11/06/16

Fondamentalismo, integralismo, integrismo. Per un minimo di chiarezza

Molto spesso capita di leggere sia sulla carta stampata che sul web articoli dove con colpevole ignoranza si trattano argomenti di cui nulla o quasi nulla si è veramente capito. Che una tale cosa accada continuamente a giornalisti e politici non deve stupire più di tanto essendo costoro abituati ad approssimazione e vaghezza, quando non anche a falsificazione e distorsione dei fatti. Si rimane invece alquanto perplessi quando a incorrere in certi svarioni non sono semplicemente i mestieranti dalla politica o della penna, ma addirittura dei docenti universitari, dai quali ci si aspetterebbe   competenza, rigore di pensiero e precisione di linguaggio.

Un tipico esempio di errore marchiano in cui incorrono sovente anche gli ambienti accademici più paludati, è senza dubbio quello di confondere o scambiare il termine “fondamentalismo” con quello di “integralismo”  e alle volte persino con quello di “integrismo”. Per quanto l’argomento meriterebbe una riflessione lunga e ponderata che non escludiamo di fare in futuro, ora vogliamo semplicemente provare a spiegare il significato storico delle tre parole, sperabilmente a beneficio di qualche lettore che non ne abbia la più pallida idea.

Cominciamo dal termine “fondamentalismo”. Qui ci troviamo di fronte almeno a due accezioni differenti.
La prima denota quei protestanti che nella seconda metà dell’Ottocento, di fronte al moltiplicarsi di sètte e dottrine, decisero di stabilire quali dovessero essere le verità universalmente accettate da tutti i cristiani, al fine di far prevalere i motivi di concordanza su quelli di divisione. Tuttavia, com’è noto, un tale “canone” non incontrò mai l’approvazione generale e il “fondamentalismo”, così inteso, si ridusse ad una utopia senza concreti risultati.
In una seconda e più recente accezione, il termine “fondamentalismo” ha finito col designare anche alcune correnti religiose dell’Islam sunnita  e sciita, in particolare quelle che propugnano   l’interpretazione letterale del Corano e un ritorno ai “fondamenti” dell’Islam delle origini, ritenuti per ciò stesso autentici e infallibili. A onor del vero, almeno per chi conosce la complessità dell’Islam, una simile definizione risulta forse un po’ troppo sommaria e vaga per essere completamente accettabile, ma in linea di massima possiamo assumerla, purché non se ne abusi e si precisi meglio caso per caso. Occorre considerare che di solito questa definizione ha un significato offensivo e non descrive al meglio l’oggetto che pretende indicare (ci sarebbero altre parole più acconcie e magari anche con il corrispettivo in lingua araba).

Veniamo ora al termine “integralismo”.

Wikipedia ne dà la seguente definizione: “si qualifica come integralismo in senso lato qualunque ideologia con cui si miri alla costituzione di un sistema omogeneo in cui non esista pluralità di ideologie e programmi: o conciliando e unificando tutte le posizioni esistenti; o rigettando e delegittimando tutte le posizioni diverse dalla propria, e rifiutando qualunque compromesso affinché quest'ultima prevalga su tutte le altre”. Il dizionario internettiano precisa poi che la parola può riferirsi almeno a due significati diversi, uno di tipo religioso e uno di tipo politico. Anche qui però la definizione non rende giustizia della varietà e della complessità delle diverse posizioni in campo che bisognerebbe illustrare con esempi storici concreti proprio per sgombrare il campo da troppo facili semplificazioni e per evitare, come d’altronde lo stesso estensore della voce ricorda, che il termine venga usato come sinonimo di “fondamentalismo”.

Sul termine “integrismo”.

La parola risale al 1890 e a definirsi “integrista” era un partito politico spagnolo nato sulla scia del “Sillabo”, il famigerato “sommario – syllabus in latino -  dei principali errori dell’età moderna” voluto da Pio IX e dato alle stampe nel dicembre del 1864. In seguito, sempre sul finire dell’Ottocento, furono i cattolici liberali a chiamare “integristi” - in modo ovviamente dispregiativo – i correligionari che si opponevano alle nuove mode culturali e alla libertà di ricerca in campo teologico e scritturistico. Per estensione il termine finì per descrivere l'atteggiamento di quelli che promuovono in modo rigoroso le dottrine tradizionali dell'ortodossia e che per ciò stesso sono contrari a qualsiasi cambiamento dottrinale (la definizione di “integristi” non sembra dispiacere, ad esempio, ai “tradizionalisti cattolici”, sia lefrevbiani che sedevacantisti).

