12/06/09

Pio XII, operazione verità

Che ci sia stata cattiva co­scienza storica su Pio XII, più va avanti il dibattito più ap­pare evidente; proprio per questo In difesa di Pio XII, l’agile saggio cura­to da Giovanni Maria Vian sposta la questione: per lo storico è impor­tante adesso spiegare non tanto e non più l’infondatezza del giudizio riservato a questo Pontefice, quanto perché sia nata la leggenda nera che vuole Papa Pacelli nientemeno che il «Papa di Hitler».
Il libro, edito da Marsilio, è stato presentato a Roma alla presenza degli autori che hanno offerto il loro contributo e del Segretario di Stato Vati­cano, il cardinale Tarcisio Bertone, per il quale è in­giusto « per una cattiva co­scienza storica ridurre un Papa della statura di Pio XII, per gli atti che ha compiuto e per la visione complessiva che aveva della Chiesa, in un angolo così ristretto per i suoi presunti silenzi».
Per Giovanni Maria Vian, storico e direttore dell’Os­servatore Romano, il rovesciamento d’immagine di Papa Pacelli si spiega in due modi: per la sua scelta anti­comunista e per la contrapposizio­ne che si crea con il suo successore, Giovanni XXIII, che non fu il Papa di transizione che tutti avevano credu­to. «La questione del silenzio del Pa­pa – afferma Vian – è diventata pre­ponderante, spesso tramutandosi in polemica accanita. Così l’intermi­nabile guerra sul suo silenzio ha fi­nito per oscurare l’obiettiva rilevanza di un pontificato importante, an­zi decisivo nel passaggio dall’ultima tragedia bellica mondiale a un’epo­ca nuova».
La cattiva coscienza ha perfino (fat­to insolito trattandosi di un elemen­to così complesso) una data di na­scita che corrisponde con la messa in scena di quell’indigesto dramma di Rolf Hochhuth, Der Stellvertre­ter («Il Vicario»), che, dopo Berlino, fu messo in scena in mezza Europa. Ne­gli anni Sessanta, però, nasce anche un moda culturale che – dice Ro­berto Pertici – «tra mille virgolette può chiamarsi progressista.
La po­sta in gioco non era Pio XII – spiega – ma il ruolo della Chiesa nella sto­ria contemporanea, per cui gli equi­voci creati dalla cattiva coscienza ser­vivano a mettere in una lista tutto quanto avrebbe favorito il progresso e in un’altra, invece, quello e quelli che l’avrebbero ostacolato». Il gioco è fatto, e i sussurri diventano grida. «Nessuno nota – continua Pertici – che Stalin una sola volta cita gli ebrei e lo sterminio, ma del resto la sto­riografia occidentale del dopoguer­ra aveva già preferito dedicarsi ai si­lenzi del Papa e agli atteggiamenti acquiescenti delle democrazie occi­dentali ».
Paolo Mieli (coautore con Saul Israel, Andrea Riccardi, Rino Fisichella, Gianfranco Ravasi e Tarcisio Bertone del libro che registra anche giudizi di Benedetto XVI) riprende questo tema nel suo breve saggio: «Prende­re per buone le accuse a Pacelli – di­ce – equivale a trascinare sul banco dei presunti rei, con gli stessi capi di imputazione, Roosevelt e Churchill, accusandoli di non aver pronuncia­to parole più chiare nei confronti del­le persecuzioni antisemite». Mieli vanta sangue ebraico nelle sue vene e si dice colpito direttamente dalla Shoah per i familiari che ha per­so nella persecuzione e nello ster­minio nazista, ma aggiunge con for­te convincimento: «Io non ci sto a mettere i miei morti sul conto di u­na persona che non ne ha responsa­bilità ».
Lo storico, superata l’emo­zione, aggiunge: «La Chiesa mise a disposizione degli israeliti tutta se stessa: quasi ogni basilica, ogni chie­sa, ogni seminario, ogni convento o­spitò e aiuto gli ebrei. Tant’è che a Roma, a fronte dei duemila ebrei de­portati, diecimila loro correligionari riuscirono a salvarsi». Come appunto Saul Israel, nato a Sa­lonicco, biologo, medico e scrittore che ottenne la cittadinanza italiana nel 1919 e della quale fu poi privato con le leggi razziali. Israel è morto nel 1981; suo figlio Giorgio ha offer­to nel libro un suo inedito: è una let­tera scritta nel 1941 quando, con al­tri ebrei, aveva trovato rifugio nel convento di Sant’Antonio di via Me­rulana. E così si salvò la vita. È una pagina struggente. «Non fu qualche convento o il gesto di pietà di pochi – dice Giorgio Israel – e nessuno può pensare che tutta questa so­lidarietà che offrirono le chiese e i conventi avvenis­se all’insaputa del Papa o ad­dirittura senza il suo con­senso. Quella su Pio XII resta la leggenda più assurda che si sia fatta circolare».
Come suo padre, tanti si salvarono proprio per la scelta di Pio XII che – spiega Tarcisio Ber­tone – «scelse quell’atteggia­mento non per paura né per connivenza, ma per un cal­colo preciso, finalizzato a salvare la vita del numero maggiore possibile di ebrei». Bertone ha invitato gli sto­rici a studiare tutti i documenti vati­cani di quando Eugenio Pacelli fu Se­gretario di Stato con Pio XI. Aiute­rebbero – in attesa di rendere pub­blici anche quelli che vanno dal 1939 al 1945 – a capire come e perché può nascere una cattiva coscienza stori­ca. E bene farebbero ad aprire i loro archivi anche tutti gli altri che li pos­seggono.

(Fonte: Avvenire, 11/06/2009)



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