Ritorna, finalmente nell'edizione italiana curata egregiamente da Ettore Lo Gatto, con una nuova introduzione di Armando Torno, un libro fondamentale per capire l'anima e la stessa letteratura del grande Fedor Dostoevskij, il Diario di uno scrittore, opera monumentale di oltre 1400 fittissime pagine che rappresentano non tanto il «diario intimo» del grande narratore russo, ma la sua prospettiva pubblica, quello che Torno definisce come un «laboratorio, ma anche un luogo per i grandi contraddittori da presentare, una stanza dove si rifugia con le più inquietanti domande e che apre ai suoi personaggi», alla complessità del loro pensiero.
Questo libro rivela un'altra anima di Dostoevskij, parallela a quella del grande scrittore che conosciamo, quella del giornalista, visto che queste pagine nascono su rivista, una pubblicazione mensile, redatta interamente dallo scrittore stesso che se ne occupa, seppur con interruzioni, per quasi una decina d'anni, dal 1873 al 1881. Proprio per questo motivo appare come un'opera non certamente omogenea dal punto di vista strutturale, in quanto affronta problematiche d'attualità, soprattutto politiche, che erano urgenti nella Russia di quel contesto storico, questioni che al lettore di oggi possono apparire superate, ma rivelano invece, nella complessità del pensiero che ci mostrano, riflessioni attualissime su tematiche sociali, quali sono quelle relative all'emancipazione femminile o ai problemi giudiziari, religiose con le straordinarie pagine dedicate al tema dell'esistenza di Dio, all'arte e alla letteratura. Un libro se vogliamo composito e anomalo, la cui struttura non comprende solo scritti a carattere giornalistico vero e proprio, ma anche racconti (alcuni dei quali, secondo Lo Gatto sono tra i più belli dello scrittore russo), visti in un'ottica che da narrativa diventa esperimento filosofico.
È un libro del quale si comprende appieno la profondità e l'attualità a prescindere dal contesto in cui le rifle ssioni sono nate, contesto che oggi spiega la ragione dell'intervento di Dostoevskij, ma che può disorientare il nuovo lettore di questo testo, le cui preziosità sono le idee che appaiono fulminee, come frammenti, tra le righe. Con una sorta di filo conduttore, una grande idea utopica di legame con la tradizione russa, una Russia che sta al centro dell'identità europea: «Solo la Russia vive non per se stessa, ma per il pensiero, ed è ben degna di rilievo la circostanza che è ormai quasi un secolo che la Russia vive esclusivamente non per sé, ma solo per l'Europa».
E a livello più generale e filosofico così il grande scrittore spiega questa sua convinzione: «Ogni grande popolo crede e deve credere, se vuole restare a lungo in vita, che in lui, e soltanto in lui è racchiusa la salvezza del mondo e che vive per essere alla testa dei popoli, attrarli tutti a sé e portarli in un coro armonico, a uno scopo definitivo, a loro tutti predestinato». Rimandiamo, per la ricostruzione del contesto storico in cui nascono queste riflessioni, all'introduzione puntualissima di Ettore Lo Gatto, limitandoci qui a esemplificare alcuni nei nodi centrali che rendono prezioso questo «tesoro» di pagine dostoevskiane, aggiungendo quanto la nostra contemporaneità abbia bisogno di riflettere, in tempi di imbarbarimento delle identità nazionali e del concetto stesso di popolo, su queste annotazioni.
Come essenziale è anche l'importanza che lo scrittore russo vede nel tema dell'istruzione, vista nell'ottica di una idea formativa, prima ancora di un semplice e tecnicistico apprendimento. La salvezza spirituale è intuita da Dostoevskij solo nella centralità che è possibile ridare all'istruzione, nei termini di una rinascita morale. Altra aspetto di grande attualità che dovrebbe far riflettere e non poco sulla realtà non solo della scuola, ma anche della comunicazione, di oggi: «C'è un solo cemento, un solo legame, un solo terreno sul quale tutto si unisce e concilia, ed è la conciliazione spir ituale generale, il cui principio è nell'istruzione. Noi siamo da parte nostra convinti che l'istruzione migliorerà moralmente il popolo e gli darà il sentimento di una propria dignità che, a sua volta, distruggerà molti abusi e disordini, ne distruggerà addirittura la possibilità».
Già queste parole sono la dimostrazione di come questo «diario» di uno scrittore possa essere letto come un «involontario» breviario laico, dal quale trarre occasioni per confrontarsi su temi che in tempi di decadenza come quelli che stiamo vivendo, urgono di una ristabilizzazione morale, visto che il libro rappresenta «il pensiero dostoevskiano nel suo divenire», un pensiero che come riferisce Lo Gatto, chiarisce a fondo «l'idea dostoevskiana, secondo la quale la vera libertà e la vera uguaglianza non sono possibili che in Cristo, idea che perseguita e ossessiona lo scrittore».
