Sia detto per celia, ma per come vanno le
cose in politica, e con la prospettiva poco allettante delle prossime elezioni,
opterei per il colpo di Stato. Sto scherzando, ovviamente, faccio tanto per
dire. State tranquilli, non voglio i colonnelli. Però, tanto per dire, non mi
dispiacerebbe una soluzione golpista come quella che tentò un tale Guglielmo
Longo ai tempi del regime fascista. Almeno per come la racconta Massimo
Scaligero nel suo saggio autobiografico “Dallo yoga alla Rosacroce” (appena
ripubblicato dalle Edizioni Mediterranee, a quarant’anni dalla prima edizione).
Scaligero lasciò
le sue spoglie mortali nel 1980, ultrasettantenne; figura volutamente lontana
dalla “cultura” ufficiale e dalle passerelle dei nomi noti, fu pensatore,
esoterista, saggista (dagli oltre venti titoli) e giornalista. Seguace e
continuatore dell’antroposofo Rudolf Steiner, elaborò un sistema di meditazione
adatto all’uomo occidentale contemporaneo. Non è però di meditazione che voglio
parlare, non renderei buon servizio a Scaligero spiegando in poche righe il suo
pensiero; chi è interessato può andare a leggersi le suo opere. Invece
l’aneddoto storico, l’avventura del signor Guglielmo Longo raccontata da
Scaligero, merita attenzione in questa sede. Quantomeno come spunto.
Longo aveva combattuto la prima guerra
mondiale fra gli Arditi. Un “simpatico scavezzacollo”, un poeta e un compagnone
dalla “sonora risata”. Ebbene, un giorno Longo annunciò a Scaligero (dal quale
aveva assorbito un po’ rozzamente alcuni insegnamenti spirituali) che aveva
architettato un colpo di Stato: scioglimento del Partito Fascista,
prepensionamento di Mussolini, instaurazione di un regime basato sulla
“triarticolazione dell’organismo sociale”, ovvero sulle proposte di Steiner.
Quest’ultimo è poco considerato da sociologi, filosofi ed economisti dentro e
fuori le accademie, per il comprensibile scoglio di una visione del mondo
fortemente spirituale. È però confortante che un nome del calibro di Geminello
Alvi, non semplice economista ma pensatore eclettico e spregiudicato, citi e
lodi spesso la “triarticolazione” steineriana nelle sue opere. Ricordarci
inoltre che in fondo si tratta della distinzione fra le tre sfere dell’agire
umano tipiche della tradizione indoeuropea (ben studiate da Georges Dumézil),
ripensate per la civiltà moderna.
In sintesi, gli indoeuropei (indù, persiani,
antichi greci, romani e vichinghi) e Steiner suggeriscono di restituire piena
autonomia alla produzione e distribuzione di beni, alla politica intesa come
scienza del Diritto e alla dimensione intellettuale e culturale. Ognuno di
questi ambiti dovrebbe essere padrone in casa sua. Insomma, occorre immaginare
una civiltà in cui l’economia non è controllata dallo Stato, ma nemmeno le
sorti della politica dipendono dagli andamenti dei mercati. E scuole, ospedali,
chiese, case editrici, università, laboratori scientifici e artistici, pensatoi
vari sono liberi da condizionamenti statali o di portafoglio.
Certo, le tre sfere non devono diventare
monadi isolate e indifferenti alle sorti delle altre; solo la circolazione di
stimoli fra di loro permette la vita e la salute della società. Solo il libero
scambio, appunto libero. Come libero dovrebbe essere per ogni cittadino il
passaggio da una sfera all’altra, che non sono caste chiuse e rigide.
Ci pare pleonastico aggiungere che non è
prevista la schiavitù (non si può dire lo stesso del capitalismo globalizzato o
del neo-comunismo cinese), semmai delle corporazioni, nel senso nobile e
solidale della parola.
Sembra roba seria, la teoria sociale di
Steiner, di buon senso, per nulla ideologica, anzi libertaria e al contempo
organica. Né di destra né di sinistra. Nemmeno c’è bisogno di essere
antroposofi per prenderla in considerazione. Ambienti dell’Impero
Austro-Ungarico, ad esempio, ci fecero più di un pensierino, ma la catastrofe
del 1918 buttò tutto all’aria.
E il tentativo di Longo? Scaligero non si
interessava di politica, si considerava “il contrario di quel che è un uomo
politico”. Non diede troppo spago all’ex ardito, più che altro si assicurò che
l’esclusione della violenza fosse un punto fermo dell’impresa. Poiché Longo
sosteneva di aver coinvolto “personaggi chiave della cultura e delle forza
armate”, Scaligero gli chiese comunque di tenerlo aggiornato.
Alla fine il golpe steineriano rimase
“inceppato nella più volgare delle difficoltà: quella dei mezzi finanziari”.
Abbandonato da tutti, Longo scelse di percorrere una via solitaria al
regime-change. Gli andò male e finì in galera. Noi non vogliamo seguire il suo
destino, non abbiamo in mente colpi di Stato stiamo scherzando, tanto per dire.
Però chiudiamo con altro aneddoto storico,
non raccontato da Scaligero ma altrove dallo scrittore Fabio Tombari. Anch’esso
antroposofo, però amico personale di Mussolini, gli consigliò la lettura de “I
punti fondamentali della questione sociale”, l’opera in cui Steiner spiega la
“triarticolazione” Erano i giorni drammatici di Salò, il Duce pare gli rispose:
“L’Italia brucia, abbiamo le ore contate e con tutto quello che c’è da fare mi
dai da leggere un libro!”. Invece il libro lo lesse, se dobbiamo fidarci di
Tombari; qualche giorno dopo l’uomo di Predappio ammise che in quelle pagine
aveva trovato “la risposta che tanto ho cercato per tutta la vita”. Per lui e
per il fascismo era troppo tardi. Noi, invece, quanto tempo abbiamo?