di Aldo La Fata
A volte, lo confessiamo, ci è venuta voglia di abbandonare la difesa del cristianesimo e passare armi e bagagli sul fronte del nichilismo attivo dei Nietzsche e degli Evola o su quello “Foresta Nera” degli anarchi solitari alla Jünger. Ma ce la mettiamo tutta e resistiamo, resistiamo cristiani e resistiamo cattolici, anche se l'uso e abuso di questi aggettivi ci fa arrossire di vergogna (tutto si degrada a furia di ripetizioni). Il cristianesimo cosiddetto laico, progressista e democratico non ci appartiene e ci sembra qualcosa di insensato e di sconveniente: lo disconosciamo. Ugualmente ripudiamo il linguaggio miele-fratellanza-carità-perdono di una Chiesa divenuta l'ombra di se stessa e che ci fa venir voglia di togliere la sicura alla nostra Browning, posto che ne avessimo una. Ma come ci consigliano i virtuosi di oggi e i saggi di ieri, si deve portare pazienza. Ed è con pazienza che continuiamo a definirci cristiani, consapevoli che ormai da tempo il vero significato di questa parola sia andato irrimediabilmente perduto. Un Attilio Mordini avrebbe forse potuto restituirle un minimo di verità e pregnanza, se solo fosse rimasto tra i vivi. Parola, Verbum, Logos. “Verità del linguaggio”, “ontologia del linguaggio”, “teologia della parola”. Nell'attesa ci consoliamo leggendo Anna K. Valerio. Una vera scoperta. Donna di intelletto sano, spirito eletto ed eclettico, stilista per natura e dalla prosa elegante al pari dell'indimenticabile Cristina Campo di cui la Nostra è estimatrice. Di origine friulana e quindi avvezza al tedesco, la Valerio si è radicata a Padova, una di quelle città del nord'Italia dove la presenza invasiva e invadente di migliaia di extra-comunitari va soffocando ogni residuo di italianità (ma città come Brescia, Torino o Bologna non stanno certo meglio). A Padova Anna ha trovato nelle edizioni di Ar la sua fortezza e il suo hortus conclusus-hortus deliciarum e in Giorgio Freda il suo mentore. Per esiguità di anni, non ha scritto molto, ma quel poco è già abbastanza. Potrebbe anche smettere domani e con ciò avrebbe comunque lasciato una traccia indelebile nel grande affresco delle arti gentili. La sua Opera prima, collocata nella collana “Gli Inattuali” al numero XVIII, porta il titolo perfetto di “Per grazia, con grazia” (sottotitolo: Nietzsche: una forma di lettura). Un vademecum per i pochi veri studiosi di Federico Nietzsche, ammesso che ce ne siano ancora (i tanti falsi studiosi, compresi i filosofi professionisti, continuino pure a non capirci un'acca). Qui la Valerio si firma Arianna De Giorgio. Arianna come la Cosima Wagner dei cosiddetti “biglietti della pazzia” di Nietzsche? De Giorgio come il Guido de “La Tradizione Romana”? Non è dato sapere e la Nostra non ce lo svela. Il testo non è di facile lettura e lo si deve affrontare con molta calma. Un paragrafo al giorno può bastare, ma non senza aver prima letto e riletto la premessa che dell'intero testo è chiave (anche la “Variazione” a chiusura, firmata Giovanni Damiano, è soccorritrice). Acconsentiamo con l'autrice che si tratti di una “forma di lettura” dell'opera di Nietzsche, giacché gli scritti di Dioniso-Il Crocifisso-Nietzsche (un neo-pagano?, un cripto cristiano?, o piuttosto un vate, un visionario, un bardo, un poeta dal cuore immenso apparso per un capriccio del destino, per volontà degli dèi, forse un dio egli stesso?) non si prestano a una lettura univoca. Lungi dall'univocità, la Valerio propende, vuoi per temperamento che per formazione, per l'accostamento filologico-sapienziale (interpretazione e vaticinio), tra tutti il più esigente e probabilmente anche il più onesto. Un approccio che restituisce verità, colore e vita al testo e che ne attiva l'infinito potenziale creativo. Fa inoltre piacere e salute per l'anima ritrovare nello studio della Valerio garbo, gentilezza, profondità, acume, intelligenza, poesia, bellezza e... rispetto. Sì rispetto. Il rispetto che Nietzsche si merita per la grandezza del suo messaggio e la qualità delle sue opere. Chi non muove da questo rispetto taccia e non ingiuri.
Opera breve (80 pagine) ma densa quella della Valerio e che ci introduce a una lettura penetrante, affascinante del testo nietzschiano. Ne ricaviamo che il segreto di Nietzsche sta nella magia della sua scrittura; nel ritmo interno di ogni suo pensiero formulato sempre alto, mai banale e di ogni aforisma inciso e scolpito, nell'incedere delle parole a passo di danza. Parole di musica azzurro cielo. Quasi incantesimi. Übermensch, Eterno Ritorno, Volontà di Potenza. Parole sacre e di passo, vive, sensibili, vibranti. Parole non adatte ai filosofi, non scritte per i filosofi - alla malora i filosofi! alla malora i falsari del vero! -, ma per spiriti forti, ellenici e per solitari scioglitori di enigmi. L'opera di Nietzsche è un immensa liturgia della parola che in essa “come fiamma arde” (Sir. 48,1). Fiamma che nel suo libro la vestale Anna K. Valerio riesce a tenere ben viva.
A proposito: chi pensava che l'edizione-traduzione di Nietzsche della famigerata adelphiana coppia Colli-Montinari fosse il non plus ultra si ricreda e cominci a fare spazio a L’anticristiano. Imprecazione sul cristianesimo (Ar, 2004) e ai Ditirambi di Dioniso-Idilli di Messina (Ar, 2006) della triade boreale Freda-Del Torso-Valerio. Con testo originale a fronte. Là dove osano le aquile.
Bibliografia essenziale dell'Autrice
Contro la P. Melissa. Elogio e invettiva (Ar, 2005)
Infierire. Scritti di contrasto (Ar, 2007)
(Su www.cultrura.net si possono leggere gli articoli della Valerio di eccellente qualità letteraria e dal savor di forte agrume)
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