Questo libro rivela un'altra anima di Dostoevskij, parallela a quella del grande scrittore che conosciamo, quella del giornalista, visto che queste pagine nascono su rivista, una pubblicazione mensile, redatta interamente dallo scrittore stesso che se ne occupa, seppur con interruzioni, per quasi una decina d'anni, dal 1873 al 1881. Proprio per questo motivo appare come un'opera non certamente omogenea dal punto di vista strutturale, in quanto affronta problematiche d'attualità, soprattutto politiche, che erano urgenti nella Russia di quel contesto storico, questioni che al lettore di oggi possono apparire superate, ma rivelano invece, nella complessità del pensiero che ci mostrano, riflessioni attualissime su tematiche sociali, quali sono quelle relative all'emancipazione femminile o ai problemi giudiziari, religiose con le straordinarie pagine dedicate al tema dell'esistenza di Dio, all'arte e alla letteratura. Un libro se vogliamo composito e anomalo, la cui struttura non comprende solo scritti a carattere giornalistico vero e proprio, ma anche racconti (alcuni dei quali, secondo Lo Gatto sono tra i più belli dello scrittore russo), visti in un'ottica che da narrativa diventa esperimento filosofico.
È un libro del quale si comprende appieno la profondità e l'attualità a prescindere dal contesto in cui le rifle ssioni sono nate, contesto che oggi spiega la ragione dell'intervento di Dostoevskij, ma che può disorientare il nuovo lettore di questo testo, le cui preziosità sono le idee che appaiono fulminee, come frammenti, tra le righe. Con una sorta di filo conduttore, una grande idea utopica di legame con la tradizione russa, una Russia che sta al centro dell'identità europea: «Solo la Russia vive non per se stessa, ma per il pensiero, ed è ben degna di rilievo la circostanza che è ormai quasi un secolo che la Russia vive esclusivamente non per sé, ma solo per l'Europa».
E a livello più generale e filosofico così il grande scrittore spiega questa sua convinzione: «Ogni grande popolo crede e deve credere, se vuole restare a lungo in vita, che in lui, e soltanto in lui è racchiusa la salvezza del mondo e che vive per essere alla testa dei popoli, attrarli tutti a sé e portarli in un coro armonico, a uno scopo definitivo, a loro tutti predestinato». Rimandiamo, per la ricostruzione del contesto storico in cui nascono queste riflessioni, all'introduzione puntualissima di Ettore Lo Gatto, limitandoci qui a esemplificare alcuni nei nodi centrali che rendono prezioso questo «tesoro» di pagine dostoevskiane, aggiungendo quanto la nostra contemporaneità abbia bisogno di riflettere, in tempi di imbarbarimento delle identità nazionali e del concetto stesso di popolo, su queste annotazioni.
Come essenziale è anche l'importanza che lo scrittore russo vede nel tema dell'istruzione, vista nell'ottica di una idea formativa, prima ancora di un semplice e tecnicistico apprendimento. La salvezza spirituale è intuita da Dostoevskij solo nella centralità che è possibile ridare all'istruzione, nei termini di una rinascita morale. Altra aspetto di grande attualità che dovrebbe far riflettere e non poco sulla realtà non solo della scuola, ma anche della comunicazione, di oggi: «C'è un solo cemento, un solo legame, un solo terreno sul quale tutto si unisce e concilia, ed è la conciliazione spir ituale generale, il cui principio è nell'istruzione. Noi siamo da parte nostra convinti che l'istruzione migliorerà moralmente il popolo e gli darà il sentimento di una propria dignità che, a sua volta, distruggerà molti abusi e disordini, ne distruggerà addirittura la possibilità».
Già queste parole sono la dimostrazione di come questo «diario» di uno scrittore possa essere letto come un «involontario» breviario laico, dal quale trarre occasioni per confrontarsi su temi che in tempi di decadenza come quelli che stiamo vivendo, urgono di una ristabilizzazione morale, visto che il libro rappresenta «il pensiero dostoevskiano nel suo divenire», un pensiero che come riferisce Lo Gatto, chiarisce a fondo «l'idea dostoevskiana, secondo la quale la vera libertà e la vera uguaglianza non sono possibili che in Cristo, idea che perseguita e ossessiona lo scrittore».
(Fedor Dostoevskij, Diario di uno scrittore, Bompiani. Pagine 1402. Euro 35,00)
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