04/08/15

Il ritorno dell’Anticristo

La figura dell’Anticristo è presente, da quasi duemila anni, nelle culture di matrice giudaico-cristiana, e quindi anche nella tradizione musulmana, come immagine potente del male travestito da bene, e quindi ancora più pericoloso perché ingannatore. Sono sempre pochi gli eroi positivi che riescono a smascherarlo — cioè a vederlo con occhi diversi da quelli che lui stesso ha manipolato — e sono gli stessi che riusciranno a cacciarlo definitivamente dal mondo.
Marco Vannini (L’Anticristo. Mito e storia, Milano, Mondadori, 2015, pagine 216, euro 20) ne ricostruisce ora la storia, a partire dalle sacre Scritture che ne disegnano il profilo, in particolare gli scritti attribuiti a Giovanni, le Lettere e l’Apocalisse. Ma l’autore, raffinato studioso di mistica, non rinuncia a rivelare la sua particolare teoria sull’Anticristo né a prendere posizione, con chiarezza, sul presente, e questo rende il libro particolarmente interessante.
Lo studioso collega la denuncia della presenza di uno o più anticristi negli scritti giovannei al fatto che Giovanni è l’unico a parlare apertamente di divinità di Cristo, l’unico a ristabilire come la dimensione dell’eterno sia solo quella dello spirito. I Padri della Chiesa riprendono questa tradizione, arricchendola di altri particolari: Ireneo lo definisce l’«uomo dell’iniquità» e apre la porta all’interpretazione antigiudaica, mentre Origene toglie all’Anticristo ogni caratteristica di personaggio reale, facendogli assumere il significato simbolico della contraffazione della verità. Ma se anticristi sono tutti gli esseri umani che mentono — scrive Vannini — secondo Origene «diventa ed è un Anticristo ogni uomo che non è passato per la morte dell’anima e per la rinascita dello spirito». Anche Agostino avanza l’ipotesi che non sia un uomo solo, un capo, una figura emblematica, ma tutta la moltitudine degli iniqui.
Queste interpretazioni metaforiche e spirituali non hanno però impedito alla società cristiana di vedere incarnato l’Anticristo in concreti protagonisti della storia che si opponevano ai cristiani, come gli imperatori romani persecutori o Maometto. Nel medioevo l’immaginazione di molti scrittori si sbizzarrisce nel descrivere le caratteristiche dell’Anticristo, nato dal frutto di un incesto e perverso sessualmente, corrispondente al numero della Bestia, il 666 secondo l’Apocalisse. Le interpretazioni di questo numero si sono moltiplicate, fino ad arrivare a riconoscerlo oggi nel codice a barre, obbligatorio per ogni prodotto e che fa dei consumi e della tecnologia lo strumento di azione dell’Anticristo nel mondo di oggi.
Negli anni che hanno preceduto e seguito la spaccatura della società cristiana le accuse incrociate di essere l’Anticristo divennero un’abitudine: se i protestanti — e prima di loro gli spirituali e tutti i movimenti ereticali — lo vedevano incarnato nel Papa e nella gerarchia ecclesiastica, per i cattolici l’epiteto calzava perfettamente per Lutero. Per gli eretici, il tema dell’Anticristo si poneva in stretto collegamento con quello del millenarismo, cioè di una concezione del tempo che vede nell’età presente il momento finale della lotta fra il bene e il male, con la scontata vittoria del bene, se pure dopo molto dolore.
Il millenarismo presuppone un progresso morale dell’umanità, e la possibilità di raggiungere presto la terza fase, quella che prevede il rovesciamento definitivo del male con la sconfitta dell’Anticristo. Eresie e sette si formarono nella speranza che il momento fatidico fosse giunto, e che ci si potesse muovere indifferenti al bene e al male, ritornando a un mitico stato di natura. Dando luogo a esperienze tragiche, come quella cinquecentesca di Münster, ma ultimi e terribili semi di millenarismo si possono trovare ancora nei grandi totalitarismi del Novecento, il nazismo e il comunismo.
In età moderna le eredità della mistica medievale tedesca e dell’umanesimo si confrontano sul tema dell’Anticristo in modo più profondo e spirituale: se la luce divina risiede nel fondo di ogni anima umana, cioè se è il Cristo interiore quello vero, anticristi sono tutti coloro che si oppongono a questa verità, e dunque tutti i teologi, tutte le Chiese storicamente costituite. In particolare, è interessante la riflessione sull’Anticristo di Sebastian Franck che — scrive Vannini — si muove secondo il senso giovanneo originario, cioè lo vede «come interno alla Chiesa, o comunque a quella che si proclama tale e, ancora del tutto correttamente, è visto come il sostenitore di valori mondani, ossia anticristiani, che spaccia per cristiani, e perciò fruisce delle lodi e del consenso del mondo».
