Un ritratto di Giovanni d'Aloe del pittore Sergio Ceccotti |
Il 28 ottobre ultimo scorso ha lasciato
questo nostro mondo l’amico fraterno e autentico metapolitico Giovanni D’Aloe.
Avvocato civilista del Foro di Roma, conoscitore di segreti, studioso di
simbolica tradizionale, germanista, nasce nell’omonima città eterna il 1935.
Nel 1976, insieme a Silvano Panunzio e Primo Siena, è tra i fondatori della
rivista “Metapolitica”, della quale in seguito sarà condirettore. Nel tempo
presterà la sua collaborazione a prestigiose riviste di studi tradizionali tra
le quali “Carattere” di Verona, “Zeitschrift für Ganzheitsforschung” di Vienna
e “Cielo y Terra” di Barcellona. Due i libri che portano il suo nome: “I colori
simbolici. Origini di un linguaggio universale” (Il Segno dei Gabrielli
Editori, 2004) e “Chiarificazioni ideali. Tre decenni di messe a punto” (un
florilegio di suoi articoli curato dal sottoscritto e stampato per i tipi di
“Metapolitica” nel 2010). In qualità di
traduttore dal tedesco D’Aloe cura la celebre opera di Matthias Vereno Vom Mythos zum Christos (“Dal mito al
Cristo. Dimensioni della consapevolezza”, Il Segno dei Gabrielli Editori, 2004)
e un’antologia di poesie scelte del poeta ceco Rainer Maria Rilke. Più di
recente aveva in progetto un terzo libro sul simbolismo tradizionale di Santa
Claus, ma purtroppo gliene mancò il tempo.
Giovanni D’Aloe era un uomo riservato,
schivo, per niente incline alle confidenze. Difficilissimo sapere qualcosa del
suo privato e men che meno della sua vita più intima. In uno dei nostri ultimi
incontri, prima che i suoi ricordi cominciassero a sbiadire, conversammo a
lungo sul misterioso tema delle “apparizioni mariane”. In quella occasione,
Giovanni mi confessò candidamente che da qualche tempo aveva smesso di
prestarvi fede. Il suo negazionismo però, in verità alquanto empirico e
razionale, da “filo raziocinante d’animo tranquillo”, contrastava vistosamente
con quelle certezze metafisiche che da sempre avevano nutrito il suo cuore e la
sua mente. «Come puoi - gli replicavo - proprio tu che a San Giovanni Rotondo,
hai avuto l’esperienza dei “sensi soprannaturali” e assistito alla
trasfigurazione di Padre Pio, non credere alla possibilità che un essere celeste
possa liberamente apparire agli uomini e persino dialogare con loro?».
Silenzio. Ma dai suoi bellissimi occhi azzurri scintillava una luce di assenso.
Come dire che molto spesso, davvero “il cuore ha ragioni, che la ragione non
conosce” (Pascal). D’altronde, Giovanni, per quanto di sicura fede cattolica,
si era formato su autori algidi come Spengler, Bachofen, Nietzsche e Jünger e
aveva inclinazioni metafisico-conoscitive, poco o null’affatto sentimentali.
Panunzio che lo conosceva intimamente e gli voleva bene, gli aveva assegnato
come nome di penna per la rivista, quello dell’eroico Parsifal, uno dei pochi
cavalieri del ciclo arturiano ad avere il privilegio della visione del santo
Graal. Giovanni ne era al tempo stesso lusingato e divertito, ma è evidente che
Panunzio lo ritenesse assolutamente degno di tale nome.
Molto altro ci sarebbe ancora da dire e da
ricordare di Giovanni d’Aloe, ma ciò contrasterebbe con la sua natura
proverbialmente riservata. Quindi mi limito a concludere che con lui se ne va
non solo un caro e generoso amico, un compagno di strada, un cavaliere
dell’Alleanza Trascendente Michele Arcangelo, ma anche uno degli ultimi anelli
viventi di quell’aurea e misteriosa catena ininterrotta di “testimoni della
Tradizione”. Voglia Iddio accogliere l’anima sua e rivelargli tutte quelle
verità che con intelletto d’amore egli ricercò fino all’ultimo dei suoi giorni.