04/04/08

Come un certo Solov'ëv approdò in Occidente

Il dissenso, l'opposizione «a misura d'uomo» contro il gigante totalitario ha creato una struttura sui generissamizdat, cioè la circolazione clandestina di manoscritti, appelli e documenti riprodotti per lo più a macchina per iniziativa dei lettori stessi. La si considerava una forma essenziale di esistenza e di comunicazione, totalmente autonoma che comportava creatività, senso di responsabilità, disponibilità al rischio personale.
Nell'immenso fiume sotterraneo del samizdat a un certo punto si è inserito un altro fiume sotterraneo, quello del tamizdat, che rispondeva alle stesse esigenze, ma veniva dall'estero. Infatti la parola tamizdat significava i testi — questa volta veri e propri libri — pubblicati tam, cioè «di là», oltre frontiera. A partire da un certo momento storico questo secondo fiume ha assunto un'importanza notevole nel moltiplicare la possibilità di rendere accessibile a tutti, in tutti gli angoli dell'Unione Sovietica, la cultura indipendente del dissenso.
Tra i primi che in Occidente hanno incominciato a stampare testi in russo per introdurli e farli circolare clandestinamente in Urss c'è una piccola casa editrice cattolica, «La vie avec Dieu» che, con mezzi modesti e un gruppo ristretto di attivisti, ha saputo sviluppare un'opera di importanza enorme e, proprio per queste sue caratteristiche, manifesta una consonanza profonda con i valori e lo stile del dissenso, col quale ha collaborato attivamente.
La nascita della prima casa editrice cattolica per i russi è legata all'ondata di profughi russi rimasti in Occidente dopo la fine della seconda guerra mondiale. Nel 1945 infatti migliaia di prigionieri di guerra sovietici e di ostarbeiter — uomini e donne rastrellati dai nazisti nei territori occupati e mandati a lavorare per il Reich — temono giustamente, al ritorno in patria, di essere condannati per tradimento e collaborazionismo. Verranno chiamati DP, Displaced Persons; e si faranno dei campi speciali per essi in Germania, Francia, Italia e Belgio. Di questa emergenza si occupano numerose istituzioni benefiche, ma anche alcune persone singole che si sentono investite di una particolare responsabilità.
Una di queste è Irina Posnova (1914-1997), un'emigrata russa della «prima ondata», donna dall'animo ardente che compirà un'enorme mole di lavoro per i russi, spinta da una grande fede e una costante ascesi. Figlia di un biblista e storico della Chiesa ortodossa, docente all'Accademia teologica di Kiev, conosce l'emigrazione già a dieci anni, quando nel 1924 si rifugia a Sofia con la famiglia. Lì conosce un vescovo cattolico di grande fascino, un vero uomo di Dio, Kirill Kurtiv; di qui scaturisce la sua conversione al cattolicesimo, che darà un impulso molto importante a tutta la sua attività.
Il nunzio Angelo Roncalli le dà una lettera di raccomandazione per l'Università cattolica di Lovanio, in Belgio, dove Irina nel 1944 si laurea in filologia classica. Dopo il dottorato, invece di fermarsi in università come le propongono, decide di dedicarsi ai profughi russi, che in Belgio sono circa diecimila: «Decisi che avevo ricevuto talmente tanto in confronto agli altri, che era cosa più santa mettersi a fare che continuare a ricevere». L'incontro coi DP per lei è il primo sconvolgente approccio col «popolo sovietico», assolutamente digiuno di religione, per questo concepisce l'aiuto come sostegno spirituale e formazione religiosa. Si apre un nuovo campo vasto e inesplorato di missione.
Per offrire a questa gente degli strumenti culturali e formativi semplici, la Posnova fonda nel 1945 il «Comitato belga di documentazione religiosa sull'Oriente» — che più tardi si chiamerà Foyer Oriental Chrétien — e stampa, a sue spese, dei volantini in russo con testi spirituali. Incoraggiata dal successo di questi foglietti, va a Roma a chiedere consiglio; il cardinal Tisserant, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, l'incoraggia a pubblicare una rivista per i profughi: è l'atto di nascita de «La vie avec Dieu», che sarà l'opera principale della sua vita.
