Ordine e storia è una delle opere filosofiche più complesse e originali della seconda metà del Novecento, un intreccio ambizioso e al contempo rigoroso di indagine storica e riflessione teorica. La sua prima traduzione italiana integrale, che qui presentiamo, si avvale inoltre, per ciascuno dei cinque volumi di cui l’opera è composta, di apparati di note di aggiornamento e di autorevoli contributi di approfondimento critico. In particolare questo primo volume, Israele e la rivelazione, viene arricchito da saggi di Peter J. Opitz, politologo e direttore del Voegelin-Archiv, Peter Machinist, assirologo e Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz, filosofa. Mediante la «traccia dei simboli», Voegelin intende ricostruire una «storia delle esperienze d’ordine» delle diverse forme di società umana; un progetto che lascia trasparire sullo sfondo un confronto serrato con alcune questioni oggi ancora cruciali: basta il concetto di ‘civiltà’ a rendere ragione della complessità della storia? In che misura gli ordinamenti politici sono espressione di una determinata posizione antropologica? E ancora: le analisi storico-filologiche delle opere che hanno educato l’Occidente – dalla Bibbia a Omero, dai tragici a Platone e Aristotele – sono in grado di spiegarci tali opere facendo affidamento esclusivamente sui propri metodi? In questo primo volume si parte dalle civiltà del vicino Oriente Antico, per arrivare al ‘cuore dell’ordine’: Israele. L’eredità perenne di Israele consiste nell’aver spezzato l’ordine cosmologico delle civiltà in virtù dell’esperienza della trascendenza di Dio. Nel ripercorrere la storia del Popolo Eletto facendo tesoro dei guadagni delle scienze storiche, Voegelin ci offre una straordinaria, ricchissima lettura del testo biblico che diventa espressione dell’universale ‘dramma dell’essere’. La sua filosofia delle forme simboliche, applicata alle Scritture, ne illumina il carattere costitutivo di esperienza dell’ordine per un intero popolo. Il libro di Voegelin offre un contributo determinante non solo per il pensiero filosofico ma anche per quello politico. L’ampiezza della prospettiva sulla realtà gli consente di ripensare le scienze politiche e sociali tenendo presente un orizzonte concettuale e simbolico ben più esteso rispetto alla grande maggioranza delle correnti di pensiero moderne e contemporanee, reintroducendo, all’interno del discorso scientifico, gli apporti ‘classici’ dell’ontologia e della metafisica messi al bando dai multiformi approcci moderni di stampo positivistico.
Eric Voegelin (Colonia 1901 - Palo Alto, California, 1985) si formò a Vienna alla scuola di teorici del diritto di orientamento positivista guidata da Hans Kelsen. L’urgenza di penetrare la morfologia profonda del dilagante fenomeno del totalitarismo lo spinse allo studio della genesi delle idee politiche in senso filosofico. A partire dal 1938, l’esilio americano gli dette l’opportunità di dedicarsi a un’intensa disamina storica, dalla quale lentamente maturò una diagnosi teorica affatto convenzionale. Frutto di decenni di ricerca sono le due monumentali opere History of Political Ideas (in 8 volumi di pubblicazione postuma) e, soprattutto, i cinque volumi di Order and History (1956-1987). Dal 1958 al 1969 ricoprì a Monaco la cattedra di Teoria della politica già appartenuta a Max Weber. Rientrato negli Stati Uniti, concluse la carriera accademica presso la Stanford University. La pubblicazione dell’opera omnia di Voegelin è stata di recente completata presso la Missouri University Press. Le sue opere più note in Italia sono, fino a oggi, il fortunato ciclo delle Walgreen Lectures, tenute a Chicago nel 1951 (La nuova scienza politica, Torino 1968) e la prolusione inaugurale tenuta all’Università di Monaco (Il mito del nuovo mondo, Milano 1976).
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