sotto i secchi ordini in tedesco del direttore…
Secondo Giovanni D’Aloe
“come Orfeo senza Euridice, il direttore d’orchestra, esponente di una aristocrazia laica, priva di investitura verticale, è incapace di domare le Menadi scatenate nell’orgia anarco-dionisiaca dei musicisti impazziti. Perciò si intuisce che egli finirà per essere fatto a pezzi dagli orchestrali, come le mura della chiesa saranno disintegrate dalla sfera ferrigna”. Di conseguenza, “il messaggio metapolitico di Fellini (…) è pessimistico: ma non già perché ipotizza nuovi sistemi dittatoriali, bensì perché evidenzia l’attuale incapacità della cultura occidentale di opporsi alla propria disintegrazione, facendo ricorso alle forze - di ordine religioso, o anche semplicemente magico - che ne determinarono la formazione e l’ascesa” (p. 101) .
Il senso dell’analisi è chiaro: l’Occidente deve recuperare le sue radici metapolitiche: le “cagioni” profonde, per dirla con Vico. Radici attente a ciò che unisce - e non divide - i tre monoteismi. Dal momento che
“oggi (…) al baccanale dei consumismo edonistico si contrappongono soltanto le religioni del Dio Unico: in occidente il cristianesimo e il giudaismo, in oriente l’islam” (p.303).
Il che è condivisibile. Fermo però restando un fatto: siamo davanti a una metapolitica della “norma”. Che rinvia al “dover essere” metafisico più che all’ “essere fisico” delle cose. Facendo così dipendere, secondo la tradizione medievale, la sociologia dall’ escatologia.
E’ un bene? E’ un male? Sospendiamo il giudizio. Soprattutto se riflettiamo su quel gioiello di sapere integrale che fu la Summa del grande Tommaso d’Aquino. Del resto Chiarificazioni ideali è un’opera aperta. Un libro dove ci si preoccupa di formulare le domande giuste, piuttosto che di offrire risposte frettolose e sbagliate. E questo è un altro buon motivo per leggerlo.
Fonte: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/
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