Quando decide di mettersi più in grande, trova un ottimo collaboratore in un sacerdote ortodosso emigrato, padre Valent Romenskij, che ha una parrocchia a Liegi. Insieme nel 1946 incominciano a stampare un'unica rivista con due testate, una per gli ortodossi — «La vita cristiana» — e l'altra per i cattolici «La vita con Dio». Anche padre Romenskij ricorderà questa collaborazione come «unica al mondo», come un «fenomeno storico per le nostre Chiese».
Un altro punto centrale di interesse nella vita della Posnova è il movimento cosiddetto dei «cattolici russi», cioè il tentativo di conservare la tradizione bizantina rimanendo fedeli alla cattedra di Roma, tentativo che storicamente si rifà all'esperienza iniziata in Russia nei primi anni del Novecento da Leonid Fëdorov, e che ha in Vladimir Solov'ëv il proprio padre spirituale. Per la Posnova la conversione non significa rigettare l'ortodossia per qualcosa di «meglio», ma esprime il bruciante desiderio di ricondurre all'unità, nel riconoscimento della cattedra di Pietro, Oriente e Occidente.
Scrive nei primi anni Cinquanta: «La mia adesione alla Chiesa cattolica è avvenuta quando ho scoperto nel cattolicesimo l'ortodossia autentica». Questa convinzione comporta, da una parte l'amore mai rinnegato per la migliore tradizione spirituale russa, che sente di dover salvare e diffondere e, dall'altra, la costante tensione a far sì che gli ortodossi incontrino la ricchezza della Chiesa cattolica.
Questo ideale è molto vivo in questi anni, ed è attivamente propagandato da alcuni ortodossi convertiti al cattolicesimo — come la stessa Posnova. A Roma il Collegio pontificio Russicum è il luogo dove si preparano i sacerdoti per questo apostolato, e dove si elabora l'approccio missionario al mondo russo.
Questo desiderio di diffondere il movimento tra i russi emigrati, indirizza l'attività editoriale della Posnova su un duplice binario: la valorizzazione della tradizione orientale, e l'illustrazione del cattolicesimo con finalità «apologetiche». L'autore di punta dei primi anni (dal 1949 al 1955) è Michail Gavrilov (1893-1954), un storico e filologo di San Pietroburgo emigrato a Parigi, convertitosi al cattolicesimo nel 1944, che in cinque anni scriverà nove libri; i suoi temi sono spesso «spiccatamente cattolici»: le apparizioni di Fatima, la storia e la dottrina di san Leone Magno, il Vaticano, la Sindone. Tutto questo fa sì che «La vie avec Dieu» si presenti nei primi anni come una piccola editrice di nicchia, strumento di un'attività di apostolato con finalità missionarie ed ecumeniche.
Vista da un punto di vista esterno la sua produzione è di interesse limitato, forse anche un po' provinciale.
Tuttavia, col procedere degli anni Cinquanta Irina Posnova deve prendere atto della crisi definitiva del movimento dei «cattolici russi», che si assomma al venir meno del suo pubblico tradizionale di lettori — i DP ormai si sono naturalizzati in Occidente. Sembra un vicolo cieco, che richiede un cambiamento.
Intanto nel 1955 la Congregazione designa padre Antonij Ilc (1923-1998), un prete sloveno che ha studiato al Russicum, come parroco della chiesa russa annessa e come collaboratore. Resterà per tutta la vita il braccio destro di Irina Posnova. Tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, interrogati dalla crisi, Ilc e la Posnova decidono comunque di continuare perché, si dicono, quando un giorno il comunismo finirà inevitabilmente, «questi libri all'inizio risponderanno alla fame spirituale, in attesa che la stessa Chiesa ortodossa incominci a pubblicare da sé».
