Che ci sia stata cattiva coscienza storica su Pio XII, più va avanti il dibattito più appare evidente; proprio per questo In difesa di Pio XII, l’agile saggio curato da Giovanni Maria Vian sposta la questione: per lo storico è importante adesso spiegare non tanto e non più l’infondatezza del giudizio riservato a questo Pontefice, quanto perché sia nata la leggenda nera che vuole Papa Pacelli nientemeno che il «Papa di Hitler».
Il libro, edito da Marsilio, è stato presentato a Roma alla presenza degli autori che hanno offerto il loro contributo e del Segretario di Stato Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, per il quale è ingiusto « per una cattiva coscienza storica ridurre un Papa della statura di Pio XII, per gli atti che ha compiuto e per la visione complessiva che aveva della Chiesa, in un angolo così ristretto per i suoi presunti silenzi».
Per Giovanni Maria Vian, storico e direttore dell’Osservatore Romano, il rovesciamento d’immagine di Papa Pacelli si spiega in due modi: per la sua scelta anticomunista e per la contrapposizione che si crea con il suo successore, Giovanni XXIII, che non fu il Papa di transizione che tutti avevano creduto. «La questione del silenzio del Papa – afferma Vian – è diventata preponderante, spesso tramutandosi in polemica accanita. Così l’interminabile guerra sul suo silenzio ha finito per oscurare l’obiettiva rilevanza di un pontificato importante, anzi decisivo nel passaggio dall’ultima tragedia bellica mondiale a un’epoca nuova».
La cattiva coscienza ha perfino (fatto insolito trattandosi di un elemento così complesso) una data di nascita che corrisponde con la messa in scena di quell’indigesto dramma di Rolf Hochhuth, Der Stellvertreter («Il Vicario»), che, dopo Berlino, fu messo in scena in mezza Europa. Negli anni Sessanta, però, nasce anche un moda culturale che – dice Roberto Pertici – «tra mille virgolette può chiamarsi progressista.
La posta in gioco non era Pio XII – spiega – ma il ruolo della Chiesa nella storia contemporanea, per cui gli equivoci creati dalla cattiva coscienza servivano a mettere in una lista tutto quanto avrebbe favorito il progresso e in un’altra, invece, quello e quelli che l’avrebbero ostacolato». Il gioco è fatto, e i sussurri diventano grida. «Nessuno nota – continua Pertici – che Stalin una sola volta cita gli ebrei e lo sterminio, ma del resto la storiografia occidentale del dopoguerra aveva già preferito dedicarsi ai silenzi del Papa e agli atteggiamenti acquiescenti delle democrazie occidentali ».
Paolo Mieli (coautore con Saul Israel, Andrea Riccardi, Rino Fisichella, Gianfranco Ravasi e Tarcisio Bertone del libro che registra anche giudizi di Benedetto XVI) riprende questo tema nel suo breve saggio: «Prendere per buone le accuse a Pacelli – dice – equivale a trascinare sul banco dei presunti rei, con gli stessi capi di imputazione, Roosevelt e Churchill, accusandoli di non aver pronunciato parole più chiare nei confronti delle persecuzioni antisemite». Mieli vanta sangue ebraico nelle sue vene e si dice colpito direttamente dalla Shoah per i familiari che ha perso nella persecuzione e nello sterminio nazista, ma aggiunge con forte convincimento: «Io non ci sto a mettere i miei morti sul conto di una persona che non ne ha responsabilità ».
Lo storico, superata l’emozione, aggiunge: «La Chiesa mise a disposizione degli israeliti tutta se stessa: quasi ogni basilica, ogni chiesa, ogni seminario, ogni convento ospitò e aiuto gli ebrei. Tant’è che a Roma, a fronte dei duemila ebrei deportati, diecimila loro correligionari riuscirono a salvarsi». Come appunto Saul Israel, nato a Salonicco, biologo, medico e scrittore che ottenne la cittadinanza italiana nel 1919 e della quale fu poi privato con le leggi razziali. Israel è morto nel 1981; suo figlio Giorgio ha offerto nel libro un suo inedito: è una lettera scritta nel 1941 quando, con altri ebrei, aveva trovato rifugio nel convento di Sant’Antonio di via Merulana. E così si salvò la vita. È una pagina struggente. «Non fu qualche convento o il gesto di pietà di pochi – dice Giorgio Israel – e nessuno può pensare che tutta questa solidarietà che offrirono le chiese e i conventi avvenisse all’insaputa del Papa o addirittura senza il suo consenso. Quella su Pio XII resta la leggenda più assurda che si sia fatta circolare».
Come suo padre, tanti si salvarono proprio per la scelta di Pio XII che – spiega Tarcisio Bertone – «scelse quell’atteggiamento non per paura né per connivenza, ma per un calcolo preciso, finalizzato a salvare la vita del numero maggiore possibile di ebrei». Bertone ha invitato gli storici a studiare tutti i documenti vaticani di quando Eugenio Pacelli fu Segretario di Stato con Pio XI. Aiuterebbero – in attesa di rendere pubblici anche quelli che vanno dal 1939 al 1945 – a capire come e perché può nascere una cattiva coscienza storica. E bene farebbero ad aprire i loro archivi anche tutti gli altri che li posseggono.
(Fonte: Avvenire, 11/06/2009)
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