Un altro aspetto da approfondire per comprendere l’Anticristo è la tradizione messianica, realizzata da un filone dell’ebraismo rappresentato da Sabbatai Zevi e dal suo successore Jacob Franck, entrambi caduti poi nell’antinomismo, cioè nell’idea che si adempia al precetto di legge violandolo. L’antinomismo si configura quindi come licenza sessuale, erotismo pervertito, cioè profanazione sacrale della bellezza e dell’innocenza. La categoria dell’anticristo è stata coltivata con grande intensità nella tradizione russa, all’interno della quale sono nati due testi molto significativi, entrambi finemente analizzati da Vannini: I fratelli Karamazov — in cui il Grande Inquisitore si rivela come Anticristo — di Dostoevskij, e Il racconto dell’Anticristo di Vladimir Solov’ev, che descrive questa figura come un superuomo giovane, dotato di tutte le virtù, ma capace di amare solo se stesso: appare buono, ma in fondo non lo è; grazie all’universale sazietà vuole distruggere tutti i veri valori umani, a cominciare dall’istituzione familiare, prima generatrice di questi valori. Da questo tipo di cultura — anche se Solov’ev non era certo antisemita — nasce il libro che servirà da fondamento alla propaganda antisemita, I protocolli dei savi di Sion.
Uno dei più significativi libri moderni sull’Anticristo è quello scritto dall’inglese Robert Benson, Il Signore del mondo, che immagina il dominio di una figura politica in apparenza capace di grandi valori umanitari, apportatore di pace e benessere, ma in verità solo un imitatore e contraffattore di Cristo. Solo chi riesce a resistere al suo fascino può leggere con lucidità la situazione, e andare alla definitiva battaglia che porta al trionfo del vero bene.
La matrice ebraico-cristiana dell’islamismo si rivela con particolare chiarezza nella sua concezione di Anticristo, caratterizzato da un forte elemento apocalittico e messianico. Nella tradizione musulmana sono presenti due figure messianiche, il Madhi e Gesù, che giocano sempre un ruolo positivo nella battaglia finale contro il male, personificato in una figura dal carattere ambivalente, il Dajjal, simile all’Anticristo. Secondo una tradizione islamica gli ebrei si schiereranno a sostegno del Dajjal — da molti identificato con l’impero americano — anche accarezzando il progetto di ricostruire il Tempio di Gerusalemme, dove oggi ci sono le due moschee, e il loro strumento di corruzione sono i media che diffondono notizie tendenziose e sbagliate. Israele e gli Stati Uniti rappresenterebbero quindi il Grande Satana. La vittoria del bene sarà ristabilita grazie al ritorno di Cristo, che riconoscerà nei musulmani i suoi veri seguaci.
Non dobbiamo dimenticare, però, che anche alcune sette fondamentaliste protestanti statunitensi hanno salutato il ritorno degli ebrei in Palestina come il segno che stanno per compiersi le profezie bibliche, e che quindi si avvicina la fine del mondo.
Nuovo e particolarmente interessante il capitolo del libro che prende in esame l’Anticristo di Nietzsche, perché Vannini riconosce nella sua critica al cristianesimo la volontà di restare fedele al messaggio di Cristo: l’idea evangelica è quella del regno di Dio dentro di noi, e quindi tutto ciò che prende il nome di cristianesimo è frutto di un equivoco, dunque un anticristo. Il filosofo si propone quindi il fine di smascherare la menzogna, in particolare quella religiosa, quella che nasconde una volontà di autoaffermazione, di egoismo. Nietzsche si può interpretare quindi come un mistico, per il quale «la vera essenza del cristianesimo è la fede nella verità, non la morale e la credenza».
In conclusione Vannini critica le attuali tendenze che rigettano tutti gli elementi del cristianesimo inconciliabili con il giudaismo e dunque, in primo luogo, il vangelo di Giovanni, arrivando così a mettere in ombra la divinità di Gesù. In particolare, denuncia la tendenza a cancellare la distinzione fra natura e grazia, «dal momento che si ignora la grazia e si pensa la natura come buona, senza alcun bisogno di grazia, di conversione: davvero la perfetta seduzione dell’Anticristo».

