Volume monotematico a cura di Lodovico Grassi e Severino Saccardi
Severino Saccardi, Simone Weil: “inattualità” di un pensiero volto al futuro
È un percorso originale, “atipico” e inclassificabile, quello di Simone Weil. Il suo pensiero dà voce ad un’esperienza connotata da un’ispirazione fondamentalmente unitaria, pur “abitando la contraddizione” ed ispirandosi contemporaneamente alle istanze mistiche della fede ed alla fedeltà alla “polvere della storia”. L’“inattualità” della sua riflessione ha il segno della fecondità e spinge a volgere lo sguardo al futuro per scorgervi il profilo dell’inedito.
Lodovico Grassi, SimoneWeil: la parrhēsia di una mistica
L’esperienza religiosa e mistica resta la dominante della personalità di Simone Weil, il fondamento della sua forza e del suo legame con la sventura e la chiave privilegiata di lettura della sua opera.
Giancarlo Gaeta, Simone Weil e i “bisogni dell’anima”
La riflessione di Simone Weil si propone non di creare un qualche sistema filosofico, ma di sviluppare una partecipe condivisione della condizione umana, colta nel vivo delle contraddizioni, delle lacerazioni e dei conflitti. Ne deriva una concezione etica, politica e mistico-religiosa che pone al centro non la collettività o l’astratta ipotesi ideologica della palingenesi sociale ma l’essere umano in quanto tale, definito dalla sua unicità, dal suo ineliminabile bisogno di trascendenza e dal carattere obbligante, e insieme liberante, di relazione con l’“altro”.
Gabriella Fiori, L’amore di una donna-genio per l’umanità
Per Simone Weil conta soprattutto il «rapporto con il reale» come cammino verso la verità, che coincide con la giustizia e con la bellezza. Nutrita dal calore formativo della libertà familiare e incoraggiata nella «volontà cosciente di bene» dal maestro Alain, scelto perché «uomo etico», segue desiderosa gli impulsi di una «vocazione» indipendente e vive una breve, e multiforme, vita alle soglie della dispersione, unificandola con una coerenza folle. Una partecipazione con la totalità dell’essere, anima e corpo, alle contraddizioni più dolorose dell’epoca (in primo luogo, nella condizione della fabbrica), intessuta della sua pietà di donna e della sua lucidità di genio, costruisce il suo metodo e definisce il suo pensiero, espressione di una costante tensione verso un’“esigenza di bene assoluto” e di “rispetto universale” fra gli uomini.
Attilio Danese, Fra “personale” e “impersonale”: l’impervia esplorazione di Simone.
Una rilettura dell’opera di Simone Weil attraverso la categoria della contraddizione (illuminata dal bene) ed il complesso rapporto fra la dimensione “personale” e quella dell’ “impersonale”, che solo il riferimento alla verità della Croce permette di illuminare in modo convincente e liberante.
Luciana Floris, Smascherare i falsi dei e trarre l’anima alla luce
Superare l’impostura dell’immaginario e obbedire ad un “realismo” capace di ridefinire valori etici come bene e male, sentimenti e passioni: la sofferta lezione di Simone Weil alle prese con l’assurdità dell’esistenza.
Mariolina Graziosi, Come una mistica vive e guarda il mondo
Tutta l’opera di Simone Weil tende non a osservare il mondo, gli eventi, dal di fuori, attraverso uno sguardo critico, ma a calarsi negli eventi del mondo così da viverli nella carne e nello spirito: grazie al pensiero antico, ripropone la visione dell’unità dell’Essere; per raggiungerla indica la strada del sentimento, la via dell’assoluto, con l’attenzione orientata verso il bene.
Roberto Mancini, Statuto e vocazione dell’“arte” della politica
Riprendendo alcune indicazioni di L’enracinement di Simone Weil (un testo che disegna in maniera lucidamente critica la dialettica di forze contrapposte in cui si gioca tuttora la gestazione di uno “spazio pubblico” umanizzato), una riflessione sulla ricerca di una politica nonviolenta, capace di dare corso a una giustizia che non fa vittime: la giustizia della restituzione di diritti a quanti ne hanno dovuto subire la privazione e di doveri a quanti li hanno elusi, come unica via per uscire da un presente oscuro e per costruire un futuro di liberazione.
