Esoterismo
liberale
Cosa c’entra il
liberalismo con l’ottimo libro di Bérard e La Fata? Presto detto.
Che cos’è l’esoterismo
tra verità e contraffazioni (Solfanelli*) è uno dei pochi libri,
forse l’unico, che tratta la materia in modo, oltre che scientifico, senza
apriorismi di tipo ideologico. Fa “parlare” tutti, e in questo senso è
tollerante, quindi liberale.
Diciamo che l’
“umilità cognitiva”, virtù caratteristica dello studioso Aldo La Fata, è
riccamente apprezzata anche dal suo interlocutore Bruno Bérard, brillante
studioso di storia delle religioni e di metafisica (senza dimenticare la
puntuale postfazione di Jean-Pierre Brach). E da questa condivisione è nato un
ottimo studio.
Come si è capito si
tratta di un libro-intervista, o per meglio dire di un libro-dialogo tra due
specialisti della materia, che però cercano di parlare al mondo. Qui la
differenza con altri lavori prodotti dalle le varie tribù degli esoterismi
armati di un esclusivismo che per un verso gratifica per l’altro
nullifica, come spiegheremo più avanti.
Intanto, non un
aspetto della materia è dimenticato. La lista è lunga: esoterismo e scienza;
esoterismo e religione; storia dell’esoterismo ( o meglio “una storia”),
esoterismo ed esoteristi; esoterismo e mistica, esoterismo ebraico, islamico,
cristiano, hindù, buddhista, taoista, moderno.
Centrali, almeno a
nostro avviso, sono i capitoli sul rapporto tra “esoterismo e metafisica” e tra
esoterismo e “umiltà cognitiva” ( qui, i nostri ringraziamenti agli autori per
aver ripreso e sviluppato la nostra terminologia). Non meno interessanti i
capitoli sulla biografia intellettuale di La Fata e quello conclusivo sulla
natura dell’esoterismo.
Dal punto di vista del
recensore il volume può essere affrontato seguendo due modalità: 1) in termini
di critica interna ( analisi dei punti, delle virgole, eccetera, puntando sul
richiamo della foresta delle differenti scuole, di qui però i possibili sposalizi,
divorzi, anatemi e conflitti ermeneutici nella più benevola delle ipotesi); 2)
in termini di critica esterna tesa a capire e sviluppare il valore metapolitico
dell’esoterismo, racchiuso nel volume.
Sotto quest’ultimo
aspetto, che è quello che abbiamo scelto (anche per ragioni disciplinari), il
volume di La Fata e Bérard rimanda a un approccio che vede nell’esoterismo un
“fenomeno di mediazione” (che dialoga con la scienza, la metafisica, la
religione), fautore di transizioni sociali. Un fenomeno, che, come sembra di
capire, va al di là della dimensione quantitativa del “gruppo esoterico”. In
questo senso piace molto – perché a nostro avviso giusta e giustificata – l’
immagine, proposta da La Fata, di derivazione guénoniana (se
ricordiamo bene) della religione, come esoterismo vittorioso.
Una vittoria che vede
la trasformazione in quantità, cioè in religione, di una qualità, ossia
l’esoterismo, come sapere di pochi.
Il che – e torniamo al
punto – risulta esito di una mediazione, che potremmo chiamare metapolitica,
perché esito di un processo di razionalizzazione sociale (in senso moralmente
buono; siamo consapevoli del fatto che il termine possa non piacere, ma rinvia
alla metapolitica delle regolarità); razionalizzazione, dicevamo, di una
“verità” precedentemente di pochi. Per dirla banalmente: il seme mette radici,
si trasforma in albero, e l’albero fruttifica abbondantemente
Se non si fa religione
– ecco il punto fondamentale – l’esoterismo resta setta o se si preferisce
regredisce a fenomeno settario . E qui si pensi alla classica dinamica
setta-chiesa studiata da Troeltsch ne Le dottrine sociali delle chiese
e dei gruppi cristiani , ma anche a quella istituzione-movimento
proposta da Alberoni (altra regolarità metapolitica). Detto in altri
termini: Tertium non datur .
Un inciso. Sotto
quest’ultimo aspetto, la biografia di Aldo La Fata sembra essere un continuo
prendere le distanze, per allargamenti cognitivi successivi, da ogni forma di
stantio e lunatico tradizionalismo. Un farsi “istituzione”. Ai futuri biografi
il compito di approfondirne, al di là del bene del male, i sulferei apporti
evoliani (dal punto di vista del “movimento”), che ovviamente non sono i soli
nel brillante quadro intellettuale della formazione lafatiana che include come
“padri”, tra gli altri, Panunzio e Guénon.
Perciò la dinamica
metapolitica dell’esoterismo sembra essere bidirezionale (processi di
inclusione-esclusione, altra regolarità metapolitica): setta-religione;
religione-setta. E qui si pensi per un verso alla magniloquente evoluzione
delle grandi religioni, e per l’altro alla sorte, a un certo punto involutiva,
del buddhismo in India, nonché alla pietrificazione di non poche sette, come ad
esempio le misteriche precristiane, o a certe diramazioni desertificanti del
protestantesimo e del tradizionalismo cattolico.
Si tratta di un
approccio metodologicamente profondo e produttivo che ritroviamo puntualmente
in Che cos’è l’esoterismo. Un libro, ripetiamo, che vuole
parlare al mondo. Qui il suo liberalismo, la sua tolleranza, frutto di
un’umiltà cognitiva sconosciuta ai fautori di un esoterismo settario, o peggio
ancora politicizzato. Insomma, come detto, siamo davanti a un’ottima prova,
largamente superata, di esoterismo liberale.
Carlo Gambescia
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