28/04/13

Il Santo Graal: mito e realtà

Nuccio D’Anna, Il Santo Graal. Mito e realtà, Archè, Milano 2007. € 20

Presentazione
 
Da oltre un secolo gli studi sulla saga del Graal costituiscono la fatica di attenti eruditi appartenenti ad una esigua cerchia accademica, ma nel corso degli ultimi anni si è assistito ad una vera e propria inondazione di libri che in vario modo hanno preteso di accostarsi a questa complessa leggenda. Senza minimamente avere una preparazione filologica adeguata molti improvvisati ricercatori hanno tentato di interpretare la famosa coppa vedendo in essa di tutto, dall’Arca Santa alla metafora di una dinastia reale, da un veicolo di pura potenza materiale al calice che il Cristo ha avuto in mano concretamente durante l’ultima Cena. Una serie innumerevole di indagatori si è data la pena di spiegare perché è importante ritrovare questa coppa e quali benefici materiali ne possono derivare a coloro che riescono nel compito. Qualcuno è arrivato persino a negare che nella saga del Graal la cosa più importante sia… il Graal e ha tentato d’indicare vaghi percorsi di ricerca che lascerebbero pietrificati profondi eruditi di scuola antica come Gaston Paris, Eduard Wechssler, Arthur Edward Waite o Edmond Faral. Si è visto di tutto e il contrario di tutto, sino a far perdere al Graal le caratteristiche che la leggenda gli ha attribuito e si è delineata una astratta “cerca” senza alcuna mèta, priva di qualsiasi significato spirituale. A poco a poco lo stesso simbolismo che sostanzia in modo inequivocabile le diverse versioni della leggenda si è liquefatto in ipotesi personali scaturite solo dalle elucubrazioni mentali di alcuni improvvisati scrittori.
Il compito che ci siamo proposti non è quello di partecipare a questa specie di fiera para-culturale, ma di riportare la saga del Graal innanzitutto alle sue basi storiche e compositive, poi studiare l’autentico simbolismo che emerge nei diversi cicli narrativi e infine farne vedere i risvolti dottrinali e spirituali. Il tema viene affrontato secondo l’ottica di uno storico delle religioni che non  intende affatto trascurare il sottofondo ecclesiale e persino liturgico sul quale si sono mosse le varie leggende e che in sé sembra avere costituito l’humus del quale si sono nutriti molti racconti. La nostra ricerca ha fatto emergere un sostrato ricco di tutta una serie di arcaiche leggende, di rituali antichi, di simboli universali, di oggetti di devozione, di luoghi di culto e di pellegrinaggio presso i quali la Coppa e il Sangue del Cristo hanno costituito un punto di riferimento diretto, sono stati la vera cornice storica, sociologica e dottrinale del  Graal e spesso il loro floruit ha coinciso con la diffusione di questa saga in regioni nelle quali quelle forme liturgiche hanno avuto il loro punto di forza.
Per poter comprendere le radici spirituali e il complesso simbolismo del Graal non si possono trascurare i legami con l’eredità antico-celtica e quelli, più particolari, con il monachesimo cristiano presente nelle regioni in cui verosimilmente è stata formulata la prima versione del Graal. Pensiamo che molti personaggi della leggenda, lo stesso Merlino o quegli enigmatici eremiti la cui immagine appare poco collegata col mondo ecclesiale, ma che, tuttavia, nei racconti spesso danno la chiave interpretativa del simbolismo e di molti aspetti del rituale, possano trovare una loro spiegazione in quel misterioso retroterra ad un tempo culturale e spirituale che ha fecondato quella particolare forma tradizionale che è conosciuta come Cristianesimo celtico, i cui monaci e i cui eremiti hanno costituito il tramite per la preservazione degli elementi “essenziali” della spiritualità druidica e la loro “trasfigurazione” nella tradizione cristiana.
Per dare significato al simbolismo che sostanzia il ciclo del Graal ci si è perciò preoccupati di seguire le diverse formulazioni della leggenda quali emergono prima in Chrétien de Troyes, le cui opere in vario modo appaiono fortemente radicate nelle forme spirituali derivate dal mondo antico-celtico; poi nelle lunghe quattro Continuations che sviluppano una materia e un complesso simbolismo quasi completamente assente nello scrittore francese; poi ancora nella “trilogia” di Robert de Boron e nel ciclo del Lancelot-Graal dove le dottrine contemplative cristiane e i simboli formulati dai monaci cluniacensi di Glastonbury e dai “monaci bianchi” di Citeaux diventano fondamentali; infine nei testi compilati in area tedesca (Wolfram von Eschenbach e Albrecht von Scharfenberg), i quali mostrano chiaramente un’enigmatica presenza di dottrine islamiche quasi sicuramente mediate dall’Ordine del Tempio, che completano, vivificano e arricchiscono il sostrato antico-celtico e quello cristiano del Graal.
Nuccio D'Anna

Nessun commento:

Posta un commento