di Lucetta Scaraffia, in: , venerdì 31 luglio 2015.

6 commenti:

  1. il Vannini porta avanti da anni la sua proposta di un oltrecristianesimo monista suscita simpatie anche tra atei e nei seguaci dell'oriente.....ma il ridurre il tutto alla nostra interiorità negando una realtà esterna e qui l'idealismo tedesco persiste anche nel Vannini si corre il rischio nel ridurre il diavolo a solo simbolo facendo così il suo gioco più saggio sarebbe dire le varie ipotesi senza prendere posizione certa.....nessuno può dire con certezza se esiste o no.........l'anticristo è una figura più complessa dei soliti demoni ma le cose sono collegate.....di sicuro negli esorcismi succedono cose che non si spiegano con la psicologia o peggio la filosofia.......

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  2. Pienamente d'accordo, Sig. Costa. Vannini riducendo la religione a "interiorità" dimostra di non aver capito nulla. Tuttavia i suoi studi sulla mistica renana e cristiana sono, dal punto di vista storico-filosofico, di buona fattura, Direi lo stesso di questo suo ultimo libro con le riserve del caso. Il "mistero di iniquità" infatti non è solo una figura letteraria o un mito, ma una realtà agente dotata di "personalità".Guai a sottovalutare questo aspetto.

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  3. Grazie ad Aldous e Costa per la presentazione libraria e i preziosi commenti. Vorrei proporvi la lettura che stavo facendo proprio questi giorni sul rapporto fra Anticristo e storia secondo B. Croce e commentata da Del Noce, come nota aggiuntiva ai tanti autori sopra riportati. Ecco il passo tratto da "Il suicidio della rivoluzione".

    cordiali saluti.
    Paolo C.

    «Ma c'è invece un Croce straordinariamente attuale, il Croce del pessimismo non superato, e ritornante nell'ultimo periodo del suo pensiero, quando avvertiva come vacillasse la sua speranza nella continuazione della società liberale 1871-1914; di quel mondo cristiano-borghese, attraverso la conciliazione col quale aveva creduto di superare il pessimismo. Le sue antenne al riguardo erano eccezionali, e pochi eguagliano l'ultimo Croce nella descrizione di quei momenti della storia presente che inducono alla tentazione pessimistica. Leggiamo, ad esempio, il suo saggio "L'Anticristo che è in noi", portando anzitutto l'attenzione sulla data, 1946. Se ci fu un anno in cui fu fervida l'illusione dell'inizio di una nuova epoca, la sconfitta del nazismo venendo pensata come coincidente con la fine della barbarie, fu proprio quello. Croce fu tra i pochissimi a pensare altrimenti : “[…] che la minaccia dell'Anticristo contro il Cristo si sia levata sembra indubbio”, così da indurre alla domanda se siamo entrati in un'età di imbarbarimento “o nella più grave di tutte in quanto è succeduta o è prossima a succedere a un ricco svolgimento della storia, segnatamente quella europea”. Si noti l'uso dell'indicativo : l'imbarbarimento non era la traccia che ancora rimaneva del fascismo o del nazismo; secondo il tenore letterale di questo passo, l'epoca del fascismo altro non era che l'introduzione a una prossima età barbara. Nei casi dell'immediato dopoguerra, per esempio, “nella gelida indifferenza con la quale si assiste allo schiacciamento delle nazioni e di stati e al divellamento di intere popolazioni dalle loro sedi tradizionali e secolari”, leggeva che per quel che riguarda il processo di imbarbarimento morale, la fine dello hitlerismo non aveva risolto nulla. E rispetto alla disposizione spirituale che continuava ad avanzare scriveva: “il vero Anticristo sta nella negazione, nell'oltraggio, nella irrisione dei valori stessi, dichiarati parole vuote, fandonie, o peggio ancora, inganni ipocriti per nascondere e far passare più agevolmente agli abbagliati dei creduli e degli stolti, l'unica realtà che è la brama e cupidigia personale indirizzate tutte al piacere e al comodo”. Ma che altro è questo se non la forma mentale che dianzi ho chiamato ideologica, che porta a vedere in qualsiasi affermazione religiosa e morale nient'altro che strumenti di potere? Possiamo ora dire che questa disposizione abbia trovato un ostacolo nella riforma intellettuale e morale gramsciana? La più elementare osservazione mostra come si sia invece smisuratamente accresciuta».

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    1. sig. Paolo interessante citazione ma dobbiamo ammettere che le ideologie funzionali al potere esistevano prima del fascismo e della discutibile rivoluzione francese...perfino nella teologia che attraverso una logica calcolante e finalistica occidentale ha mummificato il Cristo e la sua chiesa ma che nascondeva l'ego con la sua voglia di affermazione e i suoi privilegi....nulla vieta oggi di creare piccole comunità ,città private come in america con scuole private eccc dove far germinare un nuovo futuro senza aspettare un re padre o un santo padre o duce provvidenziale che costruiscono il regno per noi sulla terra....il nichilismo ha un aspetto provvidenziale e positivo......l'anticristo viene visto troppo in chiave dualista ricordiamo che i demoni tutti sono servi di Dio a loro insaputa.....

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    2. Gentile Costa, a mio parere bisogna intendersi su cosa significa ideologia. Del Noce gli attribuisce un valore negativo (a proposito nel passo c'è un refuso : "..passare più agevolemente agli *occhi* abbagliati dei creduli e degli stolti.." dovuto alla negazione dei valori religiosi, per dirla altrimenti ad una visione antropologica che riduce la sfera religiosa a quella biologica. Mi sembra quindi che nonostante la modernità sia la "figlia bastarda" del medioevo, ma pur sempre sua figlia (e quindi ha ragione lei a dire che esistevano forme ideologiche anche in epoca antica e medievale - mi azzardo ad ipotizzare una equivalenza con le eresie) rimane la gravità della frattura della modernità (dall'umanesimo in poi) che ha di fatto creato le condizioni filosofiche e poi sociali per la diffusione delle ideologie. Su questo tema le consiglio di leggere l'ultimo numero della rivista Behemoth disponibile on-line in cui il direttore De La Grange ha tradotto un bel testo di Claude Paulin che si chiama appunto "Filosofia ed ideologia" dove in sintesi si fa coincidere l'ideologia con una forma di soggettivismo radicale. "Un'ideologia è semplificando al massimo, una visione egocentrica del mondo che prende in giro gli altri. E' in sostanza, una delle modalità della rivolta dell'uomo non solamente contro Dio, ma contro l'idea stessa di Dio: il mondo non è ciò che Dio ha voluto fosse, il mondo è, dovrà essere o sarà ciò che io voglio che sia". Behemoth n 57, pag. 6.

      Sul rapporto fra ideologia e Anticristo non saprei dirle molto, ma mi pare che il diffondersi della negazione di Dio per sostituirlo con tanti Io quante sono le persone "ideologicizzate" (per non parlare dei demoni, irredimibili per natura) non faccia altro che preparare la strada alla sua venuta.

      Ringrazio anche Aldous per la sua ospitalità. In effetti non conosco niente di Croce, ma il testo citato certamente merita di essere letto.

      cordiali saluti
      Paolo C.

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  4. Gentile Sig. Paolo, Le sono davvero molto grato per la citazione (una vera chicca!). Croce non è mai stato un grande filosofo (Gentile in questo senso lo surclassava), ma aveva intelligenza e cultura da vendere, E' un autore che vale la pena leggere e da cui c'è sempre molto da imparare, anche se non se ne condividono le idee. Soprettutto l'ultimo Croce. Quindi, totalmente d'accordo con il grande e amato Del Noce.

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