Proprio il 17 settembre di quarant’anni fa si spegneva nella sua Basilea, all’età di 65 anni, la donna che svelò ai teologi il mistero del Sabato Santo.
La complessa e affascinante figura di Adrienne von Speyr - medico, sposata, che dopo un lungo cammino a 38 anni da protestante si farà cattolica - si colloca ancora oggi nella luce delle visioni mistiche che permettono di illuminare il senso più profondo della discesa di Gesù agli inferi. E ovviamente nel rapporto centrale con il suo direttore spirituale, il grande teologo svizzero Hans Urs von Balthasar: l’uomo che grazie alla sua grande formazione intellettuale, soprattutto patristica, permetterà di dare corpo e di sistematizzare, di fornire in un certo senso un alfabeto al senso mistico della Speyr.
«Per me Adrienne - scriverà il teologo di Lucerna - non ha avuto paura di illuminare gli angoli più bui della Rivelazione». Il sodalizio tra i due spingerà lo stesso Balthasar ad affermare, all’indomani della morte della donna: «La maggior parte di quanto ho scritto è una traduzione di ciò che è presente in modo immediato, meno “tecnico”, nell’opera potente di Adrienne von Speyr».
E oggi, a 40 anni di distanza da quella scomparsa, rimangono ancora vivi tra molti discepoli (per il prossimo anno la rivista Humanitas ha in cantiere un numero monografico con scritti inediti della mistica svizzera) gli insegnamenti di Adrienne, soprattutto per l’impronta profetica che la sua missione ha lasciato in eredità alla Chiesa e al laicato cattolico. Architrave portante della sua spiritualità fu, non a caso, quella di essere - da autentica seguace della spiritualità ignaziana - una contemplativa in actione, cioè di vivere contemporaneamente la piena appartenenza a Dio e al mondo.
«A testimonianza di tutto questo mi viene in mente che poco dopo la sua entrata nella Chiesa cattolica - rivela oggi uno degli allievi del teologo svizzero e presidente dell’Associazione Lubac-Balthasar-Speyr, il gesuita belga Jacques Servais -, tornando in macchina dal suo ufficio medico, Adrienne fu improvvisamente fermata da una luce irruente, tanto che un passante scorgendo qualcosa d’insolito fuggì spaventato. Quindi udì una voce pronunciare in francese le parole Tu vivras au ciel et sur la terre (”Vivrai in cielo e sulla terra”). Parole strane ma che sono forse la chiave della missione ricevuta assieme a padre Balthasar: fondare un’istituzione di vita consacrata, la Comunità di San Giovanni».
Il 1945 segna appunto la nascita di questa piccola ma importante comunità, la Johannes Gemeinschaft, per cui la Speyr detta le regole. Ma per capire, in controluce, il segreto di Adrienne von Speyr è forse necessario leggere i suoi scritti in atteggiamento di preghiera. «Credo che il suo segreto, a 40 anni dalla sua scomparsa, sia proprio questo - sottolinea un altro discepolo, il teologo gesuita americano Joseph Fessio -: scoprire la trasparenza mariana della sua azione. Solo un uomo in preghiera può capirne la profondità. In fondo tutta la sua vita è stata un fiat alla volontà di Dio. Maria è il suo modello. E mi per metto di dire che indirettamente la sua mistica ha rinnovato, in chiave moderna e laicale, la spiritualità di cui vive oggi la stessa Compagnia di Gesù».
Ma dalla grandezza di Adrienne affiora oggi prepotentemente anche l’esperienza mistica del corpo, la teologia della croce, il suo totale abbandono, pur sofferente, alla volontà di Dio. «Pensando agli scritti di Madre Teresa di cui si è venuti a conoscenza proprio in questi giorni e che tanto hanno fatto discutere - spiega Elio Guerriero, direttore dell’edizione italiana di Communio nonché biografo e curatore delle opere di von Balthasar - vedo un ponte ideale che lega le due donne. Entrambe sentono il peso del silenzio di Dio. Adrienne, nei suoi scritti, come in ciò che è testimoniato nell’opera di Balthasar Teodrammatica, chiede a tutti i cristiani di stare sulla soglia, di pensare che “i misteri bisogna lasciarli a Dio”. Il silenzio di Dio diventa per lei presenza, pienezza, consolazione. Un silenzio che vive dentro di sé pensando all’angoscia del Getsemani, provata da Gesù. C’è una frase che fa sintesi del suo pensiero: “Se Dio si è donato: io sono invitato a donarmi”».
