10/11/08

Mestre, una mostra indaga il volto dell'anti-Lucifero

Lorenzo Lotto era vicino alla morte quando dipinse quella versione della lotta tra san Michele e il diavolo. Abbandonata ogni cosa, si era fatto oblato, lavorava per la Santa Casa e forse capiva meglio come stavano realmente le cose. Il suo arcangelo­ un giovanissimo adolescente che si libra graziosamente tra le nuvole e in un gesto più danzante che guerriero costringe Lucifero alla caduta. Ma questi­ è un ragazzino alato, bello ancor di più, in tutto simile al suo vincitore. Il Lotto più denso e leggero­ è quello della vecchiaia. E questo forse il pezzo più bello della mostra in corso a Mestre, benché del combattimento fatale tra i due angeli in questa sede siano esposti esiti molto intensi, come quello di Giulio Cesare Procaccini, o molto nobili, come quello di Orazio Gentileschi.
Sorprendente, questa esposizione dal titolo "La potenza del bene. San Michele arcangelo nella grande arte italiana", che si tiene al Centro Culturale Candiani fino al 6 gennaio. Si aggiunge con competenza e completezza alle mostre che negli ultimi anni vanno esplorando il soggetto cristiano dell’arte alla ricerca di una giusta lettura.
Su san Michele c’erano vari aspetti da chiarire, anche con una vis didattica che non guasta, come dimostrano i saggi del catalogo Marsilio, curato da Filippo Pedrocco, che­ è anche il curatore della mostra. San Michele è ­nell’immaginario cristiano, e non solo, il campione della lotta contro il male, ma la cosa­ più complessa, e la presenza di sconfitti, bizzarri diavolacci ai suoi piedi non ne facilita la comprensione oggi come oggi. Sì, perchè la battaglia angelica contro gli spiriti ribelli è tutta biblica e va letta come si legge la Scrittura: Isaia, Matteo, Paolo ai Tessalonicesi, eccetera; non­ è questa la sede per una disanima di questo tenore.
Si sente il grido zelante:Mi-ka-El, chi come Dio? Ed ecco Michele. Poi viene una patristica abbondante e chiara. E su questa, la devozione popolare. Si può immaginare in un mondo che vedeva il diavolo dietro a ogni male, quale bisogno si sentisse di un forte arcangelo liberatore.
Paradossalmente, in questo mondo­ liberato e che poco crede nel demonio, l’immagine per antonomasia di Michele­ quella del principe che trafigge un Satana sconfitto, secondo l’arcinoto dipinto di Guido Reni che era poi il modello impostosi dopo Trento. Ma, si diceva, la storia che questa mostra illustra è più complessa.
Per esempio, le icone bizantine presentano un Michele principesco, tutta serenità e autorevolezza, pochi o niente diavoli. La liturgia lo ha preferito un po’ sempre come guida delle anime, specialmente in punto di morte. Un traghettatore­ psicopompo alla maniera di certe figure religiose greco-romane, rispetto alle quali per altro non è dimostrato il legame di dipendenza. Perfino Gesù nella parabola del ricco epulone e di Lazzaro parla di quest’anima portata dagli angeli nel seno di Abramo. E Michele­ di questi il più importante. Padri come Basilio o Gregorio Magno approfondiscono il concetto. Non ­lontana da questa visione la tradizione che vuole san Michele custode dei cimiteri, come a garantire l’eterno riposo dei cari defunti. Gli esempi sono abbondanti in tutta l’Europa ma, per rimanere nell’ambito della mostra, all’arcangelo­ è dedicato il cimitero della cittdi Venezia, nell’isola appunto di San Michele di Murano. Guardando i dipinti qui esposti, veneti per la maggior parte ma con notevoli inserimenti toscani e romani, non può sfuggire poi che in quasi tutti Michele, anche nell’agitazione della lotta, tiene in mano una bilancia. Ancora una volta un legame al trapasso, al giudizio in questo caso: pesa le anime al momento della verità, la psicostasia. In tante raffigurazioni medievali, bestie infernali cercano di strappare le anime dai piattini, ma la figura dell’arcangelo­ è tanto più nobile e forte. Dal rinascimento si perde questo lato aneddotico e rimane la bilancia come attributo del principe celeste. In mostra ci sono esemplari meravigliosi, come quello del Cavazzola, proveniente del Museo di Castelvecchio di Verona.
Sotto la guida di artisti eccellenti – bisognerebbe fare i nomi di Tintoretto o Guercino, ad esempio – si penetra in una spiritualità dove è ­percepita la lotta tra bene e male, tra grazia e peccato. E percepita non solo come qualcosa che avviene in generale ma che accade nella propria anima con immediate implicazioni sulla felicità terrena e la salvezza eterna. Una mostra salutare, decisamente.

(Autore: Michele Dolz; Avvenire, 10/11/2008)

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