Tommaso Greco, Perché mi vien fatto del male? Diritto e giustizia in Simone Weil
Il pensiero di Simone Weil sul Diritto esprime una radicalità fecondamente “imbarazzante”. Critica del Diritto e della cultura dei diritti (incentrata sull’idea della rivendicazione), ella sostiene piuttosto il richiamo vincolante ai “doveri” e alla categoria dell’“obbligo” per fondare la giustizia. C’è un modello che ci convoca ad imitarlo, pur nella limitatezza e nell’imperfezione delle forze umane: è quello del Cristo, immagine del giusto perfetto. Il diritto visto come limite della forza deve, dunque, combinarsi con il gesto individuale e con l’attenzione partecipe verso il debole, verso il sofferente e verso l’altro.
Daniela Belliti, La ricerca della giustizia e la violazione del sacro
Verità e bellezza sono le coordinate per il ripensamento della civiltà umana a partire dalle quali la politica stessa dovrà trovare il suo fondamento in una morale superiore, basata non semplicemente sul diritto ma sulla considerazione del bene, fonte trascendente del sacro e fonte della dignità di ogni uomo che abita questa terra. Pensare la rivoluzione significa pensare la società e i meccanismi dell’oppressione politica e sociale, per indirizzarli verso un cambiamento radicale che, portando alle più coerenti conseguenze il pensiero weiliano, non può che orientare verso un “noi globale” in via di approssimazione.
Bruno Di Porto, Simone e l’ebraismo: la radice disconosciuta
Simone Weil, nata in una famiglia ebrea colta e benestante, ebbe, per tutta la vita, un complesso e contrastato rapporto con quelle che erano, comunque, le sue stesse radici. La sua spiritualità, atipicamente cristiana, la condusse a rivalutare piuttosto la Grecia classica e l’antico Egitto e ad esprimere freddi giudizi verso gli ebrei come civiltà, come religione e come popolo. Nel tragico periodo di persecuzioni antisemite, la sua solidarietà per gli “ultimi”, che l’aveva condotta ad identificarsi nei poveri e nella classe operaia, non ebbe manifestazioni visibili verso i suoi fratelli ebrei vittime della persecuzione. Pur nel riconoscimento della grandezza del suo percorso, i pregiudizi antigiudaici della Weil costituiscono un problema anche per molti suoi estimatori cristiani.
Domenico Canciani, Felice Balbo e Adriano Olivetti, “primi lettori” della Weil
In Italia, la conoscenza di Simone Weil, nel secondo dopoguerra, in un tempo condizionato dalle divisioni e dalle appartenenze politico-ideologiche, si è fatta strada con non poche difficoltà. È anche grazie alla lettura fattane allora da alcuni intellettuali illuminati che oggi la sua opera è apprezzata e utilizzata nel dibattito politico, culturale e religioso; tra questi, Felice Balbo, originale filosofo antifascista di orientamento cattolico ma aperto alla lezione marxista, e Adriano Olivetti, uno dei più audaci innovatori nel panorama dell’industria italiana del dopoguerra, impegnato sul fronte della cultura e fondatore del movimento di Comunità.
Giulia Paola Di Nicola, Il potere e la città. Riflessioni su “Venezia Salva”
La tragedia Venise sauvée contiene il succo delle riflessioni weiliane sul potere: il male dell’uomo è spesso legato alla sua incapacità di leggere la realtà e il singolo è oppresso dalla società e dalle sue leggi. Venezia appare come palestra di esercizio del governo (Consiglio dei Dieci) e l’oggetto dell’amore naturale (Violetta), della idolatria del noi (artigiano, apprendista), della brama di potenza (Renaud e congiurati), della pietà (Jaffier). In particolare, nella figura di Jaffier, Simone fa rivivere la tragedia di Antigone: che consiste nell’essere condannati dalla propria stessa pietà.
Cenni biografici
(€13)
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