Ma la svolta decisiva avviene in seguito a un fatto apparentemente banale, che mette all'improvviso davanti ai nostri editori una possibilità nuova che sconvolge la concezione stessa della loro attività: è possibile far arrivare i libri in Urss. Siamo nel 1958, a Bruxelles si tiene l'Esposizione universale. Lo stand del Vaticano si trova a fianco di quello sovietico, e Irina Posnova pensa che l'occasione non vada persa; riesce a farsi assegnare un angolo dello stand per mettere in mostra la produzione editoriale russa: tutti i turisti sovietici potranno ricevere gratuitamente un Vangelo o un libro di preghiere. Irina racconta che: «I primi giorni non veniva nessuno, però guardavano di sottecchi. Poi hanno incominciato a passare dall'entrata secondaria a uno o due per volta. Chiedevano se potevano dare un'occhiata. A un certo punto arriva un tipo, da solo, io mi faccio coraggio e gli chiedo se non vorrebbe prendere un Vangelo per sua nonna. E quello mi dice: «volentieri». Così da quel momento abbiamo incominciato a offrire: «per la mamma», «per la nonna» quando qualcuno si avvicinava da solo». In totale, sembra che dallo stand passino oltre diecimila visitatori sovietici, e che più di tremila accettino un dono, nonostante il controllo degli accompagnatori.
Questo incontro provoca una riflessione: se l'uomo sovietico ha questa sete spirituale, che magari è anche semplice curiosità, abbiamo l'obbligo di rispondere in modo adeguato, e soprattutto nuovo. Per quelli di Bruxelles non si tratta più di fare un lavoro marginale per tirare dalla propria parte qualche ortodosso, hanno scoperto che c'è in gioco una posta infinitamente più alta, il futuro del cristianesimo in Unione Sovietica, la vita stessa dell'uomo. Lavorare direttamente per l'Unione Sovietica diventa la nuova parola d'ordine, e l'episodio dell'Esposizione universale dimostra che non solo è possibile, ma necessario. È un compito inderogabile, un nuovo obiettivo.
«La vie avec Dieu» si sgancia dai suoi tradizionali interessi confessionali per aprirsi a un compito che non è più di parte, il nuovo orizzonte ecumenico supera in grandezza tutti i sogni passati di missione tra gli ortodossi. In realtà, così facendo l'editrice non tradisce l'intuizione iniziale, ma anzi le darà corpo in modo più concreto, servendo le necessità della Russia reale e della rinascita cristiana in atto.
Tutto questo si traduce in scelte concrete. Così dagli anni Sessanta la produzione editoriale rinuncia ai tradizionali toni polemici nei confronti dell'ortodossia, e si orienta verso testi che siano ugualmente accettabili per gli ortodossi e per i cattolici. Pur senza mai nascondere di essere cattolici, i responsabili cercano con tutto il cuore di rispondere ai bisogni spirituali degli ortodossi. Vengono messi in programma libri di grande respiro, come le opere complete di alcuni «giganti»: Vladimir Solov'ëv (1966), Vjaceslav Ivanov (1971), Sant'Agostino (1974); ed altre opere importanti come i Fioretti di san Francesco d'Assisi(1974), Introduzione al cristianesimo di Joseph Ratzinger (1988).
A questo punto si verifica l'apertura coraggiosa al mondo sovietico che comporta anche un certo rischio: infatti affidarsi ad autori o consulenti sconosciuti, che vivono oltrecortina, coi quali non si può avere un contatto diretto e del cui valore non si è ancora certi, non è cosa facile. Ad esempio padre Aleksandr Men' — di cui «La vita con Dio» sarà l'unico editore fino alla caduta del comunismo — entra in contatto con loro nel 1966 quando non è il celebre pastore ma un ignoto pretino di trentuno anni. Questa fiducia, però, è la premessa di un grande successo, su questa base avviene l'incontro e la collaborazione con il dissenso che vive in Unione Sovietica.
