Ho sempre avuto difficoltà a scrivere su Simone Weil. Di lei mi piacciono le fotografie in cui ha gli sci ai piedi o appare con un elegante impermeabile. I Quaderni sono un' immensità che mi riesce solo a sfiorare. Mi trovo meglio con gli scritti pubblicati in vita - lo scritto sull'Iliade poema della forza, il saggio sulle origini del totalitarismo, gli scritti sulla civiltà occitana. Importanti sono state per me le mediazioni: anni fa ho iniziato un corso su Simone Weil commentando il radio dramma di Ingeborg Bachmann a lei dedicato: già nei primi anni '50, quando uscivano le prime raccolte di scritti dei Quaderni, in Francia, in Germania e in Italia, Bachmann affrontava il problema della "leggenda" di Simone Weil e invitava ad arrestarsi sulla soglia. La purezza, la bellezza matematica del suo stile di scrittura e di pensiero, la forza delle sue idee sul lavoro in fabbrica, sulle parole vuote della politica sono una delle espressioni più alte del pensiero del '900. Simone Weil riverbera anche attraverso Iris Murdoch o Jeanne Hersch, che le dedicò alcuni corsi. Infine Angela Putino, che nel suo libro Un'intima estraneità riuscì a citare pochissimo, a scrivere sottraendola a infiniti stereotipi.
Simone Weil é una donna assoluta, come l'ha definita Gabriella Fiori: pensatrice degli estremi, e come tale figlia del '900. A differenza di Hannah Arendt, che ha fatto uno sforzo incredibile per fluidificare l'estremo (e non a caso viene considerata umanista, universalista, meno radicale in fondo).
(Laura Boella)
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