20/02/15

Gli orientalisti e lo studio della Shi’a


La cosa più difficile da ottenere dagli esperti accademici sull’Islam è l’ammissione che ciò che essi dicono e fanno come studiosi è collocata in un profondo, e in qualche modo offensivo, contesto politico. Ogni cosa attinente lo studio dell’Islam nell’Occidente contemporaneo è colma di importanza politica, ma difficilmente alcuno scrittore sull’Islam, sia egli esperto o generale, ammette ciò in quello che dice. L’obiettività è ritenuta inerente nel discorso appreso riguardo le altre società, nonostante la lunga storia di preoccupazione politica, morale e religiosa sentita da tutte le società, occidentali o islamiche, riguardo l’alieno, lo straniero e il differente. In Europa, per esempio, gli orientalisti sono stati tradizionalmente affiliati direttamente agli uffici coloniali”. (1)
Invece di ritenere che l’oggettività è propria dei discorsi dotti, l’erudizione occidentale deve comprendere che pre-commitment con una tradizione politica o religiosa a un livello conscio o subconscio, può portare ad un giudizio parziale. Come scrive Hudgson Marshall:
I pregiudizi giungono nelle questioni che egli pone e nel tipo di categoria che egli usa, dove in realtà, il pregiudizio è particolarmente difficile da rintracciare perché è difficile sospettare degli stessi termini che si utilizzano, i quali sembrano innocentemente neutrali…” (2)
La reazione islamica di fronte all’immagine ritratta dall’erudizione occidentale ha iniziato a richiamare la dovuta attenzione. Nel 1979 l’altamente rispettato orientalista Albert Hourani disse:
‘Le voci di quelli del Medio Oriente e del Nord Africa che ci dicono che non si riconoscono nell’immagine di essi che abbiamo creato sono così numerose e insistenti per essere spiegate in termini di rivalità accademica o di orgoglio nazionale.’ (3)
Questo era l’Islam e i musulmani di fronte agli Orientalisti.
Quando ci concentriamo sullo studio della Shi’a realizzato dagli Orientalisti, la parola “incompresa” non è sufficientemente forte; si tratta piuttosto di un eufemismo. La Shi’a non è stata solamente incompresa, ma ignorata, travisata e studiata soprattutto attraverso la letteratura eresiografica dei suoi oppositori. E’ come se gli Sciiti non avessero i propri sapienti e la propria letteratura. Prendendo in prestito un’espressione di Marx: “Non possono rappresentarsi da soli, devono essere rappresentati”, e anche dai loro avversari!
La ragione di questo stato delle cose risiede nelle vie attraverso le quali gli eruditi occidentali entrarono nei campi di studi islamici. Hodgson, nella sua eccellente critica dell’erudizione occidentale, scrive:
Primo, vi erano coloro che studiarono l’Impero Ottomano, il quale giocò un ruolo importante nell’Europa moderna. Vi giungevano di solito, in primo luogo, dal punto di vista della storia diplomatica europea. Questi eruditi avevano la tendenza a vedere tutto l’Islam dalla prospettiva politica di Istanbul, la capitale Ottomana.
Secondo, vi furono alcuni, generalmente britannici, che intrapresero gli studi islamici in India per dominare il Persiano come buoni servitori civili o almeno erano ispirato dall’interesse indiano. Per essi, la transizione imperiale di Delhi tendeva ad essere il culmine della storia islamica.
Terzo, vi erano i Semitisti, spesso interessati inizialmente agli studi ebraici, poi attratti dall’Arabo. Per essi, il quartier generale tendeva ad essere Il Cairo, la più vitale delle città arabofone nel diciannovesimo secolo, sebbene alcuni si diressero verso la Siria o il Maghreb.
Generalmente erano filologi piuttosto che storici, e appresero a vedere la cultura islamica attraverso gli occhi degli scrittori sunniti siriani e egiziani già scomparsi più in voga a Il Cairo. Altri cammini – quello degli spagnoli e di alcuni francesi che si concentrarono sui musulmani nella Spagna Medioevale, quello dei russi che si concentrarono sui musulmani del nord – furono generalmente meno importanti.” (4)
E’ piuttosto ovvio che nessuno di questi cammini avrebbe condotto gli eruditi occidentali ai centri di letteratura o apprendimento sciita. La maggioranza di quello che essi studiavano rispetto alla Shi’a era canalizzato attraverso fonti non-sciite. Hodgson, che merita la nostra più alta lode per aver notato questo punto, dice: “Tutti i sentieri prestavano relativamente molta poca attenzione alle aree centrali della Luna Fertile e dell’Iran, con la loro tendenza verso la Shi’a; aree che tendevano ad essere più remote dalla penetrazione occidentale” (5).
E dopo la Prima Guerra Mondiale “il cammino di Cairene verso gli studi islamici divenne il cammino di islamistica per eccellenza, mentre altri sentieri di studi islamici giunsero ad esser visti più come di rilevanza locale” (6)
Per tanto, ogni volta che un orientalista studiava la Shi’a attraverso la traiettoria Ottomana, Cairene o Indiana, era piuttosto naturale per lui esser parziale contro l’Islam Sciita. “Gli storici musulmani di dottrina [che sono principalmente sunniti] cercarono sempre di mostrare che tutte le altre scuole di pensiero oltre la propria non solo erano false ma, se possibile, neanche veramente musulmane. I loro lavori descrivono innumerevoli “firqahs” in termini che facilmente deviarono gli eruditi moderni facendo loro supporre che si riferivano a molti ‘gruppi eretici’” (7)
Quindi vediamo così che fino a non molto tempo fa, gli eruditi occidentali facilmente descrivevano il Sunnismo come ‘Islam ortodosso’ e la Shia come una ‘setta eretica’. Dopo aver categorizzato la Shi’a come una setta eretica dell’Islam, diventò ‘innocentemente naturale’ per gli eruditi occidentali assorbire lo scetticismo sunnita rispetto all’iniziale letteratura sciita. Anche il concetto di taqiyya (dissimulazione quando la propria vita è in pericolo) è stato gonfiato a dismisura e si ritenne che ogni affermazione di un sapiente sciita aveva un significato occulto. E, di conseguenza, ovunque un orientalista studiava la Shi’a, la sua tendenza alla tradizione giudeo-cristiana dell’Occidente veniva aggravata dal pregiudizio sunnita contro la Shi’a.


1.     Said, E:W., Covering Islam (New Cork: Panteón Books, 1981) p. xvii.
2.     Hodgson, M.G.S., The Venture of Islam, vol. 1 (Chicago: Universidad de Chicago Press, 1974) p.27
3.     Hourani, A. “Islamic History, Middle Eastern History, Modern History,” in Kerr, M.H. (ed) Islamic Studies: A tradition an Its Problems (California: Undena Publications) p. 10
4.     Hodgson, op. Cit.,p. 39-40.
5.     Ibid.
6.     Ibid.
7.     Hodgson, op. Cit., p.66-67.

 
     

Autore: S.M. Rizvi
Fonte: http://www.islamshia.org/item/851-ghadir-khum-e-gli-orientalisti.html

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