Il processo per così dire di «sovietizzazione» inizia negli anni Sessanta e si conclude alla fine degli anni Settanta. Queste forze nuove che vengono dall'Unione Sovietica conoscono meglio il pubblico sovietico che non la redazione di Bruxelles. La conferma che il lavoro incomincia a funzionare viene direttamente dall'Urss, ed è una conferma entusiasmante: nel 1959 esce da Bruxelles il libro di Fernand Lelotte, La soluzione del problema della vita, che sia un grande successo in Urss — il primo per l'editrice — è confermato da diversi giornali sovietici; nel 1964 in Urss esce addirittura un intero libro — in centomila copie — contro i gesuiti e il libro di Lelotte «che salta fuori dappertutto».
Ad un certo punto gli editori di Bruxelles si rendono conto che anche il modo di lavorare dev'essere all'altezza del compito. Il lavoro culturale dev'essere accurato, professionale, deve tendere all'eccellenza per dimostrare che la fede e la forza della ragione sono tutt'uno. Questo d'ora in poi sarà il tratto distintivo de «La vie avec Dieu».
Uno dei gioielli più riconosciuti, un'opera che ha fatto letteralmente epoca è l'edizione critica della Bibbia, coronamento di un lunghissimo lavoro, a cui mettono mano diversi esperti. Uno di questi è un pastore battista, Aleksej Vasil'ev (1909-1978), un emigrato russo, esperto biblista. Lavora al commento per sette anni, ma per gli aspetti più specificamente teologici o storici intervengono altri studiosi. È un'edizione scientifica ad altissimo livello, che unisce, oltre al testo della Costituzione dogmatica del Vaticano II sulla rivelazione divina, una serie di apparati di notevole valore. Questo volume rilegato, su carta di riso, uscito nel 1973 — e rieditato quattro volte, l'ultima nel 1989 in cinquantamila copie — ha rappresentato per migliaia di cittadini sovietici un vero e proprio «incontro» col mondo delle Sacre Scritture; un incontro interessante sia dal punto di vista intellettuale che spirituale. Ricorda padre Cistjakov: «la «Bibbia di Bruxelles» in pratica era l'unica edizione moderna del Nuovo e dell'Antico Testamento dotata di un commento serio e di un apparato». Per il lettore sovietico è la scoperta di un universo culturale di assoluto valore: la «Bibbia di Bruxelles», come viene chiamata, diventa qualcosa di proverbiale, un regalo ambito, una lettura interessante per qualsiasi persona di cultura e non solo per i devoti.
Ma bisogna ricordare almeno un altro autore la cui circolazione è merito esclusivo de «La vie avec Dieu»: il filosofo Vladimir Solov'ëv, un vero pilastro della filosofia cristiana del diciannovesimo secolo, la cui opera è confinata nelle biblioteche e chiusa sotto chiave. Il grande merito della Posnova è quello di ripubblicare tutta l'opera uscita in Russia prima della rivoluzione, arricchita di tutto ciò che a questa mancava: le opere ecumeniche in francese, le poesie, le lettere. Sono dodici volumi doppi più un tredicesimo di lettere, una ricchezza straordinaria che torna a circolare e a seminare i suoi frutti nella cultura del dissenso solo grazie al tamizdat.
Un «caso editoriale» che farà scalpore e darà grande lustro alla casa editrice riguarda la scoperta e la pubblicazione di un testo importantissimo, chiuso nei fondi segreti di un archivio, e di cui nessuno sapeva neppure l'esistenza.
Il testo è la biografia più completa del filosofo Vladimir Solov'ëv scritta dal nipote Sergej che lo ha conosciuto ed ha avuto accesso a tutti i documenti di famiglia. Lo scopritore di questo tesoro è un giovane laureando in storia, Michail Aksënov-Meerson, già espulso due volte dall'università per le sue attività clandestine — è un attivo riproduttore di samizdat. Mentre prepara la tesi di dottorato l'amico Evgenij Raskovskij — la cui moglie lavora all'archivio centrale di letteratura — gli rivela la presenza di materiali preziosi su Solov'ëv nei fondi speciali. È il 1968.