Una tensione, quella della Speyr, sempre inserita nelle cose ultime e in un fiduciosa speranza nel mondo dell’aldilà. «Non c’è un ottimismo di maniera nei suoi scritti - sottolinea ancora padre Servais -, l’attesa di una salvezza a buon mercato, ma rimane forte l’idea di “sperare per tutti”. Nel Sabato Santo Dio ci dice che la salvezza, operata dal Signore con la morte e risurrezione, è universale. “Egli è l’unico Redentore e invita tutti al banchetto della vita immortale”».
Il motto di Adrienne von Speyr, che rappresenterà anche il suo stile di vita, è Faire sans dire («Fatti, non parole»). Non una tendenza al nascondimento, quanto a una discreta caritas e all’intima solidarietà con gli uomini, anzitutto i poveri. E ispirazione di questo comportamento fu anche la lettura di Bernanos e di Péguy: «Adrienne era una donna dotata di una naturale allegria, molto concreta, con un grande sense of
humour e un temperamento equilibrato. - ricorda un terzo discepolo, il sulpiziano cardinale e arcivescovo di Quebec Marc Ouellet -. La von Speyr ha vissuto in povertà, per esempio d’inverno non metteva i vestiti più caldi e amava fare la carità nell’anonimato. Ha vissuto inoltre una grande disponibilità per il servizio nella sua professione medica, a volte correndo rischi e pericoli. A differenza dei mistici del XVI secolo e di tutto il periodo seguente al Concilio di Trento, quello della cosiddetta devotio moderna, non c’è nella sua esperienza mistica una dimensione soggettiva ma una fedeltà al messaggio ricevuto e alla Sacra Scrittura. Ed è forse questo il suo tratto più caratteristico».
Adrienne muore il 17 settembre 1967, memoria liturgica di santa Ildegarda di Bingen, medico e mistica, che ella venerava in modo particolare. «Quando è morta i membri del suo Istituto secolare, la Comunità di San Giovanni - testimonia Ouellet -, sono caduti dalle nuvole apprendendo da un saggio di Balthasar a lei dedicato la mole e la natura straordinaria dei doni mistici della fondatrice. Ricordo una conversazione avuta con padre Balthasar, nella quale avevo creduto bene di chiedergli del suo rapporto personale con Adrienne nel contesto dei sospetti e delle insinuazioni mosse all’epoca e riguardo a certe critiche. Il grande teologo mi disse che poteva rispondere solo con la sua testimonianza, ma in qualità di confessore di Adrienne poteva certificare che lei possedeva la stessa innocenza e il candore di santa Teresina di Lisieux».
(di Filippo Rizzi Avvenire - 13/09/07)
La complessa e affascinante figura di Adrienne von Speyr - medico, sposata, che dopo un lungo cammino a 38 anni da protestante si farà cattolica - si colloca ancora oggi nella luce delle visioni mistiche che permettono di illuminare il senso più profondo della discesa di Gesù agli inferi. E ovviamente nel rapporto centrale con il suo direttore spirituale, il grande teologo svizzero Hans Urs von Balthasar: l’uomo che grazie alla sua grande formazione intellettuale, soprattutto patristica, permetterà di dare corpo e di sistematizzare, di fornire in un certo senso un alfabeto al senso mistico della Speyr.
«Per me Adrienne - scriverà il teologo di Lucerna - non ha avuto paura di illuminare gli angoli più bui della Rivelazione». Il sodalizio tra i due spingerà lo stesso Balthasar ad affermare, all’indomani della morte della donna: «La maggior parte di quanto ho scritto è una traduzione di ciò che è presente in modo immediato, meno “tecnico”, nell’opera potente di Adrienne von Speyr».
E oggi, a 40 anni di distanza da quella scomparsa, rimangono ancora vivi tra molti discepoli (per il prossimo anno la rivista Humanitas ha in cantiere un numero monografico con scritti inediti della mistica svizzera) gli insegnamenti di Adrienne, soprattutto per l’impronta profetica che la sua missione ha lasciato in eredità alla Chiesa e al laicato cattolico. Architrave portante della sua spiritualità fu, non a caso, quella di essere - da autentica seguace della spiritualità ignaziana - una contemplativa in actione, cioè di vivere contemporaneamente la piena appartenenza a Dio e al mondo.
«A testimonianza di tutto questo mi viene in mente che poco dopo la sua entrata nella Chiesa cattolica - rivela oggi uno degli allievi del teologo svizzero e presidente dell’Associazione Lubac-Balthasar-Speyr, il gesuita belga Jacques Servais -, tornando in macchina dal suo ufficio medico, Adrienne fu improvvisamente fermata da una luce irruente, tanto che un passante scorgendo qualcosa d’insolito fuggì spaventato. Quindi udì una voce pronunciare in francese le parole Tu vivras au ciel et sur la terre (”Vivrai in cielo e sulla terra”). Parole strane ma che sono forse la chiave della missione ricevuta assieme a padre Balthasar: fondare un’istituzione di vita consacrata, la Comunità di San Giovanni».
