04/04/13

Gustav Meyrink: Il Domenicano bianco

 Torna disponibile, grazie alle Edizioni Bietti e a cura di Gianfranco de Turris, storico critico di Lovecraft e Tolkien – autori che ha fatto conoscere per primo in Italia –  un classico della letteratura fantastica e esoterica ovvero Il Domenicano bianco del grande Gustav Meyrink (1868-1932) , esperto di occultismo e filosofie orientali oltre che notevole scrittore. Meyrink, noto per il celeberrimo Der Golem, romanzo capolavoro da cui sono stati tratti 3 film, è stato lodato da nomi come Kafka e J.L..Borges e, qui in Italia, da esperti di esoterismo come Julius Evola (esponente della destra radicale) e Elemire Zolla (anch’egli celebre studioso di esoterismo). Evola, negli anni ’30, si interessò molto di Meyrink e tradusse – per i Romanzi dell’occulto dei Fratelli Bocca  – alcuni libri dello scrittore austriaco fra cui appunto Il Domenicano bianco, indubbiamente il romanzo di Meyrink in cui la parte simbolica e spirituale è più profonda. Si tratta di un capolavoro del fantastico in cui la componente di “immaginazione” si intreccia mirabilmente con quella occulta. Il romanzo si basa sulla filosofia del Tao, dottrina di cui Meyrink era a conoscenza essendo un esperto studioso e praticante di discipline orientali oltre ad essere affiliato alle numerose sette e confraternite che pullulavano in Austria e Germania all’inizio del XX secolo. Meyrink era una personalità straordinaria e aveva “la visione delle cose”: i suoi studi lo portarono a far incontrare, come si può constatare leggendo i suoi libri, le tradizioni spirituali orientali e occidentali. Il Domenicano bianco è ambientato in un’enigmatica cittadina dai contorni grigi che può far ricordare la mitica Perla del romanzo di Alfred Kubin L’altra parte. Il protagonista principale è Cristoforo Colombaia, personaggio mistico, erede di una stirpe che ha seguito nei secoli gli  insegnamenti del taoismo per raggiungere l’immortalità attraverso “la dissoluzione del cadavere” e “la dissoluzione della spada”. Cristoforo Colombaia, “svegliato” dalla singolare figura del Domenicano bianco – modellata forse sulla setta dei “Monaci bianchi” del Tibet – si propone così di portare a compimento il percorso della sua progenie. Riuscirà infine a raggiungere l’obiettivo attraverso numerose difficoltà: dovrà lottare con la Testa della Medusa” – simbolo della pseudospiritualità moderna – e unirsi, in una sorta di “metafisica del sesso”, con l’elemento femminile rappresentato da Ophelia. Il Domenicano bianco, attraverso i suoi arcani simbolismi e la sua atmosfera sospesa fra sogno e realtà, sfiora spesso la poesia ed è uno dei romanzi più riusciti di Meyrink.
Il volume si avvale inoltre di un apparato critico di assoluto rispetto – “Gustav Meyrink e l’esoterismo. Testimonianze (1934-1976)” – che comprende diversi contributi di studiosi e esperti di  Meyrink come Massimo Scaligero, Julius Evola, Serge Hutin, Jean-Pierre Bayard e Gèrard Heym. E’stata inoltre mantenuta la prefazione originale di Julius Evola e inserito un contributo critico dello stesso Gianfranco de Turris.

2 commenti:

  1. Meyrink autore suggestivo, gotico, incurante dello stile, ma interessato a trasmettere misteriosofie di varia provenienza. È più praticante che scrittore, tuttavia attraverso i suoi libri ha ri-aperto in Occidente l'esoterico. Non privo di ambiguità, fautore di gnosi spurie, è comunque un uomo che ha cercato voluto sperimentato l'occulto, di là del velo di Iside. Si lasciò morire alla maniera catara per andare incontro al figlio morto prematuramente e per conoscere direttamento cosa c'era oltre la coltre di nebbia dell'esistenza umana.

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  2. 1) Meyrink non ha "riaperto" in "Occidente l'esoterico". In Occidente già da tempo si pubblicavano e si leggevano testi legati a tradizioni vuoi veramente iniziatiche ( molto pochi ), vuoi occultistiche da strapazzo ( tanti ). Meyrink ha messo il naso un po' dappertutto, con uno stile però serio e rigoroso.

    2) Non si lasciò morire per andare incontro al figlio : non fu un suicidio. Meyrink soffriva da tempo e sapeva che la sua fine era prossima. Decise di morire con lucidità, prima che i dolori e la morfina gliela facessero perdere. Fu un atto più che coraggioso : fu un atto iniziatico. Lo si evince anche dalle testimonianze della stessa moglie.

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