01/11/13

Padre Vincent McNabb: La Chiesa e la Terra



                                               
di Antonello Colimberti

«Un sistema salariale impegnato non a creare ricchezza primaria, ma ricchezza secondaria, non farà nulla per curare il male della disoccupazione, se è un male. La manodopera in quanto tale dovrebbe essere impiegata prima di tutto a produrre beni di primaria importanza. Quando i bisogni primari sono soddisfatti, allora la manodopera può andare avanti a soddisfare i bisogni secondari […] Ora, per qualcuno sarà sorprendente riflettere sul fatto che l’attuale sistema industriale non produce per nessuno dei bisogni primari dell’esistenza umana». Queste insolite parole non sono quelle di uno stravagante economista o sociologo dei nostri tempi, bensì quelle di un lungimirante teologo irlandese di nome Vincent McNabb (1869-1943). Frate domenicano dal 1885, Mc Nabb fu amico e confessore del celebre scrittore inglese Gilbert Chesterton, insieme al quale formulò la teoria economica chiamata “distributismo” (progressivo aumento dei proprietari e riduzione dei salariati), che si proponeva di applicare quei principi della dottrina sociale della Chiesa cattolica indicati da papa Leone XIII nell’enciclica Rerum Novarum del 1891.
Autore di innumerevoli scritti mai tradotti nel nostro paese, alcuni dei quali densi di una critica sociale dell’esistente tale far scolorire i testi di Guy Debord, Mc Nabb è finalmente disponibile per il lettore italiano con la sua opera di sintesi, intitolata La Chiesa e la terra (che sarà presentato venerdì a Roma alle 16,30 presso il Salone dell’editoria sociale), grazie alla Libreria Editrice Fiorentina ed in particolare al suo direttore Giannozzo Pucci, che ne firma la traduzione (con Laura Melosi), nonché la focosa e giusta presentazione, che attualizza le indicazioni del libro in ben tredici provvedimenti pubblici e privati possibili per restituire un grado di civiltà al nostro paese (politici e amministratori di ogni ordine e grado sono invitati ad una più che proficua lettura!).
La Chiesa e la terra uscì per la prima volta a Londra nel 1925, poco tempo prima della crisi del 1929, che in gran parte predisse, così come predisse le cicliche crisi successive fino all’attuale; se ciò è avvenuto non è stato per particolare doti medianiche dell’autore, bensì perché è stato capace come pochi di scorgere con lucidità i principi di un sistema economico antropologicamente malsano, cui opporre non solo il proprio sobrio e coerente stile di vita, degno di un santo più ancora che di un frate (arrivò anche a pulire i pavimenti di stranieri impediti che non avevano nessuno che vi provvedesse), ma anche la ricerca di coraggiose ed innovative soluzioni, sempre centrate però sul primato della terra, in quanto reale fonte non solo dei beni primari come il cibo, il vestito, l’alloggio e il combustibile, ma anche della danza: «Solo coloro che con l’amore per le cose invece che per i simboli delle cose, vivono del lavoro della terra, sanno cosa sia la danza nel suo intimo e nella sua essenza [..] Ma ora che il ballo è sparito dalla campagna dobbiamo narcotizzare il nostro dolore pagando dei professionisti che mostrano i nostri defunti sentimenti in un dedalo di arti artificiali. Riposino in pace!».

 

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