Il 1945 segna appunto la nascita di questa piccola ma importante comunità, la Johannes Gemeinschaft, per cui la Speyr detta le regole. Ma per capire, in controluce, il segreto di Adrienne von Speyr è forse necessario leggere i suoi scritti in atteggiamento di preghiera. «Credo che il suo segreto, a 40 anni dalla sua scomparsa, sia proprio questo - sottolinea un altro discepolo, il teologo gesuita americano Joseph Fessio -: scoprire la trasparenza mariana della sua azione. Solo un uomo in preghiera può capirne la profondità. In fondo tutta la sua vita è stata un fiat alla volontà di Dio. Maria è il suo modello. E mi per metto di dire che indirettamente la sua mistica ha rinnovato, in chiave moderna e laicale, la spiritualità di cui vive oggi la stessa Compagnia di Gesù».
Ma dalla grandezza di Adrienne affiora oggi prepotentemente anche l’esperienza mistica del corpo, la teologia della croce, il suo totale abbandono, pur sofferente, alla volontà di Dio. «Pensando agli scritti di Madre Teresa di cui si è venuti a conoscenza proprio in questi giorni e che tanto hanno fatto discutere - spiega Elio Guerriero, direttore dell’edizione italiana di Communio nonché biografo e curatore delle opere di von Balthasar - vedo un ponte ideale che lega le due donne. Entrambe sentono il peso del silenzio di Dio. Adrienne, nei suoi scritti, come in ciò che è testimoniato nell’opera di Balthasar Teodrammatica, chiede a tutti i cristiani di stare sulla soglia, di pensare che “i misteri bisogna lasciarli a Dio”. Il silenzio di Dio diventa per lei presenza, pienezza, consolazione. Un silenzio che vive dentro di sé pensando all’angoscia del Getsemani, provata da Gesù. C’è una frase che fa sintesi del suo pensiero: “Se Dio si è donato: io sono invitato a donarmi”».
Una tensione, quella della Speyr, sempre inserita nelle cose ultime e in un fiduciosa speranza nel mondo dell’aldilà. «Non c’è un ottimismo di maniera nei suoi scritti - sottolinea ancora padre Servais -, l’attesa di una salvezza a buon mercato, ma rimane forte l’idea di “sperare per tutti”. Nel Sabato Santo Dio ci dice che la salvezza, operata dal Signore con la morte e risurrezione, è universale. “Egli è l’unico Redentore e invita tutti al banchetto della vita immortale”».
Il motto di Adrienne von Speyr, che rappresenterà anche il suo stile di vita, è Faire sans dire («Fatti, non parole»). Non una tendenza al nascondimento, quanto a una discreta caritas e all’intima solidarietà con gli uomini, anzitutto i poveri. E ispirazione di questo comportamento fu anche la lettura di Bernanos e di Péguy: «Adrienne era una donna dotata di una naturale allegria, molto concreta, con un grande sense of
humour e un temperamento equilibrato. - ricorda un terzo discepolo, il sulpiziano cardinale e arcivescovo di Quebec Marc Ouellet -. La von Speyr ha vissuto in povertà, per esempio d’inverno non metteva i vestiti più caldi e amava fare la carità nell’anonimato. Ha vissuto inoltre una grande disponibilità per il servizio nella sua professione medica, a volte correndo rischi e pericoli. A differenza dei mistici del XVI secolo e di tutto il periodo seguente al Concilio di Trento, quello della cosiddetta devotio moderna, non c’è nella sua esperienza mistica una dimensione soggettiva ma una fedeltà al messaggio ricevuto e alla Sacra Scrittura. Ed è forse questo il suo tratto più caratteristico».
Adrienne muore il 17 settembre 1967, memoria liturgica di santa Ildegarda di Bingen, medico e mistica, che ella venerava in modo particolare. «Quando è morta i membri del suo Istituto secolare, la Comunità di San Giovanni - testimonia Ouellet -, sono caduti dalle nuvole apprendendo da un saggio di Balthasar a lei dedicato la mole e la natura straordinaria dei doni mistici della fondatrice. Ricordo una conversazione avuta con padre Balthasar, nella quale avevo creduto bene di chiedergli del suo rapporto personale con Adrienne nel contesto dei sospetti e delle insinuazioni mosse all’epoca e riguardo a certe critiche. Il grande teologo mi disse che poteva rispondere solo con la sua testimonianza, ma in qualità di confessore di Adrienne poteva certificare che lei possedeva la stessa innocenza e il candore di santa Teresina di Lisieux».
(di Filippo Rizzi Avvenire - 13/09/07)
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