Riepilogando.

Abbiamo visto come il termine “fondamentalismo” si applichi in modo indiscriminato sia ad alcune sette protestanti che avrebbero titolo per attribuirselo che a certe correnti minoritarie dell’Islam a cui però mal si adatta. Men che mai il termine può indicare le posizioni di un certo cattolicesimo tradizionalista e contro-rivoluzionario per il quale è preferibile il termine “integrista” (l’aggettivo “integralista” in questo caso risulta troppo generico prestandosi a una doppia accezione politica e religiosa). Il punto di contatto tra le tre posizioni che le suddette parole a volte imperfettamente descrivono, sembra essere l’intransigenza e cioè l’irremovibilità delle proprie idee. Ora, la fedeltà assoluta a un’idea quale che sia e quindi la coerenza in sé non è che sia sempre un valore, anzi molto spesso è il sintomo di una vena di follia e di una qualche deficienza mentale, come d’altronde l’esperienza e la storia umana dimostrano ad abundantiam. Tanto più quando “per coerenza” si diventa aggressivi o peggio quando si commettono gravi e disumani delitti (1).

Tuttavia, il fideismo di certi protestanti fondamentalisti, così come l’eccesso di zelo di certi rappresentanti dell’Islam, o anche l’esclusivismo e l’intransigenza dottrinaria e morale degli integristi cattolici,  potrebbero anche avere una loro precisa ragion d’essere e un loro puntuale grado di verità, ma resta il legittimo dubbio di una “parzialità” che non soddisfa a pieno i criteri di universalità, saggezza e virtù spirituale di una religione degna di questo nome.  E d’altronde, quando si dimentica la vera essenza trascendente della religione e dello Spirito e la si scambia con un’idea, si finisce inevitabilmente nell’ideologismo antagonista e nella rivolta che accelerano più che arginare  quei processi sociali dissolutivi e disgregativi che sono l’inconfondibile marchio di fabbrica del regno dell’Anticristo.

A.L.F.

(1) Per coerenza ci si può persino suicidare come fece un Mishima e più recentemente un Dominique Venner, ma con ciò dimostrando non già il carattere eroico di una tradizione o di una civiltà, ma il suo lato tragico e persino tragicomico. Anche il martirio oggi – e mi riferisco al martirio di molti cristiani per mano soprattutto di presunti appartenenti alla fede islamica – ha il sapore un po’ amaro del sacrificio vano e inutile. Una testimonianza cioè non di verità e di fede, ma di inerme impotenza. Questo non toglie che alcune di queste povere vittime fossero in vita delle persone sante.   

7 commenti:

  1. Eccellente, davvero eccellente! Complimenti!

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  2. Bellissima messa a punto, complimenti! Si potrebbe aggiungere anche una nota sul "tradizionalismo", che era emersa nel post su Borella. (le tre macro-distinzioni possono essere: tradizionalisti guénoniani, tradizionalisti lefevriani e tradizionalisti "concialiari"). Vorrei anche aggiungere una nota sull'"integrismo" di de Lubac e ripreso in Italia dal Cardinale Biffi, secondo i quali l'integrismo si caratterizza come quella dottrina cattolica che prevede l'integrazione - volta dunque alla ricerca dell'intero - (sia a livello antropologico, che sociologico) fra Natura e Grazia.

    Paolo C.

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  3. Ottimo commento integrativo. Grazie Paolo!

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  4. Ottimo contributo, complimenti. Non si capisce, però, perché il Sillabo sarebbe "famigerato". Grazie.

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  5. Grazie a Lei, Marco. Diciamo che volevo sottolineare il fatto che il testo non gode proprio di buona stampa presso una certa cultura dominante.

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  6. Mi associo agli apprezzamenti sull'articolo. Gli integristi sono in generale persone meritevoli di rispetto, per il rigore dottrinale e la fedeltà alla Tradizione. Ma l'integrismo dà a volte l'impressione di una chiusura che soffoca il libero e universale soffio dello Spirito.

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