Meerson ottiene dal suo professore il lasciapassare per i fondi speciali, dove trova la biografia di Sergej Solov'ëv. Per sei mesi, ad ogni intervallo di pranzo, porterà fuori dall'archivio una pagina per fotografarla, nascondendola con difficoltà sotto la camicia perché il testo è scritto su fogli molto grandi e rigidi. Quando poi emigra in Occidente, nel 1972, offre i microfilm alla Posnova. Il libro di Sergej Solov'ëv uscirà nel 1977 senza indicazioni sulla provenienza; nell'introduzione l'editore si limita a dire enigmaticamente: «Per cinquant'anni del manoscritto non si è saputo nulla. Ma la Provvidenza lo ha preservato. Ed ecco che dopo mezzo secolo abbiamo avuto la possibilità di pubblicarlo».
Tutto questo lavoro di ricerca, traduzione, pubblicazione e distribuzione avviene con mezzi ristretti. I mille dollari l'anno forniti dalla Congregazione per le Chiesa Orientali non aumentano mai. Padre Ilc ricorda: «Quando ero andato dal cardinale [Tisserant] mi aveva detto: “padre Antonij tutto quel che vuole, ma soldi non ne ho”. (...)i vescovi belgi mi davano lo stipendio da prete(...) Invece ci ha aiutato molto padre Van Straaten(...) soprattutto dal 1962, quando abbiamo cominciato a preparare il Vangelo».
La preoccupazione costante di Ilc e della Posnova è trovare i finanziamenti per ogni singolo libro poiché senza finanziamenti nessun libro può uscire, dato che le tirature sono distribuite gratis. Impossibile poi sapere quante centinaia di migliaia di libri siano effettivamente arrivate in Urss, tenendo conto della distribuzione clandestina — affidata un po' a caso a turisti, amici, conoscenti nei vari corpi diplomatici, vescovi russi in visita ufficiale o attivisti dei vari «centri russi» in Europa.
Questo aspetto del lavoro di «La vie avec Dieu» è a tutt'oggi il più misterioso. Per il sacro timore di danneggiare qualcuno con l'incauta rivelazione della sua collaborazione, gli archivi dell'editrice sono largamente lacunosi, non esiste neppure l'elenco completo — con le tirature — di tutti i libri pubblicati. Sicuramente si può dire che in questo disordine, e mancanza di memoria, si esprime anche il fatto che l'attenzione degli editori fosse tutta tesa al risultato, all'opera e non considerò mai importante il proprio lavoro.
Possiamo dire in generale che le edizioni del tamizdat hanno avuto un ruolo decisivo nel creare una stabile cultura alternativa, come ha ricordato padre Cistjakov: «(...)vent'anni fa, a parte i libri pubblicati a Bruxelles e a Parigi, non c'era nient'altro».
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Irina Posnova e i suoi amici sono stati definiti degli «entusiasti», ma questo è troppo poco per spiegare una dedizione durata cinquantadue anni a prescindere da interessi politici, proselitistici o economici. Quest'opera incarna piuttosto lo stesso impegno, le stesse identiche qualità umane e spirituali che hanno fatto il dissenso: passione per una verità più grande della tua, rispetto profondo dell'altro, gusto del bello, amore per la cultura, senso di responsabilità di fronte al mondo, iniziativa e rischio personali. Tutto questo ha assicurato un successo formidabile a una piccola «impresa» che, umanamente parlando, aveva pochi numeri per sfondare, così come in Unione Sovietica altre formiche avevano affrontato il colosso totalitario senza garanzie di riuscita, eppure avevano fatto cose enormi.


(Autore: Mara Quadri; fonte:
L'Osservatore Romano 17-18